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Studi e ricerche / Studies and research

Evoluzione dei diritti umani. Nuovi diritti, nuovi contenuti, nuove sfide
Human rights evolution. New rights, new meanings, new challenges

Michele Lucherini



Sommario

I diritti umani sono il prodotto della civiltà umana in quanto sono diritti storici e quindi mutevoli. Nuove esigenze e la conquista di nuovi valori fanno sorgere nuovi diritti fondamentali. I diritti umani, seppur dall'essenza universalista, hanno un'evoluzione legata alle esigenze sociali. Il contributo marca il passaggio dall’indivisibilità all’interdipendenza dei diritti umani.

Parole chiave

diritti umani fondamentali; evoluzione; diritti civili; diritti sociali, diritti di solidarietà, sostenibilità.


Abstract

Human rights are the product of human civilisation as they are historical and therefore ever changing. New demands and the conquest of new values give rise to new fundamental rights. Human rights, albeit from a universalist essence, have an evolution linked to social needs. The con-tribution stresses the passage from indivisibility to interdependence of human rights.

Keywords

human rights; evolution, civil rights, social rights; solidarity rights, sustainability.


Nozione di diritti umani

 

Cominciamo dalla fine. Cosa sono oggi i diritti umani? I diritti umani sono quei diritti dei quali ogni essere umano è titolare solo per il fatto di appartenere all'umanità, indipendentemente dalla loro codificazione nazionale, giacché nessun governo può disconoscere quei diritti.

Gli Stati che si riunirono a Vienna nella Conferenza mondiale sui diritti umani (1999) riaffermarono che i diritti umani sono diritti di nascita di tutti gli esseri umani e che la protezione dei diritti umani è la prima responsabilità dei governi.

Tutte le persone possiedono un'innata dignità umana e che hanno uguali titoli di godimento dei diritti umani senza differenze di sesso, razza, colore, lingua, nazionalità, età, classe, ideologia o religione. È importante sottolineare che essi vanno al di là dei diritti del cittadino, in quanto sono universali; e differiscono dai diritti rivendicati dai popoli, poiché appartengono tutti all'individuo, anche qualora debbano essere esercitati in forma collettiva.

 

Percorso storico filosofico

 

Il processo di formazione del concetto dei diritti umani è di natura certamente crossculturale e si è articolato in tre periodi storici principali:

  1. L’epoca dei diritti umani naturali e universali originati dal pensiero giusnaturalista, al quale è dovuta anche la nascita degli Stati costituzionali dal Settecento, pensiero che afferma la derivazione naturale almeno dei principi fondamentali dell’ordinamento.

    Esisterebbero dunque delle norme universali, "di per sé chiare ed evidenti", che precederebbero quelle positive e alle quali queste ultime dovrebbero conformarsi.

  2. L’epoca dei diritti umani positivi e particolari.Eventi storicamente rilevanti di tale periodo sono la Rivoluzione inglese, americana e francese. Dal punto di vista filosofico si parla di positivismo giuridico: tutto il diritto è di origine statale o comunque positiva. L'autorità politica ha facoltà normative indipendenti da ogni ordinamento d'altra essenza, sia naturale sia religiosa.

  3. Infine la fase dell’internazionalizzazione dei diritti umani che restano positivi considerata la fonte del Diritto Internazionale.

 

La Magna Charta Libertarum

 

La prima traccia storica di affermazione scritta dei diritti umani, seppur embrionali e limitata agli “uomini liberi”, si trova nella Magna Charta Libertatum (dal latino medievale), comunemente chiamata Magna Carta (1761), accettata il 15 giugno 1215 dal re Giovanni d'Inghilterra (soprannominato anche "Giovanni Senza Terra", perché aveva perso i suoi feudi) a Runnymede, nei pressi di Windsor.

Redatta dall'Arcivescovo di Canterbury per raggiungere la pace tra l'impopolare re e un gruppo di baroni ribelli, la Carta andò oltre all'affrontare le semplici richieste baronali, ma costituì una proposta più ampia di riforma politica. Essa prometteva la tutela dei diritti della chiesa, la protezione dalla detenzione illegale, la disponibilità di una rapida giustizia e, soprattutto, introduceva delle limitazioni in materia di tassazione e altri pagamenti feudali alla corona, con alcune forme di tassazione feudale che richiesero il consenso baronale.

La Carta vantava la promozione di diritti libertari per gli uomini, in particolare per i baroni. Tuttavia, anche i diritti dei servi vennero presi in considerazione negli articoli 16, 20 e 28.

La Magna Charta Libertatum sancisce il principio dell’habeas corpus, il quale verrà sviluppato nell’Habeas Corpus Act e nel Bill of Rights (Patrono, 2009).

 

L’epoca delle rivoluzioni inglese, americana e francese

 

Successivamente, nell’epoca del Rinascimento e dell’Umanesimo, in tutta Europa si susseguirono rivolte e ribellioni contro l'autorità dei moderni Stati allora in formazione. I focolai di protesta furono quindi esportati verso entrambe le sponde dell'Atlantico, fondendosi con i sorgenti movimenti anti-colonialisti e anti-schiavisti.

Questo sbocco rivoluzionario delle lotte antiautoritarie, intanto, si sviluppava parallelamente alle altre grandi rivoluzioni del tempo, scientifiche, industriali, commerciali.

Come vedremo, tra Seicento e Settecento la dottrina dei diritti umani acquistò in concretezza, ma perse in universalità.

Rispetto al precedente periodo storico, sono ravvisabili tre principali punti di rottura storici:

  1. la Rivoluzione inglese;

  2. la Rivoluzione americana;

  3. la Rivoluzione francese.

Nella Rivoluzione inglese la preoccupazione principale fu quella di limitare le prerogative regie a favore del Parlamento. In realtà, sotto il profilo che a noi interessa, non fu una vera cesura col passato, anzi, i diritti proclamati dagli inglesi, nella Petition of Rights (1628) prima e nel Bill of Rights (1689) poi, prendevano le mosse dalla tradizione, vale a dire la Magna Charta del XIII secolo.

Anche la Rivoluzione americana, pur tenendo conto delle sue peculiarità, costituisce un momento di continuità rispetto al passato (Handlin & Handlin, 1770-1787): non solo perché in alcune colonie era già stata abolita la società per ceti ed erano stati normati alcuni diritti fondamentali, ma anche perché gli americani fondarono i loro diritti sempre sulle libertà proclamate dalla Magna Charta.

La vera rottura col passato fu realizzata con la Rivoluzione francese. La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 costituì una frantumazione totale dell’ordine sociale e politico precedente, il vero spartiacque sociale e giuridico tra l’età moderna e quella contemporanea (Handlin & Handlin, 1770-1787).

Il punto in comune di queste rivoluzioni fu appunto quello della positivizzazione dei diritti fondamentali, attuando così il passaggio dai diritti dell’uomo in quanto tale ai diritti del cittadino di uno Stato.

Le libertà civili acquistarono, come affermavamo sopra, in concretezza e in effettività, ma persero il loro valore universale. Il pensiero storico e politico si è soffermato a lungo sul rapporto tra le due rivoluzioni, assimilando quella inglese e quella americana a un unico modello.

È certo che, per l’Europa continentale, la Dichiarazione francese del 1789 fu l’evento più importante, essendo stata il riferimento costante per tutti coloro che combatterono per la propria libertà. Il nucleo della Dichiarazione è costituito dal legame indissolubile tra individuo, diritti fondamentali e sovranità popolare, che renderà inscindibile il concetto di democrazia dai diritti dell’uomo.

Due tratti caratteristici della modernità furono di particolare importanza: la secolarizzazione, quale processo irreversibile verso l'allontanamento radicale dell'uomo da Dio, e l'individualizzazione, progressivo emergere dell’autodeterminazione del soggetto.

La prima caratteristica prese corpo nel Cinquecento della Riforma e con l'espropriazione dei beni ecclesiastici a favore dei Principi o delle chiese riformate nazionali e nell'Ottocento giunse a gettare le fondamenta della modernità: progresso, rivoluzione, liberazione, all'interno di una concezione della storia intesa come accumulo progressivo e irresistibile di trasformazioni guidate dall’uomo.

I diritti fondamentali, dopo la loro positivizzazione, sembravano riguardare tutti gli individui; in concreto, però, essi furono inizialmente di esclusivo godimento della sola classe borghese giacché nacquero al fine di consentire alla borghesia il superamento degli ostacoli alla sua completa affermazione politica, dopo quella economica avvenuta nel vecchio regime. Un esempio classico è dato dal peso attribuito al diritto di proprietà e dall’abolizione, successiva alla Dichiarazione del 1789, del diritto di associazione operai.

La nuova economia di mercato e il commercio aprirono la società e fecero entrare in essa le forze modernizzanti, il cui effetto diretto fu quello di porre al suo centro l'individuo, finalmente irriducibile all'obbedienza e alla morale dell'autorità. In Inghilterra, in America e successivamente in Francia, le monarchie assolute e i privilegi aristocratici vennero infine contestati in nome dei diritti umani (Magraw, 1996)

La Generalizzazione dei diritti umani avvenne con il riconoscimento dei diritti fondamentali (che intanto avevano ampliato il loro contenuto considerevolmente) a tutti gli individui. Questo processo fu contemporaneamente la causa e l’effetto dello sviluppo del sistema parlamentare rappresentativo.

Alla fine dell'Ottocento, sotto la spinta del movimento dei lavoratori, vi fu un ulteriore, decisivo avanzamento con la nascita dei primi sistemi assistenziali, con la previsione di forme di previdenza sociale, assistenza sanitaria, istruzione superiore di massa.
Essi fornirono ai propri cittadini gli strumenti per realizzare i diritti economici, sociali e culturali, diritti che vennero poi codificati come tali nella Germania di Weimar e in altre Costituzioni europee del primo dopoguerra.

Vi è una continuità storica fra la Bills of Rights, le Declarations francesi e le varie Dichiarazioni dei Diritti; fino ad arrivare allo spartiacque (per la pace perpetua e il superamento dello stato che essa prefigura), della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo del 1948 nella quale, per la prima volta, il riconoscimento e la garanzia dei diritti umani spetta a tutti gli uomini e non più solo ai cittadini, che vanno quindi tutelati a livello internazionale.

 

L’internazionalizzazione dei diritti umani

 

Nel periodo tra il 1815 e la prima Guerra Mondiale si colloca la nascita dell’internazionalizzazione dei diritti umani. Successivamente al primo conflitto mondiale è significativa (1926) la Convenzione sull’abolizione della schiavitù e sul commercio degli schiavi, in seno alla Società delle Nazioni.

Questo processo di internazionalizzazione ha compiuto passi notevoli immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale, raggiungendo un livello di prima sconosciuto. Nei cinque anni successivi al 1945 abbiamo avuto, su scala universale, l’istituzione delle Nazioni Unite e, in ambito europeo, la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti umani.

Il processo di internazionalizzazione ha rappresentato lo sforzo (riuscito) di superare la barriera della sovranità degli Stati al fine di ottenerne la loro tutela contro l’arbitrio e gli abusi, contrastando l’insufficienza della protezione statale. Si è anche registrata la costruzione di una giurisdizione internazionale che si imponga agli Stati così come ai tribunali statali nazionali.

 

Percorsi politici e diritti umani

 

Tenendo a mente il percorso crossculturale, si deve evidenziare il legame fra fasi ed eventi storici; pensiero filosofico; pensieri e modelli politici.

Il pensiero e modello liberale ha come momento iniziale proprio il giusnaturalismo e ha il merito di avere posto l’accento sull’individuo come soggetto titolare dei diritti fondamentali in quanto tale.
Le libertà scaturite dalla matrice liberale sono dette negative, poiché configurano la libertà come sfera individuale verso cui lo Stato si deve astenere da ingerenze (libertà di coscienza, espressione, libertà economiche, ecc.).

Il pensiero e il modello democratico si legano all’affermazione del positivismo e hanno come loro oggetto principale il potere e il governo, con la precisazione che esso ha come scopo non quello di limitare il potere, ma anzi estenderlo a favore della partecipazione del popolo sovrano (diritto di associazione, voto, partecipazione politica, ecc.).

Il pensiero e il modello socialista, storicamente i più recenti, hanno come obiettivo la creazione delle condizioni necessarie a che tutti possano godere dei diritti fondamentali, con la finalità di estendere alla generalità degli individui i benefici della Rivoluzione liberale per mezzo dei c.d. diritti sociali (o stato sociale), tutti ispirati al principio dell’eguaglianza sostanziale.

 

Storicità dei diritti umani

 

I diritti umani sono quindi il prodotto della civiltà umana più che della natura in quanto sono diritti storici (o che diventeranno storici) e quindi mutevoli; anche se per comodità si cerchi poi di delimitarli e inserirli in generazioni o in categorie essi continuano a evolversi. Nuove esigenze e la conquista di nuovi valori fanno sorgere nuovi diritti fondamentali: si pensi al diritto, recentemente costituzionalizzato, alla trasparenza e veridicità delle informazioni, pensabile solo in una società dell'informazione.

I diritti umani, seppur dall'essenza universalista, hanno cioè un'evoluzione legata alle esigenze sociali, che avviene per specificazioni e per allargamento della popolazione protetta. In una società in cui coloro che avevano la cittadinanza attiva erano soltanto i proprietari terrieri venne elevato a diritto fondamentale quello della proprietà.

Durante le rivoluzioni industriali, quando entrarono in scena i movimenti operai, essi rivendicarono il diritto al lavoro quale diritto fondamentale; senza l'alto incremento della popolazione anziana dell'ultimo mezzo secolo non avrebbe mai potuto nascere l'interesse verso una speciale protezione di quest’ultima.

I diritti umani sono dunque una costruzione storica in espansione: dai diritti dell'individuo si passa ai diritti collettivi, dai diritti di sopravvivenza a quelli socio-economici, fino a giungere ai nuovi diritti.

 

Categorie ed evoluzione dei diritti umani

 

Con riferimento al periodo storico in cui questi vennero riconosciuti, si suole parlare di generazioni di diritti. La prima generazione dei diritti umani è quella dei diritti tradizionali di libertà, quelli sanciti nelle Costituzioni liberal-democratiche. Sono i vari diritti di libertà negative, rivendicate soprattutto nei confronti dello Stato; tali diritti individuali consistenti in libertà richiedono da parte degli altri, compreso il potere pubblico, obblighi puramente negativi: astenersi da determinati comportamenti, non limitare un determinato comportamento, eccetera.

I diritti della seconda generazione sono i cosiddetti diritti sociali, politici ed economici; questi consistono in richieste specifiche allo Stato, non più in semplici libertà da questo concesse.
I diritti di prima generazione corrispondevano a un "non fare" (dello Stato). I diritti di seconda generazione corrispondono a un "fare positivo" dello Stato e presuppongono quindi un impegno maggiore: non sono più sufficienti la semplice proclamazione o il riconoscimento del diritto in un testo costituzionale.
In questo secondo caso lo Stato è obbligato a dare attuazione concreta attuazione ai diritti umani, predisponendo i mezzi idonei. Così per il riconoscimento del diritto di voto o di determinate condizioni di lavoro. Ma siamo ancora in un'ottica statale; sono sempre conquiste dei cittadini nei confronti del relativo Stato.

A mano a mano che ci si allontana da una prospettiva statale, con la terza o quarta generazione di diritti, si introducono diritti sempre più difficilmente "azionabili" sul piano giuridico. In qualche caso sono "diritti" in un senso palesemente diverso da quelli delle prime due generazioni, perché hanno come soggetto attivo non individui, ma comunità, popoli, o addirittura l'intera umanità.

  1. I diritti civili e politici, o "diritti di prima generazione",

    I diritti umani di prima generazione, spesso chiamati diritti "blu", trattano essenzialmente della libertà e della partecipazione alla vita politica. Essi sono fondamentalmente di natura civile e politica: servono negativamente a proteggere l'individuo dagli eccessi dello Stato.

    I diritti di prima generazione includono, tra le altre cose, la libertà di parola, il diritto a un giusto processo, la libertà di religione e i diritti di voto.

    Essi furono sanciti per primi dalla Carta dei diritti degli Stati Uniti d'America e in Francia dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino nel XVIII secolo, anche se il diritto a un giusto processo risale alla Magna Carta del 1215 e ai Diritti degli Inglesi.

    Essi furono consacrati a livello globale e ricevettero uno status nel diritto internazionale per la prima volta negli Articoli da 3 a 21 della (DUDU), e ribaditi dal Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (PDCP).

    Realizzano l'autonomia dell'individuo nella società e la partecipazione alla vita politica, e nel contempo limitano l'azione dello Stato nei confronti delle persone. Alcuni di questi diritti sono anche definiti tradizionalmente "libertà". In particolare, si distinguono libertà positive (di fare qualcosa o di partecipare), e libertà negative (di essere esenti da qualcosa, di non partecipare).

    Sono “positive", ad esempio, le libertà di: pensiero, coscienza, religione, associazione, riunione, movimento, stampa. Sono libertà cosiddette "negative" quelle che consistono nel non dover subire tortura, schiavitù, arresto arbitrario, discriminazione. I diritti di prima generazione sono quelli che più facilmente sono tutelabili in via giudiziaria.

  2. I diritti economici, sociali e culturali, o "diritti di seconda generazione”.
    I diritti umani di seconda generazione sono legati all'uguaglianza e cominciarono a essere riconosciuti dai governi dopo la Seconda guerra mondiale.

    Essi sono fondamentalmente di natura economica, sociale e culturale e garantiscono a membri diversi della cittadinanza condizioni e trattamenti uguali.

    I diritti secondari includerebbero il diritto a essere occupato, i diritti all'abitazione e alle cure sanitarie, come pure alla sicurezza sociale e alle indennità di disoccupazione.

    Come i diritti di prima generazione, anch'essi furono contemplati dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, e ulteriormente incorporati negli Articoli da 22 a 27 della Dichiarazione universale e nella Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali.

    Negli Stati Uniti d'America, il presidente Franklin D. Roosevelt propose una seconda Carta dei diritti, che trattava in gran parte le stesse materie, durante il suo discorso sullo stato dell'Unione dell'11 gennaio 1944. Oggi, molte nazioni, stati o gruppi di nazioni hanno sviluppato dichiarazioni giuridicamente vincolanti che garantiscono insiemi completi di diritti umani, ad esempio la Carta sociale europea.

    Alcuni Stati hanno adottato alcuni di questi diritti economici, ad esempio, lo Stato di New York ha sancito il diritto a un'istruzione gratuita, come anche "il diritto a organizzarsi e a contrattare collettivamente," e all'assicurazione contro gli infortuni, nella sua legge costituzionale.

    Questi diritti sono talvolta indicati come diritti "rossi". Essi impongono al governo il dovere di rispettarli, di promuoverli e di soddisfarli, ma questo dipende dalla disponibilità di risorse. Il dovere è imposto allo stato perché esso controlla le proprie risorse. Nessuno ha direttamente il diritto all'abitazione e il diritto all'istruzione. (In Sudafrica, ad esempio, il diritto non è, "di per sé", all'abitazione, ma piuttosto "ad avere accesso a un'abitazione adeguata", realizzato su base progressiva. Il dovere del governo è di realizzare questi diritti come azione positiva.

    Possiamo elencare il diritto al lavoro, alla sicurezza sociale, alla tutela sindacale, alle cure mediche, all'educazione (o più in generale alla formazione), a un livello di vita decente, alla partecipazione alla vita culturale.

  3. I diritti di solidarietà, o "diritti della terza generazione", sono contenuti negli articoli 28-30 della Dichiarazione universale dei diritti umani e, in parte, previsti anche dal Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali.

    I diritti umani di terza generazione sono quei diritti che vanno al di là del mero aspetto civile e sociale, come espresso in molti documenti progressisti di diritto internazionale, compresa la Dichiarazione di Stoccolma del 1972 della Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente umano, la Dichiarazione di Rio del 1992 sull'ambiente e lo sviluppo, Il termine "I diritti umani di terza generazione" rimane in gran parte ufficioso, proprio come il soprannome, anch'esso utilizzato, di diritti "verdi", e così contiene uno spettro estremamente ampio di diritti, compresi:

  • diritti di gruppo o collettivi

  • diritto all'autodeterminazione

  • diritto allo sviluppo economico e sociale

  • diritto a un ambiente salubre

  • diritto alle risorse naturali

  • diritto a comunicare e diritti di comunicazione

  • diritto alla partecipazione al patrimonio culturale

  • diritti all'equità intergenerazionale e alla sostenibilità.

    Alcuni paesi hanno meccanismi costituzionali per la salvaguardia dei diritti di terza generazione. AD esempio, il Commissario parlamentare ungherese per le future generazioni, il Comitato per il futuro del Parlamento finlandese e l'ex Commissione per le future generazioni nella Knesset israeliana.

    Alcune organizzazioni internazionali hanno uffici per salvaguardare tali diritti. Un esempio è l'Alto commissario per le minoranze nazionali (High Commissioner on National Minorities) dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. La Direzione generale per l'ambiente della Commissione europea ha come sua missione "proteggere, preservare e migliorare l'ambiente per le generazioni attuali e future, e promuovere lo sviluppo sostenibile".

    Alcune giurisdizioni hanno emanato norme per la protezione ambientale, ad esempio l'articolo costituzionale ribattezzato forever wild ("per sempre selvaggio") di New York,] che può essere fatto valere mediante azione del Procuratore capo dello Stato di New York (Attorney General) o da qualunque cittadino ex relatione, ossia se l'interesse del singolo cittadino è ritenuto rilevante anche per l'interesse generale della giustizia) con il consenso della Sezione d'appello della Corte suprema di New York

    Rientrano in questa categoria i diritti umani volti a garantire la sostenibilità delle imprese economiche e quelli riguardanti la protezione dell’ambiente. Sul punto sono fondamentali le linee guide emanate dall’ONU relativamente alla protezione dell’ambiente, linee guida che sono state oggetto del congresso BE di Londra dello scorso anno presso il King’s College.

  1. I “nuovi diritti” ("quarta generazione"), che vanno emergendo pure in considerazione del formarsi di nuove pretese di protezione dalle nuove tecnologie.

    Ad esempio:

  • l’integrità del patrimonio genetico a fronte dei progressi della ricerca biologica;

  • il diritto alle cure palliative (ossia l’accesso a tutti i trattamenti, inclusi i trattamenti che permettano al malato di evitare inutili sofferenze).

Viene fatto rientrare in questa categoria anche il diritto al multiculturalismo.

 

Fonti normative (internazionali) dei diritti umani

 

Le fonti di obblighi per gli Stati nei confronti degli individui e delle formazioni sociali, e di altri Stati, sono:

  1. norme consuetudinarie (compresi i principi generali di diritto comuni agli ordinamenti e la DUDU);

  2. trattati (la cui obbligatorietà è di tipo consuetudinario, in latino: pacta sunt servanda);

  3. fonti previste da accordi (gli atti delle organizzazioni internazionali e le direttive europee).

Oggi si parla sempre più di un gruppo di norme cogenti (ius cogens). L'articolo 53 della Convenzione sul diritto dei trattati, firmata a Vienna nel 1974, sancisce la nullità di qualsiasi trattato che, al momento della sua conclusione, sia in contrasto con una norma imperativa del diritto internazionale generale. Laddove con questa formula si intende una norma accettata e riconosciuta dalla comunità internazionale degli Stati nel suo insieme, cioè una norma alla quale non si può apportare nessuna deroga e che non può essere modificata se non da una norma di diritto internazionale generale dello stesso carattere. Il trattato quindi non può derogare le norme cogenti del diritto internazionale.

L'art. 64 stabilisce che, se una norma imperativa di diritto internazionale generale è in contrasto con un trattato, questo diventa nullo e si estingue. Ma cos'è il diritto cogente?

Bisogna allora fare riferimento all'art. 103 della Carta dell'ONU: "in caso di contrasti tra gli obblighi contratti dagli Stati membri delle Nazioni Unite con il presente Statuto e gli obblighi da essi assunti in base a qualsiasi altro accordo internazionale prevarranno gli obblighi derivanti dal presente statuto". Da ciò si ricava che il rispetto della Carta è considerato fondamentale per l'esistenza della legalità internazionale, e l'ordinamento giuridico deve avere al suo centro l'ONU (United Nation, 2011).

 

Conclusioni

 

Indivisibilità dei diritti umani

 

Nel monito dell'Alto Commissariato ONU per i diritti umani: "tutti i diritti umani sono universali, indivisibili, interdipendenti e interconnessi", ossia i diritti umani devono essere gli stessi in ogni parte del mondo e per ogni persona, che deve poter godere, senza priorità imposte dall'alto, di tutti i diritti umani, civili e politici, economici, sociali e culturali, e dei nuovi diritti.

 

Interdipendenza dei diritti umani

 

Interdipendenza dei diritti significa dunque che tutti i diritti debbono essere seriamente e simultaneamente presi in esame, tutelati e promossi, senza alcuna gerarchia.

In questa visione, le diverse categorie di diritti possono e debbono essere rispettate al meglio se le politiche di tutela le abbracciano tutte allo stesso tempo: misure volte a soddisfare diritti economici, sociali e culturali avranno ripercussioni immediate sulla posizione politica e civile degli individui.

Inoltre, la garanzia con mezzi giudiziari dei diritti civili e politici potrà essere applicata in maniera tale da avere un impatto sulle condizioni socio-economiche e culturali individuali; d'altro lato i diritti politici, e alcuni di quelli civili, non possono essere protetti senza che alcune condizioni materiali minime vengano rispettate (per esempio il diritto al cibo è un diritto economico e quello alla vita è un diritto civile, ma è ovvio che uno è necessario all’altro).

 

Bibliografia

 

Handlin, O., & Handlin, L. (1770-1787). Gli americani nell’età della rivoluzione. Bologna: il Mulino.

Magna Carta (1971). Great Britain, The statutes at large: From the Magna Charta, to the end of the eleventh parliament of Great Britain. San Bernardino, CA: Ulan Press.

Magraw, R. (1996). Il secolo borghese in Francia. Bologna: il Mulino.

Patrono, M. (2009). Studiando i diritti. Il costituzionalismo sul palcoscenico del mondo dalla Magna Charta ai confini del (nostro) tempo. Lezioni. Milano: Giappichelli.

United Nations (2011). OHCHR Guiding Principals on Business and Human Rights. Retrieved from

https://www.ohchr.org/Documents/Publications/GuidingPrinciplesBusinessHR_EN.pdf

 

 


Autore per la corrispondenza

M. Lucherini. Tel. +39 0583 419177.
Indirizzo e-mail: michele.lucherini@leplegal.it - fbe@lucherini.org
I - 55100 Lucca, Viale San Concordio n. 823



Note

1 A

DOI: 10.14605/CS1131808


© 2017 Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A.
ISSN 2421-2202. Counseling.
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