Ispirazione normativa dell’esperienza di intervento

I riferimenti normativi che hanno motivato la realizzazione del presente progetto sono stati individuati, rispettivamente, in:

- Linee Guida Regionali preposte a definire i L.E.A. Sociosanitari DPCM 29.11.01 – G.U. n. 33 del 08.02.02 (il dispositivo indica i Livelli Essenziali di Assistenza che i Servizi del Territorio devono assicurare agli utenti, secondo i criteri dell’accesso libero e diretto, al fine di evadere bisogni Sanitari e Sociali, complessi e integrati);

- Piano di Rientro Decreto n. 82 del 05.07.13, B.U.R.C. n. 39 del 22.07.13 (indicazioni necessarie a garantire l’ottimizzazione della spesa in ambito Sanitario e Sociale, con relativo abbattimento dei costi, al fine di sanare il deficit finanziario regionale);

- Leggi Adozione Nazionale e Internazionale Lg 184/83; Lg 476/98; Lg 149/01 (la normativa introduce criteri atti a disciplinare l’affido e l’adozione di una persona di minore età, assicurandone, a seguito di decadimento e/o sospensione della potestà genitoriale, l’integrazione familiare e sociale, la stabilità emotiva e affettiva, il diritto alla salute e all’istruzione nel rispetto delle naturali inclinazioni);

- Linee Guida Regionali: Delibera n. 1666 del 24.04.02 (Atto di Indirizzo volto ad assicurare, secondo criteri integrati, l’orientamento, la formazione, la valutazione delle coppie aspiranti al progetto adottivo, il percorso di sostegno post-adozione);

- Linee Guida Abuso e Maltrattamento Minori B.U.R.C. n. 57 del 07.11.05 (Atto di Indirizzo volto ad assicurare la protezione, l’allontanamento, la valutazione, la validazione, il trattamento a favore di bambini vittime di abuso e maltrattamento intra/extra-familiare).

 

Una descrizione esaustiva degli obiettivi

Il presente lavoro si prefigge di osservare, rilevare e misurare come e quanto lo stile comunicativo e di conduzione del gruppo di lavoro (Foulkes, 1967), impegnato in un costante processo di supervisione integrata di rete, altresì definibile audit clinico, consenta di ottimizzare i tempi, di garantire il recupero organizzativo delle risorse, assicurando, in vista di bisogni complessi, ascritti alla famiglia e al bambino (Winnicott, 1990/1986), l’appropriatezza degli interventi sociosanitari.

Riteniamo che il counseling psicodinamico di gruppo applicato al lavoro di rete, nei contesti istituzionali, contribuisca a una presa in carico ragionata, promuovendo un lavoro di riflessione che dal gruppo dei professionisti riverbera verso il gruppo degli utenti. L’esperienza della consultazione breve, a orientamento psicoanalitico, viene proposta proprio agli aspiranti genitori adottivi. Lo scopo resta quello di prevenire la disgregazione familiare, di sostenere le competenze genitoriali, di promuovere la cultura dell’adozione, l’accoglienza di bambini con bisogni particolari e speciali, in assenza di pregiudizi e false credenze.

 

Metodologia e strumenti di intervento

Abbiamo posto a confronto due documenti molto diversi, preposti a registrare, rispettivamente, quanto accade in sede di supervisione e/o audit clinico (Ruvolo, 2005), per gli incontri di rete, e quali sono, invece, le dinamiche di interazione e scambio informativo che ricorrono durante le sessioni preposte al counseling di gruppo rivolto agli utenti. Pertanto, le note di supervisione, curate dall’osservatore partecipante nel corso della supervisione clinica istituzionale, sostenuta dall’équipe, sono state confrontate con i protocolli osservativi, curati da un collega psicologo, posto nel cerchio degli utenti e deputato a una funzione silente, e dunque non di trascrizione diretta.

Il primo documento, denominato note osservative, viene stilato in progress mediante la trascrizione di appunti successivamente elaborabili, per mano di un osservatore partecipante che presenzia agli incontri di supervisione clinica (Ruvolo, 1989). Diversamente, il protocollo osservativo, redatto dall’osservatore silenzioso, viene stilato successivamente alla sessione formativa di gruppo (Chiodi, Di Fratta, & Valerio, 2005). Questo protocollo osservativo, descrittivo e dettagliato (Bick, 1964), viene dunque compilato in riferimento a una diversa circolarità, alla quale compartecipano gli operatori, il testimone dell’esperienza adottiva, le coppie aspiranti. Entrambi i documenti testimoniano la relazione che intercorre tra i due cerchi concentrici, in termini di reciprocità e di interdipendenza (Hinshelwood, 1987/1989).

Gli osservatori, partecipanti e silenti, in qualità di psicologi che si avvalgono di una formazione clinica, sono impegnati nelle attività del servizio come volontari e/o tirocinanti e stilano, a turno, i rispettivi documenti secondo criteri di continuità.

I protocolli sono stati selezionati in base a un campionamento ragionato la cui selezione nasce dall’interesse volto a chiarire la multidimensionalità dei fenomeni in analisi. Il criterio della diversità ci ha consentito di esplorare eventuali fattori comuni trasversali, a prescindere dall’incidenza degli stessi.

Lo studio è stato, infatti, condotto su: 92 protocolli osservativi redatti da 8 osservatori silenti, di cui 2 maschi e 6 femmine; 58 note osservative da 8 osservatori partecipanti, di cui 2 maschi e 6 femmine.

 

Programma di analisi statistica

I protocolli sono stati analizzati attraverso una metodologia di analisi quali-quantitativa, il cui materiale redatto è stato sottoposto a un’analisi di tipo simbolico-strutturale.

La scelta di compiere un’analisi semiotica sul materiale redatto è nata dalla volontà di indagare le strutture che ne reggono l’organizzazione discorsiva. Infatti, questo processo analitico costituisce un approccio testuale che cerca di scomporre e mettere in luce le strutture interne al testo, responsabili di chiare proposte a livello di comunicazione. Abbiamo pensato di ricorrere al software T-LAB (Tuccillo, Arcidiacono, & Di Napoli, 2012), che propone un insieme di strumenti per l’analisi dei testi e, in particolare, consente di estrarre, comparare e rappresentare graficamente i contenuti presenti in testi di diversa natura.

 

Procedimento

Il materiale testuale è stato, anzitutto, raccolto in un unico corpus, segmentato per tipo di osservazione e distinto in virtù del genere sessuale dell’osservatore. Successivamente il corpo unico del testo è stato debitamente trattato, attraverso un processo che definiamo di disambiguazione. Con questo termine intendiamo indicare un’operazione complessa che ci ha permesso di “sostituire un termine con un altro”, in modo da risolvere i casi di ambiguità semantica, fino a procedere poi con la cernita delle parole dense e alla loro relativa lemmatizzazione. Con questo termine indichiamo il processo che ci ha permesso di scomporre e semplificare alcune parole ricorrenti, riconducendo, ad esempio, le forme dei verbi all’infinito presente, gli aggettivi e i sostantivi al maschile singolare, le preposizioni articolate alla loro forma semplice e quindi in assenza di articolo, e così via, dando origine ai cosiddetti lemmi, una sorta di parole base, da cui è scaturito un vocabolario lessematico su cui condurre le analisi.

Abbiamo prodotto, mediante l’Analisi Tematica dei Contesti Elementari, una rappresentazione sintetica dei contenuti, individuando dei cluster tematici, o isotopie, che identificassero co-occorrenze di parole chiave, ossia termini che ricorrono con, entro specifici contesti elementari. I documenti appartenenti a ogni cluster sono ordinati, dal software, secondo il valore del loro score (peso statistico) e quindi è stato possibile vedere come le variabili di interesse si sono distribuite rispetto ai cluster.

In particolare ci siamo avvalsi di un’analisi a cascata, volta a esplorare la matrice simbolica regolante i significanti e i significati che orientano la relazione tra il materiale testuale in esame. Il proposito dell’analisi con T-Lab consiste nella possibilità di ottenere delle risposte, alle questioni ipotizzate, “rivolgendosi”, in svariati modi, alle note e ai protocolli osservativi raccolti. Analizzando e interpretando si è cercato di ricavare, dal materiale esaminato, nozioni e particolarità che riguardano gli osservatori silenti e partecipanti. Infatti, successivamente sono state fatte delle Analisi delle Co-occorrenze sui sottoinsiemi del corpus, in termini di “Analisi delle Sequenze”, che ci hanno permesso di individuare, sugli stessi lemmi, i rispettivi predecessori e successori.

 

Risultati

 

Risultati attesi

Ci interessava dimostrare come e quanto i protocolli e le note osservative, attraverso un’attenta analisi del contenuto, garantita anche secondo criteri statistici, deponessero per la qualità e la rilevanza del processo trasformativo in atto. Saranno dunque il linguaggio, lo stile comunicativo, la terminologia, la parola vuota o piena, l’espressione nevrotica e psicotica, la metafora, a dimostrare l’avvenuta trasformazione da parte dell’utenza e degli stessi operatori. Ciò si concretizzerà, in termini operativi, nell’assunzione di un atteggiamento diverso, contraddistinto da crescente flessibilità verso criteri allargati di accoglienza, promuovendo un’adozione praticabile e realistica, rivolta a bambini con bisogni particolari e speciali.

 

Risultati perseguiti e raggiunti

Il programma T-LAB è stato in grado di calcolare le probabilità tra le varie unità dell’analisi semantica. Dunque, a partire da una matrice possono essere individuate non solo le unità lessicali che compaiono nel corpo del testo con maggiore frequenza, ma anche gli item che co/occorrono più assiduamente precedendo (predecessori) e succedendo (successori) termini, parole, significanti, che il processo analitico ha individuato come dominanti.

Per quanto attiene all’Analisi Tematica dei Contesti Elementari, il cluster 2, in cui si dispone la variabile “osservatore partecipante di genere maschile e femminile”, si configura come il più significativo: metà dei lemmi dell’intero corpus si riferiscono al tempo dell’osservatore partecipante e dunque al tempo dell’incontro di supervisione. Si tratta, infatti, di lemmi che rimandano a un setting strutturato, preposto all’attesa dinamica e alla partecipazione attiva dei professionisti.

Seguono come rilevanti:

- per quanto concerne il protocollo dell’osservatore silenzioso di genere maschile, il cluster 1, i cui lemmi si riferiscono al tema dell’adozione, quale finalità pratica della consultazione breve: una questione su cui sembra venga posto l’accento da un collega il cui genere sessuale deporrebbe per una funzione maschile/attiva;

- il cluster 3, per quanto attiene la variabile “osservatore silenzioso a prescindere dal genere”, relativo al tema del legame e della relazione, per cui sembrerebbe che la funzione descrittiva dell’osservatore concili, sempre e comunque, l’elemento femminile passivo con quello maschile attivo.

 

Per quanto attiene all’analisi delle sequenze, le parole chiave che occorrono con maggiore incidenza nelle note di supervisione, redatte dall’osservatore partecipante, sono state individuate secondo il seguente ordine: tempo, gruppo, Di Fratta (quest’ultimo in co/occorrenza con il termine supervisore e genitore), bambino, coppia. Il tempo strutturato, dell’incontro di rete come della consultazione breve, rappresenta un tema centrale, indispensabile per ottimizzare il significato e le finalità del percorso assistenziale socio/sanitario (P.D.T.A.). Contestualmente, nell’ambito dei protocolli osservativi, curati dal collega con funzione silente, ricorre con notevole incidenza la parola chiave bambino, seguita da tempo e coppia, quest’ultima nell’espletamento del ruolo adottivo pieno, e dunque quale testimone dei bisogni speciali ascritti al bambino reale (Winnicott, 1974/1971). L’analisi del testo effettuata ha anzitutto rilevato che si tratta di un corpus con un’ampiezza di 132926 occorrenze di cui 11995 forme distinte. All’interno del corpus sono state individuate 2361 unità di contesto elementari.[1]

Nella Tabella 1 sono riportate le caratteristiche specifiche del corpus.

 

Tabella 1 – Principali caratteristiche del corpus

Testi

150

Contesti

2.341

Occorrenze

132.926

Lemmi

11.373

Forme

11.995

Soglia

4

Parole chiave

223

Hapax (occ. = 1)

6.075

 

Analisi Tematica dei Contesti Elementari

L’Analisi Tematica dei Contesti Elementari, eseguita sull’intero corpus, ha proposto una partizione di tre cluster (CL). Nella descrizione dell’analisi dei dati, si procederà dal cluster risultato più rilevante sino a quello con minore significatività statistica. Con il termine cluster ci riferiamo a un grappolo che racchiude lemmi statisticamente significativi, ossia parole sottoposte a un opportuno processo che abbiamo definito di lemmatizzazione. Esso contribuisce a unificare i suffissi, purificandoli dall’effetto declinante della lingua parlata. Si tratta, infatti, di verbi all’infinito, sostantivi e aggettivi di genere maschile e di numero singolare, nonché di preposizioni rigorosamente semplici.

Il programma T-LAB è in grado di calcolare le probabilità di transizione (altresì dette catene markoviane) tra le varie unità dell’analisi semantica. Dunque, a partire da una matrice possono essere individuate non solo le unità lessicali che compaiono nel corpo del testo con maggiore frequenza, ma anche gli item che co/occorrono più assiduamente precedendo (predecessori) e succedendo (successori) parole che il processo analitico ha individuato come dominanti.

 

Analisi Tematica dei Contesti Elementari

Cluster 2 – “Il Tempo” (1.081 contesti elementari su un totale di 2341 classificati – 46.18%). I lemmi più ricorrenti sono: osservatore, conduttore, gruppo, Di Fratta, incontro, setting, protocollo, osservatore silente, leggere, note, tempo, mediatore, riflessione, dottore, scrivere, ruolo. Il cluster 2, in cui si dispone la variabile “osservatore partecipante di genere maschile e femminile”, si configura come il più significativo: metà dei lemmi dell’intero corpus si riferiscono al tempo dell’osservatore partecipante e, dunque, al tempo dell’incontro di supervisione. Si tratta di lemmi che rimandano a un setting strutturato, preposto alla partecipazione attiva dei professionisti. Infatti è possibile che il processo comunicativo sollecitato dalla lettura delle note, nel gruppo di supervisione, incida sulla transazione linguistica del gruppo utenti come accade per un “effetto eco”.

Cluster 1 – “Adozione”. È il tema della finalità pratica del gruppo (728 contesti elementari su un totale di 2341 classificati – 31.1%) mosso dalla speranza di completare l’adozione, con particolare riferimento all’“osservatore silente di genere maschile”. Si caratterizza per la significativa presenza dei seguenti lemmi: adottare, bambino, adozione internazionale, piccolo, adottato, età, scegliere, coniuge, adozione nazionale, adozione, scelta, coppia testimone, donna, ente, signora, affermare, domanda. La distribuzione statistica ruota intorno ai termini pratici dell’adozione, alla funzione attiva del gruppo, con particolare riferimento all’incidenza e alla frequenza di parole come iter, ente, età del bambino, bambino piccolo. Questo cluster sembra deputato a rappresentare la funzione maschile del fare nel percorso adottivo, ossia il processo che accompagna l’utente dalla formulazione della domanda al completamento della scelta adottiva. In questa cornice esperienziale si pone infatti come peculiare la posizione dell’osservatore silente di genere maschile, posto nel gruppo degli utenti, il quale da passivo si identifica con la funzione attiva dell’utente attestando il desiderio.

Cluster 3 – “Il Legame/la relazione” (532 contesti elementari su un totale di 2.341 classificati – 22.73%). Si riferisce alla variabile “osservatore silente a prescindere dal genere”, e si caratterizza per la presenza dei seguenti lemmi: famiglia, figlio, madre, biologico, casa, genitore, amore, minore, ragazzo, casa/famiglia, adottivo, bambino adottato, sociale, legame, padre, bambino, affidare, struttura, diversità. Il CL3, racchiude, per la peculiarità dei termini ascritti, il significato del legame e delle relazioni di appartenenza, con particolare riferimento all’aspetto naturale e biologico. In generale, le parole ricorrenti nel protocollo del nostro osservatore silenzioso, si dispiegano descrivendo la relazione del bambino con l’ambiente familiare, il riconoscimento di un legame. Dunque sembra che nel gruppo utenti questa relazione con le origini, in termini di attaccamento, rappresenti una questione preminente.

 Nella Figura 1 è rappresentata la posizione dei tre cluster rispetto al piano fattoriale 1-2.

 

Figura 1Spazio fattoriale (1-2) su cui si posizionano, graficamente, i tre cluster.

 fig1

 

 

Con particolare riferimento alla funzione descrittiva del Cluster 1 e 3, si evincono interessanti opportunità riflessive. Infatti sembrerebbe che la funzione attiva del fare, esercitata dal genere maschile dell’osservatore, così propensa a una scelta pratica, non escluda, bensì si integri, armoniosamente, con la funzione passiva dell’essere, esercitata invece dal genere femminile dell’osservatore, così sensibile al tema della cura, del legame affettivo e delle relazioni con l’ambiente. A prescindere dunque dalla connotazione sessuale dell’osservatore, la funzione e i ruoli di genere maschile e femminile, quelli preposti al fare come all’essere, sembrano mutuarsi nell’antro di uno spazio intra/soggettivo. Essere e fare, attivo della mascolinità, passivo della femminilità trasformatrice, sembrano sinuosamente intersecarsi tra loro, nella mente di uno stesso osservatore, impegnato a tratteggiare, con cura, la dinamica interattiva del gruppo utenti, in qualità non solo di spettatore ma di protagonista emozionale (S. Freud, 1976/1924-32).

 

Analisi delle sequenze

L’analisi delle sequenze è stata operata non sull’intero corpus, bensì su due sottoinsiemi distinti, individuati separatamente perché rispecchiassero la tipologia dell’osservatore, partecipante o silente, la natura del verbale, quella del protocollo osservativo e delle note osservative, nonché quelle dei due gruppi posti a confronto, utenti e professionisti dell’équipe. Descriviamo di seguito gli item selezionati e descritti in ordine di frequenza, ossia quelli che si presentano con maggiore occorrenza nell’ambito dei rispettivi sottoinsiemi.

 

Le note di supervisione curate dall’osservatore partecipante

Per quanto attiene il sottoinsieme caratterizzato dalla variabile “osservatore partecipante”, il lemma più frequente si riferisce alla parola chiave tempo (vedi Figure 2 e 3). Dalla lettura dei dati si evince come il termine tempo sia preceduto e seguito da quello di setting, incontro di gruppo, il gruppo, che probabilmente si raccoglie intorno alla figura del conduttore (Dott.ssa Di Fratta).

 

Figura 2 – Predecessori di “Tempo”

 

Figura 2 – Predecessori di “Tempo” 

Figura 3 – Successori di “Tempo”

fig3

 

In seconda istanza, la parola chiave che ricorre con maggiore frequenza è appunto quella di gruppo – vedi Figure 4 e 5 – preceduta in modo consistente dal termine condividere, una parola la cui funzione rappresentativa e simbolica, deporrebbe, a nostro parere, per la funzione gruppale del “noi bioniano” (Bion, 1996/1962). Il significante che co/occorre più di frequente, in qualità di successore della parola chiave, è rappresentato dal termine formazione che, a nostro avviso, simbolicamente rappresenta un processo capace di promuovere il cambiamento. È possibile, dunque, che la rappresentazione grafica, indicata di seguito, deponga per un gruppo che proceda lentamente verso la équipe, quasi ad attestare l’avvenuto percorso trasformativo del professionista.

 

Figura 4 – Predecessori di “Gruppo”

fig4

Figura 5 – Successori di “Gruppo”

 

 fig5

 

Sempre per quanto attiene al sottoinsieme “osservatore partecipante”, la parola chiave che per terza si configura come la più frequente/ricorrente, nell’analisi delle sequenze, è “Di Fratta” – vedi Figure 6 e 7 –, termine con il quale il curatore delle note si riferisce al supervisore dell’équipe professionale, al conduttore del gruppo utenti, al promotore del counseling istituzionale. Il termine che co/occorre con maggiore frequenza in qualità di predecessore è quello di genitore, funzione genitoriale, difficoltà. Se si tiene conto di questa descrizione grafica delle frequenze/occorrenze, sembrerebbe che il conduttore/supervisore, quale anello di congiunzione fra i due gruppi istituzionali, quello dei professionisti e degli utenti, venga associato alla funzione e alle competenze genitoriali dell’adulto, che, promuovendo la diffusione di un concetto, traghetti il servizio verso la gestione delle difficoltà e dei disagi. I termini co/occorrenti ex post, ossia posizionati in qualità di successori della parola chiave “Di Fratta”, sono nello specifico: ricordare, raccontare, condividere. La funzione genitoriale del conduttore e supervisore del gruppo sembra promuovere, attraverso l’esperienza della condivisione, le competenze psicologiche e analitiche del ricordare, del conservare in memoria. Parliamo pertanto di condizioni indispensabili al processo elaborativo del gruppo che, attraverso il lavoro clinico, rende possibile la mentalizzazione dell’esperienza corporea ed emotiva dei partecipanti (Lombardi, 2012).

 

Figura 6 – Predecessori di “Di Fratta”

fig6

Figura 7 – Successori di “Di Fratta”

fig7

 

Dunque relativamente alle note curate dall'osservatore partecipante, in corso di supervisione, noterete che la parola chiave bambino (vedi Figure 8 e 9) è preceduta frequentemente dal termine coppia, e precisamente dal significante coppia testimone e gruppo. Sembrerebbe che tutte le informazioni e argomentazioni relative alla posizione del minore, nel progetto adottivo, procedano di pari passo con il resoconto esperienziale che ne fornisce la coppia testimone nella cornice del gruppo di discussione. Infatti la parola che co/occorre più frequentemente, in qualità di successore, con il termine bambino, è ancora una volta adozione. Potremmo affermare che l’immagine del bambino, e tutto quanto ad esso venga associato dal gruppo, dipenda dalla natura intimistica del resoconto che ne fornisce la coppia, quale testimone dell’esperienza.

 

Figura 8 – Predecessori di “Bambino”

fig8

Figura 9 – Successori di “Bambino”

fig7

 

 

Lo stesso termine “coppia”, e nello specifico “coppia testimone”, costituisce un’ulteriore parola chiave, piuttosto frequente, rilevata nel sottoinsieme dello “osservatore partecipante” (vedi Figure 10 e 11). Anche in questo caso l’analisi delle co/occorrenze ci permetterà di rappresentare il processo comunicativo del gruppo come promotore di un linguaggio diverso. L’adozione di un bambino piccolo si profilerà come improbabile e difficile. Pertanto il gruppo sarà guidato verso una direzione nuova. L’immagine di un bambino, che riflette le caratteristiche del figlio biologico, lascerà progressivamente il posto all’idea di un fanciullo adottato, di colore, più grande, diverso, perché latore di bisogni speciali.

 

Figura 10 – Predecessori di “Coppia”

fig10

Figura 11 – Successori di “Coppia”

fig11

 

 

Il protocollo dell’osservatore silente.

Relativamente al secondo sottoinsieme del corpus, ascritto alla variabile “osservatore silenzioso”, i lemmi più frequenti sono nell’ordine: bambino, tempo, coppia.

La parola chiave “bambino” è preceduta (vedi Figura 12) da termini quali “desiderio”, “adottare un bambino”. I successori (vedi Figura 13) rimandano invece al concetto di “bambino piccolo”, “bambino di colore”, contestualmente alle parole “adozione nazionale e internazionale”. Sembra dunque ricorrere intorno alla figura del bambino non solo il bisogno della coppia, ma anche il desiderio inteso come un’aspettativa posta al di là dei limiti imposti dall’esame di realtà. Pertanto sembrerebbe che la co/occorrenza di termini quali bisogno e desiderio, intorno a quelli di bambino piccolo e di colore, non depongano per un processo comunicativo di evoluzione ed emancipazione. Temiamo infatti che la parola bisogno, adoperata dalle coppie più semplici, si traduca in un desiderio idealizzante ed irreale, espresso da coppie acculturate.

 

Figura 12 – Predecessori di “Bambino”

fig12

Figura 13 – Successori di “Bambino”

fig13

 

Il secondo termine più frequente di questo sottoinsieme è il “tempo”, preceduto (vedi Figura 14) dal concetto di “incontro”, “gruppo”, “coppia testimone”. Ex post – vedi Figura 15 – ossia a partire dalla parola chiave tempo, co/occorrono in qualità di successori, termini quali setting, coppie, testimoni”. L’evoluzione del corpo linguistico sembrerebbe partire dalla definizione spazio/tempo del setting, e dunque dalla funzione del conduttore, fino a promuovere la presentazione di nuove coppie, referenti di un passaggio del testimone in materia di adozione. La funzione attiva e trasformatrice del conduttore, propenso al fare, lascia lentamente il posto alla presenza contenitiva dell’osservatore, che si limita a essere come il gruppo e a essere con il gruppo (Winnicott, 1970/1965).

 

Figura 14 – Predecessori di “Tempo”

fig14

Figura 15 – Successori di “Tempo”

fig15

 

 

In merito alla parola chiave “coppia” – vedi Figure 16 e 17 – che si configura come terza nell’ordine delle frequenze, possiamo affermare che questo termine è preceduto da item quali: “setting”, “tempo”, “gruppo e servizio”. Mentre ex post, si rilevano come frequenti, in qualità di successori, parole come “coppia testimone” e “adozione”. Il processo comunicativo del gruppo, come si evince dall’analisi dei protocolli osservativi, sembra promosso attraverso la definizione del setting, di uno spazio/tempo strutturati, che accompagnerà le coppie aspiranti al completamento dell’iter. La loro testimonianza, una volta divenuti genitori adottivi, contribuirà a rendere visibile gli effetti sortiti dal percorso integrato come dal lavoro di rete.

 

Figura 16 – Predecessori di “Coppia”

fig16

Figura 17 – Successori di “Coppia”

fig17

 

 

A questo punto del nostro discorso si configura necessaria una precisazione. Per quanto attiene la variabile “osservatore partecipante”, avrete notato come l’indagine statistica sia stata condotta su 5 parole chiave, diversamente da quanto accaduto relativamente al sottoinsieme ascritto alla figura dell’osservatore silente, dove i termini individuati come tra i più frequenti sono solo 3. Ci interessava, infatti, comprendere con quale frequenza ricorressero, nelle note dedicate al lavoro di equipe, termini come bambino e coppia, parole chiave che, riteniamo, assolvano a una funzione determinante nel processo formativo/trasformativo dei professionisti e degli stessi utenti.

 

Conclusioni e prospettive

Attraverso i risultati di questa ricerca abbiamo dimostrato come il recupero organizzativo, la possibilità di ottimizzare le risorse, si configuri finalmente compatibile con la possibilità di assicurare, agli utenti, i livelli essenziali di assistenza secondo criteri integrati, multi/professionali e di qualità. L’équipe professionale, attraverso la supervisione istituzionale, potrà maturare un diverso modo di intendere l’adozione, fino all’acquisizione di una mentalità scevra da pregiudizi.

Contestualmente il gruppo utenti si lascerà accompagnare verso una scelta realistica, protesa ad accogliere bambini con bisogni particolari e speciali. L’organizzazione sanitaria, avvalendosi di personale qualificato e dedicato che, secondo criteri ottimizzanti, assicura un percorso assistenziale, di tipo integrato e completo, presso un’unica struttura, per non incorrere nei rischi della frammentazione e della sovrapposizione degli interventi specialistici. Detta premessa ci consente, infatti, di ridurre un rischio ulteriore e inquietante, quello di cronicizzare, a carico del servizio pubblico, il disagio ascritto alle coppie infertili, agli utenti in età evolutiva vittime dell’abuso, e ai nuclei familiari disgregati.

Il confronto esperienziale tra utenti, come tra professionisti, resta di fatto una condizione propedeutica e imprescindibile. Nella cornice di un servizio pubblico, impegnato ad assicurare livelli di assistenza dalla rilevanza sanitaria e sociale, l’assunto ricorrente resta quello della contrapposizione, di attacco/fuga (Bion, 2013/1961). Nel gruppo utenti la dinamica relazionale muove invece i suoi passi verso la dipendenza dalla figura del conduttore, fino a deporre per un atteggiamento di delega. Tuttavia, qualora i professionisti della rete socio/sanitaria si affianchino conferendo all’équipe un assetto di prossimità e vicinanza, ideologica e dei propositi, che rimanda all’assunto dell’accoppiamento, il gruppo utenti sembrerà muoversi verso la collaborazione cooperante (Bion, 1972/1962).

Dunque l’analisi dei contesti elementari, e del fenomeno linguistico racchiuso nel complesso corpus dei nostri protocolli e verbali, ha contribuito in questi anni a sottolineare l’importanza di un’assunzione delle responsabilità da parte di tutti i professionisti. L’utenza si dimostra attenta, coglie l’assenza/presenza di comunicazione tra servizi, scorge le incongruenze e le contraddizioni. A questo punto il confronto tra professionisti, la costruzione di un dialogo interdisciplinare, si pone come una questione urgente e necessaria. Ci sembra infatti che l’analisi dei contesti elementari possa aiutare l’osservatore/ricercatore del counseling psicodinamico istituzionale a comprendere quanto e come le parole dei professionisti e degli utenti rischino di tradire non un bisogno ma una pretesa, un’aspirazione idealizzante, poco conforme al dato di realtà, che rischia di spingere la coppia verso la manipolazione economica del progetto adottivo e/o in direzione di una mistificazione ideologica. Diversamente, un atteggiamento votato all’onestà intellettuale e deontologica, con maggiore probabilità, potrà assicurare un futuro alla maternità e alla paternità responsabile, di genere biologico e di natura elettiva, garantendo un avvenire all’infanzia abbandonata, spesso maltrattata anche dalle istituzioni.

 

Bibliografia

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[1] Le unità di contesti elementari (u.c.e.) corrispondono a porzioni di testo definite in modo automatico dal software T-LAB.

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