L’employability rappresenta una preziosa risorsa che può aiutare gli individui nell’affrontare le sfide di un mercato del lavoro in continuo cambiamento caratterizzato da instabilità e insicurezza (Di Fabio & Kenny, 2015; Guichard, 2013; Savickas, 2011). È importante considerare che il termine occupabilità non è sinonimo di occupazione (Fugate, Kinicki, & Ashforth, 2004). Riguarda un insieme di competenze professionali aggiornate, così come la sfera motivazionale, ma anche l’adattabilità individuale ai contesti per favorire un incremento delle opportunità occupazionali (Fugate et al., 2004). L’occupabilità implica inoltre l’importanza di prendere in considerazione quali possibilità di impiego le persone percepiscano e quali fattori influenzino questa percezione in termini sia di credenze sul sé che di credenze sul mercato del lavoro esterno (Rothwell & Arnold, 2007).

In relazione al costrutto di occupabilità emergono in letteratura molteplici definizioni (Di Fabio & Palazzeschi, 2013) che sottolineano differenti aspetti: mantenimento del lavoro (Hillage & Pollard, 1998); risorse personali (Fugate et al., 2004); orientamento all’occupabilità (Van Dam, 2004); expertise occupazionale, anticipazione, ottimizzazione, bilancio tra bisogni professionali e personali (Van der Heijde & Van der Heijden, 2006); sostenibilità, qualificazione, prospettiva orientata al futuro (Rothwell & Arnold, 2007); soddisfazione e successo (Dacre Pool & Sewell, 2007); meta-competenze (adattabilità comportamentale, conoscenza di sé, career orientation awareness, percezione di avere uno scopo, autostima) (Coetzee, 2008); fattori interni ed esterni (De Cuyper & De Witte, 2011).

Nel presente lavoro si fa riferimento alla definizione di employability proposta da Fugate et al. (2004) e utilizzata per la costruzione della Dispositional Measure of Employability (DME, Fugate & Kiniki, 2008).

Fugate et al. (2004) descrivono l’employability come “un costrutto psicosociale che include caratteristiche individuali che favoriscono la cognizione, il comportamento e gli affetti adattivi, migliorando l’interfaccia individuo-lavoro” (p. 15). L’employability è considerata un costrutto psicosociale in quanto comprende caratteristiche individuali che colmano il divario individuo-ambiente. Fugate et al. (2004) individuano cinque dimensioni di employability: Openness to changes at work, Work and career resilience, Work and career proactivity, Career motivation, Work identity.

Openness to changes at work si riferisce all’apertura a nuove esperienze che supportano l’apprendimento continuo e consentono di identificare e realizzare opportunità di carriera, rafforzando in tal modo la propria capacità di adattamento personale.

Work and career resilience riguarda la percezione di essere in grado di resistere alle difficoltà relative al lavoro e alla carriera, mantenendo una prospettiva positiva di fronte alle avversità.

Work and career proactivity si riferisce alla ricerca e acquisizione attiva da parte dell’individuo delle informazioni relative al lavoro e alla carriera.

Career motivation riguarda una maggiore motivazione alla costruzione del percorso professionale, la tendenza a persistere durante i periodi di frustrazione e a sostenere gli sforzi necessari per affrontare le sfide.

Work identity si riferisce alla definizione di se stessi attraverso il lavoro nel contesto professionale.

Per rilevare l’employability e le sue cinque dimensioni, Fugate e Kiniki (2008) hanno sviluppato la Dispositional Measure of Employability (DME) formata da 25 item. Attraverso tre studi gli autori hanno stabilito la validità di costrutto della scala. L’analisi fattoriale esplorativa e l’analisi fattoriale confermativa hanno provato la struttura a cinque dimensioni. La validità dello strumento è stata analizzata attraverso uno studio longitudinale che ha mostrato come l’employability risulti legata a emozioni positive dei lavoratori e all’affective commitment relativo al cambiamento organizzativo, controllando per gli effetti di tolleranza dell’ambiguità, locus of control lavorativo, autostima e ottimismo.

Alla luce del quadro teorico fin qui delineato, l’obiettivo del presente studio è dunque quello di analizzare le proprietà psicometriche della versione italiana della Dispositional Measure of Employability (DME) a cura di Di Fabio e Bucci anche nel contesto italiano.

Metodo

Partecipanti

Hanno partecipato al presente studio 296 dipendenti di aziende pubbliche e private della Toscana (201 maschi, 67.91%; 95 femmine, 32.09%).

Strumenti

Dispositional Measure of Employability (DME). Per valutare l’employability è stata utilizzata la versione italiana a cura di Di Fabio e Bucci della Dispositional Measure of Employability (DME, Fugate & Kiniki, 2008). Lo strumento è composto di 25 item con formato di risposta su scala Likert a 5 punti (da 1 = Fortemente in disaccordo a 5 = Fortemente d’accordo). È stato sviluppato in linea con la definizione di Fugate et al. (2004) che considera l’employability come un costrutto psicosociale, con 5 dimensioni: Openness to changes at work (esempio di item «Sento che i cambiamenti lavorativi hanno in genere implicazioni positive»); Work and career resilience (esempio di item «Sento di avere il controllo sulle mie opportunità di carriera»); Work and career proactivity (esempio di item «Sono aggiornato sugli sviluppi del mio lavoro»), Career motivation (Esempio di item «Ho cercato di ottenere incarichi di lavoro che mi aiuteranno a raggiungere i miei obiettivi di carriera»), Work identity (esempio di item «È importante per me essere riconosciuto per i miei successi lavorativi»). Le proprietà psicometriche della versione italiana della DME saranno analizzate nel presente studio. Gli item della versione originale della DME sono stati tradotti tramite il metodo della back translation.

Acceptance of Change Scale (ACS). Per valutare l’accettazione del cambiamento è stata utilizzata l’Acceptance of Change Scale (Di Fabio & Gori, 2016). La scala è composta di 20 item con formato di risposta su scala Likert a 5 punti (da 1 = Per niente a 5 = Del tutto). La scala rileva 5 dimensioni: Predisposition to change (esempio di item: «Pensare a nuovi piani è facile per me»); Support for change (esempio di item: «Mi fido delle persone a me vicine di fronte ai cambiamenti»); Change Seeking (esempio di item: «Sono sempre in cerca di cambiamenti nella mia vita di tutti i giorni»); Positive Reaction to Change (esempio di item: «Riesco a trovare lati positivi nei cambiamenti che sono apparentemente negativi»); Cognitive Flexibility (esempio di item: «Le mie opinioni possono cambiare»). I coefficienti alfa di Cronbach della Scala sono: .83 per Predisposition to change, .79 per Support for change, .80 per Change Seeking, .75 per Positive Reaction to Change, .72 per Cognitive Flexibility, .88 per il punteggio totale.

Intrapreneurial Self-Capital Scale (ISCS). Per valutare l’Intrapreneurial Self-Capital è stata utilizzata l’Intrapreneurial Self-Capital Scale (ISC, Di Fabio, 2014). L’ISCS è formata da 28 con formato di risposta su scala Likert a 5 punti (da 1 = Completamente in disaccordo a 5 = Completamente d’accordo). Esempi di item sono «Quando faccio dei progetti, sono certo di riuscire a realizzarli», «Sento di essere in grado di produrre idee innovative», «È importante per me migliorare le mie competenze». Il coefficiente alfa di Cronbach della scala è di .84 (Di Fabio, 2014).

Procedura

Le somministrazioni sono avvenute collettivamente, a opera di personale specializzato e nel rispetto delle leggi sulla privacy. L’ordine di somministrazione è stato controbilanciato per controllare gli effetti dell’ordine di presentazione.

Analisi dei dati

La struttura fattoriale della Dispositional Measure of Employability è stata verificata mediante un’Analisi Fattoriale Confermativa (AFC) attraverso l’utilizzo del programma statistico AMOS versione 6 (Arbuckle, 2005) con il metodo della massima verosimiglianza. L’adeguatezza del modello è stata analizzata non soltanto facendo riferimento al valore di χ2 (dato che tale statistica risulta influenzata dall’elevata numerosità dei partecipanti), ma anche valutando altri indici di adattamento quali: il rapporto tra il valore di χ2 e i gradi di libertà (χ2/df) per cui valori del rapporto compresi tra 1 e 3 sono considerati indicatori di un buon adattamento; il Comparative Fit Index (CFI, Bentler, 1990) e il Non-Normed Fit Index (NNFI, Tucker & Lewis, 1973) per i quali valori superiori a .90 indicano una buona adeguatezza del modello (Bentler, 1990); l’SRMR e il RMSEA (Browne & Cudeck, 1993) per i quali valori inferiori a .08 indicano un buon adattamento del modello ai dati (Browne, 1990). L’attendibilità della Dispositional Measure of Employability è stata verificata mediante il calcolo dell’alfa di Cronbach e delle correlazioni item-totale corrette. Inoltre per verificare la validità concorrente, sono state esaminate, mediante il coefficiente r di Pearson, le correlazioni della Dispositional Measure of Employability con ACS e ISC.

Risultati

Per verificare la struttura fattoriale a cinque dimensioni della Dispositional Measure of Employability, si è proceduto a un’analisi fattoriale di tipo confermativo. Gli indici di Goodness of Fit sono riportati in Tabella 1.

Tabella 1 – Analisi Fattoriale Confermativa: Goodness of Fit

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Relativamente agli indici considerati, la versione italiana della scala conferma una struttura a 5 dimensioni. Per quanto riguarda la consistenza interna, il coefficiente alfa di Cronbach è di: .83 per Openness to changes at work (5 item), .80 per Work and career resilience (8 item), .83 per Work and career proactivity (3 item), .82 per Career motivation (3 item), .80 per Work identity (6 item), .81 per il totale (25 item). Le correlazioni item-totale corrette sono tutte positive e significative e vanno: da .54 a .76 per Openness to changes at work, da .47 a .72 per Work and career resilience, .52 a .76 per Work and career proactivity, da .49 a .73 per Career motivation, da .44 a .68 per Work identity

Le correlazioni della Dispositional Measure of Employability con ACS e ISC sono riportate in Tabella 2.

Tabella 2 - Correlazioni della Dispositional Measure of Employability con ACS e IS

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Nota. N = 296. ** p < .01

Discussione

L’obiettivo del presente lavoro è stato quello di valutare le proprietà psicometriche della versione italiana della Dispositional Measure of Employability (DME) a cura di Di Fabio e Bucci.

L’Analisi Fattoriale Confermativa ha mostrato l’adeguatezza del modello a 5 dimensioni. L’attendibilità della scala verificata mediante il calcolo del coefficiente alfa di Cronbach e le correlazioni item-totale corrette è risultata buona. Le correlazioni positive e significative della DME con l’ACS e l’ISC evidenziano un’adeguata validità concorrente della scala relativamente alle misure effettuate.

La relazione positiva tra employability e accettazione del cambiamento sottolinea come gli individui che si percepiscono come maggiormente “occupabili” sentono anche di avere una maggiore accettazione dei cambiamenti che si trovano ad affrontare (Di Fabio & Gori, 2016), caratteristica fondamentale nel XXI secolo in quanto viene richiesta una maggiore flessibilità (Di Fabio, 2014). L’employability risulta inoltre positivamente legata all’Intrapreneurial Self-Capital, “un nuovo core di caratteristiche degli individui come intrapreneur delle loro vite per affrontare i continui cambiamenti e transizioni attraverso la creazione di soluzioni innovative di fronte ai vincoli dell’ambiente per trasformare tali vincoli in risorse” (Di Fabio, 2014, p. 100). Questa relazione sottolinea come gli individui con un’elevata employability sembrino avere anche maggiori risorse per affrontare le sfide del XXI secolo.

Sebbene i risultati ottenuti mostrino come la Dispositional Measure of Employability (DME) rappresenti uno strumento valido e attendibile per la misura dell’employability anche nel contesto italiano, il presente studio mostra il limite di avere esaminato le proprietà psicometriche di tale strumento esclusivamente con lavoratori di aziende pubbliche e private della Toscana che non risultano rappresentativi della realtà italiana. Studi futuri dovrebbero pertanto considerare gruppi di partecipanti maggiormente rappresentativi della realtà italiana, comprendendo lavoratori di altre aree geografiche in Italia e anche di altri contesti organizzativi. Sarebbe anche auspicabile verificare le proprietà psicometriche della DME con studenti di scuola secondaria di secondo grado e universitari.

Nonostante i limiti evidenziati, la versione italiana dalla Dispositional Measure of Employability (DME) appare uno strumento in grado di rilevare in maniera accurata l’occupabilità anche nel contesto italiano. Avere a disposizione uno strumento in grado di rilevare in maniera valida e attendibile il costrutto di occupabilità può consentire di studiare in maniera approfondita tale costrutto in ambito di orientamento e career counseling, offrendo un’ulteriore possibilità di potenziamento in ambito sia di ricerca sia di intervento in un’ottica preventiva di promozione delle risorse per il XXI secolo (Di Fabio & Kenny, 2015; Di Fabio, Kenny, & Claudius, 2016; Di Fabio & Saklofske, 2014a, 2014b).

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