Quando si parla di Not in Employment, nor in Education or Training (NEET) oggi si fa riferimento a circa 14 milioni di giovani europei, di età compresa tra 15 e 29 anni, che non studiano e non lavorano. Si tratta di una popolazione altamente eterogenea, all’interno della quale rientrano giovani convenzionalmente definiti disoccupati, giovani alla ricerca di opportunità di impiego, individui impossibilitati al lavoro a causa di disabilità psico-fisiche, soggetti che si trovano in situazioni di marginalità sociale o giovani che semplicemente sono disinteressati a costruire la propria carriera professionale.

La portata del fenomeno sta diventando sempre più ampia: in Europa, tra gli Stati membri, l’Italia risulta seconda solo alla Grecia per maggiore incidenza del fenomeno, toccando quasi il 26% totale di giovani italiani nella condizione Not in Employment, Education or Training, soprattutto tra le donne, in linea con la tendenza europea (ISTAT, 2015). Nel contesto nazionale, le regioni Meridionali sono quelle che manifestano maggiore presenza di giovani che non studiano e non lavorano: in ordine decrescente, dopo Sicilia, Campania e Calabria, la Puglia è al quarto posto, con la presenza di oltre il 30% di giovani NEET. Per dare un’idea più precisa della diffusione di questa condizione tra i giovani, a maggio 2016, in Italia, secondo l'ultimo report diffuso dal Ministero del Lavoro, si registrano circa 916.000 persone iscritte al programma Garanzia Giovani, al netto delle cancellazioni, delle quali sono stati presi in carico e profilati circa 682.000 ragazzi, pari al 75%. In Puglia. Il dato più sensibile si riscontra nella provincia di Bari, con 24.602 giovani che non studiano e non lavorano.

Alla luce di questi dati, tuttavia, diventa saliente non tanto e non solo descrivere il fenomeno quanto piuttosto cercare di comprendere quali possano essere i fattori sociali, culturali e psicologici che inducono i giovani verso questa condizione di impasse.

In particolare, la ricerca psico-sociale ha centrato l’attenzione su caratteristiche quali il background familiare dei giovani NEET, il capitale culturale, inteso come livello di istruzione e professione dei genitori, che di fatto influenzano le scelte formative e professionali ma anche le strategie con cui i giovani affrontano la costruzione della propria carriera, e la presenza o meno di precedenti esperienze fallimentari nella formazione e/o nel mondo del lavoro che possano aver inciso sulla rappresentazione di sé e della propria carriera in un’ottica di disinvestimento (Bynner & Parsons, 2002). Ancora grande importanza riveste la durata della condizione di disoccupazione. Sembra, infatti, che disoccupati di lunga durata, ovvero da 6 mesi o più, tendano a sviluppare più facilmente un senso di scarsa autoefficacia che, di conseguenza, si traduce nella difficoltà di identificare chiari obiettivi e strategie di ricerca e che a lungo termine potrebbe essere responsabile della condizione di stallo tipica del neeting.

A essere caratterizzati da questo tipo di variabili sono, dunque, giovani che hanno caratteristiche diverse sebbene assimilabili in termini di passività nel career planning: giovani disimpegnati da lungo tempo e sostenuti economicamente dalle proprie famiglie di origine; giovani indecisi o semplicemente insoddisfatti circa le opportunità offerte dal mercato e più vulnerabili all’instabilità economica; giovani in transizione, in attesa di essere reimpiegati nella formazione o nel mercato del lavoro, a breve tempo (Alfieri, Rosina, Sironi, Marta, & Marzana, 2015; Filmer-Sankey & McCrone, 2012).

Partendo da queste riflessioni, negli ultimi anni, numerosi studi hanno tentato di identificare specifici cluster di giovani NEET, al fine di studiarne meglio le peculiarità e proporre di conseguenza interventi e politiche a supporto. Questi studi sono partiti dall’evidenza secondo la quale i NEET non sono un gruppo omogeneo (Allen et al., 2012); al contrario, seppure caratterizzati da comportamenti simili, le caratteristiche all’origine di tale fenomeno possono essere molto diverse tra di loro.

Spielhofer e colleghi (Spielhofer et al., 2009; Spielhofer, Marson-Smith, & Evans, 2009), ad esempio, distinguono tre cluster: i NEET sustained, ovvero quei giovani passivi e disimpegnati, che non intendono investire nel career planning perché supportati economicamente dalla famiglia e dunque scarsamente motivati ad attivarsi per il proprio futuro; i NEET aperti all’apprendimento, ma spaventati da uno scenario del mercato del lavoro turbolento e fortemente instabile; i NEET indecisi, ovvero coloro che sono passivi perché non riescono a identificare specifici obiettivi e strategie professionali.

Muovendo da tali premesse, il presente studio intende offrire un contributo in questa direzione. In particolare, animato dall’evidenza secondo cui la maggior parte delle ricerche presenti sul tema centrano l’attenzione su di una lettura ampiamente sociologica del fenomeno, lo studio intende allargare il focus della discussione e comprendere nell’analisi delle diverse categorie di NEET anche alcune caratteristiche psico-sociali, ritenute rilevanti nella spiegazione dei comportamenti di pianificazione di carriera. Tale sforzo si giustifica con l’obiettivo di individuare, da un lato, i fattori di rischio connessi alla condizione di NEET e, dall’altro, di proporre possibili interventi di consulenza.

Più in dettaglio, partendo dall’analisi di studi effettuati su popolazioni assimilabili a quella dei giovani che non studiano e non lavorano, per alcune caratteristiche come la condizione occupazionale, l’età, il capitale culturale, ecc., la letteratura psicologica mostra come comportamenti di sfiducia, di disinvestimento e/o di passività nei confronti del mercato del lavoro siano spesso connessi a un patrimonio di risorse psico-sociali piuttosto impoverito che rende difficile uscire da una condizione di stallo attraverso strategie di coping adeguate. In particolare, un ruolo centrale è attribuito al capitale psicologico, all’indecisione di carriera e al career commitment, che rivelano significative relazioni con comportamenti di ricerca attiva del lavoro (Chen & Lim, 2012; Cole, 2006; Lim, Chen, Aw, & Tan, 2016; Luthans, Luthans & Luthans, 2004; McArdle, Waters, Briscoe, Hall, 2007). Ancora, cruciali risultano gli orientamenti valoriali, ovvero le ancore di carriera (Schein, 1974), la rappresentazione del mercato del lavoro e conseguentemente della propria carriera, di fatto strettamente connessi ai comportamenti di esplorazione, al coinvolgimento e all’impegno mobilitati nel career planning (Bynner & Parsons, 2002; De Koning, Bourguignon & Roques, 2015; Garcia Rodriguez, 1997; Guerra & Braungart-Rieker, 1999).

Pertanto, in considerazione di tali risultati, l’obiettivo di questo studio è stato quello di esaminare eventuali varianze nella categoria di giovani NEET presenti nello scenario del mercato del lavoro pugliese, approfondendone le caratteristiche psico-sociali e tentando di comprenderne le motivazioni. Più semplicemente, lo studio ha ipotizzato una differenza tra NEET che diventano tali in funzione di un disinteresse e un disimpegno nei confronti delle opportunità offerte dal mercato del lavoro e NEET che, loro malgrado, subiscono questa condizione per rassegnazione o impotenza appresa di fronte a ripetute esperienze di fallimento e delusione.

Metodo

Partecipanti

I partecipanti alla ricerca sono stati 294 giovani NEET, di età compresa tra 15 e 29 anni, che non frequentano alcun percorso o di istruzione o formazione e risultano disoccupati o inoccupati.

Strumenti

In relazione agli obiettivi dello studio, lo strumento utilizzato per la raccolta dati è stato un questionario semi-strutturato articolato in due sezioni.

La prima sezione ha rilevato informazioni socio-anagrafiche e capitale culturale dei partecipanti: genere, età, titolo di studio, condizione occupazionale, durata della condizione di disoccupazione, frequenza di eventuali azioni di ricerca attiva del lavoro, titolo di studio dei genitori e condizione occupazionale dei genitori.

La seconda, invece, si è soffermata sulla misura di specifiche risorse psico-sociali connesse ai comportamenti di career planning, come di seguito descritto.

  • Indecisione di carriera. Questa variabile è stata misurata attraverso il Career Factors Inventory (CFI) (Lo Presti & Drammis, 2012). Questo strumento si compone di 21 item relativi a 4 dimensioni: Career Choice Anxiety, che riguarda il livello di ansia percepita ed espressa, relativa ai processi di career decision making; Generalized Indecisiveness, che si riferisce all’inabilità dell’individuo di prendere decisioni, anche quando ci sono le condizioni perché ciò accada; Need for Career Information, che esprime il bisogno dell’individuo di acquisire informazioni e dati fattuali relative a differenti professioni; e Need for Self-Knowledge, che rappresenta il bisogno della persona di auto-definirsi e scoprire informazioni sulla propria immagine e identità. Complessivamente, l’alfa di Cronbach per questa scala è .84.

  • Career Commitment. Questa variabile è stata misurata attraverso la Career Committment Measure (Carson & Bedeian, 1994), una scala che mira a rilevare il livello di coinvolgimento e l’importanza che la carriera assume per l’individuo. Essa è formata da 12 item che misurano rispettivamente 3 dimensioni: Career identity, è la componente direzionale del commitment che personifica la parte delle emozioni individuali; Career Resilience, che è la componente di persistenza del commitment, usata per rilevare il coinvolgimento degli individui di fronte alle avversità; infine, Career Planning, che è la componente energetica del commitment ed è relativa al coinvolgimento dell’individuo nelle attività di pianificazione di carriera. L’alfa di Cronbach per questo strumento è pari a .74.

  • Capitale psicologico. Questa variabile è stata misurata attraverso la Psychological Capital Scale elaborata da Luthans, Avolio e Avey (2007) e adattata da Chen e Lim (2012), finalizzata a rilevare le risorse psicologiche utili a costruire la prospettiva occupazionale futura attraverso la ricerca del lavoro. Lo strumento è composto di 24 item, che rappresentano 4 dimensioni: Self-efficacy, ovvero la convinzione personale sulle proprie capacità di smuovere la propria motivazione, le risorse cognitive e le strategie di azione necessarie per eseguire con successo un certo compito in un dato contesto; Speranza, intesa come lo stato motivazionale positivo, basato su un senso dinamico di successo derivato da agency (energia orientata agli obiettivi) e pianificazione del raggiungimento degli obiettivi; Ottimismo, ossia lo stile esplicativo di eventi buoni e cattivi, basato sulle dimensioni di pervasività e permanenza; e, infine, Resilienza, relativa alle capacità di rimbalzare alle avversità ma anche a cambiamenti positivi drammatici. L’affidabilità calcolata per questa scala è pari a α = .85.

  • Percezione del mercato del lavoro. Questa variabile è stata misurata attraverso una scala elaborata da Avallone, Grimaldi e Pepe (2006) per rilevare l’insieme delle rappresentazioni che i giovani posseggono del mercato del lavoro. Questa misura si compone di una serie di scale bipolari ancorate a 18 coppie di aggettivi di significato opposto (ad esempio positivo/negativo). Le 18 coppie di aggettivi misurano complessivamente 6 dimensioni: Dinamicità, ovvero la percezione delle caratteristiche di velocità e di dinamismo del mercato del lavoro; Chiarezza, intesa come il livello di intelligibilità di quanto accade nel mercato del lavoro, con particolare riferimento alla chiarezza e alla ricchezza delle informazioni; Equità, che si riferisce alla percezione di giustizia e alla percezione della presenza di eventuali elementi discriminatori; Complessità, che fa riferimento alla percezione della pluralità delle variabili presenti nel mercato del lavoro e delle loro interconnessioni; Incertezza, in relazione alla dimensione di insicurezza e instabilità del mercato del lavoro; Stress, infine, come percezione del mercato del lavoro inteso come fonte di stress o di frustrazioni. L’alfa di Cronbach calcolata per questa scala è pari a. 94.

  • Ancore di carriera. Questa variabile è stata misurata attraverso la Career Orientation Inventory nella sua validazione italiana di Sarchielli e Toderi (2007). Si tratta di una scala di 25 item che misura le ancore di carriera, intese come elementi centrali del proprio self-concept, acquisiti durante il primo anno di carriera degli individui, che, negli odierni tempi di transizione e cambiamento, rappresentano un ancoraggio che fornisce stabilità e favorisce la crescita individuale. Lo strumento identifica 8 ancore di carriera: Tecnica, ovvero il contenuto del lavoro; Manageriale, intesa come opportunità di gestire le persone; Imprenditoriale, ossia il desiderio di decidere per sé e agire a modo proprio; Job security, intesa come ancoraggio di sicurezza, che si divide al suo interno in stabilità del lavoro e sicurezza geografica; Autonomia, ovverossia la possibilità di pianificare il proprio orario di lavoro; Life Style, indicativa dell’equilibrio tra lavoro e vita privata; Pura sfida, cioè la ricerca di situazioni che mettano alla prova le proprie abilità; Infine, Servizio, relativa all’opportunità di lavorare per il bene della società. Complessivamente, questo strumento presenta un indice di affidabilità pari a α = .75.

Per tutte le scale tranne che per quella relativa alla percezione del mercato del lavoro, che utilizza la misura del differenziale semantico, ai partecipanti è stato chiesto di esprimere accordo/disaccordo con una serie di affermazioni utilizzando una scala likert a 5 passi da 1 = per nulla d’accordo a 5 = completamente d’accordo.

Procedura  

Il questionario è stato diffuso in occasione dello svolgimento delle attività relative al programma Garanzia Giovani, grazie alla collaborazione di diverse realtà istituzionali coinvolte nella sua realizzazione (CPI di Modugno, Bari e Ostuni; Servizio Placement – Università degli Studi di Bari; IFOA; Assessorato alle Politiche Sociali e Assessorato alle politiche Giovanili – Comune di Modugno (BA); Sportello InformaGiovani Modugno) oltre che alla sua diffusione mediante social network.

Analisi dei dati

L’analisi dei dati è stata guidata dalla cluster analysis, che consiste nell’analisi di raggruppamenti di soggetti, o casi, rispetto ai quali sono state misurate delle variabili, in questo caso di natura psicologica. I gruppi non sono determinati a priori ma ciascun soggetto viene assegnato a un raggruppamento, in modo che i casi interni a ogni singolo cluster siano quanto più simili tra loro ma, contemporaneamente, i gruppi formati differiscano significativamente tra di loro (Barbaranelli, 2006). Ai fini dell’analisi oggetto del presente studio, si è optato per la scelta del metodo non gerarchico K-Means, che permette di identificare gruppi di soggetti sulla base delle medie rispetto a un set di variabili di raggruppamento quantitative, preferibilmente standardizzate. Una volta identificata la soluzione ottimale, i cluster emersi sono stati rinominati rispetto ai centroidi finali, che indicano le medie dei cluster rispetto alle variabili di raggruppamento e cioè i punteggi fattoriali. Infine, a fini descrittivi, quanto emerso dall’analisi dei cluster di appartenenza dei soggetti è stato incrociato con le variabili qualitative, come ad esempio “genere”, “età”, “titolo di studio”, “condizione occupazionale”, ecc., mediante analisi t-test di Student.

Risultati

In linea con gli assunti teorici precedentemente descritti, l’analisi non gerarchica delle k-means, condotta mediante software SPSS, ha mostrato l’esistenza di raggruppamenti significativi tra due cluster o gruppi di soggetti.

Esaminando i valori finali dei centroidi nei due gruppi estratti, tra i due cluster si osservano differenze significative tra i punteggi medi relativi alle variabili analizzate, soprattutto per le sotto-dimensioni del capitale psicologico, della percezione del mercato del lavoro, dell’indecisione di carriera e del career commitment.

Il primo cluster (N = 115) è formato da giovani NEET in prevalenza donne (60%), con un’età media di 23.80 anni (DS = 3.87). Anche il secondo raggruppamento (N = 179) è formato per la maggior parte da NEET di genere femminile (63.70%) ma con età media più elevata, pari a 24.74 anni (DS = 3.39). Questa omogeneità di genere tra i due cluster può essere spiegata dal fatto che il campione complessivo (N = 294) risulta composto in prevalenza da NEET di genere femminile, in linea anche con le tendenze generali del fenomeno a livello nazionale ed europeo (ISTAT, 2015).

Per testare la significatività delle differenze tra i due cluster è stata effettuata un’analisi di confronto intergruppi, mediante t-test a campioni indipendenti. Innanzitutto, emergono differenze significative tra i due raggruppamenti in merito ad alcune variabili socio-anagrafiche. Relativamente alla variabile Età, i NEET del Cluster 1 si dimostrano mediamente più giovani rispetto ai NEET appartenenti al Cluster 2 (t = -2.19; p < .05), che invece posseggono un’età media significativamente più elevata (Figura 1).

Figura 1 – t-test variabile Età
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Differenze significative tra i due cluster si riscontrano anche in merito alla Durata della condizione NEET, dove nel Cluster 1 si osservano punteggi medi più bassi rispetto al Cluster 2 (t = -2.15; p < .05), che invece comprende NEET in una condizione occupazionale da lunga durata, ovvero più di 6 mesi o 1 anno (Figura 2).

Figura 2 – t-test Durata condizione NEET
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Diversamente accade per il numero medio di colloqui di lavoro svolti dai NEET che ricercano un impiego e, quindi, per l’efficacia fattuale della ricerca dell’impiego: il Cluster 1 include giovani NEET che svolgono mediamente colloqui più frequentemente rispetto ai NEET del Cluster 2 (t = -3,16; p < .01) (Figura 3), che invece affermano di sostenere colloqui di lavoro mediamente da una volta ogni 6 mesi a una volta all’anno.

Figura 3 – t-test numero di colloqui svolti
chart2

Infine, un'ulteriore differenza significativa tra i due raggruppamenti si riscontra in merito al capitale culturale dei giovani NEET e, nello specifico, al Titolo di studio materno: il Cluster 1 risulta composto prevalentemente da giovani NEET con madri con titolo di studio più alto rispetto al secondo raggruppamento che, invece, risulta formato da NEET con madri con titolo di studio più basso (t = 1.99; p < .05), ovvero licenza media o titolo inferiore (Figura 4).

 Figura 4 – T-Test Titolo di Studio materno 
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L’analisi di cluster non gerarchica k-means mostra differenze significative tra i punteggi medi dei due cluster anche relativamente alle variabili psicologiche analizzate (Figura 5). Complessivamente, anche in questo caso dai valori del t-test è possibile identificare due raggruppamenti: rispetto al Career Commitment, tendenzialmente il Cluster 1 è composto da individui maggiormente coinvolti con la propria carriera e che potremmo definire disimpegnati a differenza del Cluster 2 che, invece, risulta formato da individui rassegnati. I NEET appartenenti al Cluster 1 mostrano punteggi medi significativamente più elevati sia nella dimensione del Career Planning (t = 5.96; p < .001), sia nella Career Identity (t = 3.62; p < .001) che in quella della Career Resilience (t = 2.93; p < .01). Dunque in questo caso i NEET hanno una chiara idea di ciò che vogliono fare, ma probabilmente non trovano nel mercato del lavoro opportunità confacenti a tali progetti e, di conseguenza, si rendono disimpegnati rispetto alla ricerca di lavoro. Probabilmente in questo cluster potrebbe essere rilevante il ruolo svolto dal capitale culturale familiare mediamente rilevato come più alto: la famiglia, infatti, potrebbe supportare questa categoria di giovani anche economicamente nell’attesa di condizioni e opportunità di lavoro più adeguate alle proprie attese.

Figura 5 - Grafico delle medie dei cluster nella soluzione non gerarchica delle k-medie a 2 gruppi
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Ancora, i giovani che rientrano nel Cluster 1 dei disimpegnati presentano un capitale psicologico più ricco rispetto ai NEET rassegnati raggruppati nel Cluster 2. Ciò accade soprattutto per le dimensioni di Ottimismo (t = 5.43; p < .001), Speranza (t = 6.47; p < .001) e Resilienza (t = 4.66; p < .001).

Emergono differenze significative, tra NEET disimpegnati e rassegnati, anche relativamente alle dimensioni generali dell’indecisione di carriera, soprattutto per la Generalized Indecisiveness (t = -4.26; p < .001) e per la Need for Self-Knowledge (t = -4.74; p = .001), rispetto ai quali gli individui disimpegnati del Cluster 1 presentano punteggi medi significativamente più bassi. In questo caso, coerentemente con quanto ipotizzato in precedenza, i disimpegnati risultano NEET consapevoli delle proprie risorse ma passivi nella ricerca perché non motivati a cercare occupazione in un mercato del lavoro che non li soddisfa. Diversamente i rassegnati, probabilmente a seguito di esperienze di fallimento nella ricerca attiva del lavoro, hanno sviluppato una rappresentazione negativa di sé della propria carriera, hanno sviluppato un senso di scarsa autoefficacia verso la propria capacità di gestire questa condizione e pertanto si mostrano più indecisi e disorientati rispetto alle strategie di coping da adottare per uscire dallo stallo in cui versano.

A conferma di tali differenze anche l’opposizione tra le ancore di carriera caratteristiche dei due cluster. L’analisi mostra una differenza significativa tra i due Cluster in relazione all’ancora tecnica (t = 2.75; p < = .01), appartenente agli orientamenti basati sui talenti, con valori più alti nel Cluster 1 dei disimpegnati; e all’ancora Sicurezza del lavoro (t = -3.72; p < .001), appartenente alla dimensione valoriale fondata sui bisogni, che rappresenta maggiormente il Cluster 2 dei rassegnati; mentre si riscontra una tendenza alla significatività per l’ancora Pura Sfida (t = 1.82; p =.07), più vicina ai NEET appartenenti al Cluster 1 dei disimpegnati. Dunque ancora l’opposizione tra queste due tipologie di NEET appare chiara in relazione alla ricerca di un fit tra i propri valori del lavoro e ciò che il contesto offre loro. I NEET disimpegnati che si sono mostrati più consapevoli delle proprie risorse psico-sociali appaiono motivati da valori intrinseci legati alla realizzazione del proprio talento, mentre i rassegnati sembrano più legati a valori estrinseci quali la sicurezza del lavoro. Di conseguenza entrambi i gruppi sono in una situazione di impasse ma per motivi diversi: il primo cluster perché non trova nelle offerte del mercato del lavoro opportunità che possano soddisfare le proprie aspettative di realizzazione (i disimpegnati), mentre il secondo cluster perché non trova sicurezza e stabilità (i rassegnati).

Infine, in relazione alla variabile “percezione del mercato del lavoro” i punteggi medi tra i due cluster sono tendenzialmente bassi per entrambi i raggruppamenti, tuttavia i NEET appartenenti al Cluster 1 (disimpegnati) stimano in media in maniera più positiva la propria capacità di leggere le opportunità offerte dal mercato del lavoro rispetto ai NEET del Cluster 2 (rassegnati). Infatti, questi ultimi descrivono con punteggi più alti rispetto al Cluster 1 il mercato del lavoro come complesso, incerto e stressante, confermando una percezione del contesto socio-economico che rispetto a quella dichiarata dai disimpegnati appare più timorosa e scoraggiata.

Quanto emerso in riferimento alle variabili psicologiche mostra differenze sostanziali tra i due raggruppamenti (Tabella 1), individuando da un lato giovani NEET disimpegnati con un capitale psicologico più alto, con un forte orientamento a lavori che rispecchino il proprio talento e con una percezione del mercato del lavoro meno incerta, complessa e stressante; dall’altro, giovani NEET rassegnati, maggiormente orientati alla sicurezza del lavoro come funzione estrinseca dello stesso, con più basso capitale psicologico e con una percezione del mercato del lavoro più incerta, stressante e complessa.

Tabella 1 - Caratteristiche dei giovani NEET disimpegnati e rassegnati

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Discussione
 

Questi risultati che sostanzialmente oppongono due generazioni di NEET, i più giovani disimpegnati e attendisti perché alla ricerca di migliori opportunità e i più adulti rassegnati a seguito di ripetuti fallimenti nella ricerca del lavoro, consentono di effettuare una discussione sulle misure di intervento specifiche volte a contenere e ad arginare il fenomeno che in entrambi i casi, come visto in precedenza, ha assunto proporzioni allarmanti.

La riflessione economica internazionale mostra, infatti, da alcuni anni, particolare attenzione all’indicatore del tasso di NEET, in quanto valori comparativamente più alti sono sinonimo di difficoltà e ritardi nella transizione dallo studio al lavoro e di scarsa capacità del mercato di includere i giovani, determinando l’insorgenza di fenomeni di skill mismatch e di scoraggiamento.

Inoltre, la prolungata assenza dal mercato del lavoro e dal circuito formativo dei giovani NEET rischia di pregiudicare o di rendere più difficoltose le loro possibilità di reinserimento e di aumentare, di conseguenza, la disoccupazione di lunga durata e la dipendenza dalle prestazioni sociali.

Mutuando quanto già affermato in una recente ricerca del Department for Education and Employment (DfEE) del Regno Unito, per arginare il fenomeno e ridurre il numero di NEET potrebbe essere utile perseguire diverse strategie che consentano di adottare un approccio olistico al fronteggiamento della problematica. Un primo importante aspetto riguarda il monitoraggio accurato dei NEET al fine di aumentare la conoscenza delle loro caratteristiche. In questa direzione si muove lo studio appena presentato, che ha permesso di portare alla luce una serie di specificità di tipo psicologico, spaziando da fattori esterni, come la percezione del mercato del lavoro, a fattori interni, come aspetti più squisitamente legati alle caratteristiche individuali che si riversano in scelte di carriera o, viceversa, di immobilità (Alfieri et al., 2015). Anche per questo la Commissione europea, nell’ambito dell’iniziativa Youth on the Move finalizzata a sostenere la nuova strategia per l’occupazione e lo sviluppo “Europa 2020”, ha deciso di effettuare un monitoraggio sistematico della situazione dei giovani disoccupati e al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione (NEET) - definiti giovani ad alto rischio di esclusione - sulla base di dati comparabili a livello UE, che servirà all'elaborazione di politiche comuni e all'apprendimento reciproco in materia. Un altro aspetto importante e indispensabile riguarda la necessità di individuare nominativamente i NEET (anche quelli che sono a rischio di diventarlo), al fine di effettuarne un aggiornamento periodico delle liste, di riuscire a raggiungere facilmente ciascun giovane e di realizzare una mappatura dei bisogni specifici di un target in continuo mutamento. Tali rilevazioni, non scontate e affatto semplici, diventano fondamentali al fine di riuscire a studiare, costituire e offrire loro i servizi più adeguati.

Un’altra chiave determinante per la prevenzione e il fronteggiamento del fenomeno dei NEET riguarda la progettazione e l’erogazione di servizi di counseling orientativo personalizzato e di sostegno. Tale azione, che si connoterebbe come preventiva e utile ad aiutare i giovani a fare scelte consapevoli nell’istruzione e nella formazione, potrebbe rappresentare anche un’importante occasione per permettere da un lato l’acquisizione delle competenze richieste dal mercato, e dunque per aiutare nella costruzione di un’idea chiara e realistica del mercato del lavoro con il quale i giovani si interfacciano, e, dall’altro, per accrescere quelle risorse individuali fondamentali a evitare l’impasse occupazionale e a favorire l’employability.

Inoltre, potrebbe essere una strategia vincente anche la predisposizione di una gamma completa e flessibile di corsi di formazione e di opportunità formative in generale che favoriscano l’incontro tra la domanda da parte delle imprese, a ogni livello d’istruzione, in qualsiasi momento dell’anno, in tutte le aree del paese e per tutte le modalità di apprendimento (Brynner & Parsons, 2002). In questo senso, l’Università, e tutti gli Enti fornitori di percorsi di formazione post-universitaria e di Alta formazione riscoprono il loro più che prezioso ruolo di trampolino di lancio con dei servizi di placement coerenti con tutti i percorsi formativi da essi promossi, agendo sul fronte dell’apprendistato e del tirocinio secondo un piano di accompagnamento al mercato del lavoro consequenziale e progressivo e divenendo essi stessi punto di ancoraggio per mezzo di network consolidati e sinergici con gli interlocutori sociali e datoriali, nazionali e internazionali.

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