Vol. 15, n. 2, giugno 2022 — pp. 109-110
INTERVISTE/INTERVIEWS
a cura di (edited by) Annamaria Di Fabio
Intervista a Marco Pierini1
- Dal Suo punto di osservazione, in qualità di Prorettore al Trasferimento tecnologico, attività culturali e impatto sociale dell’Università degli Studi di Firenze, quali sono le sfide attuali in Italia e a livello internazionale nell’ambito del trasferimento tecnologico per le università?
La terza missione dell’università, che racchiude non solo il trasferimento tecnologico ma più in generale la massimizzazione dell’impatto sociale, economico, educativo e culturale della ricerca e della didattica sulla società, è ancora poco nota e conosciuta dall’opinione pubblica. In generale, in Italia la terza missione è stata attività soltanto negli ultimi anni, tipicamente dopo il 2000. Presso l’Università di Firenze, ad esempio, è stato costituito l’incubatore universitario soltanto nel 2010. Ritengo che al momento, soprattutto a livello nazionale, vi siano due principali sfide aperte: da una parte aumentare la consapevolezza dell’opinione pubblica sul valore della ricerca e della didattica. Questo è il compito del cosiddetto public engagement ovvero della capacità delle università di «coinvolgere e ascoltare» la società. Dall’altra parte, sono necessari nuovi strumenti per motivare maggiormente i ricercatori a impegnarsi con tutte le loro forze per massimizzare gli effetti positivi della loro ricerca.
- Quali suggerimenti potrebbe offrire al dibattito nazionale/internazionale in relazione al trasferimento tecnologico per le università? Quali sono le prospettive future?
Mi concentro sul livello nazionale poiché siamo ancora molto indietro rispetto ad altri. Ritengo che debba essere rivisto profondamente il metodo di reclutamento del personale docente e anche la valutazione dello stesso in itinere.
Allo stato attuale, il reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari dipende in larga massima dai soli risultati ottenuti nella ricerca. L’abilitazione scientifica nazionale (ASN), i concorsi per ricercatore e professore, la stessa valutazione della qualità della ricerca (VQR), che valuta, appunto, non il singolo ma il dipartimento, sono basate principalmente, se non esclusivamente, sulla valutazione delle pubblicazioni scientifiche. In questo scenario è molto difficile motivare docenti e ricercatori, specie i più giovani, a dedicare tempo ed energie per la terza missione: si tratta infatti di un’attività poco «redditizia». Viceversa, se vogliamo che i risultati della ricerca trovino maggiore applicazione nella società, è opportuno incentivare questo tipo di attività dandole un peso maggiore nella carriera dei docenti e dei ricercatori.
- Qual è il Suo personale auspicio in qualità di Prorettore al Trasferimento tecnologico, attività culturali e impatto sociale dell’Università degli Studi di Firenze per la promozione del trasferimento tecnologico e le attività connesse?
Nelle università Italiane viene sviluppata tanta ricerca di qualità che ha enormi potenzialità di applicazione a beneficio della società. È necessario spingere per aumentare le collaborazioni con il mondo delle imprese, gli enti pubblici e territoriali, e la società civile in generale. Una grande opportunità è offerta anche dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in particolare, ma non solo, la Missione 4 Componente 2, lei cui prime azioni sono in partenza proprio in questi giorni. Si tratta di un’occasione unica per rendere più solido il legame tra la ricerca universitaria e la nostra società, dando una spinta significativa per il rilancio del paese.
1 Prorettore al Trasferimento tecnologico, attività culturali e impatto sociale dell’Università degli Studi di Firenze.