La narrazione come cura di sé: Simona Vinci dà voce alla paura. Un viaggio pedagogico nella letteratura

Simona Perfetti

La riflessione che si vuole portare avanti in queste pagine è una sorta di viaggio educativo che nasce dall’incontro tra letteratura e pedagogia e che si dipana attraverso l’esperienza letteraria e di vita di Simona Vinci, premio Campiello 2016 con La prima verità, in cui dà voce alla follia e ai reclusi dell’isola di Leros. Nel successivo Parla mia paura fa dono, a chi la legge, dei suoi demoni; demoni che, come afferma la scrittrice stessa, non dormono mai, ma con i quali, forse, è possibile trovare nel corso della vita un equilibrio (precario) di convivenza. La Vinci, rappacificando la depressione e la tristezza, è riuscita a mitigare la propria soggettività, facendole abbandonare la sua origine individualistica per trasformarla in altruismo dell’animo. E se raccontarsi diventa esercizio di sopravvivenza, cura per la vita e arte dell’esistenza, quando il pensiero autobiografico (come afferma Duccio Demetrio) si apre finalmente all’altro, in qualche modo questo pensiero inizia a prendersi cura di noi poiché il raccontarsi diventa anche una forma di liberazione e di riconciliazione. Il racconto autobiografico della Vinci ci regala l’idea di come sia significativo crescere abbracciando il divenire della forma come dimensione essenziale dell’esistere e, insieme, di come diventi sempre più urgente, nell’ambito di un progetto esistenziale, la necessità di abbandonare tutte le certezze passate per avventurarsi alla volta della vita. Dalla sua biografia emerge, così, con forza, l’importanza vitale di fare della fragilità e della ricerca di un paradigma dell’affettività inteso come bussola orientativa di ogni percorso formativo la base di una vera e propria educazione alla vita.

Keywords
Cura, comunicazione, progettualità esistenziale, differenza, pensiero autobiografico.

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