«Siamo tutti morti tre giorni fa». La fede nelle serie di culto: il caso Lost

Irena Sever, Tadeusz Lewicki

Nell’articolo si parte dal presupposto che la cultura popolare e le sue espressioni artistiche, spesso ancora caratterizzate come moralmente pericolose e artisticamente scadenti, siano invece i luoghi attraverso i quali Dio si può rivelare all’uomo di oggi, tramite canzoni, film o serie televisive, in quanto esse comunicano il messaggio cristiano di amore, libertà, perdono e speranza. Il tipo di rappresentazione televisiva come la fiction, che viene seguita da milioni di telespettatori (soprattutto giovani) in tutto il mondo, spesso parla in modo implicito della fede e dei valori religiosi, per cui può diventare un veicolo di comunicazione religiosa e il possibile strumento didattico per riflettere sulla fede e sulla religione al servizio degli educatori e dei comunicatori cristiani. La serie di culto che viene esaminata nel testo è il telefilm statunitense Lost che, per i suoi elementi metafisico-religiosi, merita uno sguardo più attento e ragionato. Incorporando nella sua struttura narrativa gli elementi della religiosità impliciti ed espliciti, Lost è diventato una moderna parabola e l’esempio di come si può raccontare la storia di metamorfosi e di redenzione dell’uomo moderno in modo attraente, usando un linguaggio adatto al pubblico giovanile.

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