Vol. 24, n. 4, novembre 2025 — pp. 128-131

Corrispondenza: Giulia Maria Bouquié — e-mail: giuliamaria.bouquie@unito.it

Rubrica

Recensione

Fiorucci A. (2024), Passi da funambolo. Equilibri instabili nell’assistenza educativa scolastica per l’inclusione, Lecce, Pensa MultiMedia

Il testo, già dal titolo, presenta le sue argomentazioni a partire da una metafora potente: l’educatore, come un funambolo, mantiene l’equilibrio tra le numerose difficoltà, le caratteristiche confusive e le fatiche del lavoro scolastico nel campo dell’inclusione. E, come un funambolo, anche l’autore riesce a muoversi con armonia tra i molteplici aspetti da osservare, attraverso i paragrafi, senza perdere di vista le diverse sfaccettature della realtà normativa, professionale e scolastica.

Nel primo capitolo, Andrea Fiorucci analizza come la figura dell’Assistente Educativo Scolastico prenda forma all’interno di un impianto normativo confusivo, lacunoso e stratificato, caratterizzato da quella che definisce «una visione quasi medievalistica del servizio» (p. 17) che, suddividendo le competenze tra i locali vassalli, valvassori e valvassini dell’inclusione, si configura come uno scarico reciproco di responsabilità a livello statale, regionale, locale.

Il servizio che ne deriva si fonda su una «logica di confine», difficilmente conciliabile con le esigenze di incontro, relazione e collaborazione proprie sia dell’ambito educativo sia di quello interprofessionale scolastico. La stessa nozione di «assistenza» risente, infatti, di una visione sanitario-assistenziale iscritta in una logica dell’emergenza e del qui-e-ora.

Eppure, come osservano nella prefazione Stefania Pinnelli e Francesca Baccassino, è lo stesso concetto di inclusione a rappresentare

il punto di incontro di ruoli professionali e intenzionalità ben distinte. Ridefinire tali professionalità all’interno di una comune cornice di senso, oltre a consentire la corretta ricollocazione degli operatori in una prospettiva trasformativa che esige tempo e impegno verso il compito e verso l’Altro, permette di costruire la reale rete comunitaria di servizi che non diventino un dominio di deleghe [...] ma di approntare un progetto condiviso sulla base della reale comprensione dei bisogni della persona, delle risorse di comunità, delle opportunità di sviluppo e dei punti di forza (p. 12).

Una figura che affonda le sue radici nella «via italiana all’integrazione» (Legge n. 517/1977; Lascioli, 2011), ma che si ritrova frammentata in specializzazioni controproducenti: i profili professionali variano sensibilmente di regione in regione, sia nei percorsi formativi sia nei requisiti d’accesso, financo nelle condizioni contrattuali e nelle mansioni.

Fiorucci mette in guardia da un altro aspetto, in parte conseguenza di questa frammentazione delle mansioni: il rischio di scivolare verso forme di assistenzialismo, che finiscono per consolidare l’idea — profondamente distorsiva — che debbano essere gli alunni «da includere» a adattarsi all’ambiente scolastico, e non il contrario. L’educatore può invece offrire una prospettiva pedagogica capace di focalizzarsi non tanto sulle fragilità, quanto sulle potenzialità dei singoli alunni, contribuendo a «far evolvere i ruoli di assistente all’autonomia e alla comunicazione da figure di accudimento (to cure) a figure di sviluppo (to care)» (p. 15).

La tensione tra assistenza e educazione, più volte richiamata dall’autore, rivela una distinzione cruciale: laddove la logica dell’assistenza tende a configurare interventi volti alla soddisfazione immediata dei bisogni, quindi orientati nel tempo presente, l’educazione si pone in un’ottica formativa, orientata al futuro, con lo sguardo puntato verso l’orizzonte.

L’educatore è quindi visto nella sua più profonda identità professionale come un ponte: un ponte verso l’autonomia del ragazzo ma, chissà, forse anche verso una scuola davvero per tutti e per ciascuno.

Un punto nodale del volume è, in effetti, la percezione stessa dell’identità professionale dell’educatore. Consapevole delle proprie capacità e del proprio compito di mediatore, deve riuscire a valorizzare le proprie competenze e il proprio ruolo facendoli dialogare con le professionalità, i valori e le necessità altrui. Tale processo non è possibile senza una piena coscienza dei propri punti di forza: a questo proposito, Fiorucci sottolinea in più passi la necessità di una formazione continua, capace di dare strumenti sia nell’attuazione del proprio ruolo, sia nella propria autopercezione professionale, sia nella definizione stessa degli spazi dell’educatore a scuola: non un «quasi» qualcos’altro, ma una figura specifica e ben delineata, capace di fare la differenza nella quotidianità degli allievi.

La situazione attuale, distante da questa prospettiva ideale, è piuttosto quella di un’identità professionale poco definita e poco riconosciuta sia dagli educatori stessi, sia da chi lavora con loro. Una condizione che Fiorucci descrive efficacemente come un «nomadismo di ruolo» (p. 62), che esaspera l’incertezza vissuta nelle mansioni, nelle relazioni, nelle competenze e perfino nei contratti.

Le conseguenze di questo stato di precarietà sono molteplici: il sovraccarico di lavoro; il rischio di burnout (collegato non solo alle condizioni contrattuali, ma anche alla natura intrinsecamente relazionale del ruolo); la mancanza di riconoscimento sia dal punto di vista professionale sia dal punto di vista economico; la limitata autonomia professionale, caratterizzata da tempi scarsi o nulli per la pianificazione delle attività, e l’assenza di potere decisionale sul proprio stesso operato, unita alla precarietà del lavoro in sé; una scarsa chiarezza sulle proprie funzioni e la carenza di supervisione adeguata. Ci si ritrova a essere costantemente «quasi»: quasi docenti, quasi educatori, quasi psicologi, quasi specialisti, e allo stesso tempo non essere mai qualcosa di definito (p. 17). Essere, oltretutto, «quasi» parte della scuola: essere visti costantemente come figura esterna, «ospite», per di più caratterizzata da contratti precari, da incertezza lavorativa e da remunerazioni tutt’altro che attrattive.

Tuttavia, questa stessa incertezza è paradossalmente anche una delle forze del ruolo dell’educatore, quel «creatore di possibilità» (p. 19) capace di muoversi tra gli spazi liminali tra le professionalità e di aprire prospettive, di mettere in relazione i confini in una visione prospettica verso l’autonomia dell’alunno. Appare quindi sempre più evidente l’urgenza di una razionalizzazione del servizio, che passi anche attraverso la «statalizzazione» della figura dell’educatore a scuola — non più ospite, ma figura riconosciuta come centrale per le strategie di inclusione.

Come si legge dalla postfazione di Catia Giaconi:

L’obiettivo ultimo è quello di superare la precarietà e la marginalità che spesso caratterizzano trasversalmente queste figure professionali, integrandole pienamente nel tessuto scolastico come parte essenziale dello «sfondo integratore» del processo inclusivo. Questa trasformazione non solo risponderebbe alle esigenze delle/gli studentesse/i con bisogni educativi speciali, ma contribuirebbe anche a costruire una scuola veramente inclusiva per tutti, in linea con i principi costituzionali e gli obiettivi internazionali (Agenda 2030) (p. 209).

La metafora che apre il volume si conferma nella sua forza evocativa e nelle sue sfaccettature: l’educatore come funambolo, sospeso tra diversi ruoli e differenti realtà, tra le esigenze di cura personalizzata e la necessità di interventi sistemici, su un filo che contemporaneamente lega-collega, che indica una direzione da percorrere verso il ruolo dell’«educatore inclusivo» e che e consente, proprio dallo sguardo «dall’alto», di cogliere con lucidità le complessità del presente educativo.

Giulia Maria Bouquié

Bibliografia

Fiorucci (2024), Passi da funambolo. Equilibri instabili nell’assistenza educativa scolastica per l’inclusione, Lecce, Pensa MultiMedia.

Giaconi C. (2024), Postfazione, in Fiorucci (2024), Passi da funambolo. Equilibri instabili nell’assistenza educativa scolastica per l’inclusione, Lecce, Pensa MultiMedia.

Lascioli A. (2011), Dalla scuola dell’integrazione alla scuola dell’inclusione, «L’educatore», n. 2.

Legge n. 517 del 4 agosto 1977, Norme sulla valutazione degli alunni e sull’abolizione degli esami di riparazione nonche’ altre norme di modifica dell’ordinamento scolastico.

Pinnelli S. e Baccassino F. (2024), Prefazione. In A. Fiorucci, Passi da funambolo. Equilibri instabili nell’assistenza educativa scolastica per l’inclusione, Lecce, Pensa MultiMedia.

 

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