Vol. 24, n. 2, maggio 2025
TEMI APERTI
Rosso come il cielo al tramonto: prospettive pedagogico-speciali, educazione mediale e rappresentazioni della disabilità nella formazione dei docenti1
Daniele Bullegas,2Gianmarco Bonavolontà,2Antioco Luigi Zurru3 e Antonello Mura4
Sommario
Le conoscenze, le credenze e le rappresentazioni sulla disabilità rivestono un ruolo cruciale nella definizione del profilo professionale del docente, influenzando significativamente la creazione di ambienti di apprendimento inclusivi e le pratiche didattiche degli insegnanti. Intercettare tali dimensioni e supportare la loro trasformazione attraverso pratiche riflessive è essenziale soprattutto nei corsi di formazione universitari per futuri docenti.
Attraverso l’analisi dei materiali emersi dalla strutturazione di un laboratorio multimediale che ha coinvolto le studentesse del corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria, l’articolo propone alcuni nuclei tematici della riflessione pedagogico-speciale sul tema del deficit visivo e dei processi di inclusione sociale a partire dalla visione del film Rosso come il cielo. L’articolo evidenzia la significatività dell’utilizzo dei prodotti filmici nella trasformazione delle rappresentazioni sulla disabilità nei docenti in formazione.
Parole chiave
Formazione degli insegnanti, Pratiche riflessive, Educazione mediale, Rappresentazioni della disabilità, Deficit visivo.
OPEN ISSUES
Red Like the Sunset Sky: Special-Pedagogy Perspectives, Media Education, and Representations of Disability in Teacher Education
Daniele Bullegas,5Gianmarco Bonavolontà,1Antioco Luigi Zurru,6 and Antonello Mura7
Abstract
Knowledge, beliefs and representations about disability shaping the professional profile of teachers, significantly influences the creation of inclusive learning environments and teaching practices. Identifying and supporting the transformation of these dimensions through reflective practices is essential in university training programs for future teachers.
Through the analysis of materials produced in a multimedia workshop involving students from Primary Teacher Education, the article examines several themes of Special Pedagogy on visual impairment and social inclusion, based on the film Rosso come il cielo. The article highlights the significance of using media education and reflective practices to transform pre-service teachers’ representations of disability.
Keywords
Teacher education, Reflective practices, Media education, Disability representations, Visual impairments.
Disabilità e processi inclusivi: dalle credenze degli insegnanti alle esigenze di formazione
Il crescente numero di ricerche sulle cognizioni degli insegnanti riflette la significatività che le scienze dell’educazione hanno gradualmente attribuito al ruolo che le credenze possono assumere nell’orientare le pratiche dei docenti.
Sebbene tali piste d’indagine trovino origine approssimativamente a partire dagli anni Sessanta (Getzels e Jackson, 1963), è solamente negli ultimi vent’anni che si è assistito a un considerevole aumento di ricerche empiriche che analizzano, con approcci disciplinari e prospettive differenti, il rapporto fra tale costrutto e l’azione didattica (Aiello, Sharma e Sibilio, 2016; Buhel e Beck, 2015; Laneve, 2023; Murdaca, Oliva e Costa, 2018; Richardson, 1996).
L’importanza attribuita alle credenze è desumibile anche dal ruolo che esse svolgono nei processi di costruzione identitaria del docente. In un complesso intreccio di fattori emotivo-motivazionali, valoriali ed etico-deontologici, tali strutture occupano una posizione rilevante anche nella definizione di ciò che l’insegnante sente di essere e dei significati che attribuisce alle sue competenze e al suo agire professionale.
I significati ascritti al processo di insegnamento-apprendimento, il senso di efficacia e di agency, la percezione di expertise personale, l’importanza attribuita alle dimensioni emotive nei processi di insegnamento, le convinzioni sull’efficacia delle architetture didattiche rappresentano alcune delle dimensioni nelle quali le credenze possono incidere in forma sia implicita che esplicita (Berger e Lê Van, 2019; Korthagen, 2004; Murdaca, Oliva e Panarello, 2016; Sibilio e Aiello, 2018; Walkington, 2005).
Si tratta di un fenomeno che assume particolare rilevanza anche nella costruzione del profilo professionale del docente inclusivo e del costrutto di disabilità (Mura, 2019; Mura e Zurru, 2019). In particolare, le rappresentazioni sulla disabilità si sviluppano da un insieme di convinzioni sull’origine, sulla natura, sulle caratteristiche e sui dinamismi di un costrutto che, nel corso degli ultimi cinquant’anni, ha subito una profonda trasformazione concettuale (Mura, 2016).
Da modelli essenzialmente statici, lineari e orientati alla compromissione di funzioni e strutture corporee (OMS, 1980), si è passati a prospettive interattive ed eco-sistemiche, che leggono la disabilità come una condizione dinamica, originata dall’intersezione fra le condizioni di salute di un individuo, le sue caratteristiche personali e l’ambiente (OMS, 2001).
Ciò diviene particolarmente significativo, poiché è sulla base di tali rappresentazioni che si innestano le credenze e le convinzioni sulla disabilità e sui processi inclusivi. La percezione della complessità del deficit, ad esempio, può portare a sentimenti di resistenza e di inadeguatezza professionale, spesso legati alla mancanza di competenze specifiche (Fiorucci, 2016; Ryan, 2009). Al contrario, condizioni percepite come meno complesse favoriscono atteggiamenti proattivi e propositivi (Hutchinson, 2022). Inoltre, i meccanismi interpretativi della disabilità variano tra modelli che la considerano un fenomeno stabile e indipendente dalle competenze del docente e approcci più dinamici, che attribuiscono all’insegnante la responsabilità di ridurre le barriere per garantire un’istruzione inclusiva e di qualità (Jordan e Stanovich, 2003; Schwartz e Jordan, 2011).
Per quanto sintetici, i richiami che precedono lasciano intendere il ruolo che le rappresentazioni e le credenze sulla disabilità possono assumere nella definizione del profilo identitario del docente, nell’agire didattico e nella realizzazione di ambienti di apprendimento autenticamente inclusivi.
Intercettare tali dimensioni, analizzarle e ragionare sulla possibilità di elaborarle ed eventualmente trasformale diviene quindi un’opzione essenziale dei percorsi di formazione inziale e in servizio degli insegnanti.
Formazione dei docenti e pratiche riflessive: l’education themed movies
La pluralità dei bisogni educativi che caratterizza il contesto classe reclama lo sviluppo di una professionalità docente capace di gestire efficacemente i processi di insegnamento-apprendimento: la gestione della classe in un’ottica inclusiva, la progettazione di ambienti di apprendimento accessibili e l’attenzione didattico-educativa agli allievi più fragili sotto il profilo linguistico, cognitivo, emotivo e/o comportamentale rappresentano alcuni degli ambiti di complessità che il docente è chiamato a gestire quotidianamente.
Si tratta di sfide che richiedono il superamento di modelli formativi centrati sulla «normalizzazione», sull’«adattamento» o sulla sola «compensazione» (Cottini, 2017; d’Alonzo, 2016; de Anna, Gaspari e Mura, 2016) in favore di approcci universalistici in cui il docente promuove e sostiene l’autentica partecipazione di tutti gli studenti.
In questa prospettiva assume sempre maggiore rilievo e centralità la formazione degli insegnanti, finalizzata all’ampliamento di competenze utili alla creazione di contesti inclusivi.
In riferimento agli approcci orientati a trasmettere conoscenze sull’applicazione delle strategie educative più efficaci, sembra essere sempre più rilevante integrare modelli formativi capaci di intercettare, di analizzare e di valorizzare l’esperienza concreta del docente (Fabbri, Melacarne e Striano, 2008; Mura et al., 2022, 2024).
Ne scaturisce la necessità di un modello formativo orientato a una «svolta riflessiva», in cui il docente è chiamato a svolgere un complesso processo di auto-analisi e di confronto con ciò che pensa e ciò che fa (Brookfield, 2017; Fabbri, 2007; Schön, 1983).
È in tale dinamica che le pratiche riflessive rappresentano un dispositivo formativo capace di intercettare le credenze, i valori e le cornici di riferimento che guidano il proprio agire didattico, fino a diventare un tratto costitutivo della biografia professionale (Damiano, 2004).
Le pratiche riflessive, essenziali nella formazione degli insegnanti in servizio per orientare l’azione didattica, risultano altrettanto rilevanti per qualificare i percorsi formativi universitari destinati a studenti e studentesse che si preparano a divenire docenti, poiché permettono loro di analizzare criticamente le motivazioni e i significati alla base della scelta intrapresa, sostenendoli in un processo graduale di consapevolezza riguardo alle aspettative e convinzioni, spesso disallineate con la pratica professionale.
In quest’ottica, tra le opzioni metodologiche più interessanti e significative nella formazione iniziale dei docenti si rintraccia l’Education Themed Movies (ETM), un approccio all’educazione mediale, che utilizza il cinelinguaggio come mediatore didattico per affrontare temi, argomenti e contenuti riguardanti il mondo educativo e scolastico (Blasco et al., 2015; Kaşkaya e Selçuk, 2016; Rivoltella, 2019).
La flessibilità d’utilizzo e la possibilità di veicolare, attraverso la rappresentazione filmica, valori e disvalori rispetto a specifiche tematiche, rendono l’ETM una prospettiva utile per indagare anche tematiche delicate quali i costrutti di diversità, differenza e disabilità (Pavone, 2011; Schianchi, 2020, 2023).
In ambito didattico l’uso dell’audiovisivo, oltre a dare l’opportunità di esplorare culture e valori differenti, è un modo efficace per coinvolgere gli insegnanti in formazione, migliorando i processi di partecipazione attiva, l’espressione delle proprie idee, il pensiero critico, così come l’autoconsapevolezza rispetto alle prospettive con le quali spesso ci si approccia al tema della disabilità (Bocci, 2020; Bullegas et al., 2023).
L’immagine filmica, inoltre, rappresenta una via efficace e diretta per raggiungere la sfera affettiva delle persone: attraverso l’attivazione emotiva, infatti, è possibile far emergere domande, aspettative e dilemmi, favorendo lo sviluppo di un atteggiamento riflessivo e problematizzante rispetto alle tematiche affrontate (Blasco et al., 2015; Blasco, Moreto e Pessini, 2018).
È in tal senso che, con una prospettiva pedagogico-speciale, il presente lavoro restituisce gli esiti di un percorso laboratoriale condotto con le studentesse del corso di Pedagogia Speciale della Laurea Magistrale in Scienze della Formazione Primaria. A partire dalla visione del film Rosso come il cielo (2005) si è sviluppata un’attività di analisi critica e di approfondimento che, attraverso la discussione collettiva, ha consentito alle corsiste di rilevare le differenti prospettive sulla disabilità, sul deficit e sui processi di inclusione sociale.
Educare attraverso il cinema: esperienze didattiche per la formazione dei docenti
Rosso come il cielo è un lungometraggio italiano diretto da Cristiano Bortone, ispirato alla storia di Mirco Mencacci, un noto montatore del suono interessato da un rilevante deficit visivo.
Il film è ambientato negli anni Settanta e racconta la storia di Mirco, un bambino di dieci anni che vive in un piccolo paese della Toscana. Mirco è pieno di vita e ama il cinema, ma un giorno, mentre sta giocando con il fucile del padre, ha un incidente che lo rende cieco. A causa della sua cecità viene mandato all’Istituto David Chiossone per ciechi e ipovedenti, lontano dalla sua famiglia e dai suoi amici.
All’inizio, il protagonista fatica a adattarsi alla nuova vita e all’ambiente dell’Istituto, dove le regole sono rigide e le opportunità sembrano limitate. Tuttavia, grazie alla sua immaginazione, inizia a registrare suoni con un vecchio registratore. Questi ultimi diventano la sua nuova forma di espressione e di creatività.
Con il tempo, Mirco riesce a coinvolgere anche gli altri ragazzi dell’Istituto in questa sua passione, e insieme realizzano uno spettacolo teatrale fatto di suoni, racconti e musica. Il progetto non solo offre agli allievi un nuovo modo di esprimersi e divertirsi, ma li aiuta anche a (ri)trovare fiducia in se stessi e nel loro futuro.
Nonostante alcune divergenze con la vicenda reale (Giordano e Pasini, 2018; Lanfranco e Neonato, 1996), Rosso come il cielo rappresenta un interessante prodotto filmico che mostra, in maniera chiara e puntuale, alcuni temi cardine della riflessione pedagogico-speciale sul tema della disabilità e dei processi di inclusione sociale, come, ad esempio, il ruolo del deficit visivo e delle dinamiche di compensazione socio-culturale, la significatività delle relazioni educative e del rapporto fra pari, i processi di istituzionalizzazione e di sviluppo identitario, le spinte emancipatrici e le rivendicazioni politico-sociali degli anni Settanta.
A partire dal quadro concettuale richiamato e considerate la rilevanza e la significatività delle tematiche rinvenibili all’interno del lungometraggio, si è scelto di costruire un modulo di approfondimento con le studentesse del corso di Pedagogia Speciale, frequentanti il quarto anno.
Nello specifico le 70 corsiste, suddivise in 13 gruppi, sono state coinvolte in un laboratorio multimediale finalizzato all’analisi critica della pellicola attraverso differenti attività:
- rintracciare nel lungometraggio le dimensioni maggiormente significative rispetto agli argomenti affrontati durante il corso;
- elaborare delle presentazioni multimediali con cui rilevare i temi salienti, giustificandoli dal punto di vista pedagogico-speciale;
- discutere attivamente in aula i prodotti elaborati, per strutturare una visione complessiva e ampia dei temi individuati;
- riflettere in forma scritta, attraverso domande stimolo, per analizzare e condensare criticamente gli elementi significativi emersi dalla visione del film e dalle discussioni collettive.
Dal punto di vista metodologico la sola visione della pellicola non è sufficiente per attivare una dinamica di messa in discussione delle prospettive sulla disabilità: occorre, infatti, creare le condizioni che favoriscano il passaggio da una visione del film come oggetto mediale, a una come oggetto per la riflessione e per la formazione. Nel primo caso lo spettatore entra nella vicenda narrata attraverso un coinvolgimento prevalentemente emotivo, che può condurre anche a inconsapevoli forme di identificazione empatica. Nel secondo, invece, si assiste a un processo di messa in discussione delle categorie di significato e di interpretazione: la pellicola può quindi divenire, se opportunamente mediata, oggetto d’analisi critica rispetto ai valori e alle prospettive che veicola. È in quest’atto di disamina che il soggetto può sviluppare un atteggiamento riflessivo, indispensabile per decentrarsi dalle prospettive individuali e sviluppare nuove modalità interpretative.
In tal senso, i sussidi audiovisivi rappresentano un valido strumento per l’innovazione didattica, a patto che il loro utilizzo sia guidato da una solida consapevolezza pedagogica e da una progettazione attenta. La sfida per i docenti è quella di integrare questi strumenti in modo critico e creativo all’interno della propria pratica didattica, valorizzandone le potenzialità e limitandone i rischi (Bonaiuti et al., 2017; Rivoltella, 2019).
Le rappresentazioni della disabilità: processi di istituzionalizzazione, trasformazioni identitarie e relazioni significative
L’analisi dei prodotti multimediali, la loro discussione e il confronto fra ricercatori e corsiste hanno consentito di individuare alcuni nuclei concettuali fondanti il discorso pedagogico-speciale sulla disabilità.
Il primo tema è rappresentato dalle trasformazioni identitarie che connotano, con forma e modalità differenti, le vicende dei personaggi dell’intera opera. In un primo momento, a seguito del trauma, la compromissione funzionale dell’apparato visivo sembra contraddistinguere l’esperienza personale del protagonista, lasciando emergere un modello «endogeno» e «ontologico» di rappresentazione della disabilità, con completa sovrapposizione fra quest’ultima e il deficit (Gardou, 2006). La dimensione identitaria di Mirco sembra quindi essere pervasivamente offuscata dalla sua condizione di cecità. Si tratta di una prospettiva medico-individuale chiaramente rinvenibile nell’arco narrativo del lungometraggio quando, ad esempio, il protagonista si isola dagli amici, scegliendo di non giocare insieme a loro (figura 1).
Figura 1

L’isolamento di Mirco. Immagine tratta dal film Rosso come il cielo (2006).
L’esperienza all’Istituto, tuttavia, concorre a promuovere un processo di trasformazione che consente a Mirco di ridefinire i significati associati al deficit, integrandoli in un quadro identitario più complesso e articolato, nel quale la cecità, seguendo le logiche della compensazione (Vygotskij, 1993), diviene la dimensione necessaria per poter trovare un senso differente all’esperienza biografica. È l’intreccio tra fattori personali e contestuali a definire le condizioni per tale trasformazione, che nella pellicola sono condensati nella scoperta del registratore (figura 2). Inizialmente, il registratore assume per Mirco una funzione strumentale che compensa la perdita della vista, permettendogli di esplorare il mondo sonoro, di dare voce alla sua creatività e di esprimersi in modo alternativo.
Figura 2

La scoperta del registratore. Immagine tratta dal film Rosso come il cielo (2006).
In una graduale dinamica di interiorizzazione dello strumento, favorita anche da un ambiente educativo progressivamente più accogliente, Mirco inizia a ridefinire (reframing) l’esperienza della cecità che, da iniziale fragilità totalizzante, spesso negata, diviene l’elemento che consente al protagonista di intraprendere un nuovo percorso esistenziale, emancipativo e autodeterminato.
Il secondo tema descrive i processi di istituzionalizzazione, contribuendo a evidenziare il ruolo (dis)abilitante dei contesti. Si tratta di una dimensione essenziale per promuovere una lettura della condizione di disabilità in prospettiva bio-psico-sociale (OMS, 2001). A una prima analisi, l’Istituto assume chiaramente i tratti di uno spazio totalizzante, chiuso, immodificabile, la cui influenza agisce negativamente sulla traiettoria evolutiva di Mirco, limitando le sue attività e la sua partecipazione. Tuttavia, è l’expertise maturata all’interno dell’Istituto — che facilita, ad esempio, l’accesso al registratore — a consentire al giovane studente di trovare un nuovo orizzonte di senso, in primo luogo attraverso la (ri)scoperta del suono e, successivamente, con la realizzazione dell’opera teatrale. In questo contesto il sussidio audio diventa presto un ponte che connette Mirco agli altri, favorendo le relazioni e la collaborazione. La tecnologia assume quindi una valenza relazionale (mediatore), abbattendo barriere comunicative e promuovendo l’interazione sociale. Condividendo la sua passione per il suono con i compagni dell’Istituto, Mirco crea un terreno comune dove il deficit non è più un ostacolo, ma un elemento di arricchimento reciproco.
È la dinamica fra istituito-istituente (Canevaro, 2000, 2008) a creare la cornice concettuale attraverso la quale inquadrare la condizione di disabilità dei personaggi principali del lungometraggio. Se gli aspetti di stabilità e di tradizione vengono incarnati dall’austera figura del direttore, garante dello status quo, che orienta la vita dei giovani studenti, garantendo loro percorsi scolastici e lavorativi prestabiliti, le pulsioni innovatrici sono, invece, rappresentate dalla figura di don Giulio, maestro attento e motivato, che sostiene gli studenti nella realizzazione della recita di fine anno (figura 3).
Figura 3

Il direttore e don Giulio. Immagine tratta dal film Rosso come il cielo (2006).
Il terzo tema, infine, lascia intravedere la significatività delle relazioni sociali, che contribuiscono a costituire quell’intreccio intersoggettivo essenziale per supportare Mirco nel suo percorso di ri-definizione identitaria. L’amicizia fra Ettore e Mirco diviene il legame fondante che aiuterà il protagonista a (ri)conoscere se stesso in assenza della vista. In un rapporto dialogico e autentico, il primo sostiene il giovane protagonista in un processo di adattamento alla sua nuova condizione, mentre quest’ultimo aiuta Ettore e gli altri studenti a mettere in discussione le rigide regole dell’Istituto.
L’incontro fra il protagonista e don Giulio costituisce un ulteriore punto di svolta: sebbene si tratti di un rapporto inizialmente contraddistinto da oppositività e rifiuto nei confronti del nuovo maestro, è quest’ultimo a contribuire al processo trasformativo e di crescita di Mirco. L’intenzionalità educativa, il vivo interesse nei confronti degli allievi, la disponibilità a mettere in discussione il modello educativo dominante all’interno dell’Istituto, l’attenzione puntuale nei confronti delle esigenze e dei bisogni dei singoli studenti fanno di questo personaggio una figura significativa nella traiettoria emancipativa del giovane protagonista
Sarà il prete, infatti, a restituire il registratore sequestrato ingiustamente e a supportare il gruppo degli studenti nella realizzazione della recita teatrale (figura 4). È proprio quest’ultimo momento a rappresentare un significativo e coerente punto di svolta del film.
Figura 4

La recita teatrale. Immagine tratta dal film Rosso come il cielo (2006).
La possibilità di creare uno spettacolo, utilizzando il suono come modalità di accesso privilegiato, restituisce al gruppo di giovani studenti un senso di padronanza e di agency rispetto alla loro condizione, contribuendo a promuovere condotte autodeterminate e a definire processi di empowerment individuale. Il suono, grazie alla tecnologia, non è più solo un mezzo di espressione individuale, ma diviene l’elemento costitutivo di un’esperienza collettiva e immersiva, coinvolgendo attori e spettatori in un ambiente condiviso dove il deficit viene riletto in chiave relazionale ed estetica. Inoltre, la richiesta di bendare gli spettatori (amici, parenti e familiari) contribuisce a ristabilire fra il pubblico e gli attori l’equilibrio minacciato dalla presenza del deficit, lasciando intravedere una prospettiva bio-psico-sociale ed ecosistemica sulla disabilità.
Dinamiche del cambiamento: dall’analisi del lungometraggio alle rappresentazioni dei docenti in formazione
Lo svolgersi del laboratorio multimediale ha consentito alle studentesse di rilevare, discutere e decostruire le rappresentazioni sulla disabilità e i processi inclusivi veicolati nel film, contribuendo a trasformare categorie interpretative maggiormente funzionali e validate. L’utilizzo didattico del lungometraggio come oggetto riflessivo ha favorito — grazie all’azione mediatrice della progettualità didattica — una graduale rivisitazione dei significati e delle prospettive delle partecipanti sui temi d’indagine durante le attività dell’insegnamento.
Si tratta di apprendimenti rilevabili grazie all’analisi tematica delle definizioni sulla disabilità prodotte dalle corsiste all’inizio e al termine del laboratorio (Braun e Clarke, 2006).
Figura 5

Mappa concettuale delle categorie e dei temi: valutazione iniziale.
La figura 5 descrive le principali categorie elaborate a partire dalle prospettive iniziali dei corsisti sul tema della disabilità.
Per disabilità si intende un deficit che può essere sensoriale, motorio o mentale (St5).
La non abilità nel compiere qualcosa che può essere sia a livello fisico sia a livello cognitivo (St2).
Una condizione per cui un individuo presenta delle difficoltà ed è limitato in certe competenze e abilità definite «normali» (St3).
È la mancanza di abilità o la presenza di abilità differenti rispetto a ciò che viene considerata la normalità (St65).
La disabilità è una difficoltà fisica, psichica o sociale che ognuno di noi può vivere, per un tempo più o meno lungo, o per sempre. Si può nascere con questa o si può viverla dopo. Questa situazione di disagio può rendere difficile fare le cose che tutti fanno (St6).
Gli stralci riportati offrono una rappresentazione del fenomeno basata su quella che Lascioli (2001) definisce logica sottrattiva o dello scarto e che esprime la perdita o l’assenza di una presunta normalità.
Ciò si concretizza in un’esperienza biologica e oggettiva del limite, che comporta specifiche ricadute, concettualmente interpretate dalle studentesse come bisogno di supporto individuale e specialistico, finalizzato alla (ri)appropriazione della «normalità» perduta. Si tratta, quindi, di un modello che tende a enfatizzare gli aspetti di staticità della condizione, tralasciando il potenziale ruolo (dis)abilitante dei contesti e delle interazioni.
Una persona che attraverso supporti fisici e materiali colma le proprie difficoltà (St19).
Persone […], che a volte hanno bisogno di essere supportate (St2).
Talvolta queste caratteristiche e bisogni vanno supportati in un modo specifico e diverso per ciascuno (St58).
Queste persone potrebbero richiedere supporti specialistici per affrontare le sfide quotidiane (St19).
Il ruolo svolto dagli ambienti e il loro potenziale impatto nel facilitare oppure ostacolare la partecipazione sociale determinano uno dei principali motivi per il cambiamento nelle rappresentazioni delle corsiste. Attraverso il laboratorio le studentesse hanno avuto la possibilità di mettere in discussione le proprie prospettive, transitando da una visione endogena a una ecosistemica della disabilità (figura 6).
Figura 6

Mappa concettuale delle categorie e dei temi: valutazione finale.
La mappa concettuale evidenzia categorie che in precedenza erano del tutto assenti o poco considerate nelle riflessioni delle partecipanti. Tra gli elementi è possibile rilevare il ruolo svolto dai fattori ambientali nella produzione delle condizioni che possono limitare oppure agevolare la partecipazione alla vita sociale dell’individuo. Ne emerge una rappresentazione più complessa della disabilità, che tiene in considerazione l’interazione reciproca fra l’individuo (con le sue specifiche condizioni di salute) e l’ambiente (descritto attraverso l’identificazione di barriere e facilitatori).
La disabilità non è qualcosa che appartiene alla persona, ma al contesto. Il contesto può essere disabilitante quando ostacola, limita delle possibilità a determinate persone (St36).
È la condizione di una persona che trova continuamente delle barriere che non riesce a superare da solo (St14).
È una limitazione della capacità di agire, ed esprimersi in virtù anche dell’ambiente che ci circonda (St18).
È una condizione dell’individuo che tiene conto di diversi aspetti, non solo di una menomazione fisica o di una malattia, bensì fa riferimento anche al contesto sociale in cui il soggetto si trova (St٥٥).
Indipendentemente dal disequilibrio semantico-concettuale che è possibile rilevare nelle definizioni riportate, ciò che appare significativo è l’introduzione delle variabili ambientali nella genesi e nella caratterizzazione della condizione di disabilità. Le definizioni riportate testimoniano un cambiamento di prospettiva nei corsisti, che — anche grazie alle attività proposte durante il corso — sono divenuti maggiormente competenti nell’osservare un fenomeno complesso come la disabilità, riletta in termini dinamici ed ecologici. Questa capacità denota il maturare di una nuova modalità interpretativa, nella quale tale condizione emerge come un ecosistema complesso che, oltre a interventi medico-riabilitativi, reclama azioni educativo-didattiche finalizzate a promuovere una migliore qualità della vita per le persone interessate da disabilità.
Considerazioni conclusive
Attraverso l’adozione di una prospettiva metodologica di apprendimento attivo, il laboratorio multimediale si è rilevato un dispositivo formativo atto a facilitare, stimolare e implementare nelle future docenti l’assunzione di punti di vista alternativi su alcuni temi fondamentali del discorso pedagogico-speciale. L’oggetto filmico, sollecitando attivamente le componenti patiche, cognitive e riflessive, è divenuto dapprima uno strumento di analisi, successivamente un efficace mediatore di rielaborazioni pedagogiche e, infine, un ambiente di apprendimento attivo che ha coinvolto le studentesse in un processo di analisi critica, volta a elicitare nuove considerazioni sui temi della disabilità e delle dinamiche inclusive.
Opportunamente pianificate e sostenute dai ricercatori, le attività proposte hanno permesso alle partecipanti di divenire gradualmente più consapevoli dei molteplici elementi attraverso i quali si struttura il concetto di disabilità e dei percorsi maggiormente orientati a promuovere/realizzare autentici processi di cambiamento e di inclusione.
La possibilità di visionare un prodotto filmico, l’opportunità di destrutturarlo e riarticolarlo attraverso gli strumenti concettuali propri del discorso pedagogico-speciale, così come l’occasione di poterne discutere, prima in piccoli gruppi, successivamente, in modo collettivo hanno rappresentato le azioni maggiormente rilevanti per sostenere la trasformazione delle cornici di senso e di significato con le quali inizialmente le corsiste si approcciavano al costrutto della disabilità.
Con riferimento a quanto rinvenibile nella letteratura sulla media education e quella più strettamente pedagogico-speciale, l’esperienza di laboratorio ha confermato come l’utilizzo del prodotto filmico possa costituire un mediatore e un ambiente trasformativo di rilevante interesse didattico-educativo per lo strutturarsi di pratiche riflessive nella formazione iniziale dei docenti.
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1 L’intero contributo è frutto della riflessione condivisa e del lavoro congiunto degli autori. Daniele Bullegas è autore del paragrafo Formazione dei docenti e pratiche riflessive: l’education themed movies e del paragrafo Dinamiche del cambiamento: dall’analisi del lungometraggio alle rappresentazioni dei docenti in formazione; Gianmarco Bonavolontà è autore del paragrafo Le rappresentazioni della disabilità: processi di istituzionalizzazione, trasformazioni identitarie e relazioni significative; Antioco Luigi Zurru è autore del paragrafo Educare attraverso il cinema: esperienze didattiche per la formazione dei docenti; Antonello Mura è autore del paragrafo Disabilità e i processi inclusivi: dalle credenze degli insegnanti alle esigenze di formazione; il paragrafo Considerazioni conclusive è stato curato congiuntamente dagli autori.
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2 Ricercatore, Università degli Studi di Cagliari.
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3 Professore Associato, Università degli Studi di Cagliari.
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4 Professore Ordinario, Università degli Studi di Cagliari.
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5 Researcher, University of Cagliari.
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6 Associate Professor, University of Cagliari.
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7 Full Professor, University of Cagliari.
Vol. 24, Issue 2, May 2025