Vol. 23, n. 4, novembre 2024 — pp. 93-108
Rubrica
Aggiornamenti normativi
Il nuovo progetto per la vita indipendente
Il Governo ha emanato il Decreto delegato su Progetto di Vita, pubblicato sulla Gazzetta del 14 maggio, numero 111 del 2024. Il Decreto reca il numero 62 del 3 maggio 2024. Esso dà attuazione ai principi contenuti prevalentemente nell’articolo 2 della legge 227 del 2021. Il Dlgs stabilisce le fasi con cui si perviene al Progetto di Vita, suddividendole in quattro capitoli: Capo I (artt. 1-4) Finalità e definizioni generali; Capo II (artt. 5-17) Procedimento valutativo di base e accomodamento ragionevole; Capo III (artt. 18-32) Valutazione Multidimensionale e Progetto di Vita Individuale Personalizzato e Partecipato; Capo IV (artt. 33-40) Disposizioni finanziarie, transitorie e finali. Il Progetto di Vita Individuale Personalizzato e Partecipato è diritto fondamentale delle persone con disabilità e deve garantire la loro autodeterminazione e il rispetto «dei loro desideri, delle loro aspettative e delle loro scelte» (articolo 18, comma 3).
Per assicurare chiarezza interpretativa di tutta la normativa concernente il Progetto di Vita vengono formulate alcune definizioni, tra le quali debbono essere evidenziate:
a) condizione di disabilità: una condizione fisica, mentale, intellettiva, del neurosviluppo o sensoriale che, in interazione con barriere di diversa natura, può ostacolare la piena ed effettiva partecipazione nei diversi contesti di vita su base di uguaglianza con gli altri (definizione ripresa dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità ratificata dall’Italia con l. n. 18 del 2009); b) persona con disabilità: persona definita dall’articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dal presente decreto; […] n) Progetto di Vita: progetto individuale, personalizzato e partecipato della persona con disabilità che, partendo dai suoi desideri e dalle sue aspettative e preferenze, è diretto a individuare, in una visione esistenziale unitaria, i sostegni, formali e informali, per consentire alla persona stessa di migliorare la qualità della propria vita, di sviluppare tutte le sue potenzialità, di poter scegliere i contesti di vita e partecipare in condizioni di pari opportunità rispetto agli altri; […].
Si anticipa la definizione di «accomodamento ragionevole» previsto nell’articolo 17 di questo decreto: «l’accomodamento ragionevole, ai sensi dell’articolo 2 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, stipulata a New York il 13 dicembre 2006, individua le misure e gli adattamenti necessari, pertinenti, appropriati e adeguati, che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo al soggetto obbligato» (esso è divenuto l’articolo 5bis della legge 104 del 1992). Il decreto inoltre vieta in tutti gli atti pubblici l’uso dei termini handicap, handicappato, disabile, diversamente abile, stabilendo che l’unico termine ufficiale da usare è «persona con disabilità» (art. 4). Inoltre, il decreto sostituisce il termine di gravità di disabilità con il termine di «persona con necessità di sostegni» che sono graduati nei livelli di lieve, media, elevata e molto elevata intensità (art. 12).
Il procedimento che si conclude con la formulazione del Progetto di Vita ha le seguenti fasi.
- La persona con disabilità o la sua famiglia o chi la rappresenta o la assiste legalmente presenta istanza all’INPS con l’invio in forma telematica di un certificato medico, con tutta la documentazione utile, rilasciato da tante strutture sanitarie o da un qualunque medico del sistema sanitario nazionale che indica la minorazione (art. 8).
- L’INPS fissa una data per la visita medico-legale e, se tutta la documentazione è ritenuta sufficiente, rilascia, senza la necessità di chiamare a visita il richiedente, il certificato necessario per l’avvio dei lavori della valutazione multidimensionale; in caso contrario chiama a visita il richiedente, che può essere assistito anche da un medico di sua fiducia (art. 6). La commissione per la valutazione di base è composta da cinque membri nominati dall’INPS, di cui uno deve essere un membro delle associazioni di rappresentanza delle persone con disabilità (art. 9): a seconda della tipologia di minorazione comunicata, dell’ANMIC (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili), UICI (Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti), ENS (Ente nazionale sordi), ANFFAS (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo). Per quanto riguarda le tempistiche, «il procedimento di valutazione di base si conclude entro novanta giorni, nei casi riguardanti soggetti con patologie oncologiche entro quindici giorni e, nei casi di soggetti minori, entro trenta giorni dalla ricezione del certificato medico» di cui sopra. Nel caso in cui vengano richiesti da parte della commissione «integrazione documentale o ulteriori approfondimenti diagnostici» i termini posso essere sospesi per sessanta giorni, prorogabili, su richiesta, di ulteriori sessanta giorni (art. 6).
- Ricevuto il certificato della valutazione di base, la persona con disabilità o chi ne fa le veci o la assiste chiede la convocazione della commissione di valutazione multidimensionale per ottenere il profilo di funzionamento che è la base del Progetto di Vita (art. 18). Fanno parte della commissione di valutazione multidimensionale (art. 24): a) la persona con disabilità; b) il genitore o l’amministratore di sostegno; c) se richiesta, una persona che faciliti la comprensione delle scelte per l’interessato; d) un assistente sociale o educatore dei servizi sociali; e) un professionista dei servizi sanitari, al fine di garantire l’integrazione socio-sanitaria; f) un docente nei casi di minori frequentanti la scuola; g) un rappresentante dei servizi per l’inserimento lavorativo (SIL); h) un medico o pediatra di libera scelta. Alla fine, la persona con disabilità o chi ne fa le veci avanza la richiesta del Progetto di Vita, al quale può rinunciare in ogni momento o del quale può chiedere modifiche durante l’arco della vita. Il responsabile del procedimento comunica la data di inizio e di conclusione del procedimento per la formulazione del Progetto di Vita (art. 23). L’istanza per l’avvio del procedimento è presentata all’ambito territoriale di residenza se dotato di personalità giuridica o, in mancanza, al comune di residenza o a uno dei Punti Unici di Accesso (PUA) stabiliti dalla regione. La persona con disabilità può farsi assistere da una persona «che faciliti l’espressione delle sue scelte e l’acquisizione della piena comprensione delle misure e dei sostegni attivabili con il Progetto di Vita»; questa persona può essere un familiare, il compagno o la compagna di un’unione civile, il caregiver, la persona stabilmente convivente, il convivente di fatto, l’educatore o amministratore di sostegno, un responsabile dei servizi sociali o un professionista sanitario (art. 22). La commissione formula il Progetto di Vita individuale, personalizzato e partecipato con i rappresentati dei soggetti pubblici e privati che debbono provvedere alla sua attuazione (art. 25). In caso di rifiuto dell’ente locale ad accogliere le richieste del Progetto di Vita, si veda oltre nelle osservazioni.
- Il Progetto di Vita deve contenere tutte le prestazioni e i servizi forniti per legge dagli enti pubblici (scuola, enti locali, servizi sociali degli stessi, servizi del sistema sanitario nazionale); da soggetti privati; da enti del terzo settore che debbono essere coinvolti nella partecipazione co-programmata e compartecipata, di scelta della persona con disabilità; esso può contenere anche la messa a disposizione di propri beni da parte del beneficiario, come pure forme di assistenza indiretta secondo le modalità concordate. Esso deve essere accessibile e quindi comprensibile alla persona con disabilità, utilizzando tutti i mezzi possibili di comunicazione e avvalendosi anche, come detto, della persona che supporta di cui all’articolo 22. I servizi che lo compongono «possono essere conformati sulla base delle esigenze emerse dalla valutazione multidimensionale e possono assumere contenuto personalizzato rispetto all’offerta disponibile» (art. 26). Aspetto fondamentale dello stesso è l’attuazione del diritto della persona ad avere «la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione» (Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, art. 19). È fatto salvo, comunque, il «caso dell’impossibilità di assicurare, in termini di appropriatezza, l’intensità degli interventi o la qualità specialistica necessaria», e ciò anche nel caso in cui vi sia un cambiamento di domicilio (art. 20). Questi aspetti su tipologia e modalità di erogazione dei servizi sono il fulcro essenziale del Progetto di Vita e di tutta la normativa contenuta nel decreto. Infatti, si vuole garantire alla persona con disabilità, già a partire dalla giovinezza, ma soprattutto dall’età adulta e ancor di più quando non vi saranno più i genitori, una situazione di vita massimamente rispondente ai suoi desideri, al suo gusto, alle sue esigenze esistenziali. Ciò perché gli enti pubblici, e purtroppo anche le cooperative convenzionate o che co-programmano e co-progettano, sono orientate a fornire prestazioni standard, mentre le persone con disabilità necessitano di prestazioni molto personalizzate. Per quelle poi che vivono il «Dopo di noi» è indispensabile che possano continuare a vivere dove hanno vissuto sino al momento della scomparsa dei genitori, quindi, se possibile, nella casa di famiglia o in un appartamento autonomo nel quale era stata possibile la permanenza autonoma della persona grazie alla co-programmazione da parte dei genitori, o anche in un co-housing assistito dalla programmazione degli enti locali competenti. Qualora, a causa di necessità di sostegno intensivo, ciò non fosse più possibile, la prima soluzione deve essere quella di una comunità di tipo familiare, di solito non più di cinque persone, e solo in un caso estremo una casa-famiglia o una comunità-alloggio. È totalmente da escludere, in base alla presente normativa, la collocazione in RSA o in RSD, che sono di solito istituti e non sempre mini-istituti, ma talora con più di decine e, ahi noi, anche più di centinaia di ospiti.
- Il Progetto di Vita è modificabile in ogni momento e può essere portato in altre località anche fuori dalla regione di appartenenza, dove comunque i diritti dell’interessato debbono essere garantiti sulla base della locale normativa. Esso deve contenere il budget di progetto, che consiste «nell’insieme delle risorse umane, professionali, tecnologiche, strumentali ed economiche, pubbliche e private, attivabili anche in seno alla comunità territoriale e al sistema dei supporti informali» (art. 28). Per la corretta attuazione del Progetto di Vita deve essere nominato il «Referente per l’attuazione del progetto» con i seguenti compiti: a) curare la realizzazione del progetto e dare impulso all’avvio dei servizi, degli interventi e delle prestazioni in esso previsti; b) assistere i responsabili e i referenti degli interventi, dei servizi e delle prestazioni, secondo quanto indicato nel Progetto di Vita, anche al fine di assicurare il coordinamento tra i singoli servizi o piani operativi; c) curare il monitoraggio in corso di attuazione del progetto, raccogliendo, se del caso, le segnalazioni trasmesse dai terzi; d) garantire il pieno coinvolgimento della persona con disabilità e del suo caregiver o di altri familiari nel monitoraggio e nelle successive verifiche; e) richiedere la convocazione dell’unità di valutazione multidimensionale al fine di rimodulare il Progetto di Vita (art. 29).
- Il Ministero della disabilità (definito nel decreto come «Autorità politica delegata in materia di disabilità») cura annualmente la rilevazione dei bisogni e la co-programmazione degli interventi e delle risorse, sentita la Conferenza Stato-Regioni e di concerto con i Ministeri interessati. Essa coinvolge pure i soggetti del Terzo Settore e le associazioni maggiormente rappresentative delle persone con disabilità. Sulla base di tale programmazione, le singole regioni effettuano le proprie rispettive programmazioni. Sulla base di queste i singoli ambiti territoriali programmano interventi e servizi per rispondere all’attuazione dei singoli Progetti di Vita (art. 30). La Presidenza del Consiglio dei ministri, di concerto con gli altri ministeri interessati, istituisce un fondo nazionale per l’implementazione dei Progetti di Vita. Esso viene ripartito annualmente fra le regioni secondo le rispettive necessità (art. 31).
- Per un corretto funzionamento del sistema predisposto, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, il Ministero della disabilità emana le linee guida per un piano nazionale di formazione di tutto il personale convolto nei diversi servizi, che devono provvedere alla realizzazione dei Progetti di Vita. Per la sua realizzazione è previsto un apposito fondo (art. 32).
- Durante tutto l’anno 2025 il governo realizza una sperimentazione a campione di quanto scritto sopra, tenendo conto sia delle differenze delle realtà regionali sia di quelle degli ambiti territoriali (art. 33). A tal fine è stato emanato il decreto-legge n. 71 del 31 maggio 2024 che, tra l’altro, individua all’articolo 9 le seguenti province in cui effettuare la sperimentazione: Brescia, Catanzaro, Firenze, Forlì-Cesena, Frosinone, Perugia, Salerno, Sassari, Trieste. Contemporaneamente stabilisce i criteri per l’individuazione degli esperti che dovranno formare tutto il personale degli enti locali e dell’ASL e il referente per la disabilità delle scuole di tali province. Tra gli esperti possono esservi anche persone segnalate dalle associazioni delle persone con disabilità e loro familiari. Questa attività formativa deve compiersi entro il 31 dicembre del 2024, in modo che il personale formato sia operativo a partire dal primo gennaio 2025, in cui inizia l’anno di sperimentazione dell’attuazione e del monitoraggio dei Progetti di Vita; ciò al fine di estendere a partire dal 2026 la formazione e quindi l’attuazione dei Progetti di Vita su tutto il territorio nazionale.
- L’articolo 34 per la realizzazione di quanto previsto negli articoli precedenti stanzia a partire dal 2026 una somma annua di euro 273.370.110; per la copertura finanziaria di tutte le spese si provvede «mediante corrispondente riduzione del Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità». L’articolo 35 garantisce i diritti precedentemente acquisiti; sono da tenere nella massima evidenza anche le salvaguardie per tutte le persone con disabilità riconosciute ai sensi della legge 104 del 1992 sino a prima del 1° gennaio 2026, data di piena attuazione della nuova normativa. Questa norma è fondamentale, perché rassicura le persone con disabilità certificate precedentemente alla data di entrata in vigore del decreto, le quali non verranno sottoposte alle procedure da esso indicate e quindi continueranno ad avvalersi non solo delle certificazioni precedenti, ma anche della diagnosi funzionale, del profilo dinamico funzionale e del PEI formulato sulla loro base. Per altro verso, la norma evita uno spaventoso sovraccarico di lavoro se le commissioni dovessero riformulare i certificati per la valutazione di base e i successivi adempimenti per tutte le attuali persone certificate con disabilità. L’articolo 36 prevede «l’utilizzo del fascicolo sanitario elettronico per il riconoscimento di prestazioni assistenziali e previdenziali e del Sistema informativo unitario dei servizi sociali».
- Per garantire la piena attuazione dei diritti derivanti dalla sottoscrizione dei Progetti di Vita, la Presidenza del Consiglio dei ministri procede per le persone con disabilità all’individuazione delle prestazioni sociali (LEP) e sanitarie (LEA) e di quelle concernenti «i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» come all’articolo 117, comma 2, lettera m) della Costituzione, sulla base delle procedure della cabina di regia prevista dalla legge 197 del 2022 commi da 791 a 801bis. A tal fine, il Dipartimento per le politiche in favore delle persone con disabilità della Presidenza del Consiglio dei ministri si avvale «della Commissione tecnica per i fabbisogni standard di cui all’articolo 1, comma 29, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, in raccordo con la segreteria tecnica di cui all’articolo 1, comma 799, della legge 29 dicembre 2022, n. 197» (art. 37). Quanto detto avviene nel rispetto delle autonomie delle regioni a statuto speciale e provincie autonome di Trento e Bolzano (art.38). L’articolo 39 reca le abrogazioni delle precedenti norme in contrasto col nuovo sistema. L’articolo 40 riguarda l’entrata in vigore del decreto.
Osservazioni
- Il decreto realizza un cambiamento radicale rispetto alla precedente normativa sul concetto di disabilità e conseguentemente di tutti i procedimenti ad essa connessi. Tale cambiamento è stato definito «rivoluzione copernicana» da Vincenzo Falabella, presidente della Fish, e Maria Paola Monaco, docente di diritto del lavoro all’Università di Firenze, nel loro ampio commento al decreto pubblicato sul bollettino Adapt (Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali) e ripreso da Superando del 21/05/2024 (https://www.superando.it/2024/05/21/unanalisi-di-quel-decreto-sulla-disabilita-che-apre-una-nuova-strada/). Il decreto è considerato pure «una pietra miliare» nel chiarissimo approfondimento effettuato sul sito di Handylex della Fish (https://www.handylex.org/decreto-attuativo-della-legge-delega-sulla-disabilita/) dall’avvocato Massimo Rolla, che ne è il responsabile coordinatore. Infatti, il decreto sostituisce la vecchia concezione di disabilità di esclusiva natura sanitaria contenuta nell’articolo 5 della legge 104 del 1992, in quanto essa riguardava esclusivamente la minorazione della persona con la quale la legge la identificava sulla base della classificazione dei criteri fissati dall’ICD 10 (classificazione internazionale delle disabilità approvata dall’organizzazione mondiale della sanità). Il consiglio di Stato ha definito questa situazione come il «dato ontologico» della persona. La nuova concezione di disabilità, come definita all’articolo 2 del decreto 62 del 2024, è invece quella dell’ICF (classificazione del funzionamento dell’organismo umano in rapporto al contesto di vita), che sostituisce al termine di minorazione quello di «compromissioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali» della persona nel contesto ambientale nel quale la persona si trova a vivere, con le barriere e le facilitazioni che ivi essa trova. Pertanto, il nuovo concetto sposta l’accento valutativo sociale dalla minorazione alla società nella quale la persona con disabilità si trova a vivere e alla quale partecipa. E che questo cambiamento culturale sia radicale, è provato dalla sostituzione che il decreto introduce all’articolo 3 della legge 104/92, sia nella rubrica («Persona con disabilità avente diritto ai sostegni») sia nei contenuti che introducono la definizione di persona con disabilità riportata all’inizio della presente analisi. La valutazione effettuata in base all’ICF è di natura «bio-psico-sociale», e non più solo sanitaria come nella legge 104/92. Inoltre, profondamente innovativo è il recepimento dell’articolo 2 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità concernente «l’accomodamento ragionevole» (articolo 17 del decreto, di cui si è trascritta la definizione più sopra): esso, infatti, è una novità nel nostro sistema normativo, adesso inserito come articolo 5bis della legge 104/92, perché non è un semplice accordo compromissorio, ma consiste in una nuova modalità di esecuzione delle prestazioni dovute, al fine di garantire l’effettiva realizzazione dei diritti della persona con disabilità. Questo principio informa tutto il decreto e tutti gli istituti in esso previsti. Queste modifiche alla legge 104 del 1992, come pure quelle introdotte dal decreto legislativo n. 62 del 2017, confermano l’orientamento, così divenuto «consolidato», di ritenere definitivamente tale legge come la legge base dell’inclusione, su cui tutto il sistema è fondato.
- Altro aspetto fondamentale è la costante presenza come soggetto attivo della persona con disabilità, sia nella fase di richiesta dell’accertamento per la valutazione di base, sia nella richiesta della valutazione multidimensionale che in quella del Progetto di Vita, come in tutte le fasi del suo svolgimento in cui può chiedere continuamente modifiche secondo le sue necessità esistenziali.
- Altro aspetto caratteristico, anch’esso veramente innovativo, è l’attenzione del decreto nella ricerca massima della conoscenza e della comprensione delle manifestazioni e della volontà della persona con disabilità in qualunque fase della sua vita. Infatti, alla concezione «paternalistica» presente nella normativa previgente e, in particolare, nella legge 104/92, consolidata nel concetto di «assistenza giuridica» alle persone incapaci di agire, si sostituisce la visione della massima partecipazione possibile della persona con disabilità come soggetto attivo a tutti gli atti giuridici che la riguardano. Infatti, oltre alla figura dell’amministratore di sostegno, nei casi previsti dalla legge, l’articolo 22 del decreto introduce la «persona di supporto» allo svolgimento delle fasi del Progetto di Vita. Essa è definita come «una persona che faciliti l’espressione delle sue scelte e l’acquisizione della piena comprensione delle misure e dei sostegni attivabili con il Progetto di Vita». Questo aspetto è stato mirabilmente evidenziato dall’avvocato Daniele Piccione, coordinatore del Gruppo di lavoro che ha scritto il decreto, nel suo commento ai principi contenuti nella Legge Delega numero 227 del 2021, dal titolo Costituzionalismo e disabilità. I diritti delle persone con disabilità tra Costituzione e Convenzione ONU (Giappichelli, 2023), di cui si consiglia la lettura a chi vuole approfondire gli aspetti tecnico-giuridici del decreto, soprattutto con riguardo al retroterra costituzionale su cui si fonda, che si esplicita nei copiosi riferimenti agli articoli della carta costituzionale e alle sentenze della Corte costituzionale che fanno da sfondo alla trattazione.
- La nuova normativa tiene fermo l’INPS come soggetto che segue tutto il procedimento. Tale procedimento, a partire dalla richiesta introduttiva sino al monitoraggio costante dell’attuazione del Progetto di Vita, segue con molta fedeltà la legge 241 del 1990 sullo svolgimento dei procedimenti amministrativi.
- Tuto il decreto è finalizzato al Progetto di Vita, e riempie il vuoto lasciato dallo scarno riferimento ad esso fatto con l’articolo 14 della legge 328 del 2000. Il Progetto di Vita è visto non solo come procedimento amministrativo con le sue fasi e i suoi elementi essenziali, ma anche sotto il profilo esistenziale, che quindi arricchisce quello formale di carattere strettamente giuridico. È da sottolineare l’importanza data alla fase della sua richiesta, alla fase del suo svolgimento e della conclusione; ma soprattutto è rilevante l’importanza data al budget di progetto, che costituisce veramente il fulcro della realizzazione della qualità di vita delle persone con disabilità, in quanto contiene analiticamente tutti i servizi e tutte le risorse materiali e umane che devono essere programmate, rese operative e monitorate secondo i desideri della persona con disabilità lungo tutto l’arco della sua vita.
- Tutto quanto detto realizza l’eguaglianza sostanziale delle persone con disabilità, anche quelle con compromissioni intellettive e relazionali molto elevate, nella piena attuazione dell’articolo 3, comma 2 della Costituzione, secondo il quale è compito della società nelle sue articolazioni giuridiche e sociali garantire la piena partecipazione di ciascuno alla vita politica, economica e sociale.
- Il decreto non accenna per nulla a un problema che purtroppo si presenterà frequentemente, e cioè o il ritardo o la non condivisione da parte dell’ente locale di tutte le richieste delle persone con disabilità, o addirittura il rifiuto o l’inerzia nel dare risposta alla richiesta di Progetto di Vita. A tal proposito, la giurisprudenza ha, fortunatamente, già dato delle risposte. Infatti, la sentenza del Consiglio di Stato numero 3181 dell’8 aprile 2021 ha stabilito che, in caso di ritardo rispetto alla richiesta al comune della formulazione del Progetto di Vita, la persona con disabilità ha diritto a un risarcimento forfettario per ogni mese di ritardo del comune a decorrere dalla presentazione della richiesta del Progetto di Vita. Ha inoltre stabilito che, in caso di rifiuto ad avviare la procedura del Progetto di Vita, l’interessato, previa diffida scritta, può rivolgersi al tribunale per ottenere l’adempimento dell’obbligo di provvedere alla stipula del progetto. In caso di ulteriore ritardo, l’interessato propone giudizio di ottemperanza della sentenza non adempiuta facendo nominare un commissario ad acta (di solito il prefetto), che attua le prestazioni dovute. Il tribunale civile di Marsala, con sentenza 366 del 2019, ha esaminato il caso di inadempimento di un Progetto di Vita già stipulato e concluso, ma non adempiuto dal comune. La famiglia della persona con disabilità interessata, mentre aveva interposto ricorso giurisdizionale, data l’urgenza ha dovuto provvedere a proprie spese ai servizi necessari per il Progetto di Vita della persona con disabilità. Il tribunale civile ha condannato il comune alla rifusione delle spese e al risarcimento dei danni non patrimoniali dovuti per il disagio arrecato alla persona con disabilità con l’inadempimento del comune. Della stipula e dell’adempimento dei Progetti di Vita anche anteriori alla legge 328 si sono occupate con molta professionalità e successo l’associazione bambini cerebrolesi (ABC), già a partire dalla legge 162 del 1998, e quindi anche l’ANFFAS e la LEDHA (Lega per i diritti delle persone con disabilità di Milano), tutte organizzazioni aderenti alla FISH.
- Esaminati gli aspetti innovativi e positivi, non si può non accennare ai pericoli di difficile attuazione della complessa architettura normativa sapientemente costruita, a causa della realtà economica nella quale i Progetti di Vita a partire dal 2026 dovranno essere realizzati. Infatti:
- Se si confronta la dotazione finanziaria complessiva indicata nell’articolo 34, di 273 milioni, con il numero dei potenziali aventi diritto, costituito da oltre 3 milioni di persone con disabilità, ci si rende conto che sia pure gradualmente nel tempo non sarà facile per tutti avere presto il Progetto di Vita delineato da questa ottima normativa. La situazione è resa ancora più complessa dal fatto che, ripetutamente, il decreto stabilisce che tutti i Progetti di Vita che verranno realizzati dovranno esserlo «a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica» (artt. 8, comma 2; 9, commi 3 e 4; 21, comma 3; 24, comma 8; 29, comma 2; 30, comma 4; 34, comma 2; 37, comma 3).
- Attualmente il nostro Paese ha un debito pubblico spaventoso, superando abbondantemente il nostro Prodotto Interno Lordo. Annualmente, sono alcune centinaia di miliardi che se ne vanno in spese solo per pagare gli interessi dello stesso. Il deficit annuale tende a crescere, mentre la normativa europea ci impone di mantenerlo entro certi limiti. A tutto ciò è da aggiungere il crescente improvviso forte aumento delle spese militari, che ovviamente riducono quelle riguardanti i servizi relativi alla vita sociale nei suoi vari aspetti.
- La normativa europea ci impone anche di ridurre il debito pubblico, con delle quote annuali piuttosto elevate.
- Tutto ciò comporta, come verifichiamo quotidianamente, una forte riduzione nelle spese per la scuola, per la sanità e per i servizi sociali.
- In questa situazione, le disuguaglianze tra Nord e Sud del Paese difficilmente si riescono a ridurre e il Fondo per l’implementazione del Progetto di Vita (di cui all’articolo 31 del decreto), che è un fondo perequativo soprattutto per la realizzazione dei progetti da compiersi nel Sud Italia, zona più povera rispetto al resto del Paese, difficilmente riuscirà a colmare queste diseguaglianze.
- Dottrina e giurisprudenza dovranno pure occuparsi della qualificazione giuridica e degli effetti di due nuovi istituti introdotti dal decreto. Mi riferisco alla persona che supporta la persona con disabilità nella stipula di atti giuridici (art. 22) e del referente per lo svolgimento del Progetto di Vita (art. 29):
- La persona di supporto è diversa dall’amministratore di sostegno o dal curatore, dal momento che essi integrano la volontà del soggetto mentre questa ne facilita la comunicazione e si adopera per interpretarne la volontà. È da ritenere che essa sia simile all’interprete gestuale o della lingua dei segni (LIS) previsto dall’articolo 56 della legge notarile (89/1913) per la stipula di atti giuridici notarili da parte di persone sorde.
- Il referente per l’attuazione del progetto svolge i compiti elencati all’articolo 29, di cui si è detto sopra al punto 5. Egli è certamente diverso dal «responsabile del procedimento» e sembra avere più compiti operativi che non incidono sul procedimento amministrativo di stipula, formulazione e monitoraggio del Progetto di Vita, ma ne facilitano solo operativamente l’attuazione. Certo, la sua attività ha effetti giuridici, qualora nello svolgimento dei propri compiti egli compia irregolarità oppure omissioni.
- La normativa contenuta nel decreto richiama ripetutamente e copiosamente altre norme che sono di contorno o di base per la piena attuazione delle norme contenute nel decreto. È da ritenere che esse siano considerate anche tra le linee guida per l’attuazione del Progetto di Vita elaborate dal Ministero della salute a fine 2022 e pubblicate sulla Gazzetta ufficiale n. 5 del 7 gennaio 2023. Per la lettura di un commento ad esse si può vedere la scheda numero 694 del sito dell’associazione italiana persone down (AIPD, https://www.aipd.it/site/scheda-scuola/694-il-ministero-della-salute-ha-pubblicato-le-linee-guida-per-le-nuove-certificazioni-ai-fini-scolastici-e-il-profilo-di-funzionamento/).
In conclusione, il decreto sembra animato da spirito di ottimismo circa la sua piena realizzabilità e circa la massima espressione possibile della volontà delle persone con disabilità, anche di quelle che necessitano di sostegni intensivi. Ad esempio, non sarebbe condivisibile la volontà di un minore con disabilità che non voglia stabilmente frequentare la scuola, o di un adulto diabetico che voglia stabilmente mangiare dolci. È ancora da considerare che sono state riscontrate contraddizioni tra le linee guida del Ministero della salute del 2022 relative alla formulazione del Certificato di base e al profilo di funzionamento e quelle relative alla formulazione dei nuovi modelli di PEI, allegate al decreto 153 del 2023. Infine, rimane incomprensibile perché in tutto il decreto non compaia mai il termine «Ministero della disabilità», mentre in sua vece è scritto «Autorità politica delegata per la disabilità».
Dal momento che questo secondo termine non è mai presente e definito nelle sue funzioni in nessuna norma di legge precedente, che la istituisca in alternativa a quella del Ministero della disabilità, sorge il dubbio se ciò possa inficiare la validità degli atti che da esso saranno effettuati. Però, se le associazioni di persone con disabilità e loro familiari sapranno stimolare assiduamente le regioni e gli enti locali per la formazione degli operatori, per l’erogazione delle risorse e per l’organizzazione dei servizi personalizzati da realizzare, esso potrà divenire uno strumento valido di autonomia delle persone con disabilità. A tal fine, sarà pure necessario che le associazioni delle persone con disabilità, in particolare la Fish, promuovano un progetto di formazione dei propri quadri a livello nazionale e soprattutto locale, perché esse possano stimolare, seguire, sollecitare e far correggere le complesse procedure previste dal decreto. A proposito del pieno rispetto dei «propri desideri, le proprie aspettative e le proprie scelte» della persona con disabilità, anche di quelle con necessità di supporti intensivi, possono insorgere conflitti con l’amministratore di sostegno, problema che occorrerà risolvere con il ricorso al prezioso istituto molto elastico dell’accomodamento ragionevole; ciò però non sarà sempre facile da realizzare.
La lettura del testo del decreto non è certo agevole per chi non è addetto ai lavori, a causa dei numerosi richiami a norme che a loro volta richiamano altre norme, e per via del linguaggio tecnico non sempre comprensibile ai non esperti. Si veda, ad esempio, il termine «ripetizione» che si riferisce alla richiesta di somme di denaro dovute, e non al significato comune di nuova azione conforme a quella precedente. Chi non è abituato al gergo tecnico giuridico, spesso criticato dall’ex magistrato e scrittore Gianrico Carofiglio, può leggere un agile commento al presente decreto formulato con scrittura facile da comprendere da parte della Dottoressa Patrizia Danesi sul già citato sito dell’AIPD, al seguente link https://www.aipd.it/site/legge-delega-sulla-disabilita-pubblicato-in-gazzetta-ufficiale-lultimo-decreto-attuativo-n-62-2024/.
Salvatore Nocera