Vol. 23, n. 3, settembre 2024 — pp. 105-111
Rubrica
Aggiornamenti normativi
Quale cattedra potrebbe essere più inclusiva?
Da tempo si osserva che, specie a causa della mancata formazione iniziale sulla pedagogia e didattiche speciali dei docenti disciplinari delle scuole secondarie, la presa in carico dei progetti inclusivi viene delegata dagli stessi docenti disciplinari ai soli docenti di sostegno; questa è una grave distorsione della cultura inclusiva e implica il rischio di creare di classi «speciali» in cui verrebbero confinati gli alunni con disabilità affidati al solo docente di sostegno. Purtroppo questa idea è risuonata di recente sulla stampa sostenuta prima da un intellettuale come Galli della Loggia e poi da un improvvisato aspirante politico come il generale Vannacci; è molto interessante notare come nei due casi la reazione dell’opinione pubblica sia stata pronta e molto diffusa. Però il rischio di pratiche distorsive è sempre latente e, in un certo numero di casi, stigmatizzati, purtroppo, presente.
Per contrastare questa pericolosa deriva, si è cominciato a discutere su quale soluzione proporre.
Ha iniziato il prof. Dario Ianes prospettando che tutti i docenti di sostegno rimanessero nelle scuole alle quali sono assegnati per svolgere consulenza per l’inclusione in tutte le classi e sul piano delle proprie discipline, mentre i docenti disciplinari avrebbero svolto il sostegno per i propri alunni. Inoltre dei gruppi di docenti altamente specializzati avrebbero svolto consulenza itinerante in un certo numero di scuole a livello di ambito territoriale. L’idea era molto interessante e innovativa. Però non è decollata a causa della mancata formazione dei docenti disciplinari sulla pedagogia e didattiche speciali, non previste per legge sino a oggi, che impediva di svolgere positivamente il sostegno. Anche qualora si fosse voluta colmare questa lacuna, l’organizzazione e il costo di tale attività impedirono la pratica attuazione di questa interessante soluzione.
Di recente un gruppo di docenti e di esperti a livello normativo ha lanciato un’altra idea, quella della cattedra cosiddetta inclusiva (https://www.agenziaiura.it/files/2024/01/Progetto-di-legge-cattedra-inclusiva-definitivo.pdf), che ha avuto molta risonanza sulla stampa, anche perché il prof Ianes ha organizzato un convegno su di essa.
Essa consiste nel prevedere che ogni docente disciplinare sia pure docente di sostegno nella propria classe. Ciò eviterebbe l’isolamento del docente di sostegno e darebbe agli allievi con disabilità la convinzione che il sostegno sia implicito nell’attività didattica di ogni docente disciplinare.
Questa idea, sostanzialmente consistente nella creazione di «cattedre miste», in parte disciplinari e in parte di sostegno, è pure innovativa e interessante e ciò spiegherebbe la risonanza mediatica ricevuta anche per la sua brillante formulazione in una proposta di legge. Infatti essa, oltre a essere molto accurata sotto il profilo tecnico, concorda con l’idea della PdL della FISH sulla necessità della formazione generalizzata di 20 crediti formativi sulla pedagogia e didattiche speciali. Molto buona anche la proposta di trasformare in organico di fatto i posti di precari dell’anno precedente, contenuta in questa PdL, avanzata pure su Superando dal preside Gianluca Rapisarda. Ottima pure l’idea dei «coordinamenti pedagogici»; però mi sembra difficilmente compatibile con i nostri problemi finanziari l’eccessivo numero di semiesoneri da concedere e dei dirigenti tecnici e del personale ATA che comporrebbero tali gruppi, pur tenendo conto del brillante suggerimento di utilizzare il personale scolastico reso libero dal calo inarrestabile del numero di studenti. Personalmente ho avanzato numerose perplessità, simili a quelle sostenute da noti esperti, come il prof. Flavio Fogarolo e il prof. Raffaele Ciambrone. Ritengo impraticabile questa proposta per i seguenti motivi:
- La copertura finanziaria, calcolata in circa novecento milioni nella PdL, è certamente inferiore alla spesa necessaria per il percorso quinquennale di specializzazione di tutti i docenti; tale somma, unita a quella per i semiesoneri dei coordinamenti pedagogici richiederebbe una spesa incompatibile con il nostro crescente e smisurato debito pubblico; l’Europa anzi ci ha chiesto di rientrare da esso con una notevole riduzione annuale dello stesso. Per i prossimi anni la crescita del PIL (Prodotto Interno Lordo) è prevista da tutti gli esperti inferiore, e da taluni di molto, all’1% l’anno. Quindi ci sarà una ressa di tutti i Ministeri per accaparrarsi queste non eccessive risorse.
- Il Ministero non è riuscito a specializzare in tutti questi anni i circa duecentomila docenti di sostegno, un terzo dei quali non è attualmente specializzato; come riuscirà a specializzare in cinque anni i circa restanti seicentomila docenti disciplinari? I fautori della cattedra mista prevedono tuttavia che si riuscirebbe a realizzare l’obiettivo in tale periodo; essi non considerano però che bisognerebbe continuamente sostituire i docenti che vanno in quiescenza e quindi il periodo si allungherebbe.
- Come potrebbero le Università riuscire a specializzare seriamente una tale marea di docenti, sia pur scaglionati in cinque anni? Per ottenere corsi seriamente seguiti ogni corso non dovrebbe superare, secondo le migliori prassi, i trecento candidati; tutte le facoltà di scienze della formazione dovrebbero ampliare gli organici e istituire più corsi all’anno, il che paralizzerebbe la normale attività didattica.
- I fautori della cattedra mista prevedono l’obbligatorietà della specializzazione dei docenti disciplinari, senza la quale essi non potrebbero seriamente seguire gli allievi con disabilità. Ciò sarebbe una violazione della libertà di insegnamento, di dubbia costituzionalità.
- Dovendo tutti i docenti destinare parte della cattedra al sostegno sarà necessario che si riesca a incastrare l’orario di tutti; infatti i docenti hanno orari diversi per le singole discipline e molti svolgono il loro lavoro su più classi e talora su più scuole.
- Le ore di sostegno assegnate a ciascun alunno si devono calcolare tenendo conto che esse devono essere effettuate da almeno due docenti per ogni classe; infatti nell’ipotesi che vi siano nella stessa classe due docenti che hanno la cattedra disciplinare per diciotto ore ciascuno, di cui alcune ore sono destinate al sostegno, ognuno dei due allievi dovrà necessariamente avere due docenti di sostegno; molto più spesso le ore di sostegno assegnate a ciascun alunno dovranno essere necessariamente svolte da più docenti, tenendo conto che molti docenti hanno poche ore in ogni classe. Di conseguenza ogni alunno con disabilità avrà più docenti che svolgono l’attività di sostegno e molti allievi avranno più docenti per la stessa disciplina. Che questa tipologia di cattedra sia complessa, lo ha affermato lo stesso prof. Lorenzoni durante la trasmissione su radiotre del 29 aprile Tutta la città ne parla, incentrata sull’inclusione scolastica, a seguito delle dirompenti parole del generale Vannacci di cui si è detto. Il prof. Lorenzoni ritiene la cattedra mista di non difficile realizzazione nella scuola del primo ciclo, molto più complessa in quella del secondo ciclo. Comunque la cattedra mista, specie nelle scuole secondarie, potrebbe determinare, a mio avviso, un po’ di confusione nella mente degli alunni e forse anche di disorientamento.
- Il disorientamento potrebbe aggravarsi se, come purtroppo succederà, vi saranno docenti che chiederanno il trasferimento o che andranno in quiescenza e quindi verrà meno la loro continuità didattica. E passiamo così a una nuova proposta, che cerca proprio di risolvere il problema della continuità didattica.
- La FISH ha infatti predisposto una PdL sulla continuità didattica dei docenti di sostegno (https://www.fishonlus.it/iniziative/la-buona-scuola-di-fish/), che prevede, oltre ad altre norme di miglioramento dell’inclusione, l’istituzione di apposite classi di concorso di sostegno, una per ciascun grado di istruzione, proprio per evitare che l’attività di sostegno venga scelta solo per opportunità, quale ad esempio più facilità di entrare in ruolo, o avvicinamento al proprio domicilio; circostanze, queste, che interrompono la continuità didattica. In tale Pdl, mentre si prevede l’ingresso in questa nuova cattedra per tutti i docenti in servizio al momento dell’entrata in vigore della nuova legge, si consente a tutti quelli che svolgono attività di sostegno di optare per la cattedra nella quale sono abilitati, garantendo così la libertà di scelta professionale. La continuità didattica è inoltre accresciuta dalla proposta della FISH di anticipare la data delle operazioni di pensionamento del personale in modo da anticipare tutti gli adempimenti per la mobilità che consentirebbe di garantire la presenza nelle classi fin dall’inizio dell’anno scolastico dei docenti di sostegno, che attualmente invece arrivano troppo spesso nelle classi ad anno scolastico abbondantemente iniziato con gravissimo danno e disagio degli studenti con disabilità. L’istituzione di cattedre di sostegno non creerebbe una nuova separazione tra docenti che inficerebbe la cultura generale dell’inclusione, come ha dichiarato, sempre nella stessa trasmissione radiofonica, il prof. Dario Ianes. Infatti, nella proposta della FISH, i docenti delle scuole secondarie, prima di acquisire la specializzazione per il sostegno ed entrare in questa nuova classe di concorso, devono essere abilitati in una disciplina di insegnamento, con l’anno abilitante di cui alla l. n. 79/2022, con l’aumento, richiesto dalla FISH, dei crediti universitari riguardanti la pedagogia e didattiche speciali. I docenti della scuola dell’infanzia e primaria devono avere la laurea magistrale quinquennale in scienze dell’educazione più due anni di specializzazione per il sostegno. Quindi questi docenti di sostegno sono docenti a tutti gli effetti. Inoltre non è assolutamente vero, come ironicamente dicono alcuni critici, che con l’ingresso in tale cattedra i nuovi docenti di sostegno sono condannati ai «lavori forzati» nel sostegno a vita. Infatti tutti questi docenti, avendo l’abilitazione all’insegnamento in una disciplina, possono sempre chiedere il «passaggio di cattedra» che è un concorso per titoli, ovviamente sempre garantendo di completare prima il ciclo di studi (biennio o triennio) con l’alunno con disabilità seguito.
- La PdL della FISH prevede che, per accedere alle cattedre di sostegno, i docenti debbano avere una specializzazione biennale per una formazione più profonda di quella attuale annuale che non soddisfa moltissime famiglie data la complessità di molte disabilità, specie intellettive e dell’autismo; per i docenti di scuola secondaria i due anni comprendono anche l’anno abilitante. Anche la PdL sulla cattedra mista prevede la specializzazione di tutti i docenti e io l’ho criticata, perché è irrealizzabile per il breve tempo in cui si dovrebbe effettuare e per i grandissimi costi. La proposta della FISH, invece, si rifà al dettato e ai tempi organizzativi liberi della L. n. 79/2022 sull’obbligatorietà dell’anno abilitante e del suo regolamento applicativo previsto dal decreto legislativo del 4 agosto 2023. Però ha fortemente criticato, come detto, la scarsità dei crediti universitari formativi dedicati alla pedagogia e didattiche speciali (appena 3), proponendo un loro aumento almeno a 20. Quanto all’attuale durata dei corsi di specializzazione, si veda quanto segue. Oggi viviamo un paradosso: quando le specializzazioni erano monovalenti, cioè ciascuna per singole disabilità (ad esempio ciechi, sordi, psicofisici), esse avevano un percorso formativo di due anni ciascuna; oggi che sono polivalenti, cioè ognuna prepara per l’inclusione di tutti gli alunni con disabilità, essa ha un percorso formativo annuale. Ovviamente questa necessità di maggiore approfondimento dovrà essere presa in considerazione anche dai sostenitori della cattedra mista; e le mie perplessità aumentano, qualora ciò non fosse previsto.
- La PdL della FISH prevede pure una formazione iniziale (non specializzazione) sulla pedagogia e didattiche speciali per tutti i docenti disciplinari, in attuazione della l. n. 79/2022 sull’anno abilitante successivo alla laurea per i docenti delle scuole secondarie. Sino a oggi nessuna norma prevedeva l’obbligo di formazione dei docenti su come si debba insegnare. Ciò ha reso molto problematica l’inclusione in tali ordini di istruzione; conseguentemente tali docenti hanno sempre più delegato il progetto inclusivo ai soli docenti di sostegno. La FISH ha però notato che dei sessanta crediti universitari formativi di tale abilitazione solo alcune poche unità sono riservate alla pedagogia e didattica generali e speciali; conseguentemente ne chiede l’aumento con la propria PdL.
- Personalmente, invece, condivido della PdL oggetto delle mie riserve la previsione di gruppi di docenti specializzati presso i CTS (centri territoriali di supporto all’inclusione) per consulenze anche itineranti a livello di ambito territoriale; condivisibile è pure la previsione in tale PdL di Gruppi pedagogici territoriali per un coordinamento territoriale dei progetti inclusivi.
- Per concludere, non pretendo che la proposta della FISH sia la migliore, anche perché noi abbiamo preso degli spunti dalle osservazioni del prof. Luigi d’Alonzo, già presidente della SIPeS, Società Italiana di Pedagogia Speciale, proprio con riguardo agli scarsissimi crediti universitari formativi relativi alla pedagogia e didattiche speciali. E della SIPeS apprezziamo pure la proposta dell’istituzione presso le facoltà di scienze della formazione di apposite scuole di specializzazione, come avviene per altre facoltà come, ad esempio, quella di medicina: ciò darebbe molta più autonomia a tali facoltà per l’organizzazione dei corsi di specializzazione per il sostegno, che attualmente presentano incongruenze con riguardo alla periodicità, al loro numero, al numero eccessivo di allievi in taluni corsi specie al Centro e al Sud, e alla loro dislocazione sul territorio nazionale (troppi al Sud e forse troppo pochi al Nord. La FISH ha inoltre denunciato, come altri, l’assurdità di validità di taluni diplomi di specializzazione rilasciati nell’area dell’Unione europea, che vengono utilizzati in Italia, dato il diritto di libera circolazione dei titoli nell’area dell’Unione; tali titoli sono conseguiti al termine di corsi di specializzazione di sicura illegittimità in Italia; infatti essi sono finalizzati e quindi strutturati per chi dovrà lavorare nelle scuole e istituti speciali che sono la normalità all’estero; inoltre in molti di essi mancano il controllo e il rigore dei nostri corsi in modo tale che molti diplomati non frequentano parecchie o tutte le lezioni. A tal proposito si chiede al Ministero dell’Istruzione e del Merito, a quello dell’Università e al Ministero della disabilità di intervenire presso l’UE per pretendere di rivedere radicalmente la validità giuridica di questi diplomi, proprio nel rispetto dei diritti dei nostri docenti specializzati e della serietà dei nostri corsi di specializzazione, finalizzati all’inclusione scolastica generalizzata degli allievi con disabilità, che è una conquista culturale unica al mondo e che dobbiamo sempre più migliorare ed evitare che venga contraffatta.
Salvatore Nocera