Vol. 22, n. 4, novembre 2023

RICERCHE, PROPOSTE E METODI

Musei e disabilità visiva, spunti per una partecipazione possibile

Valeria Friso1

Sommario

Garantire tutta la popolazione, comprese le persone con disabilità, il diritto ad accedere alle strutture museali è un impegno che l’Italia si è presa sottoscrivendo la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (2006) che, in termini di Accessibilità, cita la necessità di «sviluppare, promulgare e monitorare l’applicazione degli standard minimi e delle linee guida per l’accessibilità delle strutture e dei servizi aperti o offerti al pubblico» (art. 9). Tali standard andranno valutati per le differenti necessità che esprimono le persone e le molteplici e differenti barriere che incontrano, non solo fisiche o sensoriali, ma anche comunicative e relazionali. Nel presente contributo si presentano alcuni spunti che vorrebbero avere la pretesa di apportare fattive migliorie nei musei, in particolare quelli che veicolano contenuti legati alle arti visive, per garantire una sempre maggiore partecipazione anche delle persone con deficit visivo.

Parole chiave

Cultura artistica, Musei, Deficit visivo, Partecipazione, Educazione.

RESEARCH, PROPOSALS AND METHODS

Museums and Visual Impairments: Ideas for Potential Participation

Valeria Friso2

Abstract

Ensuring all people, including people with disabilities, have the right to access museum facilities is a commitment that Italy made by signing the UN Convention on the Rights of Persons with Disabilities (2006). In terms of accessibility, it mentions the need to «develop, promulgate and monitor the application of minimum standards and guidelines for the accessibility of facilities and services open or offered to the public» (Art. 9). These standards must be evaluated for the different needs expressed by people and the many different barriers they might encounter, not only physical or sensory barriers, but also communicative and relational ones. In this contribution, we present some ideas that aspire to bringing about effective improvements in museums, especially those that convey contents related to the visual arts, in order to ensure the increasing participation of people with visual impairments too.

Keywords

Artistic culture, Museums, Visual impairment, Participation, Education.

Introduzione

La cultura italiana, nei secoli, spesso è stata tramandata tramite l’arte e noi, figli della nostra cultura, facciamo esperienza dell’arte visiva addirittura semplicemente camminando per le strade delle nostre città, dei nostri paesi, delle nostre contrade e quartieri. Nell’epoca moderna e contemporanea le visite ai musei sono generalmente esperienze integranti dei percorsi di istruzione e formazione in quanto si è consapevoli di come essi rappresentino veri e propri patrimoni di conoscenza a disposizione di tutti. Ma sono veramente a disposizione di tutti?

Nel presente contributo andremo a evidenziare come sia essenziale che i musei, in quanto strumenti che veicolano cultura, siano attenti all’eterogeneità dei visitatori che vi entrano dal punto di vista delle caratteristiche non solo motivazionali, ma anche sensoriali, fisiche, intellettive o linguistiche. Ed è proprio partendo da uno di questi fattori che l’argomentazione presente trae il suo spunto di avvio. Specificamente ci interroghiamo su quanto le persone con deficit visivo abbiano la possibilità di fruire di tanta ricchezza di conoscenza quanta quella veicolata dall’arte e dalla storia dell’arte, nonché dall’architettura e dalla storia dell’architettura, oggi, in Italia.

L’art. 30 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con disabilità («Partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi e allo sport») riconosce loro il diritto alla partecipazione — su base di principio di uguaglianza con gli altri — alla vita culturale. Per partecipare attivamente alla vita culturale è essenziale che i luoghi adibiti alla trasmissione della cultura siano, prima di ogni cosa, accessibili.

Per poter rispondere efficacemente alle richieste di un pubblico eterogeneo, è essenziale che il museo sia in grado, innanzitutto, di arginare le barriere architettoniche, comunicative e relazionali e trasformarsi sempre più in un «luogo di tutti» privo di disuguaglianze. La stessa Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile invita a intervenire al fine di ridurre le disuguaglianze, comprese quelle che si generano relativamente all’accesso alla cultura; a livello italiano, questo è supportato anche da molte azioni del PNRR dove viene ricordata l’importanza dei processi inclusivi.

In ambito di ricerca, alla pedagogia speciale è oramai noto che la partecipazione a pratiche artistiche e culturali ha un impatto positivo sulla qualità di vita di tutte le persone e sul modo in cui esse sono impegnate, incluse — o non incluse — nelle molte situazioni sociali e istituzionali.

Tra queste ricerche alcune evidenziano come gli ambienti di apprendimento informale possano favorire le modalità di partecipazione alla cultura per coloro che sono tradizionalmente emarginati (Calabrese Barton e Tan, 2020; Mills e Ballantyne, 2016; Sandell e Nightingale, 2012).

Partendo da questa premessa, il presente lavoro si propone di esaminare alcuni fattori che, da una parte, potrebbero favorire la visita a un museo, tenendo presenti le differenze che caratterizzano i potenziali visitatori con deficit visivo, e dall’altra potrebbero offrire la possibilità di progettare proposte fruibili da un pubblico che sia il più ampio possibile. Lo sforzo e la motivazione nel contribuire a quanto già scritto su questo tema stanno nella consapevolezza che il museo, nato come luogo di incontro tra saperi e culture, nella contemporaneità ha assunto anche ruoli nuovi, sapendo spesso essere anche il fulcro di una cittadinanza attiva e partecipata.

Il focalizzare l’attenzione sul deficit visivo non significa, però, immaginare esperienze museali che siano parallele a quelle ordinarie senza punti di incontro, ma significa proporre spunti che aumentino la qualità dell’esperienza per tutti.

Accessibilità e fruibilità insieme divengono parole chiave e nel presente lavoro si identificano con il tema della partecipazione intesa come la propone l’OMS nell’ICF (2001). L’accessibilità, infatti, è molto più che la possibilità di «esserci»; nella pienezza del termine significa consentire a tutti di godere dell’esperienza museale. Inoltre, l’accessibilità al patrimonio culturale in Europa è diventata una condicio sine qua non ed è tutelata da leggi specifiche emanate a livello sovranazionale.

Basta ricordare come la Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità (2006) affronta il tema dell’accessibilità citando la necessità di «sviluppare, promulgare e monitorare l’applicazione degli standard minimi e delle linee guida per l’accessibilità delle strutture e dei servizi aperti o offerti al pubblico» (art. 9). Tali standard andranno valutati per le differenti necessità che esprimono i diversi deficit e quelle che rappresentano i vari ostacoli da eliminare.

La Convenzione, insieme alla normativa italiana, ha evidenziato come sia importante che le esperienze di successo siano condivise e diffuse tra gli addetti ai lavori e tra gli interlocutori istituzionali che hanno il compito di promuovere, sostenere e sviluppare i musei.

In questo senso, il contributo — per quanto nella sua brevità — non ha potuto trascurare un accenno al tema degli ausili e delle tecnologie per l’inclusione, partendo da quanto l’Universal Design for All (2018) e il Design per l’Utenza Ampliata (1991) indicano in merito agli strumenti concettuali di progettazione. Ad esempio, all’art. 21 esplicita: «Mettere a disposizione delle persone con disabilità le informazioni destinate al grande pubblico in forme accessibili e con tecnologie adeguate ai differenti tipi di disabilità, tempestivamente e senza costi aggiuntivi» (Convenzione ONU, art. 21).

In questo senso, la prospettiva è quella della visita al museo come luogo di frequentazione culturalmente significativo per le persone, anche laddove siano presenti condizioni di disabilità che rendono difficile l’accesso alle informazioni (Cetorelli e Guido, 2017). La domanda di fondo, pertanto, è come valorizzare tali beni quali elementi da tenere in considerazione, affinché i musei diventino opportunità di accrescimento culturale per le persone che non possono usare gli stessi canali di elaborazione delle informazioni utilizzate dalla maggior parte della popolazione.

Partecipazione e musei. Una strada in salita già iniziata

Le domande che alcuni ricercatori pongono in ricerche internazionali sul tema riguardano il diritto delle persone in condizione di disabilità a partecipare alla vita pubblica, diritto che mette in discussione le modalità di progettazione dell’accesso equo agli ambienti di apprendimento, tra i quali anche i musei (Feinstein e Meshoulam, 2014).

La visita di un contesto museale è un’esperienza che generalmente viene svolta con l’obiettivo di coltivare il piacere nel frequentare tali ambienti, servendosi dei materiali esposti per coltivare la propria crescita culturale e scientifica, e tale aspirazione si coniuga oggi con l’evoluzione che sta avvenendo nei musei, che sempre più si attrezzano per rendere le visite meno statiche, più interattive, stimolanti e attente alle esigenze di svariati visitatori. Si tratta di rinnovamenti che prendono in considerazione, ad esempio, le differenze di età, di preparazione culturale, di capacità di partecipazione (Serra, Tartaglia e Venuti, 2017; Nardi, 2004). Allora diviene «naturale considerare la partecipazione alla vita e alle attività museali come un bisogno e un diritto delle persone con disabilità, di qualunque tipo essa sia, similmente a tutti gli altri cittadini» (Serra, Tartaglia e Venuti, 2017, p. 39).

La consapevolezza, quindi, che il museo, in quanto contesto educativo e formativo, può essere uno strumento di integrazione sociale rende necessario avviare un processo di inclusione con percorsi anche innovativi che coinvolgano il maggior numero di visitatori possibili. Rispetto al passato, negli ultimi anni i musei stanno maggiormente focalizzando la loro attenzione sul far vivere ai visitatori un’esperienza unica, anche per la necessità di richiamare un numero sempre maggiore di visitatori. Si registra, infatti, un avanzamento notevole rispetto a inclusività e ad accessibilità in moltissimi musei e tale impegno ha aperto la strada tanto a nuove professioni quanto a nuovi approcci ai temi in oggetto.

Vari istituti sono veramente all’avanguardia nella volontà di dare pieno diritto a ciascuno di ammirare ed esplorare arte e cultura, come verrà evidenziato in seguito. Molti musei italiani e stranieri hanno iniziato a rivedere la propria missione, a riprogettare i propri spazi espositivi e relazionali, accogliendo la sfida di aprirsi a un pubblico sempre più ampio, sapendosi aggiornare e rinnovare per limitare sempre più le barriere fisiche, economiche, metodologiche e comunicative progettando nuovi percorsi basati sul tatto.

I musei rappresentano uno spazio incredibilmente efficace in cui il mondo culturale può sperimentare inclusione e ciò che viene sperimentato permette di promuovere, nella sfera pubblica, contributi validi per limitare l’esclusione delle persone con disabilità (Hadley e McDonald, 2019). Questa, poi, è una vera sfida che chiede di aprire luoghi di cultura in modalità, anche nuove, che evitino di attrarre solo una ristretta élite di pubblico e condividano il compito di rivestire un ruolo attivo nella società, rimuovendo gli ostacoli che potrebbero impedire la partecipazione delle persone con disabilità e favorendo l’uguaglianza (Fleming, 2012).

Inoltre, nel 2009, la Commissione «Educazione e mediazione» di ICOM Italia ha dato un impulso al diffondersi del pensiero inclusivo, ribadendo la funzione educativa del museo e del patrimonio culturale, la arricchisce promuovendo l’inclusione:

I musei hanno una responsabilità sociale nei confronti della comunità territoriale di riferimento e tale responsabilità è legata alle specificità dell’istituzione e alla sua missione. Il museo, per poter esercitare la sua funzione sociale, deve necessariamente porsi in una posizione aperta e di ascolto nei confronti della collettività; deve interrogarsi sul proprio ruolo e ripensare la propria funzione per interagire efficacemente con l’attualità, caratterizzata da elementi di complessità e di dinamismo. Il patrimonio culturale può svolgere un ruolo sociale importante, combattendo diversi fenomeni di esclusione e proponendosi come terreno di sperimentazione per nuove forme di cittadinanza culturale, promuovendo e sostenendo coesione sociale e appartenenze territoriali (ICOM, 2009).

Tuttavia, è sempre importante ricordare che il tema dell’accessibilità corre spesso il rischio di rientrare in argomentazioni che appartengono, a tutti gli effetti, all’ambito della retorica e, nella concretezza delle scelte, essere, invece, banalizzato: non è, infatti, sufficiente aggiungere una rampa per persone con disabilità, un corrimano o un pannello in Braille per assolvere tale compito.

Disabilità visiva, partecipazione e musei. Qualche spunto

L’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità ha rilevato come, nel 2020, 1,1 miliardi di persone nel mondo abbiano un deficit visivo (https://www.iapb.org) e i dati dimostrano che nel mondo occidentale questa disabilità è in aumento. È, dunque, ancor più doveroso interrogarsi sulle strategie che possono essere messe in atto fin d’ora per rendere attiva la partecipazione delle persone in tale condizione.

Pur essendoci una nuova multidisciplinare sensibilità attorno al tema dell’accessibilità museale, però, i dati ISTAT (dicembre 2022) ci restituiscono una fotografia dei musei italiani che evidenzia la necessità di ulteriori migliorie. Meno della metà dei musei censiti (45,6%) rende disponibili le informazioni sugli spazi e sul patrimonio attraverso una segnaletica chiara e leggibile, mentre solo il 9,5% dei musei dispone di mappe tattili orientative. Inoltre, risultano essere ancora molto pochi (18,9%) i musei coinvolti in progetti volti a sostenere la partecipazione alla cultura artistica da parte di tutti. Alla luce di questi dati e riflessioni, è evidente quanto l’inclusione museale delle persone con disabilità, in particolar modo sensoriali, sia ormai una questione improrogabile.

Qualcosa, fortunatamente, si sta già facendo per promuovere l’accesso alla cultura artistica e sono presenti, nel territorio europeo e italiano, alcune progettualità e alcune esperienze che, se messe in dialogo, permetterebbero di giungere a degli spunti interessanti, dal punto di vista educativo.

Grazie al progetto Erasmus+ InVisIBLe (Inclusive and Innovative learning tool for Visually Impaired and Blind people — 2021-1-IT02-KA220-HED-000031139),3 coordinato dall’Università di Bologna — Dipartimenti di Architettura e di Scienze dell’Educazione —, abbiamo avuto modo di condurre una breve ricerca in merito analizzando in modo approfondito 39 esperienze di accessibilità all’arte di cui 11 relative ai musei ed è a queste 11 che ci riferiremo per proporre spunti operativi. I criteri per selezionare le 39 esperienze sono stati:

  1. progetti/esperienze che fossero sviluppati in Europa;
  2. progetti/esperienze le cui informazioni online siano dettagliate;
  3. progetti/esperienze con un focus specifico sulla connessione tra arti visive e disabilità visiva.

L’obiettivo generale, analizzando i diversi progetti, è stato quello di individuare soluzioni che rispondessero alle esigenze di una comunicazione della cultura «possibile», pur sapendo che si tratta di un’ottica a tratti utopica, perché non risponderà alle esigenze di tutti, per quanto si ponga l’obiettivo di raggiungere il più ampio pubblico possibile.

Le esperienze confrontate nei mesi di ricerca sono state discusse con alcuni enti del territorio europeo per arrivare a individuare i principali elementi che debbono essere presenti perché la struttura possa dirsi accessibile. Gli enti coinvolti in diverse forme sono stati: il Museo Omero,4 l’Unione Italiana Ciechi; l’Istituto Cavazza di Bologna con il Museo Tolomeo e il Museo tattile Anteros; la Fondazione Flaminia per l’Università in Romagna; il MAXXI — Museo nazionale delle Arti del XXI secolo di Roma; il TAL (Turin Accessibility Lab); il Lighthouse for the Blind of Greece; il Museum of the City of Łódź e la Parıltı Görmeyen Çocuklara Destek Derneği (Associazione di sostegno per i bambini ciechi) di Istanbul.

Le 11 esperienze, i cui elementi che permettono la partecipazione fattiva qui esponiamo, sono quelle legate ai musei, intesi, come finora affermato, come risorse pubbliche che possono offrire esperienze educative e formative sostenendo l’esplorazione culturale di un ampio e variegato pubblico. In particolare, essi possono sostenere la partecipazione delle persone più deboli, promuovendo anche una cultura della giustizia sociale (Sandell e Nightingale, 2012).

Ciò che è emerso è che si tratta di iniziative che offrono visite tattili accessibili alle persone non vedenti attraverso un elemento principe: il laboratorio. I laboratori maggiormente citati sono quelli di scultura (ad esempio ne sono attivi al «Guggenheim Museum»); quelli di sensibilizzazione sulle difficoltà delle persone non vedenti e ipovedenti (come il «Totem sensoriale») e i laboratori di manipolazione e teatro per aumentare la creatività e l’immaginazione («Il colore che tocco»).

Altri laboratori emersi come rilevanti sono laboratori in cui i visitatori hanno l’opportunità di usare i sensi e sentire le pennellate su riproduzioni in 3d («Feeling Van Gogh») e laboratori di reinterpretazione delle opere d’arte per comprenderne la forma, la poetica e il messaggio («Faccia a faccia con le opere»).

Azioni maggiormente descritte nelle esperienze museali individuate dalla ricerca, esperienze che permettono una maggiore partecipazione anche a persone con deficit visivo, sono legate all’esistenza di laboratori tattili che si muovono dalla manipolazione per ottenere informazioni, sensazioni, emozioni attraverso il tatto, ma anche attraverso gli altri sensi.

Afferma a tal proposito Levi (2013, p. 26):

La relazione del vedente con il mondo circostante non è riducibile soltanto alla dimensione visiva così come, d’altra parte, quella del cieco non può essere ridotta alla sola dimensione aptica. È chiaro, infatti, come il vedente possa contare su un sistema percettivo che, pur essendo dominato dalla vista, opera pur sempre su varie dimensioni differenti: comunemente ci si riferisce ai cinque sensi, anche se forse la realtà della percezione può essere descritta in forme diverse e più articolate. Allo stesso modo chi non vede entra in contatto con il mondo circostante attraverso un sistema non meno complesso, anche se strutturato su quattro canali invece che su cinque — sempre secondo l’immagine tradizionale — dei quali quello aptico e quello uditivo hanno una funzione dominante.

Esistono, però, anche suggerimenti ulteriori, il primo dei quali è, in ogni realtà coinvolta, quello della formazione degli operatori. L’improvvisazione, lo spontaneismo, la buona volontà da soli rischiano, infatti, di perpetrare atteggiamenti di assistenzialismo che vorremmo vedere sparire sempre più.

Successivamente alla raccolta di esperienze inclusive nei musei il gruppo di ricerca ha lavorato con la direzione del Genus Bononiae-Musei della Città S.r.l. (nello specifico, con la sede del Museo della Storia di Bologna), che si sta interrogando rispetto alla possibilità di rendersi maggiormente accessibile anche a quelle persone con deficit visivo che non sono al momento poste nella condizione di cogliere la ricchezza presente.

Il Museo della Storia di Bologna, nato nel 2012 dal disegno architettonico di Massimo Bellini e dal progetto scientifico di Massimo Negri, è ospitato nella splendida sede di Palazzo Pepoli, nella centrale via Castiglione della città di Bologna. L’immenso percorso, che si snoda attraverso 3 piani e 35 sale immersive, ospita lo spirito di Bologna attraverso la storia, le trasformazioni e le peculiarità della città. Nel ripercorrere le sale del Museo nella fase iniziale in cui ci troviamo è stata effettuata una lettura critica della situazione attuale alla ricerca dell’accessibilità, potendo già individuare i primi suggerimenti concreti affinché questa sia realizzata maggiormente.

Alcune di queste proposte sono legate alla sfera politico-organizzativa del museo, come può essere la nomina di un responsabile per le tematiche dell’accessibilità, o l’inserimento di figure professionali alla sfera logistica, come la realizzazione di didascalie in Braille, o a quella culturale, come quella dell’organizzazione di conferenze ed eventi. Una volta iniziato il cammino di approccio all’inclusività, una prospettiva futura di ricerca potrebbe essere quella di dare maggior rilievo alle testimonianze degli utenti con disabilità visiva. Questo potrebbe avvenire anche con una campagna di rilancio rivolta alla cittadinanza con disabilità.

Ovviamente sono emersi anche altri elementi che permetterebbero una migliore partecipazione delle persone con disabilità visiva, come: la rimozione delle barriere fisiche, la formazione del personale, percorsi tattili, guide audio e tattili. Questi sono spesso strumenti a disposizione delle istituzioni museali ma non sempre sono implementati con un necessario raccordo con i destinatari.

Dal punto di vista pedagogico, per promuovere una prospettiva inclusiva, è necessario interrogarsi circa la logica che è bene abbiano i percorsi definiti accessibili. Dunque, in questa logica è necessario interrogarsi anche su quegli ausili che potrebbero essere già presenti. Ad esempio, le guide audio: non è sufficiente averle per potersi dichiarare struttura «accessibile». Infatti, molto spesso sono progettate e realizzate da vedenti per vedenti, quindi, divengono spesso non fruibili dalle persone con disabilità visiva in quanto non in grado di offrire quelle informazioni utili al raggiungimento di una conoscenza veicolata dalla vista.

Da oggi e per il futuro sicuramente ci sono aspettative molto alte rispetto alle risposte che le nuove tecnologie potrebbero fornire, ma queste non devono escludere un fattivo apporto da parte dei destinatari diretti, in questo caso delle persone non vedenti. È da aggiungere che, fortunatamente, al di là di progettualità limitate e budget ridotti, molte tecnologie che sono state sviluppate per la vita quotidiana possono essere usate nei musei per consentire di vivere un’esperienza completa anche con costi contenuti per la struttura stessa.

Conclusioni

Il vasto patrimonio museale italiano può essere vissuto come luogo privilegiato in cui il visitatore può sviluppare la sua capacità di imparare a imparare e la sua consapevolezza ed espressione culturale, entrambe capacità che l’Unione Europea nel 2006 cita tra le competenze chiave che si ritiene debbano essere patrimonio di tutti, in quanto necessarie per «la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione».

Proprio per il fatto che entrambe queste competenze chiave potrebbero essere potenziate negli spazi museali diventa necessario — e quasi urgente — che sia data a tutti la capacità di apprezzare l’importanza delle manifestazioni culturali e artistiche che il mondo offre (Pellerey, 2010).

Il lavoro presentato in questo contributo, nato in un contesto di revisione di esperienze all’interno del progetto Erasmus Plus Invisible, coordinato dall’Università di Bologna e proseguito con una appena iniziata collaborazione con Genus Bononiae — Musei della Città S.r.l. (nello specifico, la sede del Museo della Storia di Bologna), ha avuto l’obiettivo di proporre spunti per rendere accessibili contesti museali anche a persone con disabilità visive.

Le prossime fasi di collaborazione vorrebbero provare a tracciare progettualità che permettano di mettere a sistema le conoscenze, le competenze e le esperienze maturate dal team di progetto, che possono concorrere alla realizzazione di processi e di servizi accessibili e innovativi, orientati verso il mercato (musei, fondazioni museali, enti organizzazioni di mostre) con un alto impatto verso la società.

Tale prospettiva, oltre che per consolidare l’alleanza tra ricercatori universitari e i professionisti di Genus Bononiae-Musei della Città S.r.l., rappresenta una preziosa occasione per far sì che i servizi museali della città diventino spazi sempre più accoglienti, inclusivi e fautori di partecipazione sociale (impatto sulla società). Proprio per il fatto che i rappresentanti di Genus Bononiae-Musei della Città S.r.l. rilevano una crescente richiesta di percorsi ed esperienze accessibili, in particolar modo da parte di persone in condizione di disabilità visive.

La sede del Museo della Storia di Bologna, in particolare, ha messo a punto alcune accortezze («accomodamenti ragionevoli») utili alla fruizione dei suoi spazi per un pubblico di persone con disabilità motorie, ma conferma l’urgenza di implementare e la volontà di sperimentare delle soluzioni innovative che, in un’ottica «Universal Design For Learning» (Accolla, 2009; Mangiatordi, 2017), siano accessibili sin dal principio e che siano in grado di accogliere, senza riserve, anche coloro che hanno delle disabilità sensoriali.

Il fatto che il Museo della Storia di Bologna diventi accessibile permetterà di rispondere al bisogno di accessibilità della cultura sia da parte delle persone con disabilità visiva congenita sia da parte di persone che, con il progredire dell’età, hanno riscontrato dei problemi di vista invalidanti. Infatti, i risultati potrebbero consentire alle persone anziane di fruire in modo arricchente delle opere presenti all’interno del museo proprio in quella fase della vita in cui potrebbero dedicare più tempo a questo genere di conoscenza della cultura cittadina.

La necessità di rendere accessibili i luoghi adibiti alla trasmissione della cultura porterà a cercare soluzioni per superare le barriere o limitare gli effetti degli ostacoli e i contenuti per essere fruibili andranno pensati e realizzati rispettando i principi di progettazione universale e di accomodamento ragionevole, che in qualche modo favoriscono la ricerca di soluzioni efficaci per rimuovere barriere e proporre facilitatori.

Sicuramente il punto di partenza sarà quello architettonico. È, infatti, in questo ambito che nascono i sette principi dell’Universal Design, adattati in ambito educativo nel modello dell’Universal Design for Learning (UDL): un modello la cui logica di fondo sta nel rendere prodotti e servizi fruibili sin dal principio, garantendo a ogni persona il diritto all’accessibilità e alle pari opportunità.

Il presente lavoro ci deve portare anche a ragionare non solo al di là dello specifico deficit — come nel caso presente il deficit visivo — ma anche al di là del luogo «museo», perché molte opportunità di utilizzare processi di adattamento e di accesso alla partecipazione potranno, con molta probabilità, essere proposti in molti altri luoghi pubblici, intesi quali luoghi frequentati e frequentabili da persone con disabilità che fruiscono degli stessi e che hanno il diritto a confrontarsi con realtà che risultino per loro sempre più fruibili.

Vorremmo concludere proponendo tre punti fondamentali su cui concentrare l’attenzione nel momento in cui progettiamo i luoghi della cultura con un nuovo approccio all’inclusività rivolto alle persone con disabilità visiva.

Il primo è che non ci si può improvvisare ma è necessario un lavoro multidisciplinare che veda la partecipazione attiva di professionisti con competenze adeguate nonché la partecipazione di rappresentanti dei destinatari finali. Il secondo è che sarà necessario procedere per passi: ad esempio, nel caso presentato, fare una selezione di oggetti rappresentativi del Museo da valutare attentamente sia con il pubblico destinatario sia con i museologi e i curatori. Infine, sarà necessaria una traduzione delle informazioni che si desidera veicolare in un percorso dedicato a un pubblico specifico attraverso i canali maggiormente utilizzati e con le strategie maggiormente opportune. Il tutto ricordando che, per una buona visita a un museo, l’accessibilità non è solo quella interna, ma anche quella esterna allo stesso.

A coronamento di questi tre punti fondamentali non ci può che stare un’azione propriamente educativa. Infatti, le figure educative che operano nei contesti museali è necessario che siano presenti per essere promotrici e garanti delle questioni legate all’accessibilità e all’inclusione. Le competenze delle figure educative, accompagnate dalla capacità di pensare proposte creative, consentono di individuare quelle variabili — intellettuali, fisiche, sensoriali, culturali — che permettono o meno alle persone di accedere e fruire del patrimonio culturale (Piazza e Rizzari, 2021).

Grandi competenze che, se accompagnate a capacità comunicative, relazionali, buona resilienza ed empatia (Trasatti, 2020), non potranno che rendere sempre più necessaria e utile la presenza di educatori museali professionalmente preparati.

Bibliografia

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1 Università degli Studi di Bologna, Dipartimento di Scienze dell’Educazione «G.M. Bertin».

2 Department of Education Studies «G.M. Bertin», University of Bologna.

3 Gli obiettivi del progetto e le sue fasi sono stati oggetto del seguente contributo: Friso Valeria; Marchesani Sara, Al di là delle barriere: la sfida dell’accessibilità artistica e culturale per le persone con disabilità visive, «Italian Journal of Special Education for Inclusion», vol. 10, 2022, pp. 189-196.

4 Museo Tattile Statale Omero di Ancona, uno spazio culturale senza barriere che si pone gli obiettivi dell’accessibilità e dell’inclusione delle persone con disabilità visive nel campo dell’arte e del patrimonio culturale. Inoltre, il Museo Omero progetta numerose proposte didattiche e educative, partecipa ad attività di ricerca e documentazione e offre consulenze e corsi di formazione riguardanti l’accessibilità del patrimonio artistico e culturale.

Vol. 22, Issue 4, November 2023

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