Vol. 23, n. 1, febbraio 2024 — pp. 146-150

Rubrica

Recensione

M. Oliver (2023), Le politiche della disabilitazione: il modello sociale della disabilità, Verona, Ombre Corte, pp. 175

Tra le cose positive del 2023, non moltissime se si pensa al dilagare dei conflitti o al numero di femminicidi, va sicuramente annoverata la pubblicazione in Italia del volume di Mike Oliver The Politics of Disablement, pubblicato per la prima volta nel lontano 1990. A dare maggiore enfasi al nostro (personale di chi scrive ma, anche, della comunità pedagogica) benvenuto a questo testo, vi è anche il fatto che la curatela dell’edizione italiana è di Enrico Valtellina, uno degli esponenti di spicco dei Disability Studies a livello internazionale (con particolare attenzione ai Critical Autism Studies) e co-fondatore, con Roberto Medeghini, Simona D’Alessio, Angelo D. Marra e Giuseppe Vadalà, del GRIDS (Gruppo di Ricerca Inclusione e Disability Studies), gruppo al quale, nel corso del tempo, hanno aderito Fabio Bocci, Valentina Migliarini e Alice Scavarda e più di recente Ines Guerini, Marianna Piccioli, Alessandra Maria Straniero e altre/i.

Il riferimento alla curatela di Valtellina e ai Disability Studies non è certamente casuale. Valtellina, infatti, oltre alla traduzione e alla curatela firma un prezioso e articolato saggio introduttivo che, dal nostro punto di vista, si riallaccia idealmente, a dieci anni di distanza, al suo Storie dei Disability Studies contenuto nel volume collettaneo Disability Studies. Emancipazione, inclusione scolastica e sociale, cittadinanza (2013).

Lo studioso italiano con la sua Prefazione compie due azioni di grande pregio: in primo luogo offre, soprattutto a chi si accosta per la prima volta ai Disability Studies e al pensiero di Mike Oliver, la possibilità di orientarsi e di avere a disposizione un quadro teorico di riferimento; in secondo luogo, traccia le linee di quella che è l’essenza del lavoro di Oliver e della prospettiva del Modello sociale inglese, che è quella di offrire e di offrirsi come uno sguardo politico sulla disabilità, che disarticola le incrostazioni del tempo, le retoriche, i falsi miti e le prassi legate al modello medico-individuale, ancora prevalente nel mondo (ma anche in Italia) così congeniale al sistema capitalistico e alle sue logiche dominanti.

E grazie alla preziosa Prefazione di Valtellina è possibile, quindi, avventurarsi in questo volume che, pur avendo ormai più di trent’anni, resta validissimo, anzi attualissimo. Va anche detto che, nonostante la non traduzione in italiano, il testo di Oliver ha comunque rappresentato in questi decenni un punto di riferimento costante per chi si è riconosciuto nel Social Model e nei Disability Studies. Pertanto, la scelta di tradurlo è finalizzata soprattutto ad agevolarne la diffusione, in un momento storico in cui la prospettiva emancipativa, autoaffermativa, autorealizzativa, quindi di vita indipendente e di autodeterminazione, delle persone con disabilità sta assumendo (finalmente, ci viene da aggiungere) una forma che comincia ad andare ben oltre la ristretta cerchia delle/degli interessate/i (si pensi, ad esempio, alla presenza di blogger e vlogger come Sofia Righetti, Witty Wheels, Bradipi in Antartide, Emanuela Masia, o a movimenti come Neuropeculiar e TUPS).

In altri termini, in un momento storico nel quale tornano a farsi sentire come necessarie quelle prassi collettive che Mike Oliver ha intravisto e descritto in presa diretta, ossia nel loro affermarsi nel momento in cui elaborava e poi scriveva Le politiche della disabilitazione. Nel volume lo studioso afferma più volte, convintamente, di avere intravisto nei sommovimenti sociali (ci si riferisce chiaramente a quelli degli anni Sessanta e Settanta) elementi che lasciavano immaginare spiragli di cambiamento all’interno delle politiche e dei servizi forniti dagli Stati e dal welfare alle persone con disabilità. Emblematico è il fatto che Oliver concluda proprio il suo lavoro indicando questa direzione. Scrive infatti nelle ultime righe del volume: «Il vento sta effettivamente soffiando, la direzione che prenderà quel vento dipenderà da qualcosa di più dei disabili stessi» (p. 159).

La questione che pone Oliver, nella sua prospettiva sociologica e politica, riguarda il fatto che la questione disabilità non riguarda solo i soggetti con disabilità. Come rimarcava Valtellina nel già citato saggio del 2013, Oliver denuncia con estrema chiarezza come l’oppressione non si determini a causa di una maggioranza contro una minoranza, ma sia il derivato di un «sistema complesso di contrapposizioni reciproche di minoranze oppresse che esclude soltanto l’esigua minoranza della classe egemone» (Valtellina, 2013, p. 34). In tal senso, come ha ripreso anche Bocci, le pratiche di discriminazione e di oppressione sociale di cui sono fatti oggetto gli individui con disabilità «non costituiscono una questione a parte ma sono l’esito di un sistema che produce discriminazioni e oppressioni cumulative di cui sono destinatari, per effetto di una ideologia maschilista, razzista, omofobica e abilista, le donne, gli stranieri, gli omosessuali e i disabili (spesso con combinazioni plurime)» (Bocci, 2019, p. 177).

Occorre, dunque, abbandonare (e contrastare) l’idea di disabilità come tragedia individuale e guardarla per ciò che realmente è: una conseguenza delle strutture fisiche, discorsive e ideologiche prodotte dagli attori sociali.

Entrando nello specifico dei contenuti del volume, questo si compone di otto capitoli e un poscritto, che offrono a chi legge un ricchissimo materiale circa gli avvenimenti, le pratiche discorsive e le ideologie dominanti che hanno contribuito a formare la concezione egemonica della disabilità come tragedia del singolo individuo.

Oliver inizia a esaminare le definizioni ufficiali del concetto di disabilità prodotte da enti, organizzazioni governative e sovra-governative, mettendole in dubbio e problematizzandole, grazie a quella categoria analitica tipica dello sguardo dei teorici dei Disability Studies.

Lo studioso prosegue poi la sua argomentazione enucleando dapprima le teorie implicite della disabilità per giungere a enunciarne una diversa, che conosciamo con il nome di Modello Sociale inglese.

Si entra così nel vivo del volume attraverso la ricostruzione, assai particolareggiata e logica, delle ragioni per cui si è assistito e si assiste tuttora all’affermarsi di un modello di disabilità per mezzo del quale la persona ritenuta non conforme è collocata all’interno del sociale solo grazie alla presenza di sussidi, aiuti e dispositivi legislativi. Le radici dell’affermarsi di una tale visione sono per Oliver da imputare all’ascesa del capitalismo, al modello di produzione socioeconomico che ha generato mutamenti nei modi di pensare della società tutta. L’accento è posto dall’Autore su quelli che sono i costrutti (e le strutture) ideali tipiche del capitalismo e che ne hanno garantito e ne garantiscono l’egemonia. Su tutti il mito dell’individualismo e della competitività e la medicalizzazione di tutti gli aspetti della vita della persona con disabilità.

In un orizzonte sociale tanto complesso la strutturazione delle identità dei soggetti con disabilità si ha solo grazie a adattamenti successivi, ora legati alla componente psicologica ora inerenti all’adattamento sociale (si pensi allo stigma secondo l’elaborazione di Erving Goffman del 1963). Un nodo cruciale è quello che fa oggi riferimento, anche dal punto di vista dei Critical Disability Studies, alla prospettiva intersezionale. Il riferimento all’intersezionalità è doveroso poiché in un individuo si intrecciano spesso (quasi sempre) molteplici forme di discriminazione, legate all’appartenenza sociale, alla provenienza culturale, al genere, all’orientamento sessuale, all’abilismo. In tali situazioni (e condizioni) si assiste al formarsi di uno status di minoranza multipla.

Dai presupposti illustrati si passa ad affrontare la costruzione sociale della disabilità, facendo emergere l’idea di individui soggiogati da altri, da loro ritenuti dipendenti (e subalterni); le istituzioni (anche scolastiche), i servizi, i vari contesti del sociale, ecc. L’idea di dipendenza delle persone con disabilità è lo zoccolo duro del pregiudizio in una società capitalista e performativa, che si professa meritocratica. Certamente questa modalità di pensare e agire, seppur presentata come ineludibile (connaturata al sistema sociale stesso e, quindi, quasi naturale se non del tutto naturale), è la conseguenza di determinate scelte (e non altre), di talune decisioni (e non altre), di certi provvedimenti (e non altri), socio-politico-culturali che disabilitano le persone con disabilità.

Il focus degli ultimi capitoli è sulle possibili risorse a cui fare appello, ieri come oggi, per dare corpo a una riconfigurazione dello stato sociale, con proposte finalizzate all’emancipazione finanziaria, psicologica e culturale. Una controspinta politica per rompere definitivamente le gabbie del pregiudizio in cui le persone con disabilità vengono a trovarsi. Tra le risorse indicate da Oliver grande attenzione è posta ai movimenti agiti dal basso, dalle stesse minoranze, che già in passato — si pensi anche all’esperienza negli Stati Uniti con figure come Ed Roberts e Judy Heumann (Bocci, 2023), ma anche in Italia naturalmente — hanno permesso l’attuarsi di notevoli miglioramenti, i quali però, ci insegna la storia e anche l’attualità, non sono per sempre e vanno alimentati, nutriti, fatti propri, agiti.

In conclusione, possiamo dire che, anche a distanza di trentaquattro anni, siamo in presenza di un libro ancora oggi necessario. Il vento continua a soffiare ed è compito di ciascuna/o — a partire da chi realmente crede nell’inclusione e la pensa come un processo che parte dal basso e non come un dono calato dall’alto, magari dal/dalla politico/a illuminato/a di turno, da questa o quella maggioranza — indirizzarlo.

Virginia Benedetti

Bibliografia

Bocci F. (2019), Disability Studies. In L. d’Alonzo (a cura di), Dizionario di Pedagogia Speciale, Brescia, Scholé.

Bocci F. (2023), Judy Heumann: pioniera della vita indipendente per una società inclusiva, «L’integrazione scolastica e sociale», vol. 22, n. 3, pp. 107-121.

Goffman E. (1963), Stigma. L’identità negata, Milano, Giuffrè.

Oliver M. (1990), The Politics of Disablement, Basingstoke, Macmillan.

Valtellina E. (2013), Storie dei Disability Studies. In R. Medeghini, S. D’Alessio, A.D. Marra, G. Vadalà e E. Valtellina, Disability Studies. Emancipazione, inclusione scolastica e sociale, cittadinanza, Trento, Erickson.

 

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