Vol. 23, n. 4, novembre 2024

PRECURSORI

Adolf Ratzka, volano del Movimento per la Vita Indipendente in Europa

Mabel Giraldo1

Sommario

Adolf Ratzka (1943-2024) è considerato un pioniere e un acuto e fermo sostenitore dei diritti delle persone con disabilità che ha avuto un ruolo cruciale nella promozione della filosofia e del Movimento per la Vita Indipendente in Europa fino alla sua scomparsa, avvenuta il 21 luglio 2024 all’età di 80 anni. È stato capace di tradurre le istanze e i bisogni rappresentativi di quel mondo della disabilità che, a partire dagli anni Sessanta, reclamava rinnovati diritti e visibilità in elementi cardine per la progettazione di una società realmente inclusiva. Dopo una breve nota biografica e un’essenziale rievocazione del contesto socioassistenziale della Svezia — il Paese che lo ha adottato e in cui la sua azione politica, culturale e sociale si è concretizzata — il presente contributo intende approfondire alcune delle principali questioni nei confronti delle quali l’attivista tedesco si è battuto per tutta la vita e che costituiscono, oggi, la sua inestimabile eredità.

Parole chiave

Aldof Ratzka, Vita indipendente, Diritti delle persone con disabilità, Autodeterminazione, Assistente personale.

PIONEERS

Adolf Ratzka, the driving force behind the Independent Living Movement in Europe

Mabel Giraldo2

Abstract

Adolf Ratzka (1943-2024) is considered a pioneer and a keen and firm supporter of the rights of persons with disabilities who played a crucial role in promoting the philosophy and the Movement for Independent Living in Europe until his death on 21 July 2024 at the age of 80. He was able to translate the requests and the needs of that world of disability that, starting from the Sixties, was demanding renewed rights and visibility into key elements for the design of a truly inclusive society. After a brief biographical note and an essential overview of the social welfare context of Sweden — the country that adopted him and in which his political, cultural and social action took shape — this contribution intends to explore some of the main issues against which the German activist fought throughout his life and which constitute, today, his invaluable legacy.

Keywords

Aldof Ratzka, Independent Living, Disability Rights, Self-Determination, Personal Assistant.

Independent Living is having the same range of options and the same degree

of self-determination that people without a disability take for granted.

Adolf Ratzka

Premessa

In questo nuovo contributo della sezione Precursori presenteremo Adolf Ratzka (1943-2024), un pioniere, un visionario, un acuto e fermo sostenitore dei diritti delle persone con disabilità che ha svolto un ruolo cruciale nella promozione della filosofia e del Movimento per la Vita Indipendente in Europa fino alla sua scomparsa, avvenuta il 21 luglio 2024 all’età di 80 anni. Grazie al suo attivismo ambizioso e resiliente, incarnato negli ideali della prospettiva dei diritti umani, Ratzka è stato capace di tradurre le istanze e le esigenze, individuali e collettive, rappresentative di quel mondo della disabilità che a partire dagli anni Sessanta reclamava rinnovati diritti e visibilità, in elementi cardine per la progettazione di una società autenticamente inclusiva delineando gli orizzonti per una nuova agenda politica europea e la realizzazione di servizi socioassistenziali fedeli ai principi di empowement e di autodeterminazione. Un «ingegnere sociale», come direbbe Podgòrecki (1973), alla costante e incalzante ricerca di soluzioni concrete ai bisogni urgenti delle persone con disabilità.

Dopo una breve nota biografica e una essenziale rievocazione del contesto socioassistenziale della Svezia, il Paese che lo ha adottato e in cui la sua azione politica, sociale e culturale si è realizzata,3 il presente contributo intende approfondire alcune delle principali questioni nei confronti delle quali l’attivista tedesco si è battuto per tutta la vita e che costituiscono, oggi, la sua inestimabile eredità.

Breve profilo biografico di un «ingegnere sociale»

Adolf Ratzka nasce il 20 novembre 1943 a Monaco di Baviera in Germania. All’età di 17 anni (1961) contrae la poliomielite che gli causa una paralisi irreversibile e una condizione di non-autosufficienza che lo porta a vivere sulla carrozzina con l’ausilio di un ventilatore e dipendente da interventi assistenziali, permanenti e continuativi, anche per lo svolgimento delle attività quotidiane essenziali.

Dopo sei mesi di cure mediche, Ratzka viene trasferito in un istituto per minori con disabilità gravi della sua città natale, il Centro Pfenningparade, dal momento che per l’anziana madre sarebbe stato fisicamente impossibile occuparsi di lui e, come lui stesso ammette, «avrei vegetato a casa, incapace di continuare gli studi, incapace di lavorare, uscire e incontrare persone. […] E non mi sarebbe nemmeno piaciuto dipendere da mia madre: immagina di innamorarti di qualcuno e di aver bisogno che tua madre ti porti all’appuntamento!» (Ratzka, 2003c).

Il futuro attivista tedesco descrive in diverse occasioni l’istituto e il suo soggiorno come una «prigione» in cui ha perso i migliori anni della sua vita:

Residential institutions force you to adapt your needs to the needs of the institution. As an inmate you have to share staff with other inmates. The staff decide whose needs at any given moment are most pressing. I could not decide when to get up in the morning or when to go to bed at night — that depended on the staff. I could not even decide when I needed to go to the toilet. A criminal in prison has more freedom than I had. You become frustrated, passive and depressed. Research has shown that institutions cause hospitalism, that is declining initiative, skills, mental and physical health (Ratzka, 1984).

Tuttavia, proprio tra le mura dell’istituto bavarese Ratzka continua il suo percorso di istruzione e nel luglio del 1965 supera gli esami finali della scuola secondaria. Incoraggiato a proseguire gli studi dalla direttrice del Pfennigparade, la dottoressa Vollmar, Ratzka matura l’idea che negli Stati Uniti, differentemente dalla Germania, ci sarebbero state per lui maggiori e migliori possibilità di frequentare un’università particolarmente adatta ad accogliere uno studente con disabilità.

Dopo avere preso contatti con diversi atenei nordamericani — University of Illinois, Southern Illinois University, University of Missouri, University of California (Los Angeles), University of California (Berkeley), City College of New York e Hofstra University a Long Island (New York)4 —, l’Università della California di Los Angeles (UCLA) risponde positivamente alla sua domanda di ammissione, convinta che la sua disabilità non avrebbe costituito un ostacolo purché avesse provveduto da sé a trovare specifici accomodamenti e soluzioni per l’alloggio e la frequenza dei corsi universitari.

Da quel momento, Adolf inizia un’incessante ricerca, anche attraverso inserzioni pubblicate nelle pagine della rivista «Toomey j Gazette»,5 per raccogliere informazioni, contattare aziende specializzate in ausili e organizzazioni americane del mondo della disabilità e non solo.

Così, dopo avere trascorso cinque anni in istituto, nel 1966 Ratzka si trasferisce negli Stati Uniti e si iscrive alla UCLA University, dapprima assistendo ai corsi di inglese come auditor e alloggiando nel vicino Convalescent Hospital, per poi frequentare regolarmente le attività accademiche, a partire dalla sessione estiva dello stesso anno.

Ciò è stato possibile anche grazie a una borsa di studio (di circa 6.000 dollari), ricevuta dallo Stato bavarese, che gli consentiva di coprire le spese sia per le tasse universitarie e il mantenimento sia per l’acquisto di beni e servizi per l’assistenza personale di cui aveva bisogno:

With that money, I hired, trained, paid, scheduled, and supervised fellow students as my assistants [mostly university students, nda]. I was able to pay them competitive wages, i.e. wages that they would have earned for working on campus at the libraries or cafeterias. They assisted me with everything I needed to concentrate on my studies and to enjoy life as a young adult living by myself for the first time. I had to learn to express my needs, had to learn to be the boss. That was difficult and I made many mistakes. But my mistakes have been valuable lessons (Ratzka, 2020).

Sebbene non sia stato semplice riconfigurarsi, quasi improvvisamente, «from patient and object of care to subject and boss» (Ratzka, 2012), l’esperienza in California è stata per Ratzka fondamentale perché gli ha permesso non solo di conseguire, dapprima, un Bachelor of Arts in Sociology e un Master of Science in Business Administration e, successivamente, il dottorato in Urban Land Economics, ma soprattutto di iniziare a maturare una sua personale concezione sui diritti delle persone con disabilità e sui principi della vita indipendente che influenzeranno profondamente, negli anni seguenti, le sue battaglie sociali e politiche.

Come lui stesso ricorda:

The U.S. was then the only country with facilities, such as a personal assistant and a car that could be driven by wheelchair-bound people, enabling severely disabled persons to pursue normal academic study. So, I was catapulted from the vegetable existence of a German hospital to the hotbed of flower power activism (Ratzka in Time Magazine, 1998).

Una visione che si rafforza ancora di più quando, nel 1969, Adolf visita la vicina Berkeley, sempre in California, per partecipare a una manifestazione pubblica in cui alcuni attivisti con disabilità rivendicavano il riconoscimento dei propri diritti civili. Questa occasione rappresenta, di fatto, il primo contatto del tedesco con il Movimento per la Vita Indipendente statunitense, consolidato anche dalla conoscenza personale con il suo leader, Ed Roberts,6 che, in quegli anni, insieme a un gruppo di studenti con disabilità grave (i famosi Rolling Quads), chiedeva venisse loro riconosciuto il diritto di godere di una piena partecipazione fino ad allora fisicamente limitata da una serie di barriere architettoniche presenti nel campus e nella comunità circostante.

Esiti delle lotte intraprese dal Movimento sono stati l’attuazione del Programma per Studenti con Disabilità Fisica proprio presso l’Università di Berkeley e la creazione del primo Centro per la Vita Indipendente, sorto dall’idea (politica), all’epoca rivoluzionaria, che le persone con disabilità non siano oggetti di cura ma soggettività capaci di autodeterminarsi. Come ricorda lo stesso Ratzka (2012):

They viewed themselves as a civil rights and self-help movement, inspired by the struggle of blacks and other groups for equal rights, and were committed to work for self-determination and against over-protection, paternalism and outright discrimination.

Il Movimento nei suoi Centri offriva, infatti, incontri di sostegno tra pari nei quali i partecipanti — solo persone con disabilità — non solo imparavano come sostenersi e aiutarsi a vicenda, rivendicando il loro diritto ad assumere il controllo della propria vita e a rivestire un ruolo da protagonisti nelle decisioni che riguardavano tutti gli aspetti della loro quotidianità e non solo (Longhurst, 1994), ma contemporaneamente, attraverso questa loro azione politica, culturale e sociale, educavano la comunità nel tentativo di dissipare pregiudizi, stereotipi e forme di discriminazione e segregazione (Ward, 1996). Come afferma lo stesso tedesco, infatti:

According to the Independent Living movement, we must first make demands on ourselves. We cannot demand that others view us as people of equal value, as ordinary citizens who share an equal need for respect, recognition and love — if we do not do so ourselves (Ratzka, 1988).

Quando i soldi della borsa di studio terminano e la ricerca di un lavoro negli Stati Uniti diventa sempre più complessa a causa della sua duplice condizione di «straniero» e «disabile», nel 1973 Ratzka si trasferisce in Svezia per completare la tesi di dottorato in «Urban Land Ownership» alla School of Architecture del Royal Institute of Technology (KTH) di Stoccolma, presso la quale, dopo aver conseguito il titolo accademico, continua a lavorare come ricercatore fino al 1994. Tuttavia, una volta arrivato nel Paese scandinavo, si trova immerso in un contesto molto diverso e sperimenta sulla sua persona che con i servizi di assistenza domiciliare svedesi non avrebbe avuto, in quanto persona con disabilità grave e complessa, le medesime possibilità di condurre una vita indipendente e autodeterminata che aveva, invece, vissuto negli Stati Uniti grazie ai servizi, lì offerti, di assistenza personale. Come lui stesso sottolinea:

In Sweden, I was fascinated by a paradox. On the one hand, I found a highly professionalized welfare society with income re-distribution and tax-financed services designed to reduce welfare inequalities. On the other hand, many people with extensive disabilities lacked education, work, commitment and social relationships, which they saw as a natural result of their disability. In California, where the social safety net was nowhere near as developed as in Sweden, I had many friends with extensive disabilities in the young Independent Living movement — people with an appetite for life who studied or worked, became involved in civic affairs and employed personal assistants with direct payments from local authorities (Ratzka, 1982, p. 12).

Così, proprio in Svezia, Ratzka inizia a interessarsi con sempre maggior vigore alle condizioni di vita delle persone con disabilità, in particolare in riferimento, da un lato, allo sviluppo di politiche e pratiche di deistituzionalizzazione attraverso rinnovati servizi di assistenza personale orientati ai principi della vita indipendente e, dall’altro, all’analisi dei costi/benefici dell’accessibilità di luoghi e servizi, pubblici e privati, per persone con disabilità. Fin dal suo arrivo, su questi temi, l’attivista tedesco inizia non solo un’operazione di ampia divulgazione dalle pagine dei numerosi articoli che in quegli stessi anni scrive, ma anche una pressante e ferma azione sociale e politica a livello nazionale e locale, convinto che gli ideali e i valori del Movimento non potevano sostenersi «restando nelle strade» (DeJong, 1988) ma che, per ottenere una adeguata legittimazione sociale e politica, dovessero essere incorporati nella legislazione nazionale e nella cultura delle varie istituzioni socioassistenziali.

Nel raggiungimento di questo ambizioso scopo, una tappa significativa è rappresentata dalla Independent Living Conference organizzata a Stoccolma nel dicembre del 1983 proprio su iniziativa dello stesso Ratzka che ha radunato, per la prima volta nei Paesi nordici, i principali esponenti ed esperti del Movimento per la Vita Indipendente provenienti da tutto il mondo: Ed Roberts e Judy Heumann dagli Stati Uniti in qualità di rappresentanti del World Institute on Disability di Berkeley7 e, dal Regno Unito, Ken Davies della Derbyshire Coalition of Disable Citizen e Neill Slatter dell’Hampshire Living Center. Minimo comune denominatore delle differenti questioni affrontate nel corso della conferenza è stata la critica ai servizi socio-assistenziali, domiciliari e residenziali, erogati all’epoca dalle istituzioni svedesi8 e ritenuti dai relatori, diversamente dall’assistenza personale, contrari al principio e al diritto di autodeterminazione e alla libertà di scelta delle persone con disabilità, nonché ostacolanti la promozione di processi emancipativi e partecipativi all’interno della comunità (Ratzka, 2003a).

Questa tesi, tuttavia, trova una ferma opposizione da parte non solo delle autorità locali e nazionali, ma anche dei rappresentanti delle principali organizzazioni svedesi nell’ambito della disabilità poiché, come scrive lo stesso Ratzka (2012),

[they] found it difficult to understand that cooperation on equal terms between residents and staff is not possible in a supply-driven system where services are based on hierarchical structures and top-down central planning. They did not view the worker-resident relationship as a function of the unequal division of power. They also felt it was society’s responsibility to work out solutions to the problems. A few commented that personal assistance might be appropriate for the individualistic American tradition, but not the Swedish welfare state tradition «where we have collective solutions to care for each other».

Nonostante questa resistenza, un piccolo gruppo di persone con disabilità che aveva partecipato alla conferenza ha continuato, proprio sotto la guida del tedesco, a incontrarsi regolarmente non solo per condividere le proprie esperienze in quanto utenti di servizi domiciliari e residenziali, ma soprattutto nel tentativo di ipotizzare nuove soluzioni di assistenza personale per sé stessi e per la più ampia comunità. Il gruppo presto si organizza in un’associazione e nel 1984 viene fondato il Stockholm Independent Living Group (STIL), di cui Ratzka è stato presidente fino al 1995.

Composto, per statuto, solo da persone con disabilità che necessitano di assistenza personale, STIL nasce con l’obiettivo di supportare questi soggetti nella pianificazione e nella gestione della loro vita quotidiana. Come approfondiremo nel paragrafo dedicato, nei due anni successivi STIL sperimenta un progetto pilota, in collaborazione con la città di Stoccolma, al fine di sviluppare un modello di assistenza personale che, proprio grazie al successo ottenuto, ha contributo a trasformare quella che fino a ora era una battaglia personale9 in un vero e proprio diritto riconosciuto ai sensi dell’Act concerning Support and Service for Persons with Certain Functional Impairments (LSS, 1994).

In questi stessi anni, Ratzka si fa promotore di una serie di altre iniziative, anche grazie al ruolo che, nelle diverse agenzie locali, statali o sovranazionali, ha assunto. Tra queste, si pensi all’International Expert Seminar on Building Concept for the Handicapped10 organizzato a Stoccolma dall’International Council for Building Research, Studies and Documentation (CIB) «W 84 Building Non-Handicapping Environments»11 (di cui l’attivista tedesco ha rivestito la carica di Associate Coordinator dal 1986 al 1994) in collaborazione con il Dipartimento di Building Function Analysis del Royal Institute of Technology di Stoccolma sul tema dell’accessibilità degli ambienti di vita (pubblici e privati) e la loro sostenibilità economica e sociale. O ancora, la prima European Independent Living Conference organizzata nel 1989 presso il Parlamento Europeo a Strasburgo dallo stesso Adolf Ratzka, insieme ad alcuni amici e colleghi attivisti che, in altri Paesi europei (tra i quali Regno Unito, Germania, Belgio, Portogallo), erano impegnati nella creazione dei primi Centri per la Vita Indipendente nazionali, con lo scopo di sensibilizzare e diffondere il concetto di assistenza personale e la filosofia del Movimento per la Vita Indipendente nel Vecchio Continente. Questo evento, organizzato grazie al sostegno politico e finanziario dei deputati tedeschi dei Verdi al Parlamento Europeo,12 ha radunato 72 attivisti con disabilità provenienti da più di 20 Paesi europei e ha rappresentato l’avvio di una rete europea informale di leader della Vita Indipendente. Dopo quattro giorni di intensi incontri e collaborazioni, viene costituito l’European Network on Independent Living (ENIL)13 — di cui Ratzka divenne il primo presidente (fino al 1995)14 — il cui lavoro, oggi come allora, è finanziato da progetti dedicati a promuovere il diritto alla vita indipendente e l’inclusione sociale in Europa e nel mondo in linea con i valori democratici della solidarietà, del sostegno tra pari, della deistituzionalizzazione, dell’autorappresentanza, dell’empowerment e dell’autodeterminazione. La missione di ENIL consiste nella creazione di un’Europa in cui tutte le persone con disabilità siano in grado di esercitare scelta e controllo sulla propria vita e di godere di tutti i diritti umani. Da allora, la rete ENIL si è costituita come un’organizzazione di persone con disabilità riconosciuta a livello mondiale e attualmente conta membri provenienti da oltre 40 Paesi dell’Unione Europea ed esorta i governi al rispetto dei seguenti principi:15

Independent Living is a process of consciousness raising, empowerment and emancipation. This process enables all disabled persons to achieve equal opportunities, rights and full participation in all aspects of society.

Disabled people must be able to control this process individually and collectively. To achieve this goal, we provide peer support and use democratic principles in our work.

As equal citizens we must have the same access to the basics of life, including: food, clothing, shelter, health care, assistive de-vices, personal support services, education, employment, information, communication, transportation and access to the physical and cultural environment, the right to sexuality and the right to marry and have children, and peace.

The Independent Living Movement must be a cross-disability movement, addressing the needs of all disabled persons. For this to occur, we must rid ourselves of any prejudice we have towards persons with disabilities other than our own and encourage the involvement of disabled women and other underrepresented groups. Disabled children should be enabled by their families and society in general to become independent adults.

Disabled people must obtain all the requirements for equalization of opportunities and full participation by defining their own needs, choices, and degree of user control.

The Independent Living Movement is opposed to the development and maintenance of systems which promote dependency through institutional responses.

Disabled people must involve themselves in research and development, planning and decision making, at all levels, in matters concerning their lives.

Questi principi sono stati inseriti nella Strasbourg Resolution16 e formalmente adottati il 3 settembre 1990 durante l’incontro della Rete ENIL «Het Timmerholt», tenutosi in Olanda. Si è trattato, per l’epoca, di un traguardo rivoluzionario e significativo a livello europeo (ma non solo), certamente nutrito da un dibattito, pubblico e politico, che, proprio alle porte del nuovo millennio, invitava a ripensare le istanze del cosiddetto «welfarismo» in favore di nuove politiche sociali capaci di fronteggiare le sfide derivanti dalla crescita e dalla differenziazione della domanda di cura e assistenza, anche delle persone con disabilità (Giraldo e Besio, 2022). Non a caso, anche in Svezia nel corso degli anni Novanta, si è assistito a un intenso processo di revisione dei modelli socioassistenziali e i relativi servizi che ha portato, pionieristicamente, alla chiusura definitiva su larga scala dei cosiddetti large institute nel mondo occidentale (Karlsson e Bolling, 2022; Katoda, 2014; Tøssebro et al., 2012) ritenuti, parafrasando Tøssebro (2016), non più «soluzioni indesiderate ma necessarie» ma «soluzioni indesiderate e non necessarie».

Così, pochi anni dopo Strasburgo, precisamente nel 1993, il Paese scandinavo, sulla scia degli altri Centri per la Vita Indipendente che si stavano costituendo in altri Paesi europei, vede a Stoccolma, per mano di Ratzka, la nascita del prestigioso Independent Living Institute (ILI),17 una fondazione privata senza scopo di lucro gestita e controllata da persone con disabilità che, in linea con gli ideali del Movimento statunitense, è specializzata in politiche consumer-driven capaci di incarnare i valori e i diritti di autodeterminazione, equità e libertà di scelta. Scopo ultimo è promuovere l’empowerment politico e i processi di partecipazione e inclusione sociale delle persone con disabilità in Svezia e di offrire consulenza anche ad altre organizzazioni di settore.

Come avremo modo di approfondire nel paragrafo dedicato, fin dalla sua nascita, ILI ha portato avanti numerosi progetti a favore delle persone con disabilità, anche attraverso collaborazione con altre organizzazioni scandinave, come ULOBA in Norvegia18 e Threshold in Finlandia,19 ed europee (prima tra tutte ENIL).

A partire dagli anni Novanta, dunque, potremmo concludere che la figura di Adolf Ratzka si consolida come una delle voci più forti, lucide e lungimiranti all’interno del Movimento europeo per la Vita Indipendente, profondamente radicata nella sua, unica e originale, esperienza personale e nelle sue, ambiziose e rivoluzionarie, convinzioni politiche, culturali e sociali.

Una fama che lo ha portato, a partire dagli anni Novanta, a rivestire diverse posizioni istituzionali di rilievo — in qualità di esperto nell’ambito del Comitato del gruppo di lavoro del General Comment n. 5 sull’articolo 19 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con disabilità (2016), membro dell’Advisory Council del Disability Rights Advocates di Berkeley, California (1994-2003), Council Member dello Swedish Ombudsman on Disability Issues (1994-2002), rappresentante per la Svezia nel HELIOS Program dell’Unione Europea (1995-1996) — e a intervenire in numerose conferenze internazionali — si pensi al contributo personale che egli ha dato nel First Global Meeting on Independent Living organizzato a Washington DC nel settembre del 199920 o ancora nel 1° Congresso Europeo sulla Vita Indipendente, tenutosi dal 24 al 26 aprile a Tenerife nell’ambito del 2003 Anno Europeo delle Persone Disabili (da cui è scaturita anche la celebre Dichiarazione di Tenerife)21 — o ancora a collaborare ad alcuni promettenti progetti europei — come lo studio biennale EUSTAT (Empowering Users Through Assistive Technology), avviato nel 1998 e finalizzato a sviluppare materiale formativo specificamente rivolto agli utenti finali delle tecnologie assistive (persone con disabilità e loro famiglie)22 o il più recente Zero Project, un’iniziativa globale e orientata alla ricerca per sostenere nel mondo l’attuazione della Convenzione ONU.23

Grazie a questa fama, nel corso della sua vita Adolf Ratzka è stato insignito di diversi riconoscimenti. Come quello di «European Visionary» della rivista «TIME» nell’edizione speciale invernale 1998/99 intitolata Visions of Europe, del quale lui stesso dirà per l’occasione:

With the article, TIME recognizes disability as a profoundly political issue in contrast to the still prevailing view of disabled people as objects of care, pity, and humanitarian concerns. I am convinced that now, at the turn of the millennium, disabled people are at the threshold of a worldwide recognition of their human and civil rights.24

A questo premio è seguito nel 2008, poco dopo l’avvio del semestre svedese di Presidenza Europea, lo European Citizen’s Prize, un riconoscimento che viene annualmente assegnato dal European Anti-Discrimination Council (EAC), per celebrare quelle figure «di straordinario spessore» che, nel corso della loro carriera, hanno raggiunto traguardi inestimabili nella lotta alla discriminazione. Significativa anche la motivazione di supporto che sottolinea il «lungo, tenace e fruttuoso lavoro in Europa», svolto da Ratzka, «in favore dell’autodeterminazione e delle pari opportunità per le persone con disabilità, tramite l’assistenza personale e l’accessibilità».

Una vita, dunque, quella di Adolf Ratzka, spesa nell’impegno politico e sociale che lo ha consacrato come uno dei pionieri del Movimento per la Vita Indipendente in Europa (e nel mondo) e un punto di riferimento del processo di autodeterminazione ed emancipazione delle persone con disabilità, rispettato dal popolo dell’attivismo e non solo.

Grazie alla sua lucida e acuta intelligenza e alle sue capacità di advocacy e negoziazione, egli è stato in grado di sfidare e influenzare, attraverso le sue battaglie, le autorità e le istituzioni politiche a livello continentale e nazionale. Battaglie che verranno presentate nei paragrafi che seguono cercando di restituire anche il contesto politico, culturale e sociale nel quale si sono realizzate.

La lotta per l’assistenza personale e il contributo di STIL al processo di deistituzionalizzazione in Svezia

I servizi di assistenza personale domiciliare (i cosiddetti in-home personal assistance program) in Svezia risalgono ai primi decenni del Novecento,25 quando i governi locali avviarono, per la prima volta, sistemi informali di mutuo-aiuto a livello di quartiere per supportare temporaneamente le madri malate nella cura dei propri figli (Katoda, 2014). Successivamente, negli anni Trenta con l’ascesa al governo del partito Social Democratico, i servizi sono stati estesi anche alla popolazione anziana, autosufficiente, che necessitava di un sostegno nelle sole faccende domestiche. Questi servizi di in-home personal assistance erano, dunque, considerati come un mezzo sia per sgravare e alleggerire i familiari dalle responsabilità di cura e di accudimento sia una possibile soluzione per contrastare l’istituzionalizzazione di questa popolazione (Ratzka, 1986).26

Nel secondo dopoguerra svedese, questo sistema è stato attraversato da un profondo processo di revisione e cambiamento che ha portato alla nascita di nuovi servizi comunitari e programmi di assistenza personale domiciliare che, in concomitanza con il progressivo incremento della popolazione anziana e la crescente industrializzazione del Paese che richiedeva la mobilitazione della forza lavoro nelle altre zone del Paese, sono presto divenuti una delle voci di bilancio più ingenti per le amministrazioni locali, oltre che una fonte di lavoro temporaneo per numerosi studenti e casalinghe svedesi (Ratzka, 1986). In questi anni, infatti, sono state introdotte le prime service house, ovvero soluzioni abitative indipendenti di proprietà delle istituzionali comunali in cui agli anziani venivano offerti servizi di assistenza personale domiciliare (integrati da personale medico in caso di necessità) e interventi a carattere socio-ricreativo (Karlsson e Bolling, 2022).

Sulla spinta di queste sperimentazioni, il governo e le autorità locali svedesi hanno avviato un processo di riqualificazione dei servizi residenziali (in termini di infrastrutture, attrezzature mediche e assistivo-tecnologiche, personale specializzato, ecc.) anche per le persone con disabilità poiché le istituzioni fino ad allora presenti iniziavano a essere considerate in contrasto con il modello di welfare e i relativi valori sociali e politici di giustizia sociale, uguaglianza e partecipazione propri dei paesi scandinavi (Mansell, McGill e Emerson, 2001).

A partire dagli anni Sessanta, si assiste in Svezia a una generale opposizione politica e ideologica ai cosiddetti large institute (Tøssebro et al., 2012) e al loro carattere di custodia (Sandvin, 1996) che ha portato non ancora alla chiusura definitiva di queste istituzioni, ma alla predisposizione di un fitto programma politico per riformarle e migliorarle, presentato nei due documenti del 1967 e del 1968 entrambi intitolati Special Services Acts (Giraldo, 2024).

Sono stati, così, introdotti alla fine degli anni Sessanta, dapprima, i cosiddetti Fokus: 280 cluster housing situati in 12 città della Svezia che consistevano in 10-15 appartamenti «speciali» dispersi in un grande complesso di circa 50 o più unità progettati per rispondere alle esigenze di accessibilità degli utenti con disabilità fisica e motoria a cui veniva offerto un servizio di assistenza 24 ore su 24 (Ratzka, 1996). Negli anni successivi, questo genere di soluzioni sono state sostituite da altre tipologie di servizi residenziali — come i boendeservice che si differenziano leggermente dal modello originale dei Fokus poiché erano unità in affitto di proprietà comunale disperse in uno o più condomini ordinari, con ampie cucine e bagni e accesso al personale condiviso — e domiciliari per le persone con disabilità — vale a dire i community-based home helper (colloquialmente e ironicamente appellati in svedese hemsamariter, «samaritani domestici») (Ratzka, 1982).

Queste soluzioni, tuttavia, sono state presto messe in discussione dalle stesse organizzazioni di persone con disabilità poiché foriere di pratiche assistenzialistiche e custodialistiche, oltre che non rispondenti alle esigenze uniche e personali del singolo utente (Ratkza, 2012; 1993).

The terms «home» helper and cluster «housing» service underscore that assistance is provided in the home and that the services are not intended to promote recipients’ability to assume their rightful place in family and society on equal terms with others regarding work, leisure, social relations, building a family and travel. «Home» helper and cluster «housing» services essentially meant «house arrest» for people who needed physical assistance throughout the day, regardless of location (Ratzka, 2012).

Inoltre, all’interno di questo sistema, il modello di presa in carico delle persone con disabilità si fondava su modalità organizzative frammentarie e settoriali — lo stesso Ratzka parla di patchwork solutions (Ratzka, 2012) — gestite, a seconda delle necessità, da differenti istituzioni non sempre tra loro coordinate. Più estesi erano i bisogni individuali dell’utente e maggiore era il numero di enti, pubblici e privati, a cui rivolgersi, nonché le probabilità di un’interruzione di questa catena.

Solo negli anni Ottanta, sulla spinta dei Movimenti per la Vita Indipendente (Ratzka, 1986; Karlsson e Bolling, 2022) e del Social Services Act (SoL, 1980 aggiornata nel 2001) — una legge quadro che introduce «una regolamentazione in materia di servizi sociali che, in nome della democrazia e della solidarietà, promuove la sicurezza economica e sociale dei cittadini, l’uguaglianza nelle condizioni di vita e la partecipazione attiva nella società» (SoL 4, 1§) — il dibattito pubblico in Svezia si allarga alle questioni riguardanti le politiche generali per le persone con disabilità e i temi dell’accessibilità, della partecipazione e dell’autodeterminazione diventano principi-guida attraverso cui scardinare e rinnovare i programmi e i servizi socioassistenziali esistenti (Giraldo, 2024; Katoda, 2014), anche grazie a una serie di scandali verificati in diversi istituti (Tøssebro, 2016).

In questo clima politico e sociale, nasce nella primavera del 1984, come esito del già citato seminario del 1983, la Stockholm Cooperative for Independent Living (STIL) che, al motto «We are the experts!» (Ratzka, 1996), mira a supportare le persone con disabilità gravi e complesse — che per statuto ne diventano membri effettivi — nella pianificazione, gestione e organizzazione dei servizi di assistenza personale fornendo loro modelli e strumenti operativi per esperire nella quotidianità una vita autodeterminata e indipendente. Come riporta lo stesso Ratzka (2003b):

The municipal production monopoly was questioned by STIL claiming that it critically limited users’ choices and created unnecessary dependencies. Instead, we demanded that local governments should pay directly to us users the amount of money that the individual’s services would have cost, if provided by the government. With the funds we would recruit and hire our assistants ourselves. This solution was to be an option to those users who wanted it.

Nel gennaio del 1987, la Cooperativa ha avviato, in collaborazione con le autorità locali della città di Stoccolma, un primo progetto pilota con una ventina di persone con disabilità — principalmente con disabilità fisiche e motorie — finalizzato a sviluppare e sperimentare un modello di assistenza personale consumer-driven27 e le relative soluzioni amministrative e organizzative28 che potesse fornire la base su cui ipotizzare una futura riforma nazionale dei servizi socioassistenziali svedesi.

Nella proposta, il comune di Stoccolma assumeva STIL come fornitore (e datore di lavoro) di assistenza personale con delega nel reclutamento degli assistenti (spesso non necessariamente provenienti da professioni medico-infermieristiche), nella negoziazione salariale e nella loro formazione, gestione e supervisione. Ispirati all’esperienza personale che Ratzka aveva vissuto in California, STIL supportava, inoltre, i propri membri nelle fasi di autovalutazione dei bisogni di cura e di progettazione e organizzazione dei relativi servizi di assistenza personale. L’obiettivo era quello di consentire al singolo utente dell’assistenza di avere la massima autodeterminazione con il minimo lavoro amministrativo.

In qualità di subappaltatore del comune, STIL riceveva una tariffa forfettaria corrispondente al costo orario medio che l’ente, in base alla normativa allora vigente, già destinava a questo genere di servizi, non comportando così alcuna voce di spesa aggiuntiva per le istituzioni locali. Inoltre, in quanto organizzazione senza scopo di lucro, qualsiasi introito in eccesso veniva reinvestito dalla Cooperativa in attività di formazione, gruppi di sostegno e advocacy tra pari e altri progetti, sia all’interno che all’esterno della contea di Stoccolma (Ratzka, 1993).

Possiamo, dunque, affermare che il progetto pilota ha rappresentato un primo tentativo di destituire il monopolio delle autorità locali nella fornitura dei servizi socioassistenziali e conferire, invece, potere all’utente finale attraverso il suo diretto coinvolgimento e la sua attiva partecipazione nel complesso processo decisionale degli interventi (Ratzka, 1992).

To be able to live in any municipality with the same quality of life, so that we would not be serfs in our municipalities, the responsibility for financing must be as centralized as possible — at the national state level. But for us to have the greatest possible control of our assistance, responsibility must be as decentralized as possible — with the individual user (Ratzka, 1986, p. 24).

Tuttavia, negli anni della sperimentazione, il progetto ha incontrato non poche critiche da parte non solo dei sindacati svedesi di categoria e di molti funzionari municipali preoccupati per questa decentralizzazione di responsabilità, compiti e interventi, ma anche dei politici e, in generale, dell’opinione pubblica che intravedevano nel modello di STIL una via alla privatizzazione dei servizi socioassistenziali.

Nel 1989 il progetto pilota si è concluso. E, al di là delle riserve mostrate, dopo due anni dedicati alla costruzione del modello e al suo consolidamento organizzativo, amministrativo e gestionale, alla formazione degli assistenti e dei suoi utenti finali e all’intenso lavoro di promozione e divulgazione (interviste, articoli, conferenze, ecc.), il numero dei membri e le attività di STIL sono aumentati in modo sostanziale: sono stati firmati accordi di collaborazione e consulenza con diversi comuni vicini; i percorsi di formazione sono stati aperti a quanti interessati all’assistenza personale, indipendentemente dall’essere membri della Cooperativa; ha contribuito, da protagonista, a fondare la Rete ENIL e, nel 1993, l’Independent Living Institute di Stoccolma come think tank nazionale e internazionale29 (Ratzka, 2003b).

We knew that many eyes were upon us and that the future of the STIL model as a solution for others depended on how well each of us handled our newly acquired freedom under responsibility (Ratzka, 2003c).

Alla soglia degli anni Novanta, la Cooperativa era diventata una vera e propria forza politica riconosciuta a Stoccolma, così come su tutto il territorio nazionale. Infatti, nel giugno 1989, ottenuta la maggioranza per un solo voto, l’Ente Centrale per la Previdenza Sociale della città di Stoccolma si esprime a favore della messa a sistema in via permanente del modello di assistenza personale promosso da STIL (Ratzka, 2003c). Inoltre, negli stessi anni, complice un certo clima sociale e culturale interessato ad avviare e realizzare in Svezia un processo di completa deistituzionalizzazione per le persone con disabilità (Tøssebro et al., 2012), la Cooperativa raccoglie l’attenzione della politica nazionale.

Sempre nel 1989, il governo Social Democratico nomina una Commissione per mappare le condizioni di vita delle persone con disabilità nel Paese e sviluppare altresì proposte operative per migliorarne la qualità di vita. Proprio grazie agli esiti del lavoro della Commissione, nel 1991, il leader del partito liberale, Bengt Westerberg, Vice Primo Ministro e Ministro degli Affari Sociali, ha portato dinanzi al Parlamento svedese una proposta di legge che introduceva il diritto legale ai pagamenti diretti per l’assistenza personale da parte del sistema di previdenza sociale del governo nazionale (Försäkringskassan). La legge, che può essere a tutti gli effetti considerata come il risultato del forte impegno personale di Bengt Westerberg maturato anche grazie alla sua conoscenza diretta di STIL e di Adolf Ratzka,30 è entrata in vigore nel gennaio 1994 con il nome di Act Concerning Support and Service for Persons with Certain Functional Impairments (LSS), garantendo condizioni di vita eque e piena partecipazione alla vita alle persone con disabilità (LSS 7§) per le quali venivano specificati una serie di «diritti extra», nei casi in cui i servizi e i supporti finanziati secondo il SoL non fossero sufficienti (Jormfeldt e Tideman, 2021). Tra questi, LSS ha introdotto stabilmente la figura dell’assistente personale il quale — in ottemperanza del concomitante Swedish Personal Assistance Act (LASS, 1994) che riconosceva all’utente il diritto legalmente garantito a ricevere fondi per l’assistenza personale — può essere sia un professionista assunto per consentire alle persone con disabilità complesse per avere una «buona qualità di vita», cioè diventare più indipendenti dalle proprie famiglie, uscire dalle istituzioni e diventare cittadini produttivi (Ratzka, 1993). Molte delle regole e delle procedure sviluppate e realizzate nel progetto pilota di STIL sono state adottate nel Försäkringskassan e incorporate nei nuovi dispositivi di legge.

Possiamo, pertanto, affermare che il lavoro della Cooperativa ha contribuito, a tutti gli effetti, non solo allo sviluppo di una legge che garantisce l’assistenza personale per le persone con disabilità su tutto il territorio svedese (Berg, 2008), ma, in generale, che il modello proposto e realizzato, fino a oggi, può servire, anche per altri Paesi, come esempio concreto di politica per servizi di assistenza personale consumer-driven perché crea un mercato che consente agli stessi destinatari di acquistare servizi o assumere direttamente i propri assistenti secondo un computo di bisogni e compiti valutati da un case manager e in base al quale viene poi destinato al soggetto stesso un budget individuale di spesa.

Come riporta lo stesso attivista tedesco in un recente articolo (Ratzka, 2017), nel 2017 circa 16.000 svedesi con disabilità usufruiscono dell’assistenza personale (la popolazione totale della Svezia è di quasi 10 milioni) offerti da quasi 1.000 enti pubblici e privati. Una situazione che, tuttavia, non riguarda tutto il Vecchio Continente sebbene l’assistenza personale sia oggi un diritto riconosciuto a livello internazionale incluso nell’art. 19 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con disabilità (comma b; 2006) e ribadito da ENIL nel Fact Sheet on Personal Assistance31 e nel progetto Model National Personal Assistance Policy32 dello European Center for Excellence in Personal Assistance (ECEPA).

Secondo il recente Independent Living Survey (2020)33 di ENIL, dei 43 Paesi europei per i quali sono state raccolte informazioni, in 21 Paesi è disponibile assistenza personale per soggetti con disabilità34 nella cui maggioranza dei casi il budget dedicato a questo servizio è ancora limitato e non idoneo a coprire i bisogni reali delle persone.

ILI: il trampolino di lancio per il Movimento per la Vita Indipendente in Europa

La «Vita Indipendente» è una filosofia, un principio, una prospettiva culturale con cui guardare la persona con disabilità e, più in generale, la società, nonché un diritto stabilmente riconosciuto dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (art. 19; 2006) e rinforzato sia nel General Comment n. 5 (2017) sia nelle recenti UN Guidelines on deinstitutionalization, including in emergencies (2022). Come abbiamo visto, è anche il nome di un movimento internazionale che si è battuto fermamente per la lotta alla discriminazione e all’esclusione delle persone con disabilità nel tentativo di conferire alle stesse un maggiore potere personale e sociale (Ratzka, 1986). La scalata politica e culturale del concetto risale ai primi movimenti civili che, a partire dagli anni Sessanta, dapprima negli Stati Uniti e, successivamente, nel resto nel mondo occidentale (Williams e Schoultz, 1982; Dybwad e Bersani, 1996), si batterono per rivendicare libertà e uguaglianza per tutte quelle minoranze sociali o etniche in particolare donne e persone di colore35 — fino ad allora emarginate (Switzer, 2003) e «stanche del controllo e della denigrazione […] da parte della società» (McCarthy, 2003, p. 210).

Sull’onda di queste rivendicazioni, da cui hanno appreso slogan e strategie (Fleischer e Zames, 2005; Pelka, 2012), le persone con disabilità, le loro famiglie e gli operatori del settore iniziano a reclamare un rinnovamento delle politiche, nazionali e internazionali, a favore di una maggiore inclusione sociale e scolastica per le persone con disabilità (Ward, 1996). Nascono così negli anni Sessanta i primi Self-advocacy Movements proprio come movimenti per i diritti civili delle persone con disabilità in opposizione a una consuetudine culturale e sociale che li privava della possibilità di scegliere (Shapiro, 1993). Riuniti nei social clubs, le persone con disabilità imparavano come sostenersi e aiutarsi a vicenda, rivendicando il diritto ad assumere il controllo della propria vita e a rivestire un ruolo da protagonisti nelle decisioni che riguardavano tutti gli aspetti della loro quotidianità e non solo (Longhurst, 1994). Grazie ai Self-advocacy Movements le persone con disabilità, individualmente o in gruppo, parlano e agiscono per conto di se stessi (o delegati da altri) dei problemi e delle questioni che, nella vita quotidiana e nei relativi contesti, li riguardano direttamente (Giraldo, 2020). Contemporaneamente, attraverso questa loro azione educavano la comunità nel tentativo di dissipare pregiudizi, stereotipi e discriminazione (Ward, 1996).

Protagonisti di queste iniziative in diverse città americane sono stati Ed Roberts a Berkeley e Judith Heumann a New York, personalità carismatiche che, a causa di una disabilità grave acquisita a seguito della poliomielite (per Judith fin dall’infanzia e per Ed dall’adolescenza), non solo hanno vissuto in prima persona forme di segregazione, oppressione e discriminazione, ma soprattutto sono state capaci di raccogliere attorno a sé un folto numero di attivisti che, provenienti anche dal resto del mondo (come Ratzka), avevano maturato progressivamente l’idea che per le persone con disabilità fosse necessario gestire, in modo autodeterminato e indipendente, la propria vita anche (e soprattutto) al di fuori e oltre i consueti luoghi di cura e assistenza. Da allora si sono formati, su scala mondiale, gruppi, organizzazioni e coalizioni a sostegno delle persone con disabilità (Dybwad e Bersani, 1996), dando vita a un più ampio Disability Rights Movement che, unito nel celebre motto «Nothing about us without us» (Charlton, 1998), si faceva sostenitore e promotore di un progressivo processo di de-medicalizzazione e de-istituzionalizzazione, dapprima negli Stati Uniti e, successivamente, su scala mondiale.

Il principio della Vita Indipendente diviene, in tal senso, per le persone con disabilità un concetto radicale perché pone una sfida diretta al pensiero corrente sulla disabilità e individua una soluzione pratica e ideologica ai problemi culturali e ambientali che le persone disabili e le loro famiglie si trovano ad affrontare (Barnes, 2003). Inoltre, come ribadisce più volte Ratzka (2007, 2012), esso poggia sul cosiddetto citizenship model (Barton, 1996) poiché considera le persone con disabilità non come consumatori di servizi sanitari, riabilitativi, sociali e educativi, ma, anzitutto, come cittadini che, come «tutti gli altri», si vedono riconosciuti i medesimi diritti come sottolineatura di un’appartenenza a un più ampio consesso di uguali. Un traguardo che, come affermano Karlsson e Bolling (2022), è possibile solo attraverso

the combination of various environmental and individual factors that allow disabled people to have control over their own lives. This includes the opportunity to make real choices and decisions regarding where, with whom, and how to live. Services must be available, accessible to all and provided on the basis of equal opportunity, free and informed consent, and allow disabled people flexibility in our daily life. Independent Living requires that the built environment, transport, and information are accessible, that there is availability of technical aids, access to personal assistance and/or community-based services. It is necessary to point out that Independent Living is for all disabled persons, regardless of gender, age, and the level of support needs (p. 82).

«Vita Indipendente» è, pertanto, una filosofia e un movimento di persone con disabilità che lavorano per le pari opportunità, il rispetto per sé stesse e l’autodeterminazione fedele ai principi di antidiscriminazione, demedicalizzazione, deistituzionalizzazione, de-professionalizzazione, autorappresentazione e mutuo-aiuto (Ratzka, 2007, 2017). Come sostiene lo stesso Ratzka (2005):

Independent Living does not mean that we want to do everything by ourselves or that we do not need anybody or like to live in isolation. Independent Living means that we demand the same choices and control in our every-day lives that our non-disabled brothers and sisters, neighbours and friends take for granted. We want to grow up in our families, go to the neighbourhood school, use the same bus as our neighbours, working jobs that are in line with our education and interests, and raise families of our own. We are profoundly ordinary people sharing the same need to feel included, recognized and loved (p. 3).

Nei decenni successivi, la filosofia e il Movimento per la Vita Indipendente si sono diffusi dal Nord America in molti altri Paesi, adattandosi, arricchendosi e contaminandosi con le diverse culture e società e trovando terreno fertile, in modo peculiare, in Europa proprio grazie ad Adolf Ratzka che, a seguito dell’esperienza californiana, ne ha importato gli ideali nel tentativo di scardinare le strutture tradizionali di potere e di invertire la cultura della dipendenza forzata, avendo ben chiaro un semplice obiettivo: sancire la possibilità della popolazione con disabilità di agire il diritto di scelta, storicamente negato, e la piena partecipazione alla vita politica, economica e culturale della comunità (Power, 2013). Una finalità che, grazie a un certo milieu politico e sociale promotore anche nel Vecchio Continente di politiche e pratiche finalizzate a contrastare l’istituzionalizzazione delle persone con disabilità e supportarne la partecipazione e l’inclusione sociale, trovano ancora una volta una loro concreta traduzione nella fondazione, per mano dell’attivista tedesco, dell’ENIL nel 1989 e, qualche anno più tardi, dell’Independent Living Institute di Stoccolma (ILI).

In particolare, quest’ultimo, costituito nel 1993 da Adolf Ratzka e Rolf Bergfors,36 nasce come fondazione privata senza scopo di lucro con l’idea di portare avanti, accanto all’oramai consolidata azione di STIL in materia di assistenza personale, altri progetti per promuovere l’empowerment politico e i processi di partecipazione e inclusione sociale delle persone con disabilità in Svezia e in altri Paesi (non solo europei) e di offrire consulenza anche ad altre organizzazioni di settore. L’obiettivo era (ed è) trasferire la filosofia consumer-driven insita nel paradigma dell’assistenza personale promosso dalla Cooperativa ad altri servizi e settori della società lavorando in modo proattivo con le autorità locali, nazionali e internazionali per produrre un cambiamento sociale al di fuori delle strutture esistenti e promuovere una rinnovata agenda politica capace di interrogare e innovare le istituzioni. A tal fine, ILI fornisce corsi di formazione e materiali informativi e sviluppa soluzioni socioassistenziali personalizzate per le persone con disabilità gravi e complesse; inoltre garantisce un supporto e un accompagnamento in materia di assistenza personale, le tecnologie assistive e risorse finanziare per supportare la loro inclusione sociale.

Fin dalla sua nascita, ILI ha portato avanti numerosi progetti a favore delle persone con disabilità sapendosi sapientemente adattare alle urgenze sociali, politiche e formative che, nel corso degli ultimi trent’anni, hanno attraversato la popolazione con disabilità in Europa così come nel resto del mondo. Progetti che, proprio grazie agli interessi e alla storia personale di Ratzka e ai suoi contatti internazionali intessuti nell’arco della sua vita, si sono avvalsi della collaborazione di altri gruppi e organizzazioni che, come ILI, lavorano per la promozione della vita indipendente in altri paesi, come Finlandia, Norvegia, Germania, Belgio, Regno Unito, Stati Uniti e Giappone.

A tal proposito si riportano alcune delle principali progettualità che hanno avuto maggiore seguito e risonanza.37

Assistanskoll

Finanziato dallo Swedish Inheritance Fund (2007-2010), Assistanskoll è un sito web che, grazie a un ampio database, confronta diversi i fornitori di assistenza personale e pubblica una newsletter online con tutti gli ultimi aggiornamenti in materia. Il sito web è visitato da centinaia di migliaia di persone ogni anno e la newsletter conta attualmente 4.600 iscritti.

Lagen som verktyg

Questo progetto (in inglese «Law as a Tool») mira a garantire un maggiore accesso delle persone con disabilità ai loro diritti civili utilizzando la legge come strumento per contrastare atteggiamenti e pratiche escludenti e discriminanti.

Artikel 19 som verktyg (Article 19 as a tool)

Sorto come costola del precedente progetto, questa proposta mira a sensibilizzare e incentivare l’attuazione dell’art. 19 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e del successivo General Comment n. 5 nella promozione del diritto di tutte le persone con disabilità, sulla base del principio di equità, di vivere in modo indipendente e a essere incluse nella collettività, con la libertà di scegliere e controllare la propria vita.

Disabled Refugees Welcome

Questo progetto mira a migliorare l’accoglienza dei migranti con disabilità nella comunità svedese. Ha suscitato molto interesse grazie al suo approccio intersezionale e allo sviluppo di metodi per raggiungere l’integrazione reciproca e l’accesso ai diritti.

Anmälningstjänsten

«The Reporting Service», in inglese, esiste e si è sviluppato dalla fine degli anni Novanta come servizio online aiuta gli individui e le organizzazioni a denunciare situazioni di discriminazione allo Swedish Equality Ombudsman e di inaccessibilità ambientale (pubblica e privata) alle corrispondenti istituzioni municipali.

PA-tips

Questo progetto mira a raccoglie suggerimenti e raccomandazioni (tips appunto) forniti dagli utenti che usufruiscono di servizi di assistenza personale.

Disability Rights Defenders

Si tratta di una rete internazionale che attualmente conta attualmente 2.300 membri provenienti da più di 100 Paesi in tutto il mondo, finalizzata a favorire lo scambio di conoscenze giuridiche in materia di diritti civili e pari opportunità per le persone con disabilità.

TRIPS (Transport Innovation for Disabled People Needs Satisfaction)

È un progetto comunitario coordinato da ENIL e finalizzato a progettare soluzioni innovative per migliorare la qualità e l’accessibilità dei sistemi di trasporto per le persone con disabilità in sette città europee. ILI è responsabile del gruppo di lavoro di Stoccolma.

Quale eredità?

Come abbiamo cercato brevemente di tratteggiare nel corso del presente contributo, la storia personale e politica di Ratzka ci insegna come le persone con le disabilità possano divenire motore di cambiamento sociale nella costruzione di una società autenticamente inclusiva (Griffo, 2023) perché garante, fedele, di quegli ideali insiti nella filosofia e nel Movimento per la Vita Indipendente dei quali lo stesso attivista tedesco è stato testimonianza lucida, emblematica e incarnata.

Al di là delle facili e inappropriate semplificazioni con cui spesso appare nel dibattito pubblico e di settore, l’espressione «Vita Indipendente» ha rappresentato, nella vita di Adolf, non solo un diritto individuale, ma anzitutto una filosofia e un approccio pratico (Pearson, 2013; Hasler, 1993) con cui sfidare e sovvertire, attraverso una decisa e resiliente lotta politica, culturale e sociale, le radicate consuetudini discriminatorie, assistenzialistiche e custodialistiche che da sempre hanno afflitto il mondo della disabilità. Ma anche un orizzonte per costruire una risposta concreta ai problemi e ai bisogni che queste persone e le loro famiglie sperimentano nella quotidianità.

In tal senso, potremmo concludere che la «Vita Indipendente» si configura come un’attitudine, al contempo concettuale e procedurale, capace di suscitare la promessa di progetti radicalmente trasformativi: nelle visioni di disabilità e di comunità, nelle agende politiche, nei modelli socioassistenziali di intervento e nella definizione organizzativa dei servizi dedicati. Promessa che Ratzka intravede, prima, e concretizza, poi, nelle mission e nelle azioni di STIL e ILI e, in modo particolare, attraverso l’introduzione di un modello consumer-driven, allora rivoluzionario, di assistenza personale. Uno strumento cruciale, quest’ultimo, per garantire l’inclusione e la partecipazione nella comunità delle persone con disabilità consentendo loro di scegliere e di esercitare il controllo in tutte le decisioni riguardanti la propria vita e, più in generale, che ha reso possibile l’avvio e l’attuazione, negli anni Novanta, del processo di deistituzionalizzazione in Svezia (Ratzka, 1986).

In ciò consiste, l’imponente e originale eredità che l’attivista tedesco ci consegna. Un lascito che, con le opportune e soppesate contestualizzazioni culturali, legislative e politiche, potrebbe (e dovrebbe) ispirare anche in Italia quella svolta decisa e decisiva — finora promessa ma non ancora pienamente realizzata — verso una piena titolarità da parte della persona con disabilità del diritto alla vita indipendente (Arconzo, 2016) conferendole quel ruolo, irrinunciabile, di diretto protagonista nella definizione e nella realizzazione del proprio progetto di vita e di interlocutore, interessato ed esperto, delle istituzioni oltre ogni processo di delega (Barbuto et al., 2007).

Al di là di qualche tentativo, timido e sperimentale, avviato in alcune regioni dello Stivale, numerosi e impervi sono ancora gli ostacoli: una significativa carenza di risposte appropriate sul piano qualitativo e quantitativo in termini di politiche, sistemi e servizi (Zorzi, 2016); diversificate difficoltà applicative che determinano il permanere di modelli di welfare orientati alla cura e ancorati a soluzioni standard e convenzionali dettate da logiche politiche, organizzative e gestionali e non dai reali bisogni, desideri e aspirazioni della persona con disabilità (Power, 2009, 2013; Shogren e Broussard, 2011); la diffusa tendenza a definire l’assistenza non di base dalla disponibilità di risorse e dalle priorità di spesa degli enti di riferimento (Zarb, 2004); o ancora la mancanza, dovuta da una sottesa ottica familiaristica che caratterizza il modello di welfare italiano (Giorgi e Pavan, 2021; Cesareo, 2019; Folgheraiter, 2015; Donati, 1999), di certa chiarezza su come bilanciare la volontà di responsabilizzare ed emancipare le persone con disabilità con le preoccupazioni relative alle condizioni di sicurezza e di tutela (Power, 2013). In altri casi, il richiamo alla Vita Indipendente diventa un alibi per celare una sua interpretazione riduttiva che si esplica sommariamente in pratiche compensative o sostitutive e non nell’effettiva rimozione delle differenti barriere alla piena partecipazione ancora presenti nella società (Bellacicco et al., 2022).

L’auspicio, concludendo, è che la recente Legge Delega al Governo in materia di disabilità (n. 227) approvata alla Camera il 22 dicembre 2021 e i relativi (anche se tardivi) Decreti Attuativi38 possano contribuire a piegare definitivamente queste logiche e raccogliere (per risolvere) le numerose sfide e aree di complessità, concettuali e operative, che la «Vita Indipendente» apre e rilancia.


  1. 1 Ricercatrice in Didattica e Pedagogia Speciale, Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Università degli studi di Bergamo.

  1. 2 Researcher in Didactics and Special Pedagogy, Department of Human and Social Sciences, University of Bergamo.

  1. 3 Si precisa che, per la ricostruzione storica e biografica, il contributo si è avvalso, oltre che delle principali fonti secondarie presenti nella letteratura scientifica di settore (e opportunamente citate lungo il testo), anche delle informazioni primarie raccolte in occasione di un periodo di internship svolto dall’autrice presso l’Independent Living Institute di Stoccolma (ILI) nell’ambito di un programma di Visiting Research Fellow all’Università di Stoccolma (Dipartimento di Pedagogia Speciale, ottobre-novembre 2021), finanziato dal bando Supporting Talented Researchers-action 2, 2020 dell’Università degli studi di Bergamo. Durante questo soggiorno, è stato possibile accedere all’archivio di ILI, e sono state svolte anche due interviste ad Adolf Ratzka. Si ringrazia, in modo particolare, Jamie Bolling, attuale direttrice di ILI, per avere condiviso contatti, materiali, idee e documenti.

  1. 4 Per un’accurata ricostruzione di questo periodo si rimanda all’articolo Odyssey of a Bavarian Scholar scritto da Ratzka e pubblicato per la rivista «Toomey j Gazette» nel 1968.

  1. 5 Fondata nel 1955, la rivista il cui nome originario era «Toomeyville Gazette», prende il nome in memoria del defunto dottor J. Toomey, direttore del «Toomey Pavilion», l’ex centro antipolio di Cleveland. Su suggerimento del suo successore, il dottor R.M. Eiben, la «Toomeyville Gazette» si configurò come una newsletter ciclostilata diretta da Gini Laurie, una volontaria del centro con due sorelle maggiori morte di poliomielite e anche conosciuta come la «nonna» del Movimento per la Vita Indipendente in America. Il fulcro dell’attività editoriale avviene proprio tra le mura della sua casa a Chagrin Falls, una piccola cittadina nello stato dell’Ohio, punto di ritrovo per raduni di amici e colleghi con disabilità. «Toomeyville Jr. Gazette» cambiò, poi, nome in «Toomeyville jr Gazette» (1958), «Toomey j Gazette» (1960), «Lung Polios and Multiplegics» (1964) e «Rehabilitation Gazette» (1970). La rivista chiuse definitivamente nel 1998.

  1. 6 Edward (Ed) Verne Roberts nasce il 23 gennaio 1939 e a 14 anni contrae la poliomielite che gli causa una paralisi, con la sola eccezione di due dita, che rende indispensabile il ricorso a un polmone d’acciaio, successivamente sostituito da un respiratore portatile. Roberts nel 1962, dopo avere conseguito il diploma (inizialmente negatogli), divenne il primo studente con una disabilità grave e complessa a entrare all’Università della California di Berkeley (Fleischer e Zames, 2005; Nielsen, 2012; White et al., 2010). Durante gli studi universitari rivendica uno spazio idoneo per ospitare il suo polmone d’acciaio e l’amministrazione del campus gli offre l’infermeria; Ed accetta e la trasforma in un vero e proprio alloggio universitario, chiedendone anche il riconoscimento come tale. La sua ammissione alimentò l’iscrizione a Berkeley di altri 12 studenti con gravi disabilità e presto quell’infermeria si trasformò nella «casa» del primo nucleo di attivisti con disabilità — i noti Rolling Quads (tetra/plegici rotolanti) ai quali si unì, nel 1973, anche Judith E. Heumann (Bocci, 2023) — impegnati a rendere più accessibile il campus e la città e per migliorare la qualità di vita degli studenti con disabilità (Evans et al., 2017). Esito delle numerose battaglie condotte dal gruppo capeggiato da Roberts fu non solo l’attuazione del Programma per Studenti con Disabilità Fisica, ma soprattutto la creazione nella città di Berkeley del primo Centro per la Vita Indipendente (1972) allo scopo di riunire le persone con diverse disabilità e di favorire per esse il diritto all’autodeterminazione e alla partecipazione alle «comuni» attività sociali. In seguito, Ed fu nominato nel 1975 Direttore del California Department of Rehabilitation, partecipò nel 1977 al sit-in 504 e nel 1983 diede vita, con Judy Heumann, al World Institute on Disability. Ed Roberts nel corso della vita si è sposato, ha avuto un figlio e ha divorziato. È morto il 14 marzo 1995 a 56 anni. Per approfondimento della storia personale e politica di Ed Roberts, si vedano, tra gli altri: DeJong (1979), Racino (1991), Charlton (1998), Barnartt e Scotch (2001).

  1. 7 In concomitanza con la conferenza, la produttrice della Sveriges Television, Marianne Gillgren, ha intervistato Ed Roberts e Judy Heumann (gennaio 1984) il cui video è disponibile al seguente indirizzo: https://vimeo.com/29471050 (consultato nell’agosto 2024).

  1. 8 Per un approfondimento si rimanda al paragrafo La battaglia per l’assistenza personale e il contributo di STIL al processo di deistituzionalizzazione in Svezia del presente contributo e ai riferimenti bibliografici in esso contenuti.

  1. 9 Per lo stesso Ratzka (2020): «personal assistance was also the key for me to getting married. My wife and I were confident that, with the help of my assistants, I not only would take care of myself, independently of my wife, but could also share household chores and work around the house, on an equal basis. (That was the plan, but it has not always worked out that way, I’m ashamed to admit). My wife would not be my life-long, unpaid nurse. We wanted a relationship where we both, independently of each other, could develop and grow, pursue our interests, and have a meaningful career. For example, we both travelled in our work to meetings and conferences in Sweden and abroad. When we did travel together it was because we choose to so and not because I needed her as an assistant. The decision to have a child was also based on my personal assistance. My assistants would enable me to have an active part in raising and being close to my child. For instance, as a small child my daughter and I went shopping for groceries or fishing. My assistant would stay behind us and only interfere to prevent an accident».

  1. 10 Cfr. https://www.independentliving.org/cib/cibsthlm1.html (consultato nell’agosto 2024).

  1. 11 CIB è l’abbreviazione del titolo francese del Consiglio Internazionale per la Ricerca, gli Studi e la Documentazione sull’Edilizia. Lo scopo del CIB è facilitare e sviluppare la cooperazione internazionale nella ricerca e nella documentazione in materia di edilizia e progettazione nell’ottica della sostenibilità economica, ambientale e sociale. Tra i suoi oltre 100 Gruppi di Lavoro vi è la menzionata Commissione W84 «Building Non-Handicapping Environments», fondata nel 1984, sotto il coordinamento del professor Sven Thiberg del Dipartimento di Building Function Analysis del Royal Institute of Technology di Stoccolma.

  1. 12 Una figura centrale è stata Lothar Sandfort, persona con disabilità motoria e portavoce del partito «Die Grünen» al parlamento tedesco, che ha mobilitato gli esponenti dei principali partiti dei Verdi europei per finanziare la conferenza.

  1. 13 Si veda il sito dell’ente al seguente indirizzo: https://enil.eu/ (consultato nell’agosto 2024).

  1. 14 Nel 1996 divenne presidente ENIL John Evans, uno dei fondatori del celebre «Progetto 81» che segnò l’inizio del Movimento per la Vita Indipendente nel Regno Unito.

  1. 15 Si veda il documento disponibile online: https://enil.eu/wp-content/uploads/2022/06/Principles-of-Independent-Living.pdf (consultato nell’agosto 2024).

  1. 16 Si veda il documento disponibile online: https://www.independentliving.org/docs2/enilstrasbourgresolutions.html (consultato nell’agosto 2024).

  1. 17 Si veda il sito dell’ente: https://www.independentliving.org/ (consultato nell’agosto 2024). Adolf Ratzka ha rivestito la carica di Direttore fino al 2017 quando subentrò alla sua guida Jamie Bolling.

  1. 18 Cfr. https://www.uloba.no/ (consultato nell’agosto 2024).

  1. 19 Cfr. https://kynnys.fi/en/threshold-association/ (consultato nell’agosto 2024).

  1. 20 Per approfondimento si veda: https://www.independentliving.org/docs2/ils0.html (consultato nell’agosto 2024).

  1. 21 Si veda il documento disponibile online: https://www.independentliving.org/docs6/tenrife20020426it.html (consultato nell’agosto 2024).

  1. 22 Cfr. http://www.siva.it/research/eustat/ (consultato nell’agosto 2024).

  1. 23 Si veda il sito del progetto: https://zeroproject.org/ (consultato nell’agosto 2024).

  1. 24 L’estratto dell’intervista è ripreso da un articolo, intitolato Adolf Ratzka Honored e apparso nella rivista Ivun News (summer, 1999, issue n. 2, p. 4).

  1. 25 Per un approfondimento della storia welfare svedese e dei relativi servizi si vedano: Giraldo (2024); Karlsson e Bolling (2022); Tøssebro (2016); Katoda (2014); Tøssebro et al. (2012).

  1. 26 Va comunque precisato che questo genere di soluzioni socioassistenziali non interessava la popolazione anziana non autosufficiente così come le persone con disabilità gravi e complesse per le quali si prediligevano soluzioni istituzionalizzanti (Ratzka, 1986).

  1. 27 Questo modello intendeva superare gli esistenti community-based home helper service in cui il supporto domiciliare, in ottica supply-driven, veniva erogato all’utente sulla base di un budget gestito dall’amministrazione locale (in Svezia spesso si trattava dell’amministrazione municipale) che copriva i costi di gestione degli operatori da coinvolgere, definendo orari, modalità, attività e figure professionali. Inoltre, generalmente alle persone con disabilità veniva proposto un pacchetto fisso di servizi secondo la logica del «one size fits all» (Ratzka, 2012). Per un approfondimento e una critica a questo genere di supply-driven services, si vedano: Ratzka (1986, 2002).

  1. 28 Per la gestione di questi problemi amministrativi e organizzativi, STIL si è avvalsa della consulenza di un avvocato del Centro di Sviluppo Cooperativo e di un mentore nella persona di Folke Carlsson, capo di Styrelsen för vårdartjänst (un ente governativo per la fornitura di alloggi e servizi di assistenza agli studenti disabili dell’istruzione superiore), a sua volta utente di assistenza personale.

  1. 29 Per una descrizione della situazione, delle attività e dei progetti di STIL, nonché dello scopo dell’Independent Living Institute nel 1993, si veda Hemtjänst i omdaning — möjligheter och svårigheter i decentraliseringens och privatiseringens tid (Home help services in transformation — opportunities and difficulties in a time of decentralization and privatization), documentation of STIL hearing Stockholm 1993. Independent Living Institute. 1993 with appendices, https://www.independentliving.org/docs3/stil1993.html (consultato nell’agosto 2024).

  1. 30 A testimonianza, riportiamo un breve estratto dello stesso Bengt Westerberg (2013): «Just over six years ago, I came into contact with STIL, the Stockholm Cooperative for Independent Living. I talked about that meeting at the Parliament’s public policy debate in February 1987. STIL had described itself as a civil rights movement for people with disabilities. “We are tired of non-disabled people deciding over our lives. We want the same freedom and the same responsibilities as others” Adolf Ratzka, one of the founders of STIL, said to me. Instead of municipal authorities providing assistants, carers or helpers in various contexts, STIL wanted a system in which those who wish to do so themselves could hire their own assistants. The idea was actually quite obvious, I said in my statement to Parliament. The person who needs service should be able to set the requirements and shape it. And I also dared to aspire to a vision: eventually, all people with disabilities who need personal service should have the same opportunities as Adolf Ratzka and his friends to hire their own assistants. Little did I know then that I would be the person to propose that reform in a bill to Parliament. It is with great pleasure that I can conclude that my vision — which naturally has also been shared by many others — is on the way to becoming reality. The Act concerning Support and Service for Persons with Certain Functional Impairments (LSS) will provide thousands of people with serious physical disabilities with the right to personal assistants. It is a great success for the civil rights movement that Adolf Ratzka and his team launched here in Stockholm seven or eight years ago».

  1. 31 Cfr. http://enil.eu/wp-content/uploads/2016/06/FAQ_Personal_Assistance.pdf (consultato nell’agosto 2024).

  1. 32 Cfr. www.ecepa.org (consultato nell’agosto 2024).

  1. 33 Si veda https://enil.eu/independent-living/independent-living-survey/ (consultato nell’agosto 2024).

  1. 34 In base alle informazioni fornite dai membri di ENIL, questi Paesi sono: Austria, Azerbaigian, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Finlandia, Islanda, Irlanda, Lettonia, Malta, Paesi Bassi, Norvegia, Romania, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito.

  1. 35 Lo stesso Ed Roberts (1962) al riguardo afferma: «I learned a lot from the women’s movemnt. They used to let me go to their meetings; I guess they saw a connection between our experiences. I remember them talking about how to deal with stereotypes of weakness and passivity that society placed on them. I heard women talk about how they had manipulated men by capitalizing on these stereotypes. I realized that disability is actually a strenght». Si veda https://www.commonlit.org/en/texts/on-disability-rights-highlights-from-speeches-by-ed-roberts (consultato in agosto 2024).

  1. 36 Uno dei fondatori del Gothenburg Cooperative for Independent Living (GIL).

  1. 37 Per un loro approfondimento, si veda il sito di ILI e le relative sezioni: https://www.independentliving.org/ (consultato nell’agosto 2024).

  1. 38 Per un aggiornamento, cfr. https://disabilita.governo.it/it/attivita-svolte-e-in-programma/delega-al-governo-in-materia-di-disabilita/ (consultato nell’agosto 2024).

Vol. 23, Issue 4, November 2024

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