Vol. 23, n. 2, maggio 2024
PROSPETTIVE E MODELLI ITALIANI
Indagare l’accessibilità del lavoro delle persone con disabilità. Il contributo della Pedagogia Speciale1
Enrico Miatto,2Cecilia Pellizzari,3Fabio Sacchi4 e Valeria Friso5
Sommario
I dati sull’accesso al lavoro per le persone con disabilità mostrano, nel nostro Paese, sfide significative. Le statistiche evidenziano un divario occupazionale tra uomini e donne con disabilità, e la formazione ha un impatto significativo sull’occupazione. Le persone con un alto livello di istruzione hanno maggiori opportunità di lavoro rispetto ai soggetti con un’istruzione limitata. Anche la regione in cui si vive ha un’influenza notevole sull’accesso al lavoro, con il Mezzogiorno che mostra tassi di occupazione più bassi rispetto al resto del Paese. Nonostante l’adozione di leggi che promuovono l’occupazione delle persone con disabilità, i dati indicano che solo una minoranza di loro è effettivamente impiegata, e spesso i contratti di lavoro sono a tempo determinato. Questi dati non solo riflettono quanto sia ancora difficile per le persone con disabilità trovare e mantenere un impiego, ma evidenziano anche l’importanza del ruolo che la Pedagogia Speciale può assumere nell’orientare le risposte, le pratiche di accompagnamento e la formazione relative a questo fenomeno. L’accesso al lavoro resta una sfida e la Pedagogia Speciale riveste un ruolo importante sul piano culturale e scientifico per garantire un accesso equo e inclusivo al lavoro per tutte le persone.
Parole chiave
Disabilità, Lavoro, Accessibilità, Inclusione lavorativa, Pedagogia Speciale.
ITALIAN MODELS AND PERSPECTIVES
Investigating the Accessibility of Work for Persons with Disabilities. The Contribution of Special Pedagogy6
Enrico Miatto,7Cecilia Pellizzari,8Fabio Sacchi,9 and Valeria Friso10
Abstract
In Italy, data on access to employment for persons with disabilities show significant challenges. Statistics show an employment gap between men and women with disabilities and education has a significant impact on employment. People with a high level of education have more employment opportunities than those with a low level of education. The region in which one lives also has a significant influence on access to employment, with the South showing lower employment rates than the rest of the country. Despite the adoption of laws promoting the employment of people with disabilities, data indicate that only a minority of them are actually employed, often only on a temporary basis. Such data reveal how important a role special pedagogy can play in guiding responses, accompanying practices, and training related to this phenomenon. Access to work remains a challenge, and special pedagogy has an important cultural and scientific role to play in ensuring fair and inclusive access to work for all people.
Keywords
Disability, Work, Accessibility, Work inclusion, Special Pedagogy.
Introduzione
Diritto di ogni essere umano, il lavoro caratterizza l’adultità della persona, ne consente la piena realizzazione identitaria, permette l’assunzione di un ruolo socialmente riconosciuto, rende possibili la partecipazione sociale, il dispiegarsi del Progetto di vita e contribuisce a definire la qualità di vita di ogni soggetto. A questo proposito, sono molti gli autori che, nel definire il costrutto di Qualità di Vita, concordano sul fatto che la persona aspiri al raggiungimento della propria realizzazione avendo come fattori di riferimento la percezione di benessere, l’indipendenza e il riconoscimento (Cottini, Fedeli e Zorzi, 2016; Giaconi, 2015; Avallone, 2011; Schalock et al., 2002). Si tratta di elementi identitari che emergono come la risultante di specifiche attività di vita, tra cui riconosciamo il lavoro, e che coinvolgono ogni persona umana, anche chi presenta un deficit e potrebbe incontrare situazioni che portano a vivere condizioni di disabilità (Lepri, 2021; Danisi, 2013; Valtolina, 2010).
È proprio con questa consapevolezza, sulla portata significativa del lavoro nella vita di ogni persona, che i Movimenti per la Vita Indipendente delle persone con disabilità — sviluppatisi e diffusisi nel corso della seconda metà del Novecento negli Stati Uniti e in Europa — hanno da sempre sottolineato l’importanza del lavoro, rivendicandolo come diritto anche per le persone con disabilità.
L’esito internazionale più conosciuto, divenuto un punto di riferimento per molte di queste rivendicazioni, è sfociato nella Convenzione ONU sui Diritti delle persone con disabilità che, approvata nel 2006 e ratificata in Italia nel 2009, dedica al tema uno specifico articolo, il ventisettesimo, in cui si evidenzia come il diritto delle persone con disabilità al lavoro, su base di parità con gli altri, includa anche il diritto all’opportunità di mantenersi attraverso il lavoro liberamente scelto, in un mercato del lavoro e in un ambiente lavorativo aperti, in grado di favorire l’inclusione e l’accessibilità delle persone con disabilità (ONU, 2006).
Tale documento rappresenta oggi una cornice legislativa, formale e culturale in grado di orientare sul piano politico, tecnico, intellettuale e scientifico pratiche che mettono al centro il diritto delle persone con disabilità di accedere ai contesti lavorativi, sul piano fisico, relazionale e organizzativo.
Proprio l’accessibilità al lavoro è un tema cardine con cui è necessario confrontarsi, laddove l’esperienza identitaria lavorativa spesso è preclusa alle persone con disabilità, pur avendo i requisiti sul piano del funzionamento. Questo confronto si fa più che mai cogente su diversi piani: su quello fondativo, su quello tecnico-operativo e, non per ultimo, su quello epistemologico, che mette a tema lo scambio di orizzonti possibili, necessario tra le diverse discipline che guardano al fenomeno e contribuiscono a una sua definizione e continua ridefinizione.
In specie, sul piano fondativo, il tema dell’accessibilità rimanda alle fondamenta stesse delle società democratiche, andando al cuore dei principi etici e di democrazia reale che le governano, nella prospettiva di coltivare orizzonti inclusivi, partecipativi e deliberativi, in cui ogni cittadino è chiamato a partecipare alla loro costruzione (Mura, 2011). Sul piano tecnico-operativo, invece, l’accessibilità al lavoro guarda alla necessità di presidiare architetture legislative e accomodamenti ragionevoli plurali per consentire alle persone con disabilità di prendere parte pienamente alla forza lavoro valorizzandone, nel contempo, ruoli e status (Lepri, 2011, 2021; Friso, 2017). Sul versante epistemologico, infine, l’accesso al lavoro delle persone con disabilità, inteso come oggetto di studio e di analisi per il confronto scientifico e l’avanzamento delle pratiche di inclusione lavorativa, chiama in causa la pluralità degli sguardi sui modi del loro accesso alle opportunità di impiego e ne alimenta il dibattito.
Vertice osservativo privilegiato non è solo quello che guarda alla creazione di contesti equi e non discriminatori, associato ad ampie questioni di equità e giustizia sociale e che mette al centro i percorsi di vita delle persone con disabilità, ma anche quello che indaga come diverse prospettive disciplinari e differenti punti di vista possano reciprocamente influenzarsi. Tale prospettiva, infatti, promette una maggiore comprensione del fenomeno dell’accessibilità al lavoro, allo scopo di indagare possibili risposte di natura etica, politica, sociale, culturale e pratica, per affrontare le sfide legate a un’equa ed efficace accessibilità al lavoro di tutti e di ciascuno. Ciò perché il mancato accesso all’esperienza lavorativa comporta inevitabilmente esclusione sociale, e sul piano fenomenologico cristallizza le esistenze personali a condizioni di perpetua dipendenza economica, impedendo la piena realizzazione di sé, dei propri desideri e delle proprie aspirazioni.
A muovere da tutto ciò, il presente contributo entra nel merito della riflessione sull’accessibilità al lavoro con l’obiettivo di offrire una prima disamina dei dati descrittivi provenienti dalle più recenti statistiche nazionali sull’occupazione delle persone con disabilità. Tali evidenze, a nostro avviso, non solo danno conto di come accesso e permanenza nel mondo del lavoro rappresentino ancora oggi un miraggio e/o un difficile, se non impossibile, approdo da raggiungere, ma richiamano anche l’attenzione sul contributo che la Pedagogia Speciale può offrire al fenomeno, per orientare risposte e pratiche di accompagnamento e formazione.
Contingenze sull’accessibilità al lavoro in Italia: alcuni dati
I recenti dati sull’analisi della condizione di accesso al lavoro in Italia, in particolare sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità, lasciano intravedere una situazione complessa che, al di là dell’articolato apparato normativo vigente, richiede particolare attenzione in termini di sviluppo di una società maggiormente inclusiva (ILO, 2022; ISTAT, 2019, 2021).
Le osservazioni dell’ISTAT (2019) sul coinvolgimento al lavoro delle persone con disabilità fanno emergere una condizione tutt’altro che rosea e che mette in luce come, tra queste, risulti occupato solamente il 31,3% di coloro che hanno tra i 15 e i 64 anni e che presentano gravi limitazioni, a fronte del 57,8% delle persone senza limitazioni nella stessa fascia di età.
Nel caso della popolazione femminile, il divario è ancora più evidente: solo il 26,7% delle donne con disabilità risulta occupato, mentre la percentuale sale al 36,3% per gli uomini. Si tratta di uno scarto che ripropone storiche differenze di genere nei livelli di occupazione e, con tutta probabilità, anche di accesso al mercato del lavoro (ISTAT, 2019).
L’analisi suddivisa per età evidenzia una significativa concentrazione di soggetti occupati in età giovanile e adulta, tanto tra le persone con disabilità, quanto tra quelle senza disabilità. Tuttavia, il confronto tra le due popolazioni risulta impari: più del 60% delle persone che non presentano limitazioni sono occupate tra i 25 e i 64 anni, quelle con limitazioni mostrano tassi di occupazione ben inferiori che si attestano, rispettivamente, al 36,7% e al 30,7%, nelle stesse fasce di età.
Anche per le persone con disabilità a rappresentare un forte elemento di discrimine per l’inserimento nel mercato del lavoro sembra essere il grado di istruzione raggiunto. Il 63,4% delle persone con un alto livello di istruzione risulta occupato. Tra coloro che hanno un titolo di diploma, invece, il tasso di occupazione scende al 42,7%. Infine, solamente il 19,5% delle persone con, al massimo, una licenza di scuola secondaria di primo grado risulta in possesso di un’occupazione.
Tali dati lasciano intravedere un margine di miglioramento possibile e necessario del sistema di educazione, istruzione e formazione del nostro Paese, che ha inteso l’integrazione scolastica come volano positivo per il Progetto di vita delle persone con disabilità in prospettiva inclusiva. Proprio l’educazione inclusiva, infatti, guarda con favore al «superamento di modelli di risposta individuali o localizzati, tipici di un sistema di accudimento assistenziale dei soggetti ritenuti più deboli, attraverso il cambiamento dei contesti educativi, garantendo equità e uguaglianza di opportunità di sviluppo, al di là delle caratteristiche personali di funzionamento» (Miatto, 2023). Tuttavia, anche a fronte di un apparato legislativo attento alla piena partecipazione delle persone con disabilità nei cicli scolastici di ogni ordine e grado, occorre non perdere di vista le azioni migliorative che possono allargare le loro opportunità di accessibilità e partecipazione, non per ultimo all’istruzione superiore di carattere secondario e terziario, ivi compresa l’università (ANVUR, 2022).
Le indagini ISTAT (2019, 2021) offrono anche un affondo sui dati territoriali a livello nazionale, da cui si evince una forte differenziazione tra l’area settentrionale del Paese e quella meridionale, nelle risposte dei territori all’istanza di accesso al lavoro.
In merito, occorre evidenziare che nel 2021 la distribuzione geografica nel Paese delle persone con limitazioni risulta pressoché omogenea (ISTAT, 2021), con una minima prevalenza nelle Isole e nel Nord-Est (circa il 22%).11 Relativamente ai tassi di occupazione delle persone con disabilità si notano, invece, marcate differenze occupazionali tra le due aree del Paese: nel Nord e Centro Italia la percentuale di persone con limitazioni gravi in occupazione non scende al di sotto del 37,3% — con un picco del 42,2% al Centro —, mentre nel Mezzogiorno la percentuale non raggiunge il 19% di soggetti occupati (ISTAT, 2019).
Tra coloro che affrontano gravi limitazioni, solo il 12% risulta occupato, in confronto al 28,9% di coloro che riportano limitazioni di minore entità. È importante notare che il 5,7% delle persone con limitazioni gravi è dichiarato inabile al lavoro (la percentuale per persone con limitazioni non gravi è pari allo 0,9%). Rispettivamente alle due condizioni, il 48,4% e il 38,9% delle persone segnala un ritiro dal lavoro, in contrasto con il 14% di coloro che non presentano limitazioni.
Dal punto di vista della suddivisione geografica, le regioni a Nord-Est del Paese presentano la percentuale più elevata di occupazione tra le persone con gravi limitazioni (14,8%), seguite da quelle a Nord-Ovest (12,9%) e al Centro (12,2%). Per quanto riguarda le limitazioni non gravi, la percentuale di occupazione aumenta progressivamente: nel Nord-Est è occupato il 33,3%, nel Nord-Ovest il 32,5% e al Centro il 29,1% (ISTAT, 2021).
Un’ulteriore fotografia che offrono i dati ISTAT (2021) in merito all’accessibilità al lavoro per le persone con disabilità riguarda i settori di impiego: a tal proposito occorre rilevare come quello che accoglie il maggior numero di persone con disabilità sia la Pubblica Amministrazione. Il 49,7% degli occupati con limitazioni gravi risulta infatti impiegato in questo settore, così come il 41,3% delle persone senza limitazioni. Questa notevole concentrazione può essere attribuita a quanto previsto dalla Legge del 12 marzo 1999 n. 68 (Gazzetta Ufficiale, 1999), recante Norme per il diritto al lavoro dei disabili e dalla riserva di posti loro dedicata e prevista nei concorsi pubblici.
Dai dati ISTAT (2021) risulta, invece, meno frequente l’occupazione delle persone con disabilità nei settori dei servizi — il 27,0% in confronto al 32,3% della popolazione senza limitazioni — e nelle attività industriali e di costruzione — il 16,9% contro il 21,5%.
L’analisi basata sulla posizione professionale mostra un andamento molto simile tra le due popolazioni, con una maggiore concentrazione di mansioni di livello intermedio e una minore presenza di figure dirigenziali, imprenditori e liberi professionisti.
Facendo un breve focus sulle disparità di genere, i dati evidenziano differenze pronunciate tra uomini e donne: infatti risulta occupato solo il 9,1% delle donne con disabilità gravi e il 23,3% di quelle con limitazioni non gravi; per gli uomini queste percentuali raggiungono rispettivamente il 16,1 e il 36%. Inoltre, dai dati ISTAT (2019) emerge che la percentuale delle persone con disabilità che hanno conseguito un diploma o un titolo superiore di formazione terziaria, anche accademica, è pari al 30,1% per gli uomini e al 19,3% per le donne. Se si considera che il 17,1% delle donne non ha un titolo di studio, rispetto al 9,8% degli uomini, in contrasto con il 2% e l’1,2%, rispettivamente per il resto della popolazione, risulta evidente come la condizione di disabilità accentui notevolmente la disparità (ISTAT, 2019).
Disabilità e collocamento al lavoro: norme, opportunità ed effettività
Il sistema italiano a supporto dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, con la promulgazione della Legge n. 68/1999 (Gazzetta Ufficiale, 1999) sopracitata, ha «inaugurato il periodo delle cosiddetto right-based law in cui il lavoro non si configura più come una concessione o come l’esito di un processo assistenziale, ma diventa un vero e proprio diritto così come lo è per le persone a sviluppo normotipico» (Sacchi, 2022, p. 96).
Tale intervento normativo, nell’allargare le opportunità di accesso al mercato del lavoro, ha contribuito a stabilire criteri volti a promuovere l’inserimento professionale delle persone con disabilità, miranti a stimolare la domanda di lavoro da parte di imprese pubbliche e private. Nello specifico hanno preso vita servizi specializzati nel favorire un incontro più efficace tra le esigenze di lavoro delle persone con disabilità e le opportunità professionali disponibili nel mercato. Inoltre si è predisposto un sistema di incentivi utili, sia per l’assunzione da parte delle imprese, sia per la corresponsione di rimborsi e/o agevolazioni fiscali per l’accomodamento ragionevole e l’accessibilità degli ambienti di lavoro.
Attraverso questa Legge si è introdotto nell’ordinamento italiano il concetto di collocamento mirato, con l’obiettivo di incentivare e promuovere le opportunità di impiego per le persone con disabilità. A differenza del collocamento obbligatorio, quello mirato ha consentito una maggiore enfatizzazione delle caratteristiche uniche delle persone con disabilità, oltre all’utilizzo di pratiche e strumenti di inserimento personalizzati utili a considerare le loro specifiche necessità in termini di competenza, abilità, conoscenza, grado di autonomia e livelli di funzionamento rispetto al ruolo e alle mansioni associate.12
Un ulteriore provvedimento, dalla parte di una maggiore accessibilità al lavoro, è caratterizzato dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003 (Gazzetta Ufficiale, 2003), che ha introdotto il sistema delle convenzioni realizzate su base territoriale,13 quale via alternativa possibile per l’assunzione di soggetti con disabilità e per l’adempimento degli obblighi previsti dalla Legge n. 68/1999 (Gazzetta Ufficiale, 1999) da parte delle aziende tenute ad assumere in organico persone che sperimentano condizioni di svantaggio.
Il sistema di monitoraggio nazionale degli accessi al lavoro delle persone con disabilità, previsto dalla Legge n. 68/1999 (Gazzetta Ufficiale, 1999), funzionale a conoscere lo stato di attuazione della policy ed elementi di criticità su cui intervenire per un miglioramento dell’efficacia di interventi e accessi, trova sintesi nel documento biennale Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 68/99.
Si tratta di uno strumento che consente oggi di arricchire e adeguare il patrimonio delle informazioni raccolte con cadenza biennale (e con riferimento annuale) fin dal 2003 e che dà conto, sul fronte statistico, dei dati sull’accesso al lavoro delle persone con disabilità, lasciando intravedere caratteristiche e condizioni.
I dati presenti nell’ultima Relazione (MLPS, 2023), la decima dalla promulgazione della Legge n. 68/1999 (Gazzetta Ufficiale, 1999), in merito all’iscrizione obbligatoria al collocamento, confermano l’andamento crescente degli iscritti agli elenchi sul territorio nazionale che risultano oltre 900.000. L’iscrizione non è rappresentativa della garanzia di collocamento, né assicura l’accessibilità effettiva a un posto di lavoro, che è data da molteplici variabili di carattere contestuale (mercato del lavoro, disponibilità delle imprese, disponibilità di risorse, ecc.) e personale (corrispondenza delle caratteristiche proprie a contesto e mansioni richieste, atteggiamento di base, accomodamenti ragionevoli, ecc.).
Come emerso dalle analisi del 2018, tra i lavoratori svantaggiati, solo il 20% delle persone con disabilità iscritte al collocamento risulta occupato (MLPS, 2023). Di questi, il 90% ha segnalato di avere un contratto a tempo determinato e una certa incertezza riguardo alla possibilità di rinnovo. Si è trattato di una preoccupazione ben fondata: su 17.426 contratti a tempo determinato stipulati nel 2018, 16.387, una volta scaduti, non sono stati rinnovati (94%). I contratti a tempo indeterminato rappresentano, invece, una piccola minoranza e nel periodo considerato hanno coinvolto solo il 10% dei lavoratori con disabilità.
Anche nel corso del 2019 la maggior parte dei contratti stipulati, ovvero il 64%, ha avuto una natura temporanea, mentre il 20% dei contratti attivati è stato a tempo indeterminato, con una percentuale più elevata del 30% nel settore pubblico (INAPP, 2023).
La panoramica sull’occupazione delle persone con disabilità che offre la X Relazione al Parlamento (INAPP, 2023) include anche dati relativi alle cessazioni dei contratti di lavoro, in grado di restituire indirettamente informazioni sia sugli esiti di tali inserimenti lavorativi, sia sull’efficacia del sistema nel rispondere a istanze di accessibilità al mercato del lavoro.
Nell’ambito del settore privato, in particolare, sono state registrate quasi 38.000 interruzioni di contratti, con una prevalenza di contratti a tempo determinato (48%). Nel caso della Pubblica Amministrazione, il quadro delle cessazioni dei rapporti di lavoro risulta essere meno definito a causa della limitata partecipazione delle province rispondenti; tuttavia, dai dati disponibili si evincono simili percentuali di interruzioni nei casi di contratti a termine (44%).
La Pedagogia Speciale: sapere che indaga l’accessibilità al lavoro
Ciò che dalla totalità dei dati qui considerati emerge lascia intravedere tanto un panorama di opportunità che l’architettura ordinamentale italiana, attraverso una rete di servizi espressione di politiche strutturali e attive del lavoro, è in grado di offrire, anche in termini di monitoraggio, quanto la necessità di presidiare e incoraggiare una cultura per l’accessibilità al lavoro delle persone con disabilità in contesti organizzativi reali, sulla base del principio della pari opportunità di partecipazione (ONU, 2006).
La promulgazione della Legge n. 68 del 1999 (Gazzetta Ufficiale, 1999), la sua attuazione e le successive articolazioni, nazionali e regionali, hanno ridisegnato e rinvigorito, rispetto alle normative precedenti, l’intero assetto del processo inclusivo italiano nei contesti di lavoro delle persone con disabilità. L’introduzione della prospettiva bio-psico-sociale (WHO, 2001) ha portato a sottolineare la necessità di esaminare la possibilità di partecipazione di tutti nei contesti di lavoro, mettendo a disposizione di persone e aziende anche nuovi strumenti di progettazione dell’integrazione lavorativa che hanno dato vita, ad esempio, a differenti tipologie di convenzioni possibili e valorizzanti le opportunità di inserimento lavorativo delle persone con disabilità. La logica del legislatore ha proceduto, in questo senso, verso la promozione del protagonismo dei lavoratori con disabilità, tentando di ridurre al minimo la dimensione maggiormente coercitiva, e talvolta esclusivamente assistenziale, che aveva caratterizzato le precedenti leggi. Tuttavia, i dati e le analisi proposti nel presente contributo non possono non sollevare numerosi interrogativi.
Sul fronte della Pedagogia Speciale, che ben rappresenta, come sottolineato da Fabio Bocci, un modo di essere della scienza dell’educazione, la cui vocazione sul versante scientifico, socioculturale e politico «è di rendere l’atto educativo che si invera nelle relazioni umane un potente agente di capacitazione, di emancipazione, di autodeterminazione e di autorealizzazione a servizio di/per una società inclusiva» (Bocci, 2021, p. 29), si fa necessario un forte presidio del tema. I modi e le condizioni con cui si accompagnano i processi formativi e di transizione al lavoro e le caratteristiche dei contesti lavorativi nei nostri territori richiedono un’attenzione disciplinare che non può essere elusa o rimanere ai margini del sapere pedagogico speciale. Il lavoro, per la totalità delle persone che partecipano alla società, rappresenta ciò che avviene, durante e dopo il periodo formativo.
L’esperienza lavorativa consente di ampliare la serie di strumenti a disposizione di ciascuno, tra cui conoscenze, comportamenti e abilità, che contribuiscono ad aumentare la propria autodeterminazione (Caldin e Scollo, 2018).
Eludere l’osservazione e l’analisi dei contesti che danno conto dell’accessibilità delle persone con disabilità al lavoro significa, per usare le parole di Charles Gardou, avallare il fatto che «la maggioranza delle persone con disabilità sono nella società senza esserci realmente, senza farne parte veramente» (2015, p. 40). Lo specifico dello sguardo della Pedagogia Speciale, invece, è orientato ad allargare le maglie della partecipazione piena e dell’inclusione, a garanzia dei principi di equità e uguaglianza delle opportunità e delle occasioni di sperimentare ruoli reali in contesti reali (Miatto, 2023; Sacchi, 2022; Marchisio e Curto, 2019; Friso e Scollo, 2018; Friso, 2017). Per tali ragioni, la questione del lavoro nelle sue diverse forme, dell’accesso allo stesso e del suo mantenimento non può rimanere fuori dal discorso della Pedagogia Speciale. Si rende, dunque, necessaria la messa a punto di azioni di ricerca i cui esiti siano orientati a promuovere l’accesso, per ciascuna persona, agli strumenti partecipativi della vita sociale e al protagonismo del proprio Progetto di vita, di cui il lavoro è espressione imprescindibile, soprattutto in età adulta.
Bibliografia
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1 Anche se il contributo è frutto di un lavoro di ideazione e scrittura comune tra gli autori, ai fini delle attribuzioni si segnala che: l’Introduzione è stata scritta da Enrico Miatto, il paragrafo Contingenze sull’accessibilità al lavoro in Italia: alcuni dati è attribuibile a Cecilia Pellizzari, il paragrafo Disabilità e collocamento al lavoro: norme, opportunità ed effettività è stato scritto da Fabio Sacchi e quello La Pedagogia speciale: sapere che indaga l’accessibilità al lavoro da Valeria Friso. Gli autori sono parte di un progetto di ricerca finanziato su bando competitivo IUSVE dal titolo Il diritto al lavoro delle persone con svantaggio: accessibilità fisica, organizzativa e relazionale nelle aziende.
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2 Prof. Aggregato di Pedagogia speciale, didattica e ricerca educativa, IUSVE – Università Pontificia Salesiana.
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3 Dottoranda di ricerca, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.
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4 Prof. Associato di Pedagogia speciale, Università Telematica San Raffaele Roma.
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5 Prof.ssa Associata di Pedagogia speciale, Università degli Studi di Bologna.
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6 Whilst the paper is the result of the joint and shared work of conceiving and writing, for recognition it should be noted that: the Introduction was written by Enrico Miatto, the paragraph Contingencies on the accessibility of work in Italy: A selection of data was written by Cecilia Pellizzari, the paragraph Disability and employment: Regulations, opportunities and effectiveness was written by Fabio Sacchi and Special pedagogy: Knowledge which investigates accessibility at work, by Valeria Friso. The authors are part of a project financed by the IUSVE grant entitled The right to work for disadvantaged persons: Physical, organisational and relational accessibility in companies.
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7 Associate Professor of Special Pedagogy, Teaching and Educational Research, IUSVE – The Salesian Pontifical University.
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8 PhD student, University of Modena and Reggio Emilia.
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9 Associate Professor of Special Pedagogy San Raffaele University of Rome.
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10 Associate Professor of Special Pedagogy, University of Bologna.
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11 Nel 2021, in Italia, le persone con difficoltà nelle attività di vita quotidiana sono poco più di 12 milioni, corrispondenti al 21,4% del totale della popolazione. Di queste, il 5% presenta limitazioni gravi, mentre il rimanente 16,4% ha limitazioni di entità minore (ISTAT, 2021).
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12 Le persone con disabilità di almeno 15 anni e al di sotto dell’età pensionabile possono essere iscritte negli elenchi del «collocamento mirato» se sono disoccupate. Questo viene fatto per agevolare il loro accesso al mondo del lavoro, con l’obiettivo di trovare un’occupazione che sia in linea con le loro capacità lavorative. La normativa, inoltre, impone alle imprese con determinate caratteristiche l’obbligo di riservare quote di occupazione per i lavoratori con disabilità.
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13 Attraverso accordi quadro ad hoc, le imprese possono affidare delle commesse di lavoro alle «Cooperative di tipo B» per loro natura composte per almeno il 30% da lavoratori in condizioni di svantaggio così come previsto dalla Legge 8 novembre 1991, n. 381, in materia di Disciplina delle cooperative sociali.
Vol. 23, Issue 2, May 2024