Vol. 23, n. 1, febbraio 2024

PROGETTI E BUONE PRASSI

Il Metodo Globale di Autodifesa (MGA) adattato alla fascia d’età 11-14 anni

Un percorso di promozione dell’autostima e della motivazione

Michelina Valenza e Fabio Filosofi1

Sommario

Si può costruire inclusione scolastica, lavorativa e sociale a partire da pratiche laboratoriali all’interno della scuola, che consentano a tutti gli alunni, nessuno escluso, di esperire vissuti di autoefficacia, al fine di contrastare il rischio di abbandono scolastico oltre che di anticipare competenze e azioni spendibili nel futuro contesto sociale. In una scuola secondaria di primo grado è stata sperimentata un’attività progettuale che ha consentito agli alunni/e partecipanti di mettersi alla prova con un role playing all’interno di una pratica motoria, il Metodo Globale di Autodifesa (MGA), che li ha visti trasformarsi da fruitori di nuove conoscenze in istruttori di altri coetanei. I questionari raccolti a fine percorso hanno restituito percezioni positive in termini di autoefficacia, autostima e proiezione proattiva di sé nel futuro. I risultati hanno confermato la validità di prassi didattiche replicabili in futuro, con obiettivi finalizzati a un successo possibile.

Parole chiave

Abbandono scolastico, Autoefficacia, Apprendimento situato, Bisogni Educativi Speciali, Sport inclusivo.

PROJECTS AND BEST PRACTICES

Self-Efficacy Experiences in the School Context, the Self-Defence Method Adapted to the 11-14 Age Range: A Path Towards Self-Esteem and Motivation

Michelina Valenza e Fabio Filosofi2

Abstract

Scholastic, work, and social inclusion can be fostered through workshop practices within schools. All pupils, without exclusion, can engage in experiences of self-efficacy, thereby reducing the risk of school dropout and preparing them for future social contexts. An educational project was conducted in a lower secondary school, allowing participating students to embark on a learning journey through role-playing in sports training called the Global Method of Self-Defence. Throughout the experience, they transitioned from learners to instructors, imparting their newfound knowledge to their peers. The questionnaires collected at the end of the course revealed positive perceptions regarding self-efficacy, self-esteem, and proactive self-projection into the future. The results confirmed the effectiveness of objective-oriented teaching practices, which can also be replicated in the future.

Keywords

School Drop-Out, Self-efficacy, Situated learning, Special educational needs, Inclusive sport.

Introduzione

Come si può ricostruire un dialogo educativo con studenti e studentesse che appaiono demotivati/e, che si allontanano dall’insieme di relazioni nella classe, che vivono la scuola come un ambiente che non ha nulla da offrire loro o, peggio, che concepiscono la quotidianità scolastica come un ambiente frustrante, perché si sentono inadeguati, meno bravi degli altri? Alunni e alunne che si percepiscono e si raccontano come persone ai margini della classe e della scuola, che si collocano ai confini più lontani dal centro dell’ambito di interesse dei loro docenti.

I docenti, in questi casi, rischiano di condividere, in modo diverso ma speculare, il senso di fallimento e vengono posti di fronte a una sfida, quella di restituire motivazione e senso di autoefficacia a giovanissimi che, per un insieme di fattori ambientali, personali e/o familiari, vivono situazioni di difficoltà negli apprendimenti, con conseguente disagio diffuso all’interno del contesto scolastico.

I giovani spesso considerano la scuola un contesto che non può fornire loro ciò che cercano, perché nelle soluzioni prospettate non si sentono a loro agio.3 Le politiche europee in materia di inclusione sociale pongono la scuola come primo pilastro fra i diritti sociali: «ogni persona ha diritto a un’istruzione, a una formazione e a un apprendimento permanente di qualità e inclusivi, al fine di mantenere e acquisire competenze che consentono di partecipare pienamente alla società e di gestire con successo le transizioni nel mercato del lavoro».4

Il diritto all’istruzione ha necessità, dunque, di declinarsi in un’offerta capace di personalizzare i percorsi, al fine di costruire una scuola che includa tutti e tutte e che elimini «le condizioni che possano accrescere il rischio di vedersi esclusi» (Perla e Semeraro, 2015, p. 111). Le richieste di performance poste dalla scuola, se non accompagnate da un percorso personalizzato, possono creare in alcuni alunni l’ansia di raggiungere una falsa quanto impossibile adesione a un ideale standardizzato che nega le differenze individuali e che non ha corrispondenze nella realtà.

L’obiettivo della scuola secondaria di primo grado è quello di garantire la piena partecipazione e la futura collocazione di tutti i cittadini nella vita sociale,5 ciascuno con le proprie peculiarità, a garanzia di salvaguardia del proprio diritto alla felicità. Per garantire l’eguaglianza occorre diversificare i percorsi (Goussot, 2009, p. 68), creare le condizioni per l’espressione delle potenzialità di ognuno e non omologare tutti all’interno di un sistema di apprendimento assimilatorio e normativo.

Il presente lavoro intende contribuire alla riflessione sulla demotivazione all’apprendimento in ambito scolastico e fornire testimonianza di una prassi didattica inclusiva attuata in una scuola secondaria di primo grado. L’attività è stata pensata all’interno di una serie di pratiche laboratoriali finalizzate a personalizzare i percorsi e a situarli in contesti di apprendimento concreti, nel rispetto delle diversità e delle potenzialità individuali. L’obiettivo principale è quello di contrastare il fenomeno della disaffezione all’ambiente scolastico per evitare il rischio di dispersione. La scelta dell’attività è ricaduta su una pratica motoria finalizzata ad aumentare il senso di autoefficacia.

La scuola nella percezione degli adulti e dei ragazzi

Le scuole, per realizzare inclusione, devono cambiare contesti di apprendimento e processi per adeguarsi ai bisogni di tutti (Canevaro, 2013; Dessent, 1987). Dalla seconda metà del secolo scorso, più precisamente dall’emanazione del documento Falcucci (1975), l’evoluzione della normativa in materia di integrazione e inclusione scolastica ha favorito la costruzione di un modello di scuola sempre più inclusiva.

I percorsi di apprendimento individualizzati di alunni con Bisogni Educativi Speciali, inizialmente pensati per integrarsi nei percorsi degli alunni/e cosiddetti «normodotati», sono stati resi maggiormente inclusivi con ricadute a favore di tutti/e, grazie a strutture organizzative modulari, modelli innovativi di progettazione didattica e sistemi di valutazione sempre più personalizzati (Baldacci, 2006; Bertagna, 2009, 2022; Canevaro e Berlini, 1996).

I percorsi così intesi sono finalizzati a promuovere il successo scolastico e la motivazione ad apprendere in tutti gli alunni, con o senza Bisogni Educativi Speciali. Negli ambienti di apprendimento contemporanei, vengono messe in atto strategie e pratiche che hanno l’obiettivo di consentire a tutti gli alunni la piena partecipazione alla vita scolastica in funzione di un pieno inserimento nella vita sociale e lavorativa. Un tale investimento, però, non sempre trova riscontro nella percezione della totalità degli studenti: se la parte preponderante degli alunni, e di riflesso dei genitori, racconta la scuola come un luogo dove apprende, sperimenta e stringe relazioni affettivamente significative e coinvolgenti, sia con i pari che con la maggior parte degli adulti che incontra, siano essi docenti, educatori, personale scolastico, resta una percentuale di giovani che vive l’esperienza scolastica con scarsa o nulla soddisfazione.

Una ricerca effettuata su scala internazionale (Health Behaviour in School-aged Children, 2020), con la partnership del nostro Ministero dell’Istruzione e pubblicata nel 2020, che ha avuto come oggetto di studio la salute e il benessere dei ragazzi fra gli 11 e i 15 anni, ha indagato, fra gli altri elementi, l’autonomia e le capacità acquisite grazie alla scuola, la gratificazione scolastica, il livello di partecipazione alla vita scolastica.

La parte che riguarda il rapporto con la scuola ha evidenziato che, complessivamente, il 13,5% dei ragazzi intervistati ha risposto «la scuola mi piace molto», a cui si aggiunge il 51,9% che ha detto «mi piace abbastanza», con una percentuale di soddisfazione che si abbassa con l’aumentare dell’età. Per contro va rilevato che esiste una percentuale significativa di studenti che non la pensa allo stesso modo: studenti che non si sentono adeguati alle richieste della scuola, il cui vissuto preponderante è di insuccesso e di inefficacia. Nella ricerca la percentuale di alunni che ha dichiarato «non mi piace tanto» è pari al 25% del totale, che, se unita al 9% che ha affermato «non mi piace per nulla», ci porta a considerare che circa un terzo del campione non è soddisfatto del proprio rapporto con la scuola.

Se incrociamo questi dati con quelli riferiti al tasso di abbandono scolastico riscontriamo che risulta essere pari al 3,33% nel passaggio dal primo al secondo ciclo d’istruzione, dato riferito agli anni scolastici 2018/19 e 2019/20 (MI-DGSIS, p. 42). Un elemento importante nell’analisi della dispersione scolastica effettuata dal Ministero dell’Istruzione (2020) è l’età degli alunni combinata con la classe frequentata: dai dati emerge che il ritardo scolastico, per bocciature o altre cause, può costituire un fattore che precede l’abbandono. Le ragioni per cui i giovani abbandonano la scuola possono dipendere da fattori individuali come la famiglia di provenienza e/o la condizione socioeconomica (Biagioli et al., 2022; Dell’Anna e Ianes, 2021) oppure dalla struttura del sistema di istruzione e formazione: la disaffezione può essere legata a metodologie non adeguate ai bisogni specifici, a un alto tasso di rifiuto e intolleranza nei confronti della vita scolastica da parte degli alunni (Pasta, 2022), oppure alla tendenza a canalizzare gli studenti a rischio e/o con Bisogni Educativi Speciali negli stessi istituti o corsi del territorio nel passaggio dalla secondaria di primo grado a quella di secondo grado, la cosiddetta segregazione formativa (Colombo, 2015).

La dispersione e il ritardo scolastico caratterizzano spesso proprio quegli studenti con Bisogni Educativi Speciali in situazione di svantaggio culturale o sociale che dovrebbero essere intercettati dagli interventi personalizzati tipici della scuola che si definisce inclusiva. I dati consultati dimostrano che una percentuale non trascurabile di studenti non è riuscita o non riesce ancora a vivere gli ambienti di apprendimento in modo significativo, perlomeno non quanto gli interventi normativi e gli strumenti pedagogici messi in campo negli ultimi anni hanno cercato di ottenere (Pellerone, 2015; Passalacqua, Ribis e Zecca, 2020).

Secondo il lavoro di ricerca elaborato nel 2017 dall’Agenzia Europea per i Bisogni Educativi Speciali e l’Educazione Inclusiva e che indagava il tasso di Abbandono Scolastico Precoce (ASP) in studenti con Bisogni Educativi Speciali, questi ultimi sono particolarmente a rischio di ASP (2017, p. 5). La ricerca individua tre principali categorie di studenti con BES legate all’abbandono precoce:

  1. coloro che abbandonano la scuola prima di essere legalmente autorizzati a farlo (il dato varia in base alla normativa dello Stato di riferimento);
  2. coloro che lasciano la scuola senza qualifiche adeguate alla transizione verso il lavoro;
  3. coloro che rimangono a scuola fino al raggiungimento dell’età dell’obbligo scolastico, senza possedere tuttavia qualifiche adeguate.

Lo studio poi indica una serie di fattori di rischio, fra i quali l’adeguatezza organizzativa del sistema scuola, la relazione insegnante-studente, la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento, sui quali, secondo gli autori della ricerca, occorre mettere in campo misure di monitoraggio.

I due punti cardine per una scuola inclusiva: l’organizzazione e la progettazione

La ricerca sull’abbandono scolastico a cui si è fatto cenno nel paragrafo precedente riconosce due processi che possono determinare l’allontanamento di uno studente con Bisogni Educativi Speciali dalla scuola: con il termine «abbandono» si rintraccia la causa in un insieme di fattori come la condizione economica, lo stato di salute, la situazione socio-familiare; con il termine «ritiro» si allude invece a fattori di rischio come l’attenzione rivolta al successo scolastico, alla motivazione, al senso di appartenenza alla scuola.

Oltre ai fenomeni di macro-esclusione che sono stati presi in esame, esistono fenomeni di micro-esclusione dalla classe o, come li definisce Ianes (2014, p. 35), microespulsioni, distinguendo fra push out e pull out: uscite dalla classe per meccanismi push (qualcosa ti spinge fuori) e uscite per meccanismi pull (qualcosa ti tira fuori), alludendo a situazioni di difficile gestione della classe in generale e, in alcuni casi, dei comportamenti problema di uno o più alunni da parte dell’insegnante o a un’inefficace organizzazione del sistema dei sostegni da parte della scuola.

Nella visione di Oliver (1996) si rendono necessari adattamenti nell’organizzazione scolastica che possono spaziare dalla modifica dell’orario scolastico con modulazione dei curricoli a classi aperte, allo studio di attività inclusive che esulano dalla programmazione curricolare fino al ricorso a cooperative di supporto esterne o a reti territoriali. Uno sforzo organizzativo notevole che richiede tempo, pianificazione, reinvenzione di spazi, formazione specifica degli adulti sulle strategie di intervento.

Eppure, la riorganizzazione da sola non basta: il ruolo dei singoli è dirimente perché dove la responsabilità organizzativa raggiunge il suo limite occorre modificare la vision dell’intero ambiente scuola, fino a oltrepassare le mura scolastiche e raggiungere la società civile. La lotta perché si affermino i valori di inclusione è una «lotta» per la cittadinanza (Oliver, 1996, p. 35), perché il numero degli alunni con Bisogni Educativi Speciali che riesce a collocarsi nel mondo del lavoro è ancora inferiore alle attese verso una società realmente inclusiva.

Al mondo della scuola, dunque, spetta il compito di preparare il terreno verso il mondo del lavoro elaborando modelli inclusivi il più possibile operativi e calati nel reale, nel perseguimento dei diritti di cittadinanza di tutti gli alunni. La scuola come comunità di pratiche ha la possibilità di sperimentare, in un ambiente protetto, transizioni dal mondo intersoggettivo delle relazioni ristrette a sfere più ampie di socialità, verso relazioni allargate, anche tipizzate (ad esempio role playing) proprie del mondo del lavoro e dei sistemi produttivi (Callegari, 2009).

Occorre dunque ripensare la scuola sia sul piano organizzativo che sul piano della progettazione, concepita quest’ultima come lavoro articolato secondo criteri coerenti con il contesto in cui si colloca (Sgambelluri, 2020). La scuola ha la possibilità di modulare i propri interventi e di rendere meno rigidi i programmi di studio sulla base del criterio della personalizzazione, progettando interventi pensati per tutti e per ciascuno, nell’ottica che il curricolo possa essere adattato non soltanto negli obiettivi e nei contenuti, ma anche a partire da modalità diversificate di presentazione, analisi ed elaborazione delle informazioni, oltre che di manifestazione delle prestazioni, o nel ricercare forme di coinvolgimento e di motivazione capaci di orientare positivamente tutti verso apprendimenti significativi (Cottini, 2017).

Finalità del progetto

Lo scopo del progetto che si va a descrivere è quello di:

  • favorire e potenziare l’autostima negli alunni attraverso una didattica esperienziale che si focalizza sulle tecniche di difesa personale;
  • stimolare una riflessione sull’attività svolta e sul grado di partecipazione, motivazione, coinvolgimento e soddisfazione;
  • promuovere attraverso la metodologia del role playing l’autoefficacia negli alunni/alunne, che si traduce nell’abilità/consapevolezza di poter/saper trasferire le competenze acquisite ad altri alunni/alunne della stessa scuola;
  • promuovere l’inclusione di tutti gli alunni e di tutte le alunne con differenti bisogni educativi attraverso una didattica attiva e un approccio metariflessivo.

Sulla scorta di una prospettiva che vede prioritaria la «partecipazione», l’esserci, il fare esperienza diretta, derivano modelli didattici che rivalutano forme d’insegnamento antiche come l’imitazione o l’apprendistato in quanto maggiormente capaci di includere nel processo apprenditivo tutti i fattori in gioco: sia quelli espliciti (il come si fa), che quelli meno evidenti e difficilmente comunicabili come l’insieme delle conoscenze interrelate con quel contesto, perché lo si fa, quando e con quali convinzioni (Bonaiuti, in Marcoato, 2013).

La proposta didattica che si va a presentare intende inserirsi in questa prospettiva, fornendo un esempio di come la scuola possa costruire ambienti di apprendimento nei quali gli studenti possono contestualizzare le conoscenze, trasferendole da un piano teorico-astratto a un piano concreto: Canevaro parlerebbe di «apprendimento che si realizza lavorando il suolo, “la terra”. È il terreno che detta i compiti. Possiamo parlare di ambiente di apprendimento? Non è scontato. Bisogna organizzarlo» (Canevaro, 2013, p. 34).

La prima finalità diventa quella di restituire motivazione e senso di autoefficacia a studenti che esperiscono vissuti di disagio, di fallimento scolastico, di rifiuto delle regole, di relazioni conflittuali con i pari e con gli adulti. La metodologia utilizzata ha cercato di decostruire ambienti di apprendimento e di costruirne di nuovi, nell’intento di fornire risposte concrete lì dove i bisogni si presentavano, facendo leva sui punti di forza degli alunni.

Secondo la prospettiva teorica della conoscenza situata (Lave e Wenger, 2006), la conoscenza non è separabile dall’azione, la conoscenza si produce in specifici contesti (Bonaiuti, in Marconato, 2013): se il contesto non è un contesto vissuto in modo significativo, se il discente non è immerso in una positiva rete di relazioni, si rischia di determinare un effetto controproducente che contrasta gli apprendimenti invece di favorirli. Un ambiente di apprendimento che offre l’opportunità di intervenire sull’oggetto della conoscenza che si intende promuovere, sul contesto fisico inteso come spazio da ricostruire e sul contesto delle relazioni, è il laboratorio, inteso come «sintesi di contesto fisico e simbolico al tempo stesso» (Baldacci, 2005, p. 3).

A differenza dell’aula tradizionale, che spesso si configura come spazio che predilige la dimensione dell’ascolto di ciò che dice il docente, il laboratorio predilige la dimensione dell’azione, del learning by doing (Dewey, 1949). La stessa prossemica, più statica nell’aula, nel laboratorio diventa dinamica e l’apprendimento viene veicolato attraverso azioni compiute in una spazialità di situazione, determinando negli alunni attese, mappe mentali, atteggiamenti e comportamenti (Baldacci, 2005).

La proposta didattica del Laboratorio di Autodifesa, descritta di seguito, è stata gestita da una docente di scienze motorie interna alla scuola con la collaborazione di un esperto esterno, maestro di Judo e Autodifesa. Il laboratorio si colloca nel ventaglio di proposte che l’istituto di scuola secondaria di primo grado ha messo in campo per rispondere in modo personalizzato e fortemente contestualizzato ai bisogni presenti, peculiari e diversi fra loro. Si configura come un’esperienza di apprendimento basata sul fare, sull’azione in situazione, attraverso la simulazione di ruolo di istruttore di tecniche di autodifesa da parte di un gruppo di alunni/e verso altri alunni/e della scuola.

Si è cercato di fare leva sugli interessi dei singoli per restituire loro autostima e autoefficacia, con l’obiettivo di trasferire il vissuto positivo da una sfera dell’apprendimento a un’altra secondo il principio di resilienza: la resilienza consiste nella capacità che ha un materiale di riprendere la sua forma dopo avere subito delle deformazioni. Canevaro trasferisce questo concetto al campo dell’educazione per indicare che anche un bambino che vive situazioni di sofferenza, posto in una situazione di apprendimento favorevole, può essere in grado di recuperare e ritrovare la sua giusta forma (Canevaro, 2013, p. 182).

Alcune note metodologiche

A inizio percorso, durante i primi incontri con il gruppo di 11 alunni/e, si è reso necessario isolare dall’attività, a turno, buona parte di essi, anche se solo temporaneamente. La maggioranza ha accettato immediatamente il processo di costruzione del nuovo gruppo alternativo alla propria classe, anche se solo per due ore alla settimana, effettuando un percorso di inserimento lineare e senza particolari problemi; per un alunno e un’alunna in particolare, invece, si è reso necessario organizzare dei momenti di separazione dal lavoro di gruppo, da dedicare a un colloquio individuale con uno dei due docenti.

Si sono registrate difficoltà generali per quanto riguarda l’interiorizzazione delle regole, come ad esempio la disposizione in cerchio, il saluto, il contatto visivo simultaneo con tutti i componenti del gruppo accompagnato da occasionali esternazioni di rifiuto e di allontanamento dalla partecipazione a una o più attività proposte, risate fuori contesto, voci eccessivamente alte, scarso controllo della fisicità, fino al completo ritiro dall’attività accompagnato da espressioni come «posso sedermi», «non voglio continuare», «non ce la faccio», «posso andare nello spogliatoio», «non mi toccare», «allontanati».

Contestualmente i pronomi personali usati verso gli adulti passavano dal «lei» al «tu». In altri casi, invece, sul piano verbale le manifestazioni hanno interessato la sfera fisica con spinte, prese alle spalle improvvise, calci rivolti ai compagni e una volta verso il maestro, al di fuori dalle consegne date. Al verificarsi di episodi di questo tipo la docente, di volta in volta, ha analizzato con l’alunno/a protagonista della reazione di rifiuto o di aggressività i motivi del ritiro dal gruppo e dall’attività. Tali aspetti risultano legati, nella maggior parte dei casi, a vissuti di disagio la cui origine era di varia natura e spesso non specificata, ma che finiva per rivalersi contro l’ordine costituito dei tempi e dei ritmi imposti dalla scuola e dagli adulti.

Espressioni come «mi sento oppresso/a», «sono arrabbiato/a ma nessuno di voi può capirmi», «non voglio essere toccato/a» sono state riportate più volte e ricondotte a un clima di fiducia fra adulti e preadolescenti, in una scuola vissuta e raccontata come luogo «insopportabile» in cui è impossibile confrontarsi e dove gli adolescenti vengono oppressi da regole non interiorizzate, perché percepite come imposte dal docente/controllore e non abbastanza condivise e argomentate.

Nelle narrazioni di quei primi giorni la scuola è stata rappresentata alla stregua di un’istituzione totale (Goffman, 1961), in cui «l’internato»/studente si trova a dover ricostruire suo malgrado un nuovo ruolo a causa di «barriere» (le mura scolastiche o dell’aula) che impediscono di vivere appieno la propria identità. Ogni episodio oppositivo è stato ripreso dalla docente e discusso con il maestro, dopo il termine dell’incontro, e ha fornito spunti di riflessione sui quali fondare le lezioni successive, portando a una nuova taratura di contenuti, codici, uso degli spazi, lavori singoli o a coppie, sperimentando nuovi abbinamenti e modalità di approccio, curando di concedere modalità di ascolto personalizzate ogni volta che se ne fosse verificato il bisogno.

In due casi particolari è stato necessario procedere, prima di decidere la prosecuzione del percorso per quegli alunni, facendo leva sull’alleanza educativa fra scuola e famiglia, attraverso colloqui che hanno coinvolto i familiari e i ragazzi stessi, e contestualmente con la dirigente e i coordinatori di classe. In entrambi i casi si è optato per la prosecuzione, perché si è formulata l’ipotesi che il percorso stava creando crisi positive di assestamento e che i riscontri dei ragazzi costituivano un segnale di crescita personale e di apertura verso gli adulti, «ti/le credo» e «mi fido di te/lei», segnale che si è deciso di non sottovalutare.

Nella seconda parte del percorso, in cui gli allievi sono diventati gli istruttori degli alunni di altre classi ospiti, sono stati ripresentati tutti gli esercizi svolti, prima analizzati e poi riprodotti con le tecniche del modeling,6 del prompting7 e del fading8 e, infine, del role playing9 fra pari, per saggiare le difficoltà, le potenzialità e le capacità di ciascuno:

  • nel porsi come docente di un altro;
  • nell’immedesimarsi nell’altro;
  • nell’approcciarsi all’altro utilizzando il giusto codice adattandolo di volta in volta in base all’età degli alunni e delle alunne della classe ospite (prima, seconda o terza secondaria di primo grado);
  • nell’esprimersi correttamente e con la giusta intonazione;
  • nell’usare un linguaggio non discriminatorio e non offensivo nei confronti di chi è meno abile nell’esecuzione degli esercizi.

Dopo circa tre mesi di lavoro gli episodi di opposizione e di rifiuto all’attività si sono rarefatti fino a diventare isolati episodi di malessere circoscritti a due persone soltanto, affrontati sempre con la metodica del colloquio individuale, in ogni caso mai più sfociati in comportamenti fortemente oppositivi. Parallelamente, il gruppo ha acquisito dinamiche relazionali simili a quelle di una classe, con la tendenza a formare gruppetti o a lavorare dividendosi spontaneamente fra maschi e femmine, soprattutto in alcune attività di attacco e difesa.

Primo step: il piano dell’organizzazione

Nel corso dell’anno scolastico 2022-23, l’Istituto Comprensivo Trento 5, sezione Scuola Secondaria di primo grado, ha arricchito l’offerta formativa con una serie di attività laboratoriali, riunite sotto il nome di Progetto Laboratori Arti e Mestieri, destinate ad alunni/e della scuola su indicazione dei Coordinatori dei Consigli di Classe.

Gli alunni destinatari degli interventi sono stati selezionati dai consigli di classe incrociando gli obiettivi dei singoli laboratori con le attitudini, gli stili di apprendimento, i bisogni educativi di ciascuno e di ciascuna e le necessità di orientamento per la futura scolarizzazione. Si è curata la composizione di gruppi eterogenei10 per provenienza, livelli di apprendimento, capacità relazionali, al fine di sviluppare le abilità sociali e moltiplicare le occasioni di incontro e relazione con alunni e alunne di altre classi.

I contenuti spaziavano dal cucito, al modellismo, alla cucina, al trekking urbano, alla fotografia, al cinema, alle tecniche di difesa personale, al laboratorio musicale.

Tutti i laboratori sono stati programmati a partire dalla disponibilità offerta da singoli docenti, sulla base dei propri curricoli disciplinari e delle proprie competenze. I laboratori hanno affiancato la programmazione curricolare delle ultime ore della mattinata e del pomeriggio, con tre obiettivi generali:

  • sviluppare le competenze trasversali, quali imparare a imparare, lo spirito d’iniziativa e di imprenditorialità e le competenze sociali e civiche;
  • potenziare la lingua italiana sia nella componente comunicativa che in quella di lingua dello studio;
  • fornire ai ragazzi e alle ragazze coinvolti nei progetti l’occasione di sperimentare l’autoefficacia e lo star bene a scuola, attraverso la costruzione di nuove relazioni sociali con alunni e alunne provenienti da altre classi diverse dalla propria, e di mettersi alla prova in attività coerenti con le proprie attitudini e con il proprio stile di apprendimento.

Sotto il profilo organizzativo la scuola, rispetto agli anni precedenti, ha utilizzato differenti strategie in relazione alla distribuzione di spazi, ai contenuti e alle risorse:

  • spazi flessibili;
  • modulazione dell’orario scolastico con la formazione di classi aperte che agiscono in parallelo ai curricoli disciplinari;
  • implementazione dell’utilizzo delle risorse umane: completamento delle cattedre dei docenti con ore laboratoriali e/o utilizzo di docenti con titolo di specializzazione sul sostegno su cattedra mista e/o utilizzo di docenti con o senza titolo di specializzazione su compresenze e co-docenze;
  • raccolta di proposte laboratoriali provenienti dai docenti sulla base delle specifiche competenze e costruzione di un database.

Secondo step: il piano della progettazione. Prassi inclusiva in apprendimento situato, il laboratorio di MGA adattato alla fascia di età 11-14 anni

Una volta strutturato il piano organizzativo, il passo successivo è quello della progettazione: ci devono essere mutamenti nell’ethos della scuola, in quanto occorre fare in modo che la scuola divenga un ambiente accogliente per i bambini con bisogni educativi speciali, perché non ci siano dubbi riguardo al loro diritto di essere lì (Oliver, 1996). Nell’istituto, sotto il profilo della progettazione, sono state fissate una serie di linee guida per la messa in atto di strategie di lavoro per lo sviluppo di competenze trasversali e di autoefficacia:

  • relazione tra docente e studente meno basata sulla valutazione delle conoscenze e più incentrata sullo sviluppo di competenze trasversali (valutazione soggettiva) (Castoldi, 2009);
  • approccio cooperativo e di mutuo aiuto tra pari;
  • apprendimento situato (Rivoltella, 2013; Bonaiuti, in Marconato, 2013).

In linea con quanto programmato dalla scuola in merito alla costituzione di ambienti di apprendimento multidisciplinari finalizzati a moltiplicare gli interventi inclusivi, si è deciso di attivare anche un laboratorio su base motorio/sportiva. L’idea di attivare un laboratorio sul tema dell’autodifesa e della prevenzione dei comportamenti antisociali è nata dall’incontro fra una docente di scienze motorie11 della scuola e un maestro di Judo, grazie all’adesione della scuola al progetto Ministeriale Scuola Attiva Junior-Sport e Salute,12 un percorso di orientamento sportivo che propone ai docenti delle scuole secondarie di primo grado di incontrare, ogni anno, due federazioni sportive per la divulgazione delle rispettive discipline.

Nel corso dell’anno scolastico 2021-22 alcune classi della scuola secondaria dell’istituto hanno avuto modo di praticare il Judo e, sulla base di quanto osservato durante la settimana dedicata a questo sport, ad esempio tendenza da parte degli alunni ad ascoltare poco e a parlare molto fra di loro, forte reattività durante gli incontri, soprattutto da parte di alcuni, con tendenza a non controllare le reazioni e a usare le mani e il corpo in generale in modo poco appropriato senza ragionare sulle conseguenze, livelli di attenzione e concentrazione generalmente piuttosto labili, la docente e il maestro hanno concordato di progettare per l’anno successivo, a.s. 2022-23, un’attività sperimentale di due ore a settimana, nel periodo compreso fra ottobre-maggio, curvata sulla prevenzione dei comportamenti antisociali e sull’acquisizione di una linea di condotta basata sul rispetto dell’altro, sull’aumento dei tempi di attesa prima di fornire una risposta aggressiva, sulla capacità di autocontrollo e di inibizione della risposta aggressiva.

I componenti del gruppo sarebbero stati scelti con un criterio di eterogeneità: ragazzi e ragazze con la passione verso lo sport e ragazzi e ragazze con bisogni educativi speciali legati in particolare alla disaffezione all’ambiente scolastico, alla difficoltà di relazione e all’intolleranza verso regole e regolamenti, al fine di stemperare le tendenze aggressive attraverso vissuti positivi nuovi e diversi da quelli cristallizzati e stereotipati all’interno delle classi di provenienza.

Nei mesi di aprile, maggio e giugno 2022 si sono tenuti incontri di programmazione dell’attività che hanno coinvolto la dirigente scolastica, la presidentessa del CONI provinciale di Trento, il presidente della Federazione FIJLKAM, sezione di Trento, la referente del Dipartimento di Scienze Motorie della Scuola Secondaria e il Maestro di Judo e Metodo Globale di Autodifesa (MGA) coinvolto direttamente nel progetto.

L’idea guida, che ha incontrato il favore di tutti, è stata quella di non limitarsi a trasferire ai ragazzi e alle ragazze del laboratorio una serie di conoscenze sul Judo e sulla Difesa Personale, ma di attivare un vero e proprio percorso di apprendimento in situazione, che li avrebbe visti diventare, nella seconda parte del progetto, gli istruttori di altri ragazzi e ragazze provenienti da tutte le classi dell’istituto, in particolare le classi prime.

Vivere infatti in modo concreto e situato l’esperienza di chi «prima impara e poi insegna» avrebbe indotto gli allievi e le allieve del laboratorio a una riflessione sull’attività a livello più profondo e metacognitivo, con ricadute in termini di generalizzazione dell’esperienza sulla vita scolastica ed extrascolastica. Il meccanismo che si instaura in una relazione di insegnamento-apprendimento e che si è cercato di riprodurre nel vissuto dei ragazzi-istruttori e delle ragazze istruttrici ha lo scopo di sviluppare il senso di autoefficacia e di competenza, in quanto all’interno delle situazioni motorie proposte si è chiesto di dominare le situazioni e di autonarrare vissuti di successo personale, alimentando la fiducia nelle proprie capacità e costruendo in senso positivo ed efficace una nuova e possibile immagine di sé (Maulini, Migliorati e Isidori, 2017). La progettazione del laboratorio di autodifesa è stata elaborata sulla base di una serie di dati raccolti e analizzati, riferiti all’anno scolastico 2021-22 (tabella 1).

Completata l’analisi della situazione di partenza, sono stati fissati gli obiettivi formativi e didattici per la progettazione da avviare nel successivo anno scolastico, senza discostarsi da quanto previsto dalle linee guida del Piano d’Istituto, in particolare per quanto concerne l’Educazione alla Cittadinanza e all’Inclusione (tabella 2).

Il terzo passaggio, che ha comportato la fase organizzativa vera e propria, ha previsto la costruzione del gruppo, sulla base di criteri concordati con il team dirigente, e la definizione delle risorse necessarie e dei tempi di svolgimento (tabella 3).

La scelta dei contenuti è stata concordata dalla docente con il maestro di Judo e si è optato per un laboratorio che non si caratterizzasse tanto sul passaggio di contenuti dai docenti ai discenti quanto piuttosto sul passaggio di consegne dagli adulti agli alunni, al fine di ottenere un trasferimento di conoscenza fra pari, che mettesse gli allievi del gruppo in condizione di sperimentarsi come agenti attivi nel laboratorio (tabella 4).

Nel secondo quadrimestre gli allievi del gruppo sono diventati istruttori di altre classi che, a turno, si sono avvicendate di settimana in settimana nel ruolo di allievi del gruppo formato dai due docenti adulti e dai partecipanti al laboratorio (tabella 5).

Tabella 1

Criteri oggetto di analisi per la situazione di partenza (a.s. 2021-2022)

Anno scolastico 2021-2022: classi coinvolte nel progetto Scuola Attiva Junior con intervento del Maestro di Judo

Nell’anno scolastico precedente l’anno del progetto, 16 classi tra prime, seconde e terze secondarie di primo grado, su un totale di 25, hanno aderito al progetto ministeriale Scuola Attiva junior.

Due docenti su tre di Scienze Motorie interni alla scuola hanno aderito al progetto.

Presenza di caratterizzazioni nel curricolo

Classi con metodologia Content and Language Integrated Learning (CLIL).

Classi a indirizzo musicale (SMIM).

Classi con progetto bilingue.13

Numero di alunni per classe

Da un minimo di 16 a un massimo di 25.

Composizione in base al genere

Distribuzione eterogenea all’interno delle classi. Omogenea fra classi diverse.

Presenza di alunni con bisogni educativi speciali

Distribuzione omogenea delle tipologie di bisogni specifici nelle classi CLIL, SMIM e bilingue.14

Distribuzione superiore della percentuale di alunni di madrelingua non italiana nelle classi CLIL rispetto alle classi SMIM e bilingue. Questa distribuzione non è omogenea in quanto alle classi SMIM e Bilingue si accede previa richiesta specifica; la maggior parte delle famiglie degli studenti provenienti da altri Paesi non presenta richiesta per questi due curricoli, ma per il curricolo CLIL.

Caratteristiche che si sono rese evidenti durante il percorso

In tutti i gruppi classe è stata registrata la presenza di alunni/e con:

  • difficoltà di attenzione e concentrazione;
  • difficoltà a comprendere le consegne per motivi diversi;
  • difficoltà a gestire lo spazio e le distanze;
  • difficoltà nel rispetto delle regole;
  • difficoltà nel rispetto dell’adulto e dei pari;
  • basso livello di autocontrollo in relazione all’uso della voce, del linguaggio, della propria fisicità nei confronti degli altri, con intrusioni nello spazio altrui e con inclinazione al conflitto.

Tabella 2

Obiettivi del laboratorio per l’a.s. 2022-2023 sulla base dell’analisi della situazione di partenza

Obiettivi Formativi del Laboratorio di Difesa Personale

  • promuovere l’autostima e l’autodeterminazione;
  • prevenire e contenere i comportamenti antisociali;
  • promuovere il successo scolastico;
  • promuovere una maggiore autoefficacia nelle relazioni;
  • promuovere lo «star bene a scuola»;
  • migliorare il rispetto e il riconoscimento dell’altro;
  • potenziare l’uso della lingua italiana orale nelle funzioni espositiva, argomentativa, regolativa;
  • potenziare la conoscenza e l’uso della lingua della comunicazione nelle funzioni informativa, espressiva e di contatto.

Obiettivi didattici per l’area delle Scienze Motorie

  • migliorare la coordinazione generale;
  • migliorare il potenziamento generale;
  • migliorare la capacità di lavorare in squadra;
  • migliorare la capacità di rispettare l’altro visto sia come compagno che come avversario;
  • sviluppare il rispetto delle regole.

Obiettivi per Educazione alla Cittadinanza (ECC)

  • sviluppare modalità consapevoli di esercizio della convivenza civile, di rispetto delle diversità, di confronto responsabile e dialogo;
  • comprendere il significato delle regole per la convivenza sociale;
  • rispettare le regole per la convivenza sociale.

Tabella 3

L’organizzazione del progetto

Anno scolastico 2022-2023: alunni e alunne del laboratorio

18 alunni/e provenienti da classi dell’istituto (5 femmine e 13 maschi).

Fra questi 6 alunni con bisogni specifici a vario titolo: due alunni/e con disabilità; alunni/e con scarsa motivazione verso le attività scolastiche; alunni/e con difficoltà a esprimersi nella lingua italiana perché neoarrivati.

I componenti del gruppo sono stati suggeriti dai consigli di classe, alcuni per media o buona attitudine verso le attività motorie, altri perché era convinzione che l’inserimento in un’attività sportiva, particolarmente finalizzata al rispetto delle regole come le Arti Marziali, potesse migliorare l’atteggiamento verso la scuola e verso gli altri. La partecipazione era subordinata al consenso della famiglia e all’interesse degli alunni e delle alunne coinvolti.

Quattro alunni/e hanno lasciato il percorso durante o alla fine della prima parte del programma per motivi legati a diversa organizzazione scolastica (coincidenza con progetti ponte verso la scuola superiore). Tre alunni hanno chiesto di lasciare il percorso durante la seconda parte del programma.

Adulti coinvolti

Interno: Docente con incarico su Scienze Motorie e Sostegno (Cattedra mista), in possesso del titolo di specializzazione.

Esterno: Maestro di Judo e Istruttore di MGA.

Tempi

Durata annuale con lezioni a cadenza settimanale.

Martedì, dalle 11.35 alle 13.17.

Laboratorio inserito in orario curricolare. Gli studenti partecipanti, autorizzati dai genitori, uscivano dalle rispettive classi, affidati dal docente in servizio alla docente di scienze motorie, e si recavano in palestra per svolgere l’attività di Tecniche di autocontrollo e autodifesa.

Ricadute in ambito curricolare e valutazione

Il laboratorio è stato corredato da un registro tenuto dalla docente di Scienze Motorie, in cui sono state riportate le presenze e la valutazione che, alla fine del primo e del secondo quadrimestre, ha contribuito a formulare il voto negli ambiti di Educazione alla Cittadinanza, Scienze Motorie ed area espressiva.

Tabella 4

Dalla conoscenza al trasferimento di conoscenza. Prima fase

Primo quadrimestre: consapevolezza e conoscenza

La costruzione del gruppo

Ottobre 2022

Importanza del saluto al maestro, al docente, agli altri componenti del gruppo: il rispetto dell’altro parte dal riconoscimento dell’altro (modeling).

Esercizi di riscaldamento in cerchio, sul rettangolo di lavoro. Esercizi individuali e a coppie.

Esercizi di collaborazione a coppie e a piccoli gruppi.

Il contatto fisico con l’altro. La distanza e l’intrusione nel proprio spazio: accettazione e rifiuto.

La costruzione dell’autocontrollo (1)

Novembre-dicembre 2022

In coppia, esercizi di:

  • controllo dello spazio circostante;
  • controllo del compagno di fronte;
  • controllo della distanza fra sé e il compagno/avversario:
  • difesa da una spinta, come comportarsi in caso di aggressione: cercare la conciliazione mai l’attacco;
  • proporzionalità della difesa (cosa dice la legge).

la costruzione dell’autocontrollo (2)

Dicembre 2022-gennaio 2023

In gruppo rispettando il proprio turno (modeling, prompting):

  • esercizi «contro la paura» (occhi chiusi, controllo dello spazio, controllo del proprio corpo in spostamento, controllo dello spazio occupato dal proprio corpo rispetto allo spazio occupato dagli altri);
  • rotolamenti, capovolte avanti e indietro, pre-acrobatica.

Tecnica specifica

Dicembre 2022-gennaio 2023

Esercizi di difesa personale a coppie e in gruppo.

Studio delle distanze interpersonali, la distanza di sicurezza.

Occupazione del proprio campo visivo, «zona buia» e area di sicurezza personale.

Esercizi di simulazione di attacco e difesa con role-playing.

Tabella 5

Dalla conoscenza al trasferimento di conoscenza. Seconda fase

Secondo quadrimestre: il trasferimento della conoscenza.

Gli allievi del gruppo diventano istruttori per altre classi

Tre incontri di preparazione per formarsi come «istruttori» per le altre classi

Febbraio-maggio 2023

Il gruppo si riduce a 11 allievi/e.

I componenti del gruppo si sono messi alla prova nelle fasi di saluto, riscaldamento, esercizi a coppie, spiegazione delle finalità dei singoli esercizi, ricoprendo a turno il ruolo di istruttori (role playing e fading).

Incontri con alunni/e di alcune classi prime e seconde dell’Istituto, che a turno, ogni martedì, per due ore, si sono recati in palestra accompagnati da un docente e sono diventati «allievi e allieve» del gruppo di «istruttori e istruttrici»

I componenti del gruppo si sono messi in gioco, sotto la supervisione del maestro e della docente di Scienze Motorie, come istruttori delle classi ospiti e hanno sperimentato in prima persona il ruolo di insegnante, trasferendo tutto ciò che hanno imparato agli alunni delle classi ospiti:

  • impostazione della fase di saluto;
  • impostazione della fase di riscaldamento;
  • divisione degli alunni ospiti a coppie o in piccoli gruppi in base all’esercizio da svolgere;
  • spiegazione delle finalità che ogni esercizio si prefigge;
  • spiegazione del concetto di visione del campo e di sicurezza personale; spiegazione del concetto di difesa senza offendere;
  • spiegazione del concetto di difesa proporzionale;
  • richiesta al gruppo ospite se l’esercizio fosse stato compreso con passaggio dalla formula «avete capito?» a «sono stato chiaro?»;
  • impostazione del saluto finale.

Due incontri, uno intermedio e uno finale, senza classi ospiti

Maggio 2023

Riflessione fra il gruppo degli alunni che hanno preso parte alle attività laboratoriali e i docenti su quello che hanno imparato e su eventuali proposte di modifica per un eventuale corso nell’anno successivo.

Compilazione di un questionario di valutazione/autovalutazione, discussione.

Il questionario di valutazione e autovalutazione: discussione

Nell’ultima lezione del percorso, è stato somministrato un questionario, riportato in appendice all’articolo, finalizzato a ottenere un feedback dei componenti del gruppo sul gradimento del percorso svolto e sull’eventuale nuova rappresentazione di sé in termini di autoefficacia e di benessere sperimentato a scuola. Il questionario è stato pensato come uno strumento utile per valutare sia il percorso di apprendimento degli alunni, sia l’eventuale strutturazione di nuove proposte didattiche future. Gli 11 questionari somministrati sono stati restituiti compilati. Il questionario consta di 12 item: 1 domanda a risposta multipla, 2 domande a risposta chiusa, 6 domande a risposta chiusa con possibilità di specificare la motivazione dell’opzione scelta, 3 domande a risposta aperta.

Per quanto riguarda i risultati emersi dalle risposte alle domande a scelta multipla e alle domande chiuse si è proceduto a un’analisi descrittiva per la rilevazione delle frequenze.

Alla prima domanda che indagava perché, secondo loro, fossero stati inseriti in quel laboratorio, 6 su 11 hanno risposto: «per farmi vivere un’esperienza nuova», 4 su 11: «perché sono bravo/a», soltanto 1 su 11 si è percepito come persona che aveva «necessità di migliorare nelle relazioni».

La seconda e la terza domanda chiedevano una restituzione su quanto imparato nelle due differenti modalità di vissuto laboratoriale sperimentate nel primo (come allievi) e nel secondo quadrimestre (come istruttori). L’opzione di risposta prevalente alla seconda domanda riporta che la maggior parte dei componenti rileva di aver appreso tecniche di difesa, mentre alla terza domanda 9 su 11 hanno risposto di «essersi sentito/a bravo/a».

Tale valore preponderante avrebbe fatto supporre un maggiore gradimento dell’attività proposta nel secondo quadrimestre, quando erano i ragazzi e le ragazze a essere i/le protagonisti dell’attività, rispetto al primo in cui le lezioni erano condotte dai docenti. In realtà alla quarta domanda in cui si chiedeva se fosse piaciuta di più l’attività del primo o del secondo quadrimestre la metà delle risposte si è collocata su «entrambi i quadrimestri», a cui si aggiunge un quarto di preferenze per il secondo e pari preferenze a favore del primo.

Si evince che il livello di benessere percepito in tutte e due le attività, da discenti prima e da «docenti» poi, sia paritario, con uno spostamento sensibile verso l’attività in cui si sono rappresentati come protagonisti. Probabilmente l’opportunità di esperire una situazione comunque motivante, in una modalità o nell’altra, ha restituito loro un vissuto di autoefficacia che ha fatto passare in secondo piano il ruolo da loro preferito, considerato che 9 su 11 hanno risposto che «il laboratorio è piaciuto e che non cambierebbero nulla» (domanda n. 5).

Soltanto uno ha risposto che «farebbe fare più esercizi su come insegnare», quindi più training. Altro rinforzo alla presenza di percezione di autoefficacia proviene dalle risposte alla domanda n. 6, che indagava sulla eventuale intenzione di re-iscriversi al corso e alla quale 7 su 11 hanno risposto di sì perché «il corso è bello», «mi trovo bene in quell’ambiente», «mi aiuterebbe a mantenere la calma».

Dei restanti 4 che hanno risposto di no, in 3 hanno specificato «perché il prossimo anno non ci sarò». Per comprendere in maniera più approfondita le percezioni degli alunni sull’esperienza vissuta è stata eseguita un’analisi qualitativa. Le risposte alle domande aperte sono state analizzate tematicamente (Bogdan e Biklen, 2007) utilizzando l’approccio fenomenologico interpretativo (Crotty, 1998). Sono stati usati i criteri di analisi di Johnson e Christensens (2004) per raggruppare i codici emergenti che sono stati successivamente aggregati per creare categorie.

Le categorie emerse sono le seguenti:

  • Competenze/conoscenze;
  • Percezioni positive;
  • Autoefficacia;
  • Percezioni negative/difficoltà.

Relativamente al tema «Competenze e conoscenze» la maggioranza risponde affermativamente, perché ha imparato esercizi che non conosceva o perché ha imparato a controllare le proprie reazioni. Nell’ambito della dimensione «Percezioni positive» generalmente gli studenti manifestano una sensazione di benessere in merito al lavoro di gruppo e alla collaborazione con i compagni. In merito al tema «Autoefficacia» tutti gli alunni si sono percepiti positivamente per quanto riguarda l’acquisizione delle conoscenze e delle competenze e tre in particolare proiettano verso il futuro la possibilità di applicare quanto imparato: «Questo laboratorio mi ha aiutato molto perché io non so fare amicizia facilmente, mi ricorderò per sempre di queste lezioni»; «Ci vuole tempo per imparare ma spero che riuscirò ad applicare quello che ho imparato»; «Non credo che applicherò sempre quello che ho imparato però posso pensarci».

Per quanto riguarda il tema «Percezioni negative/Difficoltà» oltre la metà ha dichiarato di aver vissuto almeno un momento di disagio (domanda n. 9), ad esempio «quando parlava ad alta voce davanti a tutti», perché riferito alla fase iniziale «prima di conoscere il gruppo» o perché il ruolo dell’istruttore «era un ruolo nuovo», mentre sulle preferenze in merito agli esercizi svolti (domanda n. 10) le risposte si sono equamente distribuite fra «difesa», «riscaldamento» e altro.

In realtà il disagio rappresentato in queste risposte potrebbe essere ricondotto a una cornice di apprendimento e di crescita, dunque alla creazione di un nuovo significato che, a partire dalla rottura di un’abitudine, ricostruisce nuovo senso e nuova valutazione delle azioni compiute, in quanto nelle risposte si rintracciano un imbarazzo o un disagio non dovuti a inadeguatezza quanto piuttosto a una situazione nuova e stimolante. Solo una risposta riporta il disagio dovuto a irritazione «perché quando io spiegavo qualcuno rideva». Anche in questa risposta è chiara la lettura di un processo di valutazione messo in atto da chi ha risposto, in quanto viene meno l’aspettativa legata a vissuti abituali e prevedibili quali il processo di insegnamento-apprendimento vissuto fra docente e studente, che solitamente vede nel ruolo di docente uno status di autorevolezza che invece è mancato nell’esperienza percepita dallo/a studente.

La prospettiva di significato (Mezirow, 2016) messa in atto nella risposta indica che l’esperienza pregressa già esistente interviene e trasforma l’esperienza nuova che si mette in atto, dando vita a un processo di interpretazione che è alla base di un nuovo apprendimento. La resistenza al cambiamento, presente in alcune testimonianze, suggerisce, infine, una traccia di lavoro per i docenti: «Tutto quello che ho imparato non mi sarà utile perché, se qualcuno vuole farmi del male, anche io gli faccio male».

Conclusioni

I risultati emersi dai questionari evidenziano nei ragazzi e nelle ragazze una percezione positiva relativamente all’efficacia e autorevolezza del proprio operato. Si può affermare cioè che il percorso di apprendimento ha trasformato le conoscenze acquisite in competenze da applicare su altri, con ricadute in termini di autoefficacia, quest’ultima rinforzata dagli adulti, dai compagni stessi, e infine dall’azione riflessiva determinata da una rivalutazione dei presupposti da cui erano partiti, attività, questa, di tipo metacognitivo (Wells, 2002; Velzen, 2016; Cornoldi, De Beni e Gruppo MT, 2020).

La maggior parte dei ragazzi e delle ragazze ha riportato, prima negli atteggiamenti e poi nelle risposte al questionario, una crescita sensibile dell’autostima e una revisione critica della propria immagine, della propria identità, sviluppando autodeterminazione («non credo che applicherò sempre quello che ho imparato, però posso pensarci»). Prendendo a prestito ricerche svolte nell’ambito della teoria sociale cognitiva, utili se andiamo a riflettere sui percorsi di apprendimento di giovani che rischiano di compiere non-scelte in merito al loro futuro di studio e lavoro, è possibile sostenere che la valutazione che ogni persona ha circa la propria efficacia e le proprie capacità riesce a influenzare in modo pervasivo i comportamenti e le azioni (Bandura, 2000; Knights e Wilmott, 2007). Questo lascia intuire come alcune persone non tentino neppure di svolgere alcune azioni, semplicemente perché temono di non avere la capacità di portarle a termine adeguatamente.

La percezione della propria autoefficacia, in senso positivo o negativo, influenza dunque fortemente sia i comportamenti che le aspirazioni di ogni individuo, a maggior ragione se facciamo riferimento a individui giovani, in età scolare, in procinto di compiere scelte che potrebbero condizionare la loro vita futura e quella della società civile che li include. L’auto-osservazione del comportamento è parte della soluzione, così come far esperire situazioni di autoefficacia comporta l’aumento della motivazione (Bandura 2000).

Gli obiettivi difficili conducono a performance più elevate rispetto a obiettivi facili da raggiungere o a generiche affermazioni del tipo «Fai del tuo meglio»; inoltre elogi e feedback rivolti ai risultati fanno la differenza nei comportamenti individuali. Le teorie citate possono essere riportate al caso studio con le considerazioni che ne derivano: studenti demotivati, «difficili», con bisogni che, a vario titolo, possono essere definiti speciali e che vivono la scuola come un luogo inospitale, possono essere recuperati alla comunità scolastica, e di conseguenza alla futura comunità lavorativa, attraverso esperienze concretamente situate e per loro più facilmente leggibili. Le dinamiche d’aula basate su una relazione di apprendimento più trasmissiva e meno esperienziale possono generare situazioni nelle quali gli studenti si identificano solo attraverso meccanismi di valutazione e autovalutazione negativa (Passalacqua, Ribis e Zecca, 2020), mentre le esperienze laboratoriali consentono la condivisione di spazi e tempi con i pari all’interno dei quali possono esperire vissuti di self-efficacy.

Gli obiettivi di performance non devono essere percepiti come obiettivi semplici ma, al contrario, come obiettivi complessi, purché ben esplicitati, con il giusto supporto da parte dell’adulto percepito come figura di riferimento che dà fiducia e che, all’occorrenza, fornisce critiche motivate, feedback ed elogi (Marzano e Marzano, 2003; Brophy, 2010). Infine, l’automotivazione è legata all’empowerment: i ragazzi hanno vissuto la «delega» a fare da istruttori come una dimostrazione di successo possibile. In tal modo la maggior parte degli allievi ha maturato l’opinione di essere «competente», esercitando sugli alunni delle classi ospiti un «potere» di controllo durante la lezione e questo ha influenzato positivamente l’immagine che l’alunno ha di sé, perché «la competenza si acquisisce grazie all’opinione in merito alle proprie capacità» (Knights e Wilmott, 2007, p. 39). Il progetto fin qui descritto si presta a stimolare la riflessione su una futura ricerca scientifica da declinarsi come studio di caso o di ricerca azione.

Limiti e prospettive future

Il presente progetto può contribuire a stimolare la riflessione sulla promozione dell’autoefficacia negli studenti e nelle studentesse attraverso attività esperienziali, anche grazie all’adozione di metodologie come, ad esempio, la ricerca-azione, in modo tale da seguire per tutto il corso dell’anno scolastico alunni, alunne e docenti coinvolti nelle attività di autodifesa proposte. Sarebbe interessante, infatti, strutturare questionari ad hoc sulla percezione dell’autoefficacia e dell’autostima da somministrare anche agli insegnanti. Tali strumenti di indagine potrebbero essere proposti in tre fasi distinte:

  • iniziale: rilevazione delle preoccupazioni e delle aspettative;
  • in itinere: monitoraggio relativo al senso di autoefficacia e al grado di soddisfazione;
  • finale: percezioni sul senso di autoefficacia, valutazione e aspettative per il futuro.

L’utilizzo di focus group e di interviste, infine, rivolti a insegnanti e ad alunni e alunne, potrebbe essere funzionale per supportare i dati emersi dai questionari e per stimolare una costante autoriflessione in tutte le fasi delle attività esperienziali proposte.

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MIUR (2009), Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, https://www.miur.gov.it/documents/20182/0/Linee+guida+sull%27integrazione+scolastica+degli+alunni+con+disabilit%C3%A0.pdf/7e814545-e019-e34e-641e-b091dfae19f0 (consultato il 6/05/2023).

MIUR (2014), Linee guida per l’accoglienza degli alunni stranieri,

https://www.miur.gov.it/documents/20182/2223566/linee_guida_integrazione_alunni_stranieri.p%20df/5e41fc48-3c68-2a17-ae75-1b5da6a55667?t=1564667201890 (consultato il 6/05/2023).

MIUR-DGSIS-Ufficio Gestione Patrimonio informativo e Statistica, dispersione complessiva, https://www.miur.gov.it/documents/20182/0/La+dispersione+scolastica+aa.ss.2018-2019+e+aa.ss.2019-2020.pdf/99ea3b7c-5bef-dbd1-c20f-05fed434406f?version=1.0&t=1622822637421(consultato il 15/05/2023).

MIUR (2023-2024), Scuola Attiva Junior. Sport e salute, https://www.sportesalute.eu/progettoscuolattiva.html

(consultato il 9/06/2023).

Provincia Autonoma di Trento (2012), Bisogni Educativi Speciali. Linee guida 2012, https://dsatrentino.altervista.org/wp-content/uploads/2014/12/2012-04-PAT-bes-linee-guida.pdf (consultato il 6/05/2023).

Provincia Autonoma di Trento (2012), Inserimento e integrazione degli studenti stranieri Linee guida per le istituzioni scolastiche e formative della Provincia di Trento (2012),

https://www.vivoscuola.it/content/download/98818/2083511/file/Linee%20guida.pdf (consultato il 15/05/2023).

Regolamento recante indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, a norma dell’articolo 1, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89, https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:ministero.istruzione.universita.e.ricerca:decreto:2012-11-16;254!vig=2022-09-01(consultato il 6/05/2023).

Relazione conclusiva della Commissione Falcucci concernente i problemi scolastici degli alunni handicappati (1975), https://www.edscuola.it/archivio/didattica/falcucci.html (consultato il 23/11/2023).

APPENDICE

LABORATORIO DI DIFESA PERSONALE

Questionario di valutazione e autovalutazione

Rilevamento della percezione relativa al benessere degli alunni

1. Secondo il mio parere, perché i miei docenti mi hanno proposto di inserirmi in questo laboratorio?

  • Perché sono bravo/a nelle attività motorie.
  • Per migliorare le mie relazioni con compagni e compagne.
  • Per aiutarmi a esprimermi meglio in italiano.
  • Per farmi vivere un’esperienza nuova e diversa.

2. Che cosa ho imparato dall’esperienza del primo quadrimestre?

  • Ho imparato esercizi per la difesa personale.
  • Ho imparato a salutare le persone quando entro in una stanza.
  • Ho imparato a rispettare i compagni.
  • Ho imparato a difendermi se mi aggrediscono.
  • Ho imparato ad aggredire le persone che non mi piacciono.
  • Ho imparato che essere violenti non serve a niente.
  • Altro: Ho imparato a ___________________________________________

3. Che cosa ho imparato dall’esperienza del secondo quadrimestre? Mi conosco meglio? (Quando ho lavorato io come istruttore/istruttrice delle altre classi)

Riesco a parlare a voce alta davanti ai miei compagni e ai professori Q Sì Q No

Ho imparato a insegnare una serie di esercizi ad altri compagni Q Sì Q No

Mi sono sentito bravo/brava Q Sì Q No

Altro:___________________________________________

4. Mi è piaciuto di più il lavoro nel primo quadrimestre o nel secondo?

  • Nel primo (il maestro e la prof. facevano lezione).
  • Nel secondo (facevamo lezione noi ragazzi).
  • Mi sono piaciuti tutti e due.

5. Che cosa cambierei del laboratorio che ho seguito? (cosa mi è piaciuto di meno oppure cosa avrei fatto in modo diverso?)

6. Lo rifarei il prossimo anno?

  • No
  • Perché?

7. Mi sono trovato/a bene con il gruppo dei miei compagni/e? Q Sì Q No

8. Ho lavorato bene con loro? Q Sì Q No

9. Ci sono stati momenti in cui sono stato/a a disagio? Q Sì Q No

Se sì, prova a spiegare perché______________________________________________________________

10. Qual è l’esercizio che ricordo di più/meglio oppure che mi ha colpito di più?

11. Mi sento cambiato/a alla fine di questo percorso? (Scegli un’opzione)

  • No, perché non ho imparato nulla.
  • Sì, perché ho imparato esercizi e movimenti che non conoscevo.
  • Sì, perché ho imparato a controllare meglio le mie reazioni.
  • Sì, perché ho imparato a rispettare le regole
  • Altro: ___________________________________________

12. Provo a scrivere un mio pensiero su quello che ho imparato (è stato facile, difficile, credo che applicherò le regole che ho imparato anche fuori dalla scuola, non credo che sarò capace di applicare quello che ho imparato perché…, altro)


1 Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive, Università di Trento. Sono da attribuire a Michelina Valenza: Introduzione, La scuola nella percezione degli adulti e dei ragazzi, I due punti cardine per una scuola inclusiva: l’organizzazione e la progettazione, Finalità del Progetto, Alcune note metodologiche, Primo step: il piano dell’organizzazione, Secondo step: il piano della progettazione. Prassi inclusiva in apprendimento situato, il laboratorio di MGA adattato alla fascia di età 11-14 anni, Il questionario di valutazione e autovalutazione: discussione, Conclusioni; a Fabio Filosofi: Il questionario di valutazione e autovalutazione: discussione, Conclusioni, Limiti e prospettive future.

2 Department of Psychology and Cognitive Sciences, University of Trento.

3 Cfr. Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012; Circolare Ministeriale n. 8 del 6 marzo 2013; Linee guida per i Bisogni Educativi Speciali, Provincia Autonoma di Trento, 5 aprile 2012.

4 Cfr. Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, Primo pilastro, 2017, p. 24.

5 Cfr. il Regolamento recante indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione (DPR 20/03/2009, in vigore dal 2013).

6 Apprendimento per imitazione di un modello di comportamento (Bandura, 1962).

7 Strategia comportamentale. Misure didattiche sotto forma di aiuti, integrate nel contesto di apprendimento, e finalizzate a supportare lo studente in specifiche attività metacognitive (Pedone, 2015).

8 Strategia comportamentale. Progressiva riduzione degli aiuti per sviluppare maggiore autonomia (Faiella, 2022).

9 Scambio di ruoli fra adulti e alunni/e, che vede gli/le alunni/e trasformarsi in docenti di altri alunni/e.

10 L’eterogeneità dei gruppi per livelli di apprendimento, stili cognitivi e capacità relazionali, è stata garantita nel rispetto delle Linee Guida Ministeriali per l’integrazione scolastica del 2009.

11 L’autrice dell’articolo.

12 Il link al progetto completo: https://www.sportesalute.eu/progettoscuolattiva.html (consultato il 5 dicembre 2023).

13 Progetto Classi Bilingui, per la lingua inglese. Il curricolo prevede lezioni di Arte e Scienze con docente madrelingua inglese, co-docenze sulla disciplina Inglese con docente madrelingua, due ore settimanali di matematica in inglese con docente formato sulla metodologia CLIL.

14 Cfr. le Linee guida per i Bisogni Educativi Speciali della Provincia Autonoma di Trento (2012).

Vol. 23, Issue 1, February 2024

 

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