Vol. 19, n. 1, febbraio 2020

Cantiere aperto

Valutare la qualità dell’inclusione scolastica

Un framework ecologico

Dario Ianes1 e Silvia Dell’Anna2

Sommario

A livello internazionale, i principi e i valori dell’Inclusive Education sono ampiamente affermati e riconosciuti. Tuttavia, la loro attuazione si realizza in un clima di dibattito e contrasti anche accesi, accompagnati da un diffuso scetticismo e tentativi di delegittimazione.

In Italia, il recente decreto n. 66/2017, aggiornato dal decreto 96/2019, chiede la definizione di un modello di valutazione del sistema scolastico inclusivo che garantisca adeguati livelli di qualità, non solo per quanto riguarda i processi di implementazione ma anche in relazione agli esiti.

A partire dai risultati di alcune systematic review condotte nel settore, il presente contributo ricostruisce l’attuale panorama della ricerca internazionale e italiana individuando le difficoltà e sfide sul piano dell’implementazione e le trappole di tipo concettuale e metodologico sul piano della ricerca. Sulla base di tali riflessioni, l’articolo propone e discute un elenco di principi guida per la costruzione di un modello ecologico per la valutazione della qualità dell’inclusione scolastica.

Parole chiave

Inclusione scolastica, valutazione, qualità, framework ecologico.

OPEN PROJECT

Evaluating the quality of inclusion

An ecologic framework

Dario Ianes3 and Silvia Dell’Anna4

Abstract

At international level, the principles and values of Inclusive Education are widely supported. However, their implementation takes place in an atmosphere of debate and even heated contrasts, accompanied by widespread skepticism and attempts to delegitimize it.

In Italy, the recent decree n. 66/2017, updated by decree 96/2019, calls for the definition of an evaluation model of the inclusive school system, which should guarantee adequate quality levels, not only regarding the implementation processes but also in relation to its outcomes.

Starting from the results of some systematic reviews conducted in the field, this contribution first describes the current state of research, on the one hand underlining the difficulties and challenges in terms of implementation, on the other reflecting on the conceptual and methodological barriers. Based on these reflections, the article suggests and subsequently discusses a list of guiding principles for the construction of an ecological model for evaluating the quality of school inclusion.

Keywords

School inclusion, evaluation, quality, ecological framework.

Introduzione

L’inclusione scolastica è un fenomeno multidimensionale, articolato su quattro piani tra loro altamente interconnessi (Cottini, 2017). Sul piano dei principi si definiscono ideali e valori condivisi da trasferire e concretizzare a livello di implementazione, sul piano organizzativo e sul piano metodologico-didattico. Infine, il piano dell’evidenza empirica costituisce il livello della legittimazione scientifica, socio-culturale e politica. Oltre a corroborare i principi di riferimento, l’evidenza empirica garantisce un processo costante di rigenerazione delle pratiche, in una direzione di maggiore qualità.

Se da un lato, a livello internazionale, i principi e i valori risultano ampiamente riconosciuti, come testimonia la ratifica della Convenzione per i diritti delle persone con disabilità (UN, 2006) da parte di quasi tutte le nazioni5, dall’altro la loro attuazione si realizza in un clima di dibattito e contrasti anche accesi, che sfociano talvolta in un aperto inclusio-scetticismo che però non trova adeguate risposte a livello empirico (Ianes e Augello, 2019; Imray e Colley, 2017).

In Italia, alla luce delle richieste contenute nell’art. 4 del recente decreto n. 66/2017, aggiornato dal decreto 96/2019, risulta prioritario definire opportune modalità di valutazione dell’inclusione scolastica, al fine di garantire livelli di qualità, non solo per quanto riguarda i processi di implementazione ma anche in relazione agli esiti dell’inclusione.

A partire dai risultati di alcune systematic review condotte nel settore (es. Amor et al., 2019; Dell’Anna, Pellegrini e Ianes, 2019; Dell’Anna, Pellegrini, Ianes, e Vivanet, submitted; Van Mieghem et al., 2018), il presente contributo ricostruisce l’attuale panorama della ricerca internazionale e italiana sull’inclusione scolastica, individuando le difficoltà e le sfide sul piano dell’implementazione e le trappole di tipo concettuale e metodologico sul piano della ricerca. Sulla base di tali riflessioni, l’articolo propone e discute, successivamente, un elenco di principi guida per la costruzione di un modello ecologico per la valutazione della qualità dell’inclusione scolastica.

Definire, realizzare e studiare l’inclusione scolastica

L’inclusione scolastica trova ampia legittimazione nelle normative e nei documenti ufficiali di organismi internazionali di altissima rilevanza, dalle Nazioni Unite (art. 24, UN, 2006), all’UNESCO (IBE-UNESCO, 2016; UNESCO, 2016; 1994), all’Agenzia Europea per i Bisogni Educativi Speciali e l’Istruzione Inclusiva (EADSNE, 2009; 2012). Altrettanto avviene a livello nazionale, dove possiamo citare in particolare — oltre alla ratifica della Convenzione ONU, con la Legge n. 18 del 3 marzo 2009 — i recenti DLgs 96/2019 e 66/2017.

Nonostante tali premesse, numerosi autori riflettono sulle incomprensioni esistenti a livello concettuale sul tema dell’inclusione, dovute alla mancanza di accordo sulla definizione di «contesto inclusivo» (D’Alessio e Watkins, 2009), spesso riduttivamente associato alla disabilità e al solo accesso al sistema di istruzione generale (Nilhom e Göransson, 2017).

Sul piano dell’implementazione troviamo poi una grande varietà di situazioni, anche solo a livello europeo (EASNIE, 2017), con modalità più o meno estese in relazione al livello scolastico e alle tipologie di disabilità.

Il modello di implementazione italiano rappresenta, con i suoi oltre 40 anni di storia, uno dei pochissimi esempi di politica nazionale estesa, strutturata dal nido fino all’istruzione universitaria, e accessibile a tutti gli alunni e gli studenti, indipendentemente dalla gravità della loro disabilità.

Le premesse legislative e la lunga tradizione potrebbero condurre a ritenere il modello italiano un’avanguardia esportabile.

Tuttavia, il settore appare spesso viziato da una retorica ridondante, una narrazione autoreferenziale che rischia di ostacolare il progresso dell’inclusione (Ianes e Augello, 2019). Infatti, se da un lato gli ideali, i valori e i principi rappresentano il polmone del sistema, dall’altro rischiano di divenire un alibi che lo legittima e lo rende inattaccabile.

L’incongruenza tra principi e attuazione si materializza nell’inclinazione alla medicalizzazione rassicurante, nella ricerca di soluzioni particolari, individuali, correttive, che si traducono in etichette, categorie, certificazioni e in un «incremento quantitativo delle risorse» che non necessariamente è sinonimo di maggiore qualità (Ianes e Augello, 2019, p. 42). I numerosi fenomeni critici rilevati rappresentano la cartina al tornasole delle barriere concettuali e strutturali esistenti (Associazione TreElle, Caritas, Fondazione Agnelli, 2011; Corte dei Conti, 2018; Devecchi et al., 2012; D’Alessio, 2011; Demo, 2014; Nes, Demo e Ianes, 2017).

Infine, il piano della ricerca empirica risulta uno dei più sofferenti, essendo il piano su cui si accumulano barriere di tipo concettuale, attuativo e metodologico (Dell’Anna e Pellegrini, 2019).

Nell’ambito della ricerca, la retorica dell’inclusione come bene assoluto diviene barriera alla conoscenza e consente al sistema di costruire meccanismi di tutela da qualunque tentativo di studio, analisi e valutazione. In Italia la cecità prodotta da questa retorica emerge anche dall’esigua disponibilità di dati di ricerca (Begeny e Martens, 2007; Cottini e Morganti, 2015a) che, come conseguenza, riduce la credibilità del modello italiano a livello internazionale.

Valutare la qualità dell’inclusione scolastica

Negli ultimi due decenni, a livello internazionale, il settore relativo alla valutazione della qualità del sistema scolastico ha visto una costante espansione, portando all’introduzione progressiva di indagini su vasta scala, focalizzate nello specifico sulla misurazione degli apprendimenti degli studenti con modalità comparate e indipendenti dai singoli curricoli nazionali (es. indagine PISA), con l’obiettivo ultimo di verificare la capacità dei differenti sistemi di garantire adeguati livelli di competenza negli alunni (Bottani, 2016).

A livello nazionale, a partire dagli anni Novanta sono state introdotte procedure di autovalutazione e valutazione esterna, finalizzate a una distribuzione efficiente delle risorse e alla rilevazione dei risultati di apprendimento (Pedrizzi, 2016).

Accanto alla valutazione degli esiti di apprendimento, la recente normativa nazionale ha posto particolare attenzione sulla valutazione dei processi sul piano organizzativo e didattico (Ianes, Demo e Dell’Anna, 2019), chiedendo alle istituzioni scolastiche di documentare dettagliatamente i processi formativi sia a livello di scuola (Rapporto di Autovalutazione, Piano Triennale dell’Offerta Formativa, Piano di Miglioramento, Piano Annuale per l’Inclusione, ecc.) che a livello di didattica individualizzata e personalizzata (Piano Educativo Individualizzato e Piano Didattico Personalizzato).6

Sulla base di queste direttive, la valutazione si delinea come un sistema articolato di autoanalisi degli aspetti strutturali e organizzativi dell’istituzione scolastica, di condivisione delle scelte didattiche e di verifica degli esiti. La documentazione dei processi, accanto alla rilevazione dei risultati, dovrebbe costituire uno strumento per il miglioramento delle istituzioni scolastiche e dei servizi da loro offerti (Pedrizzi, 2016).

Le modalità di valutazione esterna introdotte da INVALSI, all’interno di uno studio dal titolo ValSis (Valutazione di Sistema e delle Scuole), rappresentano un tentativo di sviluppare un sistema di indicatori multidimensionale. La proposta ricalca il modello CIPP (Context, Input, Process, Product) e mette in relazione differenti livelli del funzionamento sistemico, come ad esempio quello individuale dello studente e quello istituzionale della scuola (Castoldi, 2012).

Il progetto contiene elementi innovativi e potenzialmente generativi poiché, a differenza delle precedenti esperienze di valutazione e autovalutazione, si configura come strumento per descrivere i contesti, rilevare punti di forza e criticità, e proporre percorsi di miglioramento (Poliandri, Muzzioli, Quadrelli e Romiti, 2013).

Il quadro di esperienze appena delineato si riferisce a processi generali di valutazione del sistema scolastico. Cosa differenzia, però, una valutazione generale della qualità del sistema scolastico da una valutazione della qualità di un sistema scolastico inclusivo?

In riferimento al sistema scolastico italiano, che si configura come sistema scolastico inclusivo esteso, le due tipologie di valutazione possono — o meglio dovrebbero — essere unificate.

Per operare questa fusione, i modelli di valutazione generale devono andare incontro a una trasformazione culturale ed epistemologica.

Nello specifico, tale trasformazione deve affrontare quattro ordini di problemi:

  1. l’elaborazione di una definizione concettuale e operazionale di «inclusione scolastica», condivisa e rappresentabile attraverso un sistema di variabili capace di riprodurre la complessità e multidimensionalità di un sistema scolastico inclusivo;
  2. l’individuazione di indicatori e relativi livelli di qualità in relazione ad aspetti contestuali e di input, di processo e di esito (Kyriazopoulou e Weber, 2009);
  3. la definizione di strumenti e approcci di ricerca che consentano di studiare adeguatamente il fenomeno;
  4. infine, un aspetto non meno importante riguarda la condivisione dei risultati, la riflessione a livello sociale e politico e il loro impatto in termini di implementazione.

Figura 1

Costruzione di un modello di valutazione della qualità dell’inclusione.

Uno sguardo alle modalità di valutazione dell’inclusione scolastica

Per affrontare le questioni ancora aperte rispetto alla valutazione dell’inclusione scolastica, la nostra proposta si articola attorno a tre domande guida.

  • Cosa? (Relativa al focus della valutazione).
  • Come? (Riferita agli approcci, alle metodologie e agli strumenti di ricerca).
  • Perché? (Attinente alle finalità della valutazione, all’utilità delle procedure di valutazione per i soggetti coinvolti e all’impatto delle informazioni da essa derivanti sul breve, medio e lungo termine).

Per ciascuna domanda l’articolo, dapprima, rivolge l’attenzione alle attuali modalità di valutazione, a partire dai risultati di alcuni precedenti lavori di revisione della letteratura (Dell’Anna, Pellegrini e Ianes, 2019; Dell’Anna, Pellegrini, Ianes e Vivanet, submitted; Loreman, Forlin e Sharma, 2014; Cottini e Morganti, 2015a) ed esperienze di ricerca a livello nazionale e internazionale (Kinsella, 2018; Bianquin, 2017; Cottini et al., 2016; INVALSI, 2016).

L’obiettivo è quello di individuare le principali criticità e, sulla base di tale riflessioni, proporre un elenco di principi guida per la costituzione di un framework ecologico per la valutazione della qualità dell’inclusione.

Figura 2

Verso un modello ecologico per la valutazione della qualità dell’inclusione.

Cosa si valuta?

A livello internazionale la ricerca tende a polarizzarsi attorno ad alcune tematiche e tipologie di studi, con una netta prevalenza di studi sugli atteggiamenti e le credenze di insegnanti e studenti nei confronti di alunni con disabilità o con bisogni educativi speciali (Amor et al., 2019), seguiti da pubblicazioni relative alla pratiche didattiche (Van Mieghem, Verschueren, Petry e Struyf , 2018) che, nella maggior parte dei casi, si limitano a descrivere differenti approcci didattici o tipologie di formazione rivolte ai docenti. Al contrario, solo una minoranza di studi si occupa di valutare l’efficacia di differenti interventi in contesto inclusivo.

Per quanto riguarda gli esiti, viene dato ampio spazio alla partecipazione sociale degli studenti con bisogni educativi speciali mentre l’ambito degli apprendimenti appare particolarmente trascurato (Van Mieghem, Verschueren, Petry e Struyf , 2018).

Come rilevato a livello internazionale (Lindsay, 2007; Van Mieghem, Verschueren, Petry e Struyf , 2018), anche la ricerca nazionale sembra dare poco spazio agli esiti dell’inclusione scolastica per i differenti attori coinvolti, dagli studenti, agli insegnanti, alle famiglie (Cottini e Morganti, 2015a).

La rassegna realizzata da Cottini e Morganti (2015a) delinea alcune tendenze nella ricerca. Gli autori notano che maggiore attenzione viene data alla descrizione di prassi a vari livelli, dagli aspetti metodologico-didattici in classe alle questioni legate ai servizi e la collaborazione multi-professionale a livello territoriale.

Queste tendenze sono il prodotto della confusione concettuale all’interno del settore (Messiou, 2017; Nilhom e Göransson, 2017). L’assenza di una chiara definizione di «inclusione scolastica» (D’Alessio e Watkins, 2009) e gli innumerevoli modelli di implementazione proposti (EASNIE, 2017) ostacolano la costruzione di strategie di ricerca per l’analisi e la valutazione.

Diversi autori hanno tentato di proporre sistemi di variabili e di indicatori. In riferimento alle variabili, citiamo due esempi interessanti a livello internazionale, proposti da Loreman, Forlin e Sharma (2014) e da Kinsella (2018). I primi tentano, attraverso una systematic review della letteratura sulla valutazione dell’inclusione scolastica, di definire un sistema lineare di relazione tra variabili di input-processo-output e tra livelli crescenti di complessità, dal micro della didattica, al meso dell’istituzione scolastica, al macro del contesto territoriale regionale e/o nazionale (Loreman, Forlin e Sharma, 2014, p. 169). D’altro canto Kinsella (2018), partendo da un simile modello input-processo-output, costruisce con modalità partecipative un elenco di variabili rilevanti nella definizione di una scuola inclusiva di qualità.

L’autore, quindi, affina il modello aggiungendo, ad esempio, tra gli input aspetti relativi alle caratteristiche degli studenti (motivazione, competenze iniziali, frequenza a scuola, ecc.) e tra gli esiti lo sviluppo personale e sociale degli studenti, l’acquisizione di competenze da parte dello staff e i cambiamenti a livello di cultura della scuola.

Anche a livello nazionale ritroviamo alcuni esempi relativi alla definizione di indicatori di qualità.

INVALSI (MIUR e INVALSI, 2017) propone un elenco di indicatori, contestuali e di input, di processo e di esito, utilizzati per il Rapporto di Autovalutazione. Tra gli indicatori di tipo strutturale o di contesto troviamo le caratteristiche della popolazione scolastica e delle sue risorse professionali, quelle del territorio e delle sue componenti socio-economico-culturali. I processi riguardano da un lato il livello scuola, con le sue pratiche organizzative e gestionali, e dall’altro il livello classe, della didattica. Infine, gli esiti degli studenti sono riferiti alle competenze previste dal curricolo nazionale e quelle chiave definite a livello europeo, rimanendo comunque aperto il tema degli allievi con disabilità.

Confrontando i differenti modelli, notiamo che Loreman, Forlin e Sharma (2014) propongono ulteriori indicatori di processo relativi al clima scolastico, alla leadership e alla collaborazione a livello di scuola, e — come Kinsella (2018) — considerano anche gli esiti relativi alla partecipazione sociale degli studenti e alle opportunità offerte nell’extra-scuola.

Nel complesso, nonostante la varietà rilevabile nella collocazione degli indicatori all’interno del modello di una scuola inclusiva, pare esservi un certo grado di accordo sulla struttura generale del modello e sulla maggior parte delle variabili considerate.

Come si valuta?

Analizzando la letteratura, si evidenziano alcune barriere e importanti limitazioni a livello internazionale rispetto alle strategie e strumenti di ricerca (Dell’Anna, Pellegrini e Ianes, 2019; Dell’Anna, Pellegrini, Ianes, e Vivanet, submitted). Nello specifico:

  • si trascura l’interazione tra variabili/indicatori, con il rischio di non comprendere alcune dinamiche significative a livello strutturale e individuale;
  • si prediligono alcune strategie di ricerca (es. questionario) rispetto ad altre tipologie (es. studi correlazionali e sperimentali);
  • spesso si utilizza un’unica tipologia di informatore (es. genitori/famiglie o insegnanti);
  • gli studenti con disabilità vengono coinvolti limitatamente;
  • i risultati spesso non sono generalizzabili a causa della scarsa ampiezza del campione e non confrontabili, in quanto fortemente legati al contesto locale di riferimento;
  • infine, alcune procedure di ricerca, come lo studio di caso qualitativo, non posseggono le caratteristiche di standardizzazione che le rendono adeguatamente replicabili.

Come discusso nel precedente paragrafo, la ricerca si focalizza maggiormente sui processi di implementazione, descrivendoli senza che si stabilisca una relazione con gli esiti. Lo stesso avviene negli studi che si focalizzano sugli esiti, i quali trascurano variabili di input e di processo rilevanti. Ad esempio, nel rilevare gli esiti degli studenti senza bisogni educativi speciali in contesto inclusivo, tra le variabili di input e di processo si considera come rilevante esclusivamente la presenza di alunni con disabilità nel contesto scuola e/o classe oggetto di studio.

Inoltre, considerando le principali strategie di ricerca applicate nell’ambito dell’inclusione, Cottini e Morganti (2015b) sottolineano la permanenza di alcune criticità in tutte e tre le fasi di ricerca: 1) progettazione; 2) implementazione; 3) verifica e valorizzazione. Gli autori concludono che, per ciascuna fase, risulta necessario definire standard di qualità.

Infine, si può notare un certo livello di incoerenza tra la tematica trattata, quella dell’inclusione, e la modalità con cui vengono condotte le ricerche. Nonostante i tentativi operati da alcuni autori (Ianes, Cappello e Demo, 2018; Shaw, Messiou e Voutsina, 2019; Messiou, 2014), la mancanza di strumenti di ricerca adeguati per il coinvolgimento di differenti attori — non solo per la raccolta dati ma in tutti i momenti della ricerca, anche quelli che riguardano il design di ricerca, l’analisi dei dati e la restituzione/disseminazione dei risultati (Rix, Parry e Malibha-Pinchbeck, 2019) — determina una prevalenza di studi a informatore singolo, in alcuni casi con campioni piccoli o a soggetto singolo (Cottini e Morganti, 2015a).

Queste modalità di conduzione della ricerca — che non rispettano la richiesta di diretto coinvolgimento dell’intera comunità scolastica e, in particolare, di persone o gruppi vulnerabili, quali ad esempio i bambini o gli studenti con disabilità — riducono l’affidabilità e la generabilità dei risultati ottenuti, specialmente laddove non vengano operate triangolazioni tra le fonti e, di conseguenza, non si rilevino eventuali discrepanze tra le differenti prospettive (Ianes, Cappello e Demo, 2016).

Un framework ecologico per la valutazione della qualità dell’inclusione scolastica in Italia

Alla luce delle considerazioni di tipo epistemologico sulle barriere e i limiti della ricerca, siamo in grado di definire alcuni principi guida per la strutturazione di un modello ecologico per la valutazione della qualità dell’inclusione scolastica.

Tabella 1

I principi guida di un modello ecologico per la valutazione della qualità dell’inclusione

Cosa?

Ampiezza dell’utenza

Tutti gli studenti, con e senza bisogni educativi speciali

Globalità del funzionamento individuale

Focus sia sugli apprendimenti (curricolari e adattivi) che su variabili di tipo sociale e psicologico

Pluralità degli attori

Considera gli esiti di differenti attori, non solo studenti ma anche insegnanti, genitori, dirigenti e comunità in generale

Longitudinale

Esiti sul breve, medio e lungo termine

Olistico, multilivello e multidimensionale

Basato su un modello multilivello (input-processo-output) e multidimensionale (dal micro al macro)

Relazionale

Studia la relazione tra variabili su differenti livelli (es. strutturali e di output) e dimensioni (es. micro-individuale e meso-scuola)

Come?

Affidabilità

Strumenti validati, triangolazione tra informatori (es. insegnanti e alunni) e tra metodi di ricerca (es. qualitativo, quantitativo e misto)

Comparabilità

Possibilità di confronto tra singole scuole e risultati comparabili tra differenti contesti e sistemi scolastici

Sostenibilità e fattibilità

In termini di risorse e coinvolgimento della scuola/partecipanti

Estendibilità potenziale

Nel numero di variabili, tipologia di strategie e strumenti considerati

Modificabilità

Sostituzione nel caso in cui si abbiano a disposizione nuovi strumenti

Perché?

Partecipativo-etico

Coinvolgimento della comunità, in particolare di individui o gruppi vulnerabili e trasparenza e inclusività dei processi di ricerca

Personalizzato

Modalità di valutazione non standardizzate di tutti gli studenti

Formativo/generativo

Non competitivo/normativo per quanto riguarda la valutazione della scuola ma generatore di processi continui di autoanalisi e miglioramento

Cosa valutare?

In riferimento all’oggetto della valutazione, si considerano i seguenti aspetti:

  • totalità dell’utenza studentesca (ampio);
  • funzionamento individuale dello studente (globale);
  • tipologie di attori coinvolti nei processi inclusivi (estensivo);
  • progressione temporale degli esiti (longitudinale);
  • complessità del fenomeno (olistico);
  • relazione tra dimensioni e livelli del fenomeno (relazionale).

Molti progetti di ricerca si focalizzano prevalentemente su alcune tipologie di esito, nello specifico sugli aspetti sociali dell’inclusione, come ad esempio la partecipazione degli alunni con disabilità, mentre i risultati di apprendimento raggiunti vengono misurati all’interno di un sistema di valutazione separato che di solito esclude gli studenti con disabilità e, in alcuni casi, quelli con bisogni educativi speciali.

Per sua definizione, l’inclusione richiede un approccio globale al funzionamento individuale dello studente (UN, 2006). Di conseguenza, è necessario considerare gli esiti in termini di: 1) apprendimento; 2) aspetti socio-relazionali; 3) psicologici, come il sentirsi riconosciuti e sviluppare un senso di appartenenza (Qvortrup e Qvortrup, 2018).

Inoltre, l’inclusione non si definisce come sinonimo di maggiore presenza di alunni con disabilità in classe ma come processo trasformativo che cerca di creare una scuola di tutti e per tutti. Per tale ragione, in fase di valutazione è necessario tenere in considerazione gli esiti di tutti gli studenti, con e senza bisogni educativi speciali (IBE-UNESCO, 2016).

Tuttavia, l’inclusione può avere un impatto non solo sugli studenti ma anche sugli insegnanti e su altri professionisti coinvolti. Una valutazione estesa si propone di verificarne gli effetti su molteplici attori coinvolti, cercando di rilevare eventuali fenomeni negativi che si possono generare, come ad esempio un aumento nella percentuale di insegnanti in burnout.

Infine, lo studio del fenomeno non può esaurirsi nel percorso scolastico ma deve essere in grado di considerare gli impatti sul medio termine (es. promozione, competenze) e lungo termine (es. inserimento lavorativo, partecipazione sociale, autodeterminazione e qualità della vita adulta delle persone con disabilità, ecc.).

Sulla base delle riflessioni derivanti dall’analisi della letteratura empirica, si evince che studiare l’inclusione scolastica non può limitarsi a porre lo sguardo su singoli aspetti, estratti e isolati dal contesto e privi di un sistema di relazioni rilevante e altamente influente. L’approccio allo studio dei fenomeni deve essere di tipo ecologico (Barnett, 2018), una ricerca che considera la complessità e multidimensionalità del sistema, i suoi molteplici attori e analizza le dinamiche di interrelazione esistenti, sia all’interno che al di fuori del contesto scolastico (Qvortrup e Qvortrup, 2018).

Per fare un esempio concreto, un modello ecologico è in grado di mettere in relazione i fenomeni di push e pull-out dalla classe e di delega della programmazione individualizzata al solo insegnante di sostegno con le modalità strutturali di assegnazione del personale aggiuntivo, sulla base di una certificazione medica.

Nella tabella in Appendice si può trovare l’impalcatura generale del modello, con alcuni esempi per ciascun livello e dimensione.

Come valutare?

Una panoramica sulla ricerca nel settore mostra numerose criticità in termini di:

  • affidabilità e credibilità della ricerca, dovuta a metodi inadeguati, strumenti non validati e assenza di triangolazione tra informatori;
  • comparabilità dei risultati, i quali possono essere considerati solo in relazione al contesto specifico di riferimento;
  • sostenibilità e fattibilità, dovuta alle difficoltà di condurre studi nel settore.

Da un lato, appare necessario sviluppare metodologie di ricerca in grado di considerare la complessità dell’oggetto di studio. Dall’altro, risulta indispensabile creare nuovi strumenti per la raccolta dati che rilevino i molteplici esiti dell’inclusione, in particolare in riferimento all’area degli apprendimenti degli alunni con disabilità, sia curricolari che relativi agli obiettivi del Piano Educativo Individualizzato.

Inoltre, per garantire maggiore credibilità alla ricerca nel settore, risulta necessario proporre molteplici metodi di ricerca per lo studio di uno stesso fenomeno e, contemporaneamente, triangolare molteplici prospettive su uno stesso fenomeno.

Un aspetto particolarmente critico relativo all’inclusione scolastica riguarda l’ambiguità nella definizione e interpretazione del concetto. Nonostante si tratti di un’esperienza internazionale riferita agli ultimi 25 anni, i risultati di ricerca prodotti rischiano di essere altamente contestuali, legati esclusivamente alle politiche nazionali o regionali, e difficilmente comparabili. Lo sforzo metodologico deve, di conseguenza, andare nella direzione di una definizione di modelli di variabili, indicatori e livelli di qualità comparabili tra differenti realtà regionali, nazionali e internazionali, che possano restituire risultati comprensibili e, possibilmente, generalizzabili.

Infine, nonostante sia possibile delineare le caratteristiche generali di un sistema di valutazione, rimane la consapevolezza dell’esistenza di limiti economici, etici e temporali nella ricerca sull’inclusione scolastica (es. strumenti di ricerca esistenti, questioni di privacy, effettiva possibilità di coinvolgimento di differenti informatori, finanziamento disponibile, estensione del campione coinvolto, ecc.). Per queste ragioni, il modello suggerito dovrebbe muoversi all’interno del sistema di vincoli contingente ma, allo stesso tempo, essere aperto e flessibile per accogliere le opportunità del campo di ricerca (es. integrare nuove variabili e applicare nuovi strumenti). Il modello, pensato come impalcatura potenzialmente estendibile, lascia spazio all’inserimento di nuovi strumenti e metodi di ricerca, nell’eventualità che l’avanzamento nel settore generi proposte più adeguate per il rilevamento delle variabili in oggetto e delle loro complesse interrelazioni.

Perché valutare?

La ricerca empirica finalizzata a valutare la qualità dell’inclusione scolastica mira a individuare relazioni virtuose tra variabili strutturali, di processo ed esiti positivi in termini di apprendimento, partecipazione sociale e benessere individuale. L’ampliamento di questo ambito di ricerca consentirebbe, da un lato, di appianare le forti divergenze sul piano teorico e, dall’altro, se basata su risultati affidabili e confrontabili, potrebbe costituire un’opportunità di miglioramento istituzionale e professionale, indicando la direzione per un cambiamento nelle pratiche didattiche, organizzative e gestionali a livello di classe e scuola, e nel rapporto tra scuola e territorio. Le attuali modalità di ricerca e valutazione rischiano di essere incapaci di generare informazioni rilevanti per le singole scuole e per l’intero sistema o di produrre risposte personalizzate e interventi rivolti a correggere le inadeguatezze del sistema.

Affinché la valutazione possa considerarsi rilevante, sia nella fase di rilevazione che nelle successive di restituzione e disseminazione, si dovrebbe:

  • strutturare i processi di ricerca secondo modalità coerenti con le finalità dell’inclusione, assicurandosi che si promuova la partecipazione di tutti (vedi ad esempio IBE-UNESCO, 2016), in particolare in riferimento agli studenti maggiormente a rischio di esclusione, marginalizzazione e insuccesso o abbandono scolastico;
  • produrre e condividere risultati generativi, che tengano in considerazione i progressi delle istituzioni e dei singoli studenti e le qualità degli sforzi compiuti, restituendo informazioni personalizzate e rilevanti per il miglioramento delle pratiche future.

Conclusione

L’articolo 4 del DLgs 66/2017, aggiornato dal DLgs 96/2019, testimonia, in maniera evidente, la grande attualità e complessità del compito di realizzare un sistema di valutazione della qualità dell’inclusione scolastica.

L’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI) […] definisce gli indicatori per la valutazione della qualità dell’inclusione scolastica sulla base dei seguenti criteri:

  1. livello di inclusività del Piano triennale dell’offerta formativa come concretizzato nel Piano per l’inclusione scolastica;
  2. realizzazione di percorsi per la personalizzazione, individualizzazione e differenziazione dei processi di educazione, istruzione e formazione, definiti ed attivati dalla scuola, in funzione delle caratteristiche specifiche delle bambine e dei bambini, delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti;
  3. livello di coinvolgimento dei diversi soggetti nell’elaborazione del Piano per l’inclusione e nell’attuazione dei processi di inclusione;
  4. realizzazione di iniziative finalizzate alla valorizzazione delle competenze professionali del personale della scuola incluse le specifiche attività formative;
  5. utilizzo di strumenti e criteri condivisi per la valutazione dei risultati di apprendimento delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti, anche attraverso il riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione;
  6. grado di accessibilità e di fruibilità delle risorse, attrezzature, strutture e spazi e, in particolare, dei libri di testo adottati e dei programmi gestionali utilizzati dalla scuola (art. 4, comma 2, DLgs 66/2017).

Di fronte a un compito così complesso e troppo a lungo rimandato, riteniamo che i principi di questo framework ecologico possano costituire un interessante contributo. In primo luogo, poiché rappresentano gli elementi di un percorso per arrivare a una definizione operazionale e condivisa del fenomeno inclusione. In secondo luogo, poiché propongono modalità e strategie di valutazione coerenti con gli elementi costitutivi dell’inclusione scolastica.

In particolare, un valore aggiunto di questo modello ecologico sta appunto nel considerare fondamentali le relazioni/interazioni tra variabili/indicatori, tra livelli e dimensioni, allo scopo di comprendere pienamente le dinamiche di un sistema scolastico inclusivo e migliorarne la qualità.

Bibliografia

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APPENDICE

Variabili e indicatori multilivello e multidimensionali: alcuni esempi1

Dimensione orizzontale della valutazione

INPUT

PROCESSO

OUTPUT

Dimensione verticale della valutazione

MACRO

                     

Internazionale

Risorse professionali, strutturali ed economiche (es. opportunità di finanziamento per la formazione a livello europeo; ecc.)

Politiche educative (es. convenzioni internazionali; direttive europee; ecc.)

Expertise scientifica (es. nell’ambito dell’inclusione a livello internazionale)

Opportunità di confronto (es. tra la ricerca settoriale a livello accademico e le istituzioni preposte allo sviluppo di politiche educative; ecc.)

Ricerca nel settore (es. frequenza e tipologia di studi condotti)

Sviluppo del settore (es. modelli efficaci per l’inclusione scolastica; strategie didattiche efficaci; ecc.)

Nazionale

Risorse professionali, strutturali ed economiche (es. spesa media per l’istruzione; tipologia di servizi attivati a livello nazionale; ecc.)

Politiche educative (es. formazione dei docenti a livello nazionale; modalità di reclutamento dei docenti; curricolo nazionale; ecc.)

Expertise scientifica (es. nell’ambito della pedagogia speciale a livello nazionale)

Opportunità di confronto (es. dialogo diretto tra le Regioni e lo Stato)

Collaborazione (es. tra servizio sanitario e sistema di istruzione nazionale)

Aspetti culturali (es. maggiore legittimazione dell’inclusione scolastica dal punto di vista politico e socio-culturale)

MESO

Provinciale/ Regionale

Risorse professionali, strutturali ed economiche (es. quota di finanziamenti assegnata dalla Provincia/Regione)

Politiche educative (es. regolamenti e direttive provinciali o regionali)

Opportunità di confronto (es. dialogo diretto tra singole istituzioni scolastiche e organi provinciali o regionali)

Collaborazione (es. tra differenti enti di formazione presenti sul territorio)

Aspetti organizzativi (es. miglioramento della qualità dei servizi di supporto a livello regionale)

Locale (es. Comune)

Caratteristiche della popolazione locale (es. tasso di disoccupazione)

Risorse professionali, strutturali ed economiche (es. presenza di servizi di supporto territoriali; spesa per assistenza scolastica da parte del Comune; ecc.)

Coordinamento (es. dei servizi territoriali)

Comuncazione (es. tra scuola e servizi esterni; tra istituzioni scolastiche e locali; ecc.)

Sviluppo delle istituzioni (es. miglioramento della collaborazione tra servizi territoriali)

Risultati delle istituzioni (es. risparmio di bilancio)

Aspetti culturali (es. fiducia nelle istituzioni a livello locale)

Dimensione verticale della valutazione

MESO

Scuola

Caratteristiche della popolazione studentesca della scuola

Risorse professionali, strutturali ed economiche (es. numero di sedi; presenza di una palestra e di laboratori; accessibilità degli edifici; ecc.)

Collaborazione (es. tra docenti)

Coordinamento (es. da parte di referenti)

Leadership (es. del dirigente)

Sviluppo delle istituzioni (es. riduzione degli abbandoni scolastici; maggiore soddisfazione da parte dei genitori; ecc.)

Classe

Composizione della classe (es. numero di studenti per classe; numero di studenti con disabilità per classe; ecc.)

Risorse professionali, strutturali ed economiche (es. rapporo numerico)

Strategie didattiche (es. modalità di differenziazione; strategie di co-teaching; ecc.)

Sviluppo professionale dello staff (es. miglioramento della collaborazione tra docente curricolare e di sostegno)

Individuale2

Caratteristiche dei singoli studenti (es. background migratorio; genere; ecc.)

Profilo dei singoli docenti (es. livello di formazione e specializzazione nell’ambito dell’inclusione; anni di esperienza; atteggiamenti e credenze sulla disabilitià; ecc.)

Variazione rilevanti in relazione ai singoli studenti (es. frequenza scolastica; problemi familiari; ospedalizzazione; ecc.)

Variazioni rilevanti in relazione ai singoli docenti (es. assenze prolungate; ecc.)

Risultati sui singoli studenti

  • Sociali (es. isolamento sociale; essere fisicamente presenti in classe)
  • Psicologici (es. ansia; motivazione)
  • Apprendimento (es. competenze in matematica)

Risultati sui singoli insegnanti

  • Sociali (es. capacità di collaborazione)
  • Psicologici (es. ansia; motivazione; malattie stress-correlate)
  • Apprendimento (es. competenze professionali)

MICRO

               

1 La tabella è strutturata sulla base di modelli input-processo-output proposti da vari autori (Kinsella, 2018, p. 14; Loreman, Forlin e Sharma, 2014, p. 169; il progetto ValSis, citato da Castoldi, 2012, pp. 344-345). Le variabili e gli indicatori che completano la tabella derivano, in parte, dai modelli citati e, in parte, sono stati arricchiti dagli indicatori proposti da MIUR e INVALSI (2017), dai livelli indicati da Qvortrup e Qvortrup (2018) e dagli items di Soukakou et al. (2015), per quanto riguarda nello specifico il livello classe. Per ciascuna categoria di variabile e di indicatore (es. Individuale di Input), la tabella riporta solo due o tre esempi rappresentativi (es. caratteristiche dei singoli studenti).

2 Riferito alle persone direttamente coinvolte nei processi educativi (es. studenti, insegnanti, personale ATA, dirigenti, genitori, ecc.).


1 Professore Ordinario, Libera Università di Bolzano.

2 Ricercatrice a tempo determinato, Libera Università di Bolzano.

3 Ordinary Professor, Libera Università di Bolzano.

4 Fixed-term research assistant, Libera Università di Bolzano.

5 Per una panoramica dettagliata sulla ratifica della Convenzione a livello internazionale, è possibile consultare il seguente documento: https://www.un.org/disabilities/documents/2016/Map/DESA-Enable_4496R6_May16.pdf (consultato il 21 febbraio 2020).

6 Ci riferiamo in particolare alla circolare ministeriale n. 8 del 6 marzo 2013 e al decreto legislativo n. 96 del 7 agosto 2019, oltre alla precedente Legge 104/1992.

 

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