Vol. 19, n. 1, febbraio 2020
Cantiere aperto
Supporto alla disabilità e promozione dell’inclusione: una ricerca sugli atteggiamenti e sulle preoccupazioni di un gruppo di futuri docenti1
Andrea Fiorucci2 e Stefania Pinnelli3
Sommario
Congiuntamente agli atteggiamenti degli insegnanti verso l’inclusione e la disabilità, importanti indicatori del potenziale successo o fallimento dell’inclusione scolastica (Forlin, 2010), la letteratura indica come ugualmente incidenti anche le paure e le preoccupazioni dei docenti (Symeonidou e Phtiaka, 2009; Disanto, 2015). Partendo da questa prospettiva, l’articolo riporta i risultati di uno studio condotto tra il 2017 e il 2018 sui timori e sulle perplessità di un gruppo di insegnanti in formazione. Dagli aspetti evidenziati dalla ricerca, si ravvisa la necessità di continuare a insistere sullo studio delle preoccupazioni e delle paure dei futuri docenti, poiché mettono a nudo le fragilità di un mestiere difficile, com’è quello del sostegno alla persona con disabilità, evidenziando aspetti emotivo-relazionali ed esperienziali sui quali bisognerebbe puntare maggiormente.
Parole chiave
Preoccupazioni dei docenti, atteggiamenti dei docenti, disabilità, inclusione, docenti in formazione.
OPEN PROJECT
Disability Support and promoting inclusion: a study on the attitudes and concerns of a pre-service teachers group
Andrea Fiorucci4 and Stefania Pinnelli5
Abstract
In conjunction with teachers’ attitudes towards inclusion and disability, as important indicators of the potential success or failure of school inclusion (Forlin, 2010), the literature indicates how the fears and concerns of teachers affect their work equally (Symeonidou and Phtiaka, 2009; Disanto, 2015). Starting from this perspective, the paper reports the results of a study conducted between 2017 and 2018 on the fears and concerns of a group of pre-service teachers. From the aspects highlighted by the study, we must continue to insist on the study of the concerns and fears of future teachers, since they reveal the fragility of a difficult profession, such as that of supporting the person with disabilities, highlighting emotional-relational aspects and experiences on which we should focus more.
Keywords
Teachers’ concerns, teachers’ attitudes, disabilities, inclusion, pre-service teachers.
Il ruolo delle preoccupazioni e degli atteggiamenti dei docenti
Il continuo confronto Sé/Altro, inteso nella veste operativa degli atteggiamenti e delle percezioni degli altri, diventa un importante oggetto di studio, soprattutto nella misura in cui esprime lo sguardo delle figure avvertite come significatamente incidenti nella formazione dell’identità. Tanto più lo è quando mostra uno specifico sguardo sociale non su un generico altro, ma su un altro diverso-da-noi, quell’altro che intimorisce e fa paura, in quanto insolito, inatteso, strano. È la paura della disabilità, di quella situazione tanto funzionale quanto esistenziale che comunica fragilità, vulnerabilità, instabilità, dipendenza.
Questo accade in tutti i contesti di vita, anche in quello scolastico.
Nonostante una legislazione d’avanguardia in tema d’integrazione scolastica, la cultura dell’inclusione ha bisogno costantemente di rinvigorirsi nell’hic et nunc della quotidianità scolastica, di comprendere se nell’esperienza professionale di un docente quell’incontro con l’altro-diverso-da-noi generi sì timori e incertezze, senza però necessariamente incancrenirsi in precoci rinunce e rigide chiusure relazionali.
In questa direzione, accanto agli atteggiamenti degli insegnanti verso l’inclusione e la disabilità — importanti indicatori del potenziale successo o fallimento dell’inclusione scolastica (Forlin, 2010) —, la letteratura indica come ugualmente incidenti anche le paure e le preoccupazioni dei docenti (Symeonidou e Phtiaka, 2009; Disanto, 2015).
Dai diversi studi condotti emerge un sostanziale accordo sul fatto che ad atteggiamenti relativamente positivi verso l’educazione inclusiva, suffragati da un incremento della padronanza didattica e della conoscenza della legislazione e delle politiche collegate all’inclusione, rispondano preoccupazioni dei docenti meno marcate (Forlin e Chambers, 2011). Ciò nonostante, non è sufficiente avere un atteggiamento positivo per risolvere preoccupazioni e stress associato alla presenza degli studenti con disabilità a scuola.
Come si evince dall’analisi della letteratura, infatti, le preoccupazioni dei docenti sono molteplici e assai diversificate. A una maggiore complessità del deficit, di solito, corrispondono atteggiamenti di ritrosia e inadeguatezza (Ryan, 2009), mentre a un deficit lieve o a un disturbo specifico dell’apprendimento seguono atteggiamenti assertivi e propositivi (Cassady, 2011). Nondimeno, però, si riscontrano timori nell’entrare in relazione con disabilità fisiche abbastanza compromesse (Avramidis, Bayliss e Burden, 2000) e con difficoltà comportamentali particolarmente complesse (Forlin e Chambers, 2011). Sul piano organizzativo e didattico, invece, si evidenziano preoccupazioni relative alla dimensione e alla composizione della classe (Oswald e Swart, 2011), alla progettazione di interventi didattici specifici ma allo stesso tempo inclusivi (Katsiyannis, Ellenburg e Acton, 2000), alla responsabilità educativa (Forlin, Keen e Barrett, 2008). Infine, dal punto di vista psicologico e professionale, emergono preoccupazioni inerenti allo stress lavorativo (Williams e Gersch, 2004), al timore di essere poco preparati (Oswald e Swart, 2011, Fiorucci, 2016) e di essere abbandonati dall’istituzione scolastica (Werts et al., 1996). In linea con questi aspetti, va considerato anche il ruolo decisivo svolto dall’esperienza del contatto con persone disabili, un’altra importante variabile che condiziona positivamente gli atteggiamenti e le preoccupazioni degli insegnanti (Falanga, de Caroli e Sagone, 2011; Wong, 2008; Fiorucci, 2018).
Ed è a partire dagli aspetti evidenziati in letteratura, anche in vista della sempre maggiore complessificazione degli scenari sociali e dello stesso approccio culturale alle differenze, che si propone uno studio sulle preoccupazioni e sulle paure dei docenti in formazione.
La ricerca
La formazione e l’aggiornamento dei docenti su tematiche inerenti alla Special Education influenzano l’efficacia didattica e la relazione educativa (Sharma, 2012): gli insegnanti che hanno aderito a specifici percorsi di formazione appaiono, infatti, più propensi a sperimentare percorsi orientati all’inclusione scolastica. La formazione viene così a essere quell’importante e alle volte unica occasione per guidare i futuri insegnanti a riflettere, far evolvere, modificare i loro atteggiamenti nei confronti delle disabilità e dell’inclusione.
In linea di continuità con quanto sinora descritto, si presenta uno studio sugli atteggiamenti e sulle preoccupazioni di un gruppo di insegnanti in formazione afferenti al Corso di Specializzazione per le attività di sostegno (CS) e al Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria (SFP) presso l’Università del Salento (Lecce). Svolta tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018, con una durata di sette mesi, l’indagine fa parte di una più ampia compagine di ricerca sui modelli culturali della differenza e la promozione dell’inclusione a scuola.6
Obiettivi e ipotesi di ricerca
La focalizzazione su una determinata problematica come la disabilità permette di comprendere come le persone, nel caso specifico gli insegnanti in formazione, se non opportunamente scortati, possono assegnare significati sulla base di teorie ingenue socialmente condivise e per questo stereotipate. Avendo a mente questo come presupposto, l’indagine intende offrire una fotografia dei timori e delle perplessità che hanno caratterizzato un gruppo di docenti in formazione.
A valle di quanto sinora esposto, sempre in riferimento alla disabilità e all’inclusione, l’indagine si è sviluppata intorno a delle specifiche domande di ricerca. Quali timori mostrano gli insegnanti in formazione? Ci sono aspetti di natura psicologica, contestuale e professionale che incidono sulle paure e sulle preoccupazioni dei docenti in formazione?
Sulla base degli aspetti richiamati in letteratura, è stato possibile ipotizzare che paure e preoccupazioni dei docenti in formazione potessero essere influenzate:
- H1: dalla tipologia e dalla gravità della disabilità con cui si sarebbero potuti relazionare i futuri docenti;
- H2: dalle emozioni e variabili psicologiche degli stessi docenti;
- H3: dai fattori contestuali e organizzativi dell’istituzione scolastica presso la quale avrebbero potuto lavorare i futuri docenti.
Metodologia della ricerca
Partecipanti
La ricerca ha coinvolto 167 docenti in formazione, perlopiù donne (91%) e afferenti al CS (79%), con un’età media tra i 25 anni e i 50 anni. L’ordine di scuola che raccoglie maggiori partecipanti è quello relativo al primo grado (infanzia: 29,9%; primaria CS: 28,7%; infanzia e primaria SFP: 21%).
Strumenti e procedure
Per l’indagine relativa alle caratteristiche socio-demografiche e professionali dei partecipanti è stato utilizzato un questionario composto da 15 item, mentre per la parte della ricerca dedicata alle rappresentazioni della disabilità si è ricorso alla tecnica di rilevazione del focus group, un tipo particolare di intervista di gruppo che ha lo scopo di produrre dati su un determinato tema di analisi, attraverso il confronto tra i partecipanti (Zammuner, 2003). Sotto la guida di un conduttore/facilitatore sono state pianificate 14 discussioni di gruppo di 70 minuti composte da circa 12 persone, ognuna delle quali afferenti allo stesso ordine di scuola e status professionale (CS o SFP). Sulla base delle domande e degli obiettivi di ricerca sono state elaborate delle domande-stimolo. Ogni incontro è stato registrato e fedelmente trascritto.
Analisi dei dati
Sui dati quantitativi è stata condotta un’analisi descrittiva delle frequenze percentuali, mentre sulle trascrizioni delle interviste di gruppo è stata eseguita un’analisi qualitativa. Attraverso specifiche griglie di lettura, l’analisi ermeneutico-qualitativa ha permesso di esaminare e scandagliare in profondità preoccupazioni e paure, individuando gli argomenti chiave. L’obiettivo principale dell’analisi è tematica (Kripprendorf, 2004), finalizzata cioè a identificare concetti simili, esplorandone le relazioni di significato. Dai corpora testuali analizzati sono emersi alcuni repertori culturali: unità di analisi dotate di particolare rilevanza e autonomia semantica individuate sulla base della co-occorrenza e della significatività della produzione testuale.
La presentazione dei risultati si svilupperà seguendo l’analisi delle diverse categorie narrative emerse, tenendo conto, quando appare rilevante, dell’ordine di scuola o ruolo professionale dei partecipanti. Per rendere ancora più chiara l’analisi, si riportano anche gli estratti testuali reputati maggiormente significativi.
Risultati
Caratteristiche professionali ed esperienziali
Dall’analisi dei risultati emerge che il 37,7% dei partecipanti ha avuto esperienze pregresse come insegnante curricolare, mentre il 64,7% come insegnante di sostegno. L’esperienza sul curricolare è pluriennale, mentre quella sul sostegno si attesta a periodi brevi (in media non supera l’anno scolastico). La quasi totalità dei partecipanti crede che il contatto e la conoscenza pregressa di una persona con disabilità possa incidere sulla propria professionalità e altresì dichiara di aver avuto contatti con studenti disabili (64,7%), perlopiù incidentali e occasionali, e di aver un livello discreto di conoscenze nel settore della pedagogia e della didattica speciale (56,9%). Non sorprende, quindi, che il livello di esperienza (93,2%) e di padronanza (86,8%) nell’attività di sostegno sia percepito dai più come medio-basso. Infine, nell’immaginare la propria esperienza professionale futura, gli insegnanti in formazione hanno dichiarato che avrebbero avuto maggiori difficoltà e paure a entrare in relazione con le disabilità gravi (40,48%) e intellettive (33,33%). Minori invece sembrano i timori riferibili alle disabilità sensoriali (17,26% cecità, 7,14% sordità) e a quelle motorie (1,79%).
Preoccupazioni e paure dei docenti
Da un punto di vista generale, molto spesso, le percezioni dei futuri docenti prendono come punto di partenza della propria riflessione la condizione medica e individuale della disabilità. Il focus viene così dirottato sul deficit, sulla diagnosi, sulla sua mancanza, sul malfunzionamento della persona. Il tutto emerge da modalità discorsive altamente medicalizzate e medicalizzanti che vanno a esacerbare ancora di più la visione medico-individuale emersa, associandovi immagini che richiamano il senso del limite, della costrizione, del vincolo, dell’assenza di una via d’uscita.
Non sorprende, pertanto, che ad affiorare con maggiore intensità siano proprio le preoccupazioni concernenti la percezione del sé professionale (tabella 1), in primis il timore dei docenti di non essere in grado di affrontare le problematiche legate al deficit e all’integrazione dei potenziali alunni, un atteggiamento rinunciatario e non sempre propenso a cercare di modificare il corso degli eventi, poiché dettato dalla ripetuta esposizione a situazioni incontrollabili e poco conosciute.
Si tratta di un atteggiamento legato alla percezione del sé che non si sente in grado di esercitare un qualche controllo sugli eventi, con possibili derive sull’autoefficacia e sull’autostima del futuro docente. Secondo un circolo vizioso e ricorsivo, sembra che la paura del fallimento, della sconfitta, della delusione rendano la vita professionale del docente molto instabile, animata da quella perdita di speranza e positività che assume la forma rinunciataria e paralizzante della rassegnazione. Non sorprende, pertanto, che nei futuri docenti si registri una forte propensione all’acuirsi di stati emotivi stressanti e di inteso disagio psicologico.
- Ho paura di non riuscire a produrre alcun miglioramento nello sviluppo dell’alunno disabile.
- Il timore è di non riuscire a gestire le situazioni emergenziali.
- Mi fa paura il non sentirmi all’altezza, non essere abbastanza preparato.
- Non riuscire a essere empatica, non riuscire a essere in sintonia con lo studente disabile.
- Mi fa paura il burnout, alcune volte la paura ti fa impazzire.
Tabella 1
Risultati della ricerca sulle preoccupazioni riguardanti la percezione del sé professionale ripartiti per formazione dei docenti
Preoccupazioni e paure relative alla percezione del sé professionale |
SFP |
CS infanzia primaria |
CS secondaria |
Fallimento |
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Non riuscire a gestire tutte le situazioni |
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Non sentirsi all’altezza |
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Rassegnazione |
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Sentirsi inadeguato |
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Sbagliare |
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Non essere empatici |
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Non avere gratificazione |
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Non essere accettati dall’alunno |
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Impreparazione |
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Inesperienza |
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Non essere d’aiuto |
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Non riuscire a sfruttare al meglio le potenzialità dell’alunno |
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Non riuscire a interagire con l’alunno |
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Non gestire l’emotività |
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Ammettere di non farcela |
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Sindrome da burnout |
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Trasformare il proprio operato in assistenza |
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Alla preoccupazione di essere emotivamente instabili, di non saper dosare empatia e immedesimazione, il docente associa quella di non sentirsi sufficientemente preparato e competente; di non saper esercitare una buona e funzionale mediazione didattica.
Pertanto, la paura del fallimento si esprime anche in ambito didattico-relazionale (tabella 2), laddove crescono le preoccupazioni di non rendere spendibile la preparazione culturale acquisita, di non saper contribuire a rendere il clima di classe realmente inclusivo, di non saper gestire il patto di corresponsabilità scuola-famiglia, di non saper attivare una buona collaborazione tra colleghi, di non riuscire con il proprio operato a concretizzare i principi e i valori dell’inclusione. Ma ciò che riaffiora con maggiore frequenza è la paura della rassegnazione, del non sentirsi gratificati, del non vedere progressi nel proprio lavoro di cura educativa.
- Mi terrorizza il sapersi responsabili della vita di una persona che si trova già in difficoltà.
- Trovarsi fortemente in disaccordo con la famiglia o con gli altri colleghi, mi fa molta paura.
- Ho paura di rassegnarmi, che il mio alunno non faccia progressi e quindi nemmeno io.
Tabella 2
Risultati della ricerca sulle preoccupazioni sul piano didattico-relazionale ripartiti per formazione dei docenti
Preoccupazioni e paure relative al piano didattico relazionale |
SFP |
CS infanzia primaria |
CS secondaria |
Non produrre alcun miglioramento per il proprio alunno |
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Non riuscire a garantire e promuovere l’inclusione |
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Non riuscire a far integrare nel gruppo classe il proprio studente con disabilità |
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Non riuscire a scegliere o raggiungere gli obiettivi di apprendimento |
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Non saper individuare i livelli di apprendimento |
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Disaccordo con le famiglie |
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Disaccordo con i colleghi |
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Gestione della classe |
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Non riuscire ad applicare le conoscenze teoriche |
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Completano il quadro le paure concernenti specifiche disabilità (tabella 3).
Dalle percezioni dei docenti in formazione emerge una certa correlazione positiva tra complessità del deficit e paure che ne derivano: affiorano perlopiù difficoltà nell’entrare in relazione con profili di funzionamento caratterizzati da problematiche comunicative e comportamentali, ai quali vanno ad associarsi quadri clinici contraddistinti da bassi livelli di autonomia e di funzionamento intellettivo.
Entrando più nel dettaglio, le percezioni dei futuri docenti sembrano essere influenzate dall’ordine di scuola.
Complice l’avvio dell’apprendimento della letto-scrittura, i futuri docenti afferenti al primo ordine di scuola riportano maggiori preoccupazioni rispetto al proprio analfabetismo in tema di codici comunicativi speciali: linguaggi gestuali per l’alunno sordo segnante e codice di letto-scrittura braille per l’alunno cieco.
I partecipanti afferenti alla scuola secondaria, invece, sembrano più radicati alla dimensione disciplinare del proprio lavoro. Per i casi più gravi, manifestano la paura di esercitare mansioni più assistenziali che didattiche; in presenza di disabilità intellettive esprimono il timore di non riuscire a calibrare l’intervento didattico, di non comprendere livelli e modalità dell’adattamento didattico; per i disabili sensoriali di non riuscire a rendere accessibili contenuti e prove di apprendimento.
- Non saper comunicare con i ciechi, né con i sordi. Non sapere la LIS o il braille.
- Ho paura di finire per fare l’OSS, di dimenticare il percorso di studi fatto.
- Mi spaventa il non avere un riscontro dagli alunni. Come faccio a sapere se i contenuti sono adeguati al loro livello cognitivo?
Tabella 3
Risultati della ricerca sulle preoccupazioni relative a specifiche disabilità ripartiti per formazione dei docenti
Preoccupazioni e paure relative a specifiche disabilità |
SFP |
CS infanzia primaria |
CS secondaria |
Non saper comunicare con gli alunni sordi o con gli alunni non verbali |
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Non saper gestire problematiche comportamentali (ADHD, DOP, Autismo, ecc.) |
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Affrontare casi molto difficili (Autismo, paralisi cerebrali, quadri sindromici complessi, ecc.) |
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Non conoscere il codice braille |
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Non conoscere la LIS o altri codici gestuali |
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Non saper rendere accessibili contenuti e prove di apprendimento per le disabilità sensoriali |
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Dimenticare la propria disciplina |
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Non riuscire a calibrare l’intervento didattico per le disabilità intellettive |
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Conclusioni
Per quanto si focalizzi sulle rappresentazioni di un gruppo contingentato di docenti in formazione, l’esperienza di ricerca offre senz’altro degli interessanti spunti di riflessione sui quali è importante soffermarsi.
Le rappresentazioni emerse sono infatti aspetti chiave utili per comprendere la scuola del futuro; dei fari che fanno luce sui punti di maggiore fragilità di un mestiere complesso qual è quello del docente specializzato sulle attività di sostegno.
Nella ricerca emerge l’ancoraggio a una cultura del frammento-deficit, a uno sguardo bio-medico della disabilità contrassegnato anche da un certo grado di commiserazione e rassegnazione. Sembra, infatti, che tra i partecipanti vi sia una «caccia alla diagnosi» (Pinnelli, 2015), che si ricorra a quella che Goussot (2015) definisce «la lente della diagnosi clinica», lo sguardo che mette l’accento sui sintomi, sulle incapacità e sui problemi. La disabilità è «come una nuvola nera oltre la quale non riusciamo a vedere la persona nella sua integrità» (Piazza, 2002).
Completano il quadro relativo alla disabilità le immagini che richiamano il senso di limite e di ostacolo, un quadro che si rende ancora più complesso nella misura in cui si guarda con pregiudizio e paura ciò che non si vorrebbe mai diventare.
Nonostante l’attenzione mediatica e sociale rivolta ai temi dello svantaggio e della fragilità umana, alla quale molti dei futuri docenti possono legare un’esperienza professionale e/o personale, l’entrare in relazione con una persona disabile non risulta del tutto agevole e naturale, anzi, destabilizza, fa paura. È la paura della differenza, la paura dei miti che circondano le persone con disabilità, la paura che scaturisce da quella «tirannia della normalità» di cui, secondo Kristeva e Vanier (2011), si è schiavi. Asserviti al mito dell’efficientismo e dell’eccellenza, dinanzi alla disabilità «la persona sana è messa a confronto con i limiti dell’essere vivente, con la paura del deficit e, in sostanza, con la minaccia della morte» (p. 26). Come uno specchio infranto (Sausse, 2006), la persona con disabilità tuttora rappresenta un’immagine che fa paura e da cui spesso si preferisce distogliere lo sguardo.
Trova così parziale conferma la prima ipotesi di ricerca, poiché la paura più grande, anche superiore alla stessa natura e complessità del deficit sembra un’altra: quella del fallimento. È come se i futuri docenti percepissero un senso d’impotenza non solo appresa, ma altamente precoce. È come se percepissero se stessi come relativamente inefficienti nell’esercitare il controllo sugli eventi professionali, soprattutto quelli che coinvolgono l’iniziativa personale.
Il prefigurarsi di situazioni difficili fa sì che emergano sentimenti di ansia, di smarrimento, d’impotenza, ma anche il desiderio di continuo cambiamento, di non ristagnare in situazioni eccessivamente complesse che riducano il ruolo del mediatore didattico in un assistente alla persona. Questo elemento è quello che emerge con maggiore veemenza rappresentativa e che va a confermare la seconda ipotesi di ricerca. Al di là di ogni possibile slogan, quello che affiora è un aspetto importante, che richiama lo sviluppo di meccanismi psicologici adattativi messi in campo per fronteggiare problemi personali e interpersonali, allo scopo di ridurre e di gestire il possibile stress professionale. È evidente che oramai la sindrome da burnout non possa più essere sottovalutata, né congedata come semplice stanchezza mentale o generica paura del fallimento, soprattutto in considerazione della difficile linearità tra l’impegno profuso dai docenti e i risultati/progressi raggiunti da alcuni alunni con disabilità.
Così, alla paura della disabilità si associa quella di non essere in grado di supportare la differenza del proprio alunno, ma parimenti anche quella di non sopportare la differenza che un ruolo di mediazione didattico-educativa, qual è quello del sostegno, impone.
Sorprende, invece, soprattutto se rapportato allo stesso concetto di inclusione, quanto i fattori contestuali e organizzativi relativi all’istituzione scolastica siano del tutto assenti come variabili incidenti nelle percezioni dei docenti. Questo aspetto, però, necessiterebbe un maggiore approfondimento, tenendo conto della natura solipsistica delle percezioni prese in esame. A emergere, infatti, sembra una visione dell’inclusione raccontata in prima persona, una percezione egocentrata che da una parte responsabilizza il futuro docente, dall’altra, invece, fa perdere la ricchezza rappresentata dai contesti e dalle altre professionalità coinvolte. Viene quindi svuotato il significato di inclusione a vantaggio di una visione protesistica e assistiva del docente di sostegno.
Assolvono pertanto una funzione a dir poco fondamentale le visioni stereotipate e medicalizzate della disabilità, così come le paure dei futuri docenti a esse collegate, poiché mettono a nudo le fragilità di un mestiere difficile, com’è quello del sostegno alla persona con disabilità, evidenziando gli aspetti non solo contenutistici ma soprattutto emotivo-relazionali ed esperienziali sui quali bisognerebbe puntare maggiormente.
Proprio nell’intento di rendere concreta questa possibilità, si crede che l’eredità di questo lavoro di ricerca possa essere rintracciata nella consapevolezza che percorsi di specializzazione sul sostegno e di formazione dei docenti caratterizzati da un alto grado di coinvolgimento e immedesimazione, ai quali si legano significative esperienze di gestione emotiva e metariflessiva della relazione con la disabilità, possano offrire un reale contributo per il superamento delle percezioni deficitarie della disabilità e delle paure che ne derivano.
Bibliografia
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1 Il contributo è il risultato del lavoro congiunto dei due autori. Tuttavia è possibile attribuire a Stefania Pinnelli i paragrafi «Il ruolo delle preoccupazioni e degli atteggiamenti dei docenti» e «La ricerca»; Andrea Fiorucci è autore dei sottoparagrafi «Obiettivi e ipotesi di ricerca», «Metodologia della ricerca», «Risultati» e del paragrafo «Conclusioni».
2 Assegnista di ricerca di Pedagogia e Didattica Speciale, Università del Salento.
3 Professore Associato di Pedagogia e Didattica Speciale, Università del Salento.
4 Research Fellow in Pedagogy, University of Salento.
5 Associate Professor in Pedagogy, University of Salento.
6 Lo studio fa parte del programma di ricerca «Modelli culturali della differenza e promozione dell’inclusione a scuola» di cui è responsabile scientifico la Prof.ssa Stefania Pinnelli del Dipartimento di Storia, Società e Studi sull’Uomo, Università del Salento.