Vol. 19, n. 1, febbraio 2020

Monografia

Operosi tutti insieme!

Andrea Canevaro1

Sommario

Il paesaggio sociale è composto da svariate operosità che si pongono su diversi livelli. Distinguiamo le attività occupazionali, svolte per tenere occupati, e le attività operose che, nelle filiere, possono diventare produttive. In questo contesto il lavoro si presenta come una dinamica progressiva in cui la suddivisione del tempo, nella filiera, diventa uno strumento fondamentale per non polarizzare la propria vita in sconfitto/vincente. Ma la suddivisione ha bisogno di un elemento senza il quale non funziona: deve essere condivisa. La filiera lo permette, in una condivisione che si dilata dal campo al piatto. Un processo bottom-up con rappresentazione ecosistemica apre alle tre dimensioni possibili. Il processo top-down facilmente ne privilegia una.

Noi seguiamo due prospettive e cerchiamo di farle incontrare. La prima segue una logica dell’individuo: parte da una passione e cerca di farla crescere in una competenza. Questa deve incontrare l’altra prospettiva: dell’economia e del lavoro. È probabile che debba fare i conti con la produzione nella rivoluzione industriale 4.0. Il mondo del lavoro ha cambiato volto. È interconnessione, raccolta dati, filiera. Il progetto allora non è in una mansione, ma in un processo. In questo scenario uno strumento come la piattaforma VedoCurriculum, che documenta le operosità produttive, si rivela utile. L’empowerment (potenziamento delle capacità e della consapevolezza della persona) è nel VedoCurriculum.

Parole chiave

Paesaggio sociale, paesaggio mentale, VedoCurriculum, operosità, C.O.P. (Creiamo Operosità Produttiva), sistema complesso, mansione, processo, filiera produttiva, innovazione.

Monography

Industrious, all together!

Andrea Canevaro2

Abstract

The social landscape is composed by different industriousness separated on different levels. We identify occupational activities, with purpose of keeping someone busy, and industrious activities, really productive inside a production chain. In this context, working can be considered as a progressive dynamic where the time articulation of the production chain becomes a fundamental instrument to avoid a polarized perspective on life, usually described in terms of winner/loser contrast. However, this kind of articulation needs to be shared and inside a production chain it’s possible. From an ecosystemical point of view, a bottom-up representation offers more possibilities than a top-down one.

We follow two routes trying to find a crossroad. The first one focuses on the person: his passion and the way to build a competence from this. This route must cross the other one: job and economy, taking in consideration all the innovations related to the fourth industrial revolution. Interconnection, databases, production chain: the working dimension is changing face. In this new environment a platform as «VedoCurriculum», created in order to keep track of different industriousness, show its usefulness revealing new possibilities for workers and firms.

Keywords

Social landscape, mental landscape, VedoCurriculum, industriousness, C.O.P. (Creiamo Operosità Produttiva), complex system, job, process, production chain, innovation.

Premessa: paesaggio sociale operoso

Ci troviamo davanti a un paesaggio sociale operoso. Alle volte ci sorprende. La sorpresa riguarda elementi di quotidianità che hanno processi evolutivi. Come prima cosa, non guastarli; se è possibile accompagnali con qualche iniziativa utile, perché l’evoluzione sia tale e conquisti anche gli altri. Paesaggio sociale: parole allo stesso tempo chiare e misteriose.

Facciamo un piccolo esempio domestico: da diversi mesi, in casa abbiamo cambiato il sistema per asciugare le posate; prima le appendevamo in alto, ora sul ripiano del lavandino. Ma c’è chi compie ancora il gesto di cercare in alto.

Il paesaggio sociale non coincide con quello che abbiamo in mente. In certe zone della Regione Emilia-Romagna si sente dire: «Ma tu sei da Imola!». Cosa vuol dire? A Imola c’era l’ospedale psichiatrico, è stato chiuso da molti anni, ma nella mente delle persone c’è ancora. Il paesaggio mentale non corrisponde a quello del paesaggio sociale e il paesaggio mentale può creare delle storture tali da evitare che il paesaggio sociale evolva nella quotidianità di tutti. Il paesaggio sociale è percorso da un’operosità diffusa.

VedoCurriculum e C.O.P. (Creiamo Operosità Produttiva)

Nella zona vicino a Cesenatico c’è un’azienda che va molto bene e ha possibilità di crescita. È la Siropack Italia, di Barbara e Rocco De Lucia. È finita sui giornali quando la proprietà ha deciso di garantire il lavoro a un operaio malato di tumore, che aveva la possibilità di essere licenziato. I dipendenti avevano iniziato a raccogliere i soldi per aiutarlo; la proprietà li ha riuniti tutti dicendo che voleva continuare a far lavorare quella persona, aggiungendo: «I giorni in cui sarà assente per la chemio, dovrete lavorare di più». Tutti hanno detto di sì. C’era una ragione importante: Steven. L’aspetto economico contiene anche l’aspetto della motivazione. È un fatto accertato che la persona con disabilità, assunta in un lavoro, è tra le meno assenteiste e tra le più costanti a mantenere l’impegno, anche perché è una valorizzazione per cui ha combattuto per uscire dall’essere considerato bisognoso.

È per agevolare imprese come la Siropack nell’assunzione di personale con certificazione di invalidità che bisogna ripartire dal progetto VedoCurriculum3 e dalle sue potenzialità. La possibilità di vedere i soggetti in azione, poterne apprezzare le abilità e competenze, sia tecniche e specifiche che relazionali e sociali, poter, a volte, verificare anche l’autonomia del candidato è un supporto prezioso per l’azienda che deve assumere. Conoscere il candidato permette di scegliere figure che siano effettivamente una risorsa per l’azienda stessa in una logica di produttività.

Una Piattaforma digitale è l’anello di congiunzione con le imprese. L’impresa che aderisce alla Piattaforma avrebbe accesso a una banca dati che raccoglie tutti i VedoCurricula, che sono stati realizzati e caricati. L’azienda potrebbe, poi, effettuare una ricerca mirata attraverso il database di VedoCurricula, secondo filtri e parametri che portano a identificare il profilo migliore per la posizione disponibile.

La Piattaforma fornirebbe anche un’assistenza all’inserimento lavorativo e un supporto durante il rapporto di lavoro, attraverso un’équipe multidisciplinare in rete che fornisce la mediazione utile al superamento degli ostacoli che impedirebbero la buona riuscita del rapporto di lavoro stesso.

L’indicazione C.O.P. (Creiamo Operosità Produttiva) è un «bollino» che potrebbe segnalare il raggiungimento di un traguardo non conclusivo e anche un possibile punto di partenza. Preparato e fatto crescere insieme a chi sta crescendo e documentato dal VedoCurriculum aggiornato e implementato.

Purtroppo, oggi un certo numero di persone con disabilità, in età adulta, passano le loro giornate facendo attività indicate come occupazionali, che occupano il tempo. I bambini e le bambine, in molte situazioni familiari, vivono le loro giornate in un palinsesto di occupazioni e attività tendenzialmente organizzato per evitare pause, tempi morti. La logica è quella di tenere occupati, in una collocazione che sembra definitiva.

Noi invece dobbiamo cercare l’operosità nascosta. È lo sforzo, l’impegno, a cercare di spezzare l’egemonia degli stereotipi. La parola «adulti» è a collegata alle parole «vita operosa». Una vita operosa adulta, ben diversa da una vita operosa bambina. Questa differenza non è solo anagrafica. È soprattutto collegata alla percezione di sé e da parte degli altri, del loro sguardo. Come siamo percepiti? Come eterni bambini? Come incapaci? Il VedoCurriculum può essere una buona occasione per trasformare la percezione di sé in una prospettiva adulta, senza mascherare eventuali limiti.

Il VedoCurriculum non fa vedere competenze produttive fatte e finite, ma potenzialità visibili nei modi di essere attivi nel contesto giusto. Non tutti i contesti favoriscono l’espressione di potenzialità utili. C’è chi è attivo in cucina e in difficoltà in un ufficio. Il VedoCurriculum può far capire. Senza imbrogliare. Una persona con una disabilità fisica può far nascere domande, ad esempio, sulle autonomie igieniche. Il VedoCurriculum deve dare qualche risposta. Non in termini infantili ma adulti. Una persona incontinente, che deve usare i pannoloni, può organizzarsi e, quindi, assumere il problema da adulta; o avere, come un eterno bambino, chi pensa per lei. Il VedoCurriculum non può eludere queste realtà. Deve farlo onestamente, senza nascondere i problemi e con la discrezione dovuta alla dignità di una persona adulta. Che può cogliere l’occasione del VedoCurriculum per consolidare o conquistare una percezione di sé adeguata alla condizione adulta. Anche chi vive con lei, o con lui, dovrebbe percepirne la condizione adulta. In particolare, le associazioni dei familiari possono essere decisive per fare un percorso e superare diversi ostacoli: l’eccesso di protezione che fa percepire una persona adulta come eterno bambino; l’atteggiamento rivendicativo di un risarcimento infinito; il desiderio di avere un figlio, o una figlia, fenomeno eccezionale; e altri ostacoli. Per questo è utile l’altro elemento dell’ecosistema, quello dell’accompagnamento in questo percorso.

Ma prima di tutto, individuiamo tre livelli di operosità.

  1. L’apprendimento operoso: l’essere umano apprende affiancando chi è operoso e inserendosi integrando, con la propria, quell’operosità. Apprende il linguaggio, apprende i gesti finalizzati, apprende le variabili del tempo, e apprende facendo anche errori e scoprendo che ci sono errori da evitare, perché pericolosi, ed errori fecondi, perché aprono nuove possibilità. Nascono le passioni operose, dotate di una forza educativa che, se è visibile, può essere decisiva e travolgente, in grado di attirare l’attenzione delle persone e attivare processi mentali fondamentali per la crescita personale e del proprio progetto di vita, tanto da essere riconosciuti come mediatori naturali in grado di collegare tra loro più sfondi possibili, offrendo così una pluralità di possibilità.
  2. La produzione operosa: in un’impresa, in un’azienda, l’operosità è finalizzata a una precisa produzione. È formalizzata. La produzione è un processo, che va conosciuto perché la mansione di ciascuno si collochi in funzione delle mansioni degli altri. Bisogna essere operosi secondo uno standard. Sono i vincoli di appartenenza.
  3. L’operosità produttiva: tra chi lavora e chi non lavora c’è un vuoto totale? Chi non lavora deve giustificare la propria condizione dicendo che non lavora «ancora», o non lavora «più». Il rischio è considerare chi non lavora uno «scarto». Costruiamo una alternativa, a partire dalla scuola.

Processo e mansione

Il lavoro è un sistema complesso. Anche l’essere umano, come ogni vivente, è un sistema complesso. Ridurlo a un dato, magari proposto scientificamente, può escludere dalle possibilità evolutive, e quindi vitali. Il lavoro si sviluppa in un sistema aperto ad altri sistemi, costituendo quello che gli scienziati della natura chiamano biotopo, che permette la coevoluzione. Il biotopo è la coesistenza di sistemi complessi, che vivono ciascuno la propria specificità evolvendo, o, meglio, coevolvendo, in relazione con l’evoluzione dei sistemi complessi.

Citiamo Cyrulnik (2004) che attribuisce — probabilmente sbagliando, come lui stesso dice — a Charles Peguy un racconto autobiografico in cui il poeta Peguy, andando a Chartres, vede sulla strada un uomo che rompe delle pietre con dei colpi di martello accompagnando il lavoro con un palese senso di malessere e gesti di rabbia. Si ferma e gli domanda che cosa sta facendo. «Eh, lo state ben vedendo — risponde quest’uomo — devo fare un lavoro stupido, insensato e faticoso: un disastro!» Più avanti trova un altro uomo che sta facendo la stessa operazione ma con un viso tranquillo. Si ferma a parlargli e gli chiede che costa sta facendo. «Beh, sto cercando di guadagnarmi da vivere. È un lavoro certo faticoso ma lo faccio con piacere perché almeno ha il vantaggio di essere all’aria aperta». Ne trova un terzo che fa sempre lo stesso lavoro e che è visibilmente molto contento, sorridente. Fa la stessa domanda e riceve come risposta: «Sto costruendo una cattedrale!».

Françoise Waquet (2015) ha ricostruito l’ambiente materiale — studio, laboratorio, biblioteca, o altro ancora — in cui ogni scienziato lavorava. Perché la disposizione di libri, carte, schede, disegni, oggetti ha avuto una certa importanza nell’impegno di ricerca: ha permesso il richiamo della memoria, l’intreccio di elementi che sembravano destinati a stare lontani fra di loro, il bricolage continuo con la scoperta di nuovi elementi… Tutto questo non sarebbe possibile senza uno scaffolding originale, perché personale, dell’ambiente di lavoro quotidiano.

Questo vuol dire mettere le mani in pasta, con l’accettazione del presente limitato. Con l’esercizio, accade che la mano proceda e la mente preceda. Questo significa che la mente si allena nell’esplorazione ipotetica (Reda, 1986; Semerari, 1991). Significa anche che un insuccesso, come un successo, non va considerato come totale, definito per sempre: è relativo al presente limitato. Che può rivelarsi più rispettoso del mondo nel suo insieme confrontato ai risultati di chi vuol pensare a progetti totali e universali, con successi e insuccessi, totali e universali. Nelson Mandela diceva che: «Se vinco sono felice, e se perdo imparo qualcosa».

Il contesto (da contexere) è una costruzione diversamente articolata che si definisce nel tempo attraverso la delimitazione e la semantizzazione, l’attribuzione di significati anche simbolici degli spazi, le azioni dei suoi utilizzatori, le parole che vengono scambiate, gli oggetti utilizzati. I campi, le serre, i laboratori, gli spogliatoi, gli spazi per riporre gli attrezzi, gli spazi aperti al pubblico, le azioni fra e negli spazi, con gli attrezzi, nella terra con le piante, con il cibo, i modi delle interazioni, gli scambi verbali… tutto questo costruisce il contesto. Ogni soggetto umano ha bisogno di sviluppare la propria esistenza in un ambiente. Un individuo con una disabilità ha più di altri bisogno di percepire la strutturazione di un ambiente, ovvero il contesto che può esservi in un ambiente.

I gibboni (Clarke, Reichard e Zuberbühler, 2015), fra le scimmie, sono capaci di sviluppare un linguaggio orale complesso, non lontano da quello degli esseri umani, che però sanno scrivere. Perché i gibboni sono arrivati a un linguaggio orale complesso? Per organizzarsi e cooperare di fronte ai pericoli. E gli esseri umani? Come vivere la fragilità, che tutti viviamo? Con il linguaggio complesso, o con il grooming, cioè la pulizia del corpo cui si sottopongono gli scimpanzé reciprocamente. Questa è l’importanza del contesto.

La nostra mente è organizzata in modo da orientare i fatti salienti, quelli che notiamo immediatamente, evitando di perderli nella confusione che può crearsi se ne arrivano troppi. Dobbiamo esercitare e strutturare l’archivio della nostra memoria.

Troviamo alcune frasi in riferimento alla parola «reciprocità». Il Dalai Lama dice: «Segui sempre le 3 “R”: Rispetto per te stesso, Rispetto per gli altri, Responsabilità per le tue azioni». Voltaire avrebbe detto: «Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo».

I processi di disumanizzazione, come il genocidio nazista e anche le guerre, curavano e curano gli sforzi per cancellare la reciprocità, facendo in modo che l’altro venisse e venga considerato non umano, vite indegne di essere vissute. In positivo, ricordiamo il soldato napoletano che, durante quella che chiamiamo Grande Guerra, dalle linee del Carso intonava canzoni che venivano applaudite dal nemico.4

Superiamo il bipolarismo schematico. Abituati come siamo a ritenere gli esseri umani polarizzati, viviamo con difficoltà la reciprocità e basiamo tutto sulla polarizzazione forti/deboli, sapienti/ignoranti, buoni/cattivi, civilizzati/selvaggi, uomini/donne. E si potrebbe continuare su questo schema. È la logica lineare, la logica del tutto o niente (ad esempio, o ci capiamo o non ci capiamo).

Ma i rapporti fra noi possono essere caratterizzati dalla logica costruttiva, fondata, appunto, sulla reciprocità, in cui diversi elementi possono rapportarsi in una molteplicità di modi (ad esempio, non ci capiamo molto nel discutere su chi ci governa, ma ci capiamo bene nel cercare refrigerio quando fa caldo, o riparo quando è freddo).

La filiera

Consideriamo che il lavoro di filiera rappresenta la maggior parte dell’operosità produttiva. Dalla produzione ai consumi. Composta da diverse produzioni che si collegano l’una all’altra, trasmettendo ciascuno la propria produzione.

La suddivisione del tempo, nella filiera, diventa uno strumento fondamentale per non polarizzare la propria vita in sconfitto/vincente. Ma la suddivisione ha bisogno di un elemento senza il quale non funziona: deve essere condivisa. La filiera lo permette, in una condivisione che si dilata dal campo al piatto.

La condivisione può correre qualche rischio se la periodizzazione viene fatta per età. La periodizzazione della storia dell’umanità richiama sovente le età: l’età dell’oro, ad esempio, accanto ad altre età particolari. Ma nella storia individuale, le età possono richiamare un ritorno all’infanzia, o ad altre età poco accettabili per il soggetto.

A volte, un soggetto in condizioni particolari si sente valutato totalmente, e non unicamente, per la specificità di una prova. L’autonomia di un soggetto sembra che comprenda l’accettazione della dipendenza dal suo modo di essere nell’ambiente. Che non è l’accettazione della dipendenza. È il contrario.

Il soggetto vive una storia che interagisce con la Storia più ampia. Come tutte le storie e la Storia, gli eventi percepiti come «grandi» segmentano e spezzano in «prima» e «dopo», rischiando di cancellare e semplificare secondo una percezione che non è la realtà.

Il riferimento è soprattutto a chi, soggetto singolo o soggetto-comunità, tende a vivere le proprie vicende unicamente nel confronto prima/dopo. Può accadere che:

  • si dimentichino completamente i passaggi che hanno permesso una ripresa rispetto alla condizione che il trauma ha provocato;
  • si attribuiscano tutti i meriti agli aiuti, e nello stesso tempo si rinfacci a chi li ha forniti di non aver restituito la condizione del «prima»;
  • di conseguenza, si viva la contraddizione di ritenersi incapaci senza gli aiuti e si consideri gli aiuti incapaci.

Il problema da affrontare è dunque la rappresentazione di sé attraverso la rappresentazione di una periodizzazione più dettagliata ed efficace rispetto al riconoscimento della propria capacità di ripresa organizzativa.

Come definire l’innovazione? Non è soltanto una novità. È la novità che ha il riconoscimento del passaggio a regime. Che significa l’applicazione della novità in una realizzazione non eccezionale ma ripetibile, e che può dare risultati eccezionali diffusi. È il caso del telescopio. Galileo ha utilizzato una novità che non ha inventato, e l’ha applicata a una ricerca sistematica con risultati straordinari. L’eccezionalità dei risultati fa passare in secondo piano la sistematicità dell’applicazione della novità, che costituisce innovazione. Vi sono novità che rimangono prototipi e non diventano innovazioni, o a causa di un costo elevato del prototipo o per la debolezza dell’aspetto organizzativo. Galileo osava anteporre l’esperienza all’autorità di Tolomeo, che da secoli era ritenuto autorità, e quindi assunto come riferimento naturale. Galileo fu processato.

Vale la pena citare Zucchermaglio (1996): «[…] l’apprendimento scolastico possiede caratteristiche specifiche che lo distinguono nettamente dalle altre forme di apprendimento che avvengono in contesti di vita quotidiana, in quei contesti non esplicitamente e non “solamente” educativi».

Il manifesto della scoperta di questa distinzione è ormai un classico articolo di L.B. Resnick, che descrive quattro caratteristiche del funzionamento cognitivo degli individui nei contesti di vita quotidiana, che si contrappongono a caratteristiche tipiche del loro funzionamento nel contesto scolastico.

Vediamole:

  1. «cognizione individuale» (in) vs «cognizione condivisa» (out). A scuola le attività sono più individuali, e anche quando occasionalmente esistono esperienze di lavoro di gruppo, la valutazione è sempre del singolo. Gli allievi stanno insieme in un’aula, ma a ognuno è richiesto di produrre e pensare in modo indipendente dagli altri. Al contrario all’esterno, nella vita di ogni giorno, al lavoro, la maggior parte delle attività che svolgiamo sono condivise socialmente: le abilità di una persona sono sempre sostenute dalle attività e dalle competenze degli altri e i funzionamenti mentali di ognuno sono sempre funzionamenti sociali;
  2. «attività mentale pura» (in) vs «manipolazione degli strumenti» (aut). A scuola non si considera minimamente il fatto che spesso la competenza di una persona sta proprio nella capacità di utilizzo efficace delle competenze degli altri e degli artefatti e strumenti nei quali gran parte delle conoscenze individuali può venire distribuita;
  3. «manipolazione di simboli» (in) vs «ragionamento contestualizzato» (aut): si consideri in questo caso la matematica pratica, applicata a un contesto;
  4. «apprendimento di principi generali» (in) vs «competenze situate in contesti» (out) (Zucchermaglio, 1996, pp. 49-51).

Dennett (2018) con ampie e documentate argomentazioni sostiene che ogni evoluzione è frutto di un processo bottom-up. Nel processo top-down il soggetto che apprende deve soprattutto eseguire. Eventuali sue iniziative devono essere sulla linea che collega top a down. Non sono gradite uscite dalla linearità. Un processo bottom-up può avere una rappresentazione ecosistemica. Banalmente: per apprendere la matematica possiamo allontanarci dalla lavagna e andare in cucina. In questo caso, ci comporteremmo come l’automobilista che, sapendo che la strada diretta fra due località è interrotta, utilizza la rete delle strade forse secondarie. L’ecosistema apre ad alcune possibilità:

  • la serendipità, che indica una scoperta imprevista, apparentemente fortuita, certamente fuori dallo schema del controllo razionale dei protocolli di ricerca scientifica;
  • richiama il senso importante del non isolare una funzione rispetto almeno a un’altra;
  • fa scoprire che a volte l’isolamento di una funzione può creare un disfunzionamento sterile;
  • l’intreccio di funzioni fra loro del tutto dissimili può portare a un funzionamento creativo, fecondo.

Bibliografia

Clarke E., Reichard U.H. e Zuberbühler K. (2015), Context-specific close-range “hoo” calls in wild gibbons (Hylobates lar), «BMC Evolutionary Biology», vol. 15.

Cyrulnik B. (2004), Parler d’amour au bord du gouffre, Paris, Odile Jacob.

Dennet D.C. (2018), Dai batteri a Bach. Come evolve la mente, Milano, Raffaello Cortina Editore.

Reda M.A. (1986), Sistemi cognitivi complessi e psicoterapia, Roma, NIS.

Semerari A. (1991), I processi cognitivi nella relazione terapeutica, Roma, NIS.

Waquet F. (2015), L’ordre matériel du savoir. Comment les savants travaillent XVI°-XXI° siècles, Paris, CNRS éditions.

Zucchermaglio C. (1996), Vygotskij in azienda. Apprendimento e comunicazione nei contesti lavorativi, Roma, Carocci.


1 Professore Emerito dell’Università degli Studi di Bologna, Alma Mater.
2 Professor Emeritus, University of Bologna.

3 Il primo esempio di VedoCurriculum è nato inizialmente per promuovere l’inserimento lavorativo di persone affette da una rara condizione genetica, la Sindrome dell’X fragile, grazie alla collaborazione tra l’Associazione Italiana Sindrome X Fragile, la Fondazione Enaip Forlì-Cesena, il Gruppo Multimediale Impronta e il Servizio studenti con disabilità e DSA dell’Università di Bologna (ndr).

4 Ermanno Olmi l’ha illustrato nel film Torneranno i prati, del 2014. Siamo sul fronte Nord-Est, dopo gli ultimi sanguinosi scontri del 1917 sugli Altipiani. Nel film il racconto si svolge nel tempo di una sola nottata. ‘O surdato ‘nnammurato è la canzone che viene cantata e che descrive la tristezza di un soldato che combatte al fronte e che soffre per la lontananza dalla donna di cui è innamorato.

 

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