Vol. 19, n. 1, febbraio 2020
Cantiere aperto
Linee guida per il diritto allo studio dei minori allontanati dalla famiglia d’origine1
Paola Ricchiardi2 e Cristina Coggi3
Sommario
Numerose indagini in contesti europei ed extraeuropei hanno attestato, in maniera convergente, un’incidenza elevata di disabilità e di difficoltà scolastiche nei minori che vivono fuori dalla famiglia d’origine (Pirttimaa e Valivaara, 2018). Sono state dunque elaborate, in diversi Paesi, direttive specifiche, per orientare l’azione degli insegnanti. Anche in Italia, a fine 2017, il MIUR ha emanato le Linee guida per il diritto allo studio dei minori fuori dalla famiglia d’origine. Le disposizioni riguardano i minori in affidamento familiare, in struttura e gli stranieri non accompagnati (minori stranieri non accompagnati, MSNA). Questi soggetti, secondo le ricerche, presentano spesso ritardi nel linguaggio, carenze dal punto di vista cognitivo, disturbi in ambito emotivo-relazionale (Forsman e Vinnerljung, 2012; Olsen e Montgomery, 2018) e percentuali significative di disabilità certificate (12% nella ricerca italiana di Belotti, 2010).4 Si tratta di difficoltà che si acuiscono nel tempo, se non adeguatamente affrontate, rischiando di generare insuccesso ed esclusione sociale. Il documento ministeriale fornisce dunque informazioni relative alle problematiche più frequenti dei minori considerati, per proporre in seguito strategie operative, volte a favorirne la riuscita. Presentiamo di seguito alcune indicazioni proposte dalle Linee guida, per poi dettagliare le strategie didattico-educative utilizzabili dai docenti, alla luce delle ricerche internazionali.
Parole chiave
Bambini fuori dalla famiglia d’origine, risultati di apprendimento, inclusione sociale.
OPEN PROJECT
Guidelines for the right to education of out-of-home children
Paola Ricchiardi5 and Cristina Coggi6
Abstract
Many researches in European and non-European countries have attested, in a convergent manner, a high incidence of disabilities and school difficulties in children out-of-home care (Pirttimaa and Valivaara, 2018). Specific guidelines have therefore been developed in various countries. Also in Italy, at the end of 2017, MIUR issued the «Guidelines for the right to education of out-of-home children». According to the research, these subjects often present language delays, cognitive and emotional-relational difficulties (Forsman and Vinnerljung, 2012; Olsen and Montgomery, 2018) and significant percentages of certified disabilities (12% in Italian research by Belotti, 2010). We present below some indications proposed by the Guidelines, to then detail the didactic-educational strategies that can be used by the teachers, in the light of international research.
Keywords
Out-of-home children, learning outcomes, social inclusion.
Proposte delle Linee guida
Le disposizioni ministeriali prevedono innanzitutto l’istituzione di una nuova figura: un insegnante referente, incaricato di coordinare gli interventi a favore del minore. Il testo normativo attribuisce poi molta importanza al periodo dell’inserimento a scuola, che dev’essere supportato con attenzione. I frequenti trasferimenti che caratterizzano la vita (anche scolastica) di questi alunni, richiedono infatti una facilitazione, dal punto di vista dell’iscrizione a scuola, un adeguato approfondimento dei loro bisogni educativi e pratiche consolidate di continuità.
Si prevedono inoltre «modalità flessibili» di gestione dell’organico, per riorganizzare, anche in corso d’anno, le risorse di docenza, così da venire incontro a inserimenti a metà anno di alunni con particolari difficoltà. I docenti devono prevedere per tali minori «percorsi personalizzati» o, nel caso di disabilità, la stesura di un PEI, qualunque sia il momento dell’anno in cui il soggetto viene accolto a scuola. Occorre in ogni caso che siano attivate in modo mirato metodologie d’insegnamento variate e innovative, attente a coinvolgere anche coloro che presentano più difficoltà.
Forniremo di seguito alcune indicazioni didattiche più analitiche per i diversi livelli scolastici.
Indicazioni educativo-didattiche
Scuola dell’infanzia
Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, occorre prestare innanzitutto particolare attenzione ai problemi di sviluppo dei bambini che crescono fuori dalla famiglia d’origine e, in specifico, al possesso delle abilità che consentono un’adeguata partecipazione alle attività educative. Si tratta non solo di abilità sociali, ma anche delle potenzialità cognitive necessarie all’apprendimento. È utile in particolare dotarsi di specifici strumenti per rilevare la learning readiness (la prontezza ad apprendere) fin dai 4-5 anni (Coggi e Ricchiardi, 2019), per poter attivare, in caso di ritardi, interventi precoci di potenziamento cognitivo. Si potranno creare, a questo scopo, contesti immersivi, con attività ludiche mirate e l’utilizzo di strumenti multimediali, che consentano di sviluppare l’attenzione, la motivazione e di incrementare il bagaglio conoscitivo e linguistico del minore. I materiali ludici andranno scelti con cura e dovranno essere accompagnati da interazioni attente per stimolare la comprensione (per esempio, richiedendo l’eduzione di relazioni semplici, l’ordinamento, la classificazione, l’elaborazione dei concetti di quantità e spazio-temporali, la drammatizzazione di letture ad alta voce…). Si potranno inoltre promuovere il ragionamento, la capacità critica e la creatività (non solo in ambito artistico, ma con l’invenzione di storie, con il gioco costruttivo7 e quello simbolico).
Già a livello di scuola dell’infanzia si cercherà anche di favorire precocemente relazioni positive per l’inclusione e l’autoregolazione del bambino (Magnuson e Duncan, 2002). Allo scopo, possono essere utilizzate strategie attente all’interiorizzazione progressiva di regole e limiti. Occorre innanzitutto selezionare le regole in modo che siano: poche, chiare, condivise con tutte le figure adulte di riferimento e con il minore stesso. Tali norme andranno proposte anche in maniera visuale, perché il bambino sia consapevole e impegnato nel rispettarle.
Scuola primaria
Anche nella scuola primaria sarà curata, innanzitutto, l’integrazione socio-affettiva del bambino, attraverso la pianificazione attenta e mirata di attività musicali, teatrali, sportive e visite d’istruzione.
Dal punto di vista cognitivo, la letteratura internazionale ha messo in evidenza i ritardi e le carenze generate dalla vita in contesti deprivati (che spesso caratterizzano il passato di chi è stato allontanato dalla famiglia biologica). Si tratta frequentemente di problemi a cui è possibile far fronte con una didattica volta a stimolare tutti processi cognitivi (Swartz e Parks, 1994; Almon, 2003). Per quanto riguarda i contenuti disciplinari, andrà focalizzata l’attenzione innanzitutto sull’acquisizione e sul consolidamento delle conoscenze e abilità di base di lingua e matematica, che incidono sulla riuscita in tutti gli apprendimenti successivi (Swanson e Deshler, 2003). La focalizzazione iniziale sulle competenze di letto-scrittura e calcolo rappresenta una modalità efficace di intervento, come attestano gli studi sul progetto svedese Skolfam (Pirttimaa e Valivaara, 2018). Per favorire il successo scolastico dei minori più in difficoltà è opportuno inoltre concordare con la famiglia affidataria e con gli educatori un piano di recupero progressivo e programmare adeguatamente le situazioni di valutazione, in modo che possano rappresentare occasioni per gratificare l’impegno del minore e valorizzarne i progressi. Può essere anche vantaggioso per favorire l’apprendimento dotarsi di strumenti multimediali, come software didattici o applicazioni educative, da gestire in modo personalizzato a scuola e a casa (Lei e Zhao, 2007). Per promuovere la riuscita di tali allievi è consigliabile prevedere un insegnamento flessibile, con l’utilizzo di strategie didattiche innovative specifiche per coloro che hanno tempi d’attenzione limitati (con moduli più brevi, in cui la spiegazione si intervalla all’esercizio e al momento di distensione). Sono utili inoltre, per sostenere la motivazione di tali alunni, moduli di didattica attiva, capaci di far svolgere ai bambini esperienze autentiche, di ricerca e problem-solving.
Per il livello scolastico della scuola primaria, che inizia a centrarsi sulle prestazioni, si ritiene consigliabile anche l’utilizzo di pratiche di valutazione formativa. Occorre in proposito che vengano sistematicamente comunicati ai minori i giudizi (con esplicita indicazione degli aspetti positivi riscontrati nel lavoro svolto). I feedback chiariranno inoltre le strategie da attivare per migliorare, in relazione agli obiettivi individuali.
Per quanto riguarda l’autoregolazione emotiva, nella scuola primaria è possibile cominciare a utilizzare strategie specifiche per incrementare il controllo cognitivo delle emozioni e di conseguenza dei comportamenti, applicando programmi sul modello dell’educazione razionale emotiva (Di Pietro, 2015) o approcci disciplinari, con percorsi linguistici di educazione delle emozioni (per esempio attraverso la lettura di testi specifici e la scrittura).
Scuola secondaria di primo grado
Il buon adattamento nella scuola secondaria di primo grado, anche per lo studente che vive fuori dalla famiglia di origine, dipende principalmente, secondo la letteratura internazionale, dal senso di appartenenza alla comunità scolastica e dalla qualità delle relazioni con i pari e con gli adulti (Dutton Tilley et al., 2013).
Il senso di appartenenza alla scuola risulta infatti correlato con la motivazione allo studio, l’autoefficacia percepita, i risultati scolastici positivi, la frequenza scolastica regolare e ha, come effetto, minor riscontro di comportamenti infrattivi. È utile dunque incoraggiare il senso di appartenenza a gruppi (di istituto e non), promuovendo la valorizzazione collettiva dei successi individuali e attraverso la partecipazione a progetti significativi.8 In tali situazioni, ciascuno studente può assumere un ruolo specifico, anche nell’aiuto e supporto dei compagni più in difficoltà.
Nella scuola secondaria diventa particolarmente importante (specie per i minori out-of-home care) preoccuparsi della continuità scolastica, sia con l’ordine di scuola precedente, sia tra istituiti secondari. Si tratta infatti di allievi, come si è detto, che sperimentano frequenti transizioni di domicilio, passando da una collocazione a un’altra (comunità, affido, ecc.). Cambiamenti frequenti di scuola inducono però l’abbandono di legami potenzialmente significativi, nonché l’interruzione del lavoro di inclusione, supporto, recupero o potenziamento attivato dagli insegnanti di classe (Olsen e Montgomery, 2018). Occorrono dunque pratiche di documentazione e trasmissione delle informazioni efficaci e dettagliate, nonché la cura anche della continuità dei legami.
Per quanto riguarda invece le difficoltà di regolazione delle condotte, che nella scuola secondaria di primo grado spesso si inaspriscono, è utile adottare con questi studenti strategie non stigmatizzanti ed espulsive (che riprodurrebbero situazioni di allontanamento già vissute). È possibile individuare modalità adeguate di contenimento, con il supporto di équipe interdisciplinari e in particolare di uno psicologo, che supervisioni l’operato di insegnanti e educatori e prospetti interventi mirati al disturbo evidenziato dal minore (Réjean, 2005). Per i minori con maggiori difficoltà di autoregolazione, è auspicabile l’introduzione di progetti specifici, con l’utilizzo di risorse territoriali (di Comuni e Regioni), per offrire un’attenzione personalizzata allo studente ed esperienze attivanti, anche fuori dalla scuola.
Rispetto alla relazione con i pari e con gli adulti, per gli adolescenti è particolarmente rilevante monitorare la qualità della rete di relazioni del minore (affidato, in comunità o straniero non accompagnato). Tale rete va innanzitutto adeguatamente tessuta a scuola (Pieroni e Santos Fermino, 2019), organizzando attività di gruppo mirate (ad esempio, con una selezione attenta dei gruppi da parte del docente). Per favorire l’integrazione sociale con i pari, occorre un lavoro specifico sul gruppo classe, per promuovere un ambiente inclusivo, ad esempio con interventi specifici di educazione ai valori, che sensibilizzino alla solidarietà e alla collaborazione. Quando possibile, il progetto di inclusione deve estendersi anche all’extrascuola (con accordi specifici con i genitori più disponibili).
Particolarmente importante, in questo grado scolastico, è inoltre poter fruire, per i minori in oggetto, di una figura adulta (educatore di riferimento e modello), che possa svolgere la funzione di tutor, contrastando la frammentazione intrinseca della didattica nelle scuole secondarie (Amenta, 1999).
Per quanto riguarda gli aspetti cognitivi, nella secondaria di primo grado andrà focalizzata l’attenzione in particolare sul consolidamento delle competenze comunicative, di lettura in profondità, di produzione scritta e quelle matematiche, considerato il maggior livello di complessità degli apprendimenti richiesti. Particolare cura potrà essere posta nel promuovere l’acquisizione e lo sviluppo di adeguate strategie di organizzazione e conduzione delle attività di studio, in un setting di coinvolgimento attivo, volto a favorire una risposta positiva del minore alle nuove richieste del livello scolastico secondario e a potenziarne l’autonomia (Torre, 2015). A questo proposito potrà essere utile un lavoro mirato sulle strategie di studio (organizzazione del tempo e dei materiali, utilizzo di schemi e mappe concettuali, esposizione orale e scritta di quanto appreso, ecc.).
Per la scuola secondaria sono particolarmente auspicabili inoltre pratiche di valutazione formativa, che consentano agli allievi di ottenere feedback significativi sui processi attivati e sulle prestazioni eseguite, con esperienze di autovalutazione e di valutazione tra pari (che scoraggiano l’attribuzione causale esterna).
Per questo livello scolastico sono indicati anche interventi precoci di orientamento, che vadano nella direzione di formare una maggior consapevolezza di sé, in particolare delle proprie attitudini e capacità decisionali.
Scuola secondaria di secondo grado
Al livello scolastico secondario di secondo grado occorre monitorare, durante i primi mesi di frequenza, che la scelta scolastica dei ragazzi out-of-home care sia adeguata. Si possono rilevare infatti, nelle opzioni, casi di sopravvalutazione delle capacità o difficoltà legate a instabilità emotiva (necessaria per portare a termine percorsi complessi). Se le rilevazioni iniziali evidenziano lacune, sarà utile attivare tempestivamente strategie specifiche di recupero e inclusione anche per i minori che manifestano attitudini per il percorso scelto e hanno effettuato scelte coerenti con le loro potenzialità. Allo scopo si potranno proporre laboratori di riallineamento, interrogazioni e verifiche programmate e concordate con lo studente, valorizzazione di ricerche, progetti di gruppo….
In adolescenza, inoltre, i minori che hanno subito dei traumi importanti possono sviluppare forme depressive, che rischiano di determinare insuccesso e abbandono. I primi segnali di disagio possono essere colti da un elevato numero di assenze e da una scarsa integrazione nel gruppo classe (Proctor, Skriner, Roesch e Litrownik, 2010).
L’inserimento nella scuola secondaria di secondo grado rappresenta poi una sfida particolarmente complessa da gestire per i minori con quoziente intellettivo limite, che faticano ad affrontare i contenuti scolastici sempre più astratti, anche nei percorsi professionali. Occorrerà in questo caso ricorrere agli strumenti compensativi e dispensativi previsti dalla legge per procedere a individuare i nuclei fondamentali su cui centrare l’attenzione, in vista di un inserimento sociale e lavorativo futuro.
La scuola secondaria di secondo grado, specie nei primi anni, costituisce inoltre un contesto in cui facilmente gli adolescenti con difficoltà rischiano di assumere comportamenti oppositivi o a rischio. Andrà dunque prestata un’attenzione specifica a intensificare i progetti inclusivi, sia nel tempo scolastico, che extrascolastico.
Anche nelle scuole secondarie di secondo grado è utile introdurre, oltre a una didattica centrata sugli studenti, strategie adeguate di valutazione formativa. È necessario inoltre evitare il più possibile provvedimenti espulsivi, a fronte di difficoltà comportamentali in classe, optando per azioni tipo service learning (ad esempio, il volontariato), che presentano molti vantaggi dal punto di vista degli apprendimenti realizzati (Celio, Durlak e Dymnicki, 2011).
Sono rilevanti infine (per tutti i minori in oggetto) le attività di orientamento in uscita, che consentono di curare la transizione al lavoro, per chi non intende proseguire negli studi o possono incoraggiare, per i minori che hanno le attitudini e competenze necessarie, la frequenza universitaria. Allo scopo è possibile introdurre, in maniera mirata, progetti di alternanza scuola-lavoro o progetti specifici di orientamento consulenziale, per le situazioni potenzialmente più a rischio. Risulta rilevante in tutti i casi curare lo sviluppo delle soft skill, oltre che delle competenze disciplinari specifiche (Robles, 2012). C’è il rischio grave infatti che, dopo anni di accudimento, i minori allontanati dalla loro famiglia possano divenire neet («not in education, employment or training») e tornare rapidamente nei circuiti dell’assistenza (Pecora, 2012).
Bibliografia
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1 Paola Ricchiardi è autrice del paragrafo «Proposte delle Linee guida» e dei paragrafi riguardanti la scuola dell’infanzia e la scuola primaria. Cristina Coggi è autrice dei paragrafi riguardanti la scuola secondaria di primo e secondo grado e la Bibliografia.
2 Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’educazione, Università degli Studi di Torino.
3 Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’educazione, Università degli Studi di Torino.
4 Secondo una recente indagine condotta da Ricchiardi e Coggi (2019), in specifico sui minori accolti in famiglia affidataria, questi presentano importanti difficoltà di apprendimento nel 53% dei casi e nell’8% dei casi disabilità certificata. Rispetto alla media nazionale i bambini in affido hanno una probabilità tripla di presentare difficoltà di apprendimento e disabilità. Negli USA i bambini in affido hanno una probabilità di essere inseriti nel circuito dell’educazione speciale anche cinque volte superiore ai bambini che vivono in condizioni ordinarie (25-52% rispetto al 10-12% della popolazione) (Berrick, Courtney e Barth, 1993). Pur cambiando le percentuali di disabilità, in relazione ai criteri di inclusione adottati dai diversi Stati, si constata il permanere di una sovrarappresentazione dei bambini in affido nei circuiti dell’educazione speciale.
5 Department of Educational Sciences and Philosophy, University of Torino.
6 Department of Educational Sciences and Philosophy, University of Torino.
7 Le Autrici hanno realizzato al proposito un iter completo di stimolazione della cognitive readiness, vedi Venera, Ricchiardi e Coggi, 2011.
8 Si tratta di progetti che possono essere pianificati in connessione col territorio, che favoriscono anche positive esperienze extrascolastiche. È utile prevedere inoltre una selezione adeguata di eventuali visite d’istruzione.