Mario Tommasini e la deistituzionalizzazione dal basso

Alessandra M. Straniero, Fabio Bocci

Il processo di deistituzionalizzazione è una pratica che non riguarda solo, e storicamente, la chiusura delle istituzioni totali (ospedali psichiatrici, scuole speciali, ecc.) ma anche la «messa in discussione» di altri contesti, come le case di riposo, le carceri, gli orfanotrofi (nelle loro evoluzioni nel tempo), e così via. Tenendo a mente questo presupposto e considerando la deistituzionalizzazione una pratica «dal basso» e «che non ha mai fine», l’autrice e l’autore del presente articolo hanno deciso di focalizzare l’attenzione su Mario Tommasini, la cui figura magari può attualmente risultare poco nota ai più ma che, nondimeno, ha caratterizzato con la sua azione — soprattutto politica, nella sua accezione più nobile — una lunga stagione di lotte a favore di chi è più vulnerabile: i matti, i disabili, i detenuti, gli anziani, gli orfani, ecc. Raccontare chi è stato Mario Tommasini è anche l’occasione per fare il punto sullo stato dell’arte del nostro sistema sociale e ragionare in merito alla necessità di un rilancio della pratica deistituzionalizzante in un tempo, il nostro, che si sta purtroppo distinguendo per una regressione per quel che concerne le politiche inerenti alla diversità, all’inclusione, all’equità e all’accessibilità.

DOI 
10.14605/ISS2442504

Keywords
Mario Tommasini, Deistituzionalizzazione, Franco Basaglia, Movimento Antipsichiatrico, Inclusione.

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