Questione di fili

Ilaria Cervellin

Erika (nome di fantasia) ha 7 anni compiuti da poco, una diagnosi di disturbo nello spettro dell’autismo ed ha appena concluso il primo anno alla Scuola primaria. Un anno scolastico che verrà annoverato in numerosi contributi di settore — ma non solo! — in quanto è iniziato tra i banchi di scuola ma è stato portato a termine tra le mura domestiche. L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo in tutto il mondo ha infatti palesato nuovi scenari ed ha richiesto alla Scuola di sapersi riorganizzare repentinamente, di saper riadattare attività pensate appositamente per la situazione d’aula e, al contempo, di prevedere nuove forme di insegnamento capaci di garantire apprendimenti significativi a distanza. La Famiglia stessa è stata investita di un ruolo nuovo: genitori e, a volte, nonni si sono dovuti improvvisare esperti di DaD (Didattica a Distanza), sono stati costretti a mettersi in gioco per supportare, supervisionare, guidare i propri figli o nipoti nelle lezioni da casa, in alcuni casi con esiti estremamente positivi in altri un po’ meno. Il contributo Questione di fili è stato così intitolato in riferimento, in primo luogo, al filo utilizzato da Erika, come oggetto di stimolazione sensoriale da richiedere con specifico pittogramma e da utilizzare come antistress nei momenti di sovraccarico cognitivo. In secondo luogo, perché i fili rappresentano simbolicamente l’intreccio di relazioni costruite dall’inizio dell’anno scolastico e consolidatesi, durante la DaD, tra le diverse persone coinvolte (adulti e bambini). È la breve narrazione di un’esperienza in cui effettivamente Scuola e Famiglia hanno saputo collaborare mettendo a disposizione le proprie competenze professionali e personali al fine di riuscire a creare le condizioni favorevoli per garantire apprendimento significativo e una reale inclusione a distanza.

DOI 
10.14605/ISS2012108

Keywords
Corresponsabilità educativa, Didattica a Distanza, lavoro d’équipe, Progetto di vita, Speciale Normalità.

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