Dal prendersi cura all’aver cura dei pazienti in condizione di disabilità

Maura Striano, Valentina Paola Cesarano

Nei contesti della salute e della cura è diventato urgente ripensare la differenza sul significato del prendersi cura (in senso tecnico) e dell’aver cura, poiché nelle istituzioni e nei servizi il curare in senso medico, ma anche in senso educativo e sociale, perde di vista l’aver cura dell’Altro, quella sollecitudine autentica che si fonda sulla relazione. La situazione di emergenza prodotta dal Covid-19 ha accentuato ancor di più tale necessità. Negli ultimi anni la cronaca ha riportato numerosi episodi di violenza verso pazienti in condizione di disabilità da parte di coloro che dovrebbero aver cura di loro. Tuttavia, non va ignorata la presenza di servizi e operatori che offrono, invece, risposte di qualità eccellente, di alta professionalità e attenzione alle relazioni. Cosa fa la differenza? È evidente la necessità di una selezione accurata, di un controllo costante sulle attività degli operatori, di una formazione continua per favorire la crescita professionale e la rimotivazione iniziale affinché non sbiadisca nel tempo. Alla luce di ciò si è scelto di articolare una riflessione focalizzata sul ripensamento della formazione delle professionalità sanitarie, una formazione che fornisca gli strumenti per promuovere una visione biopsicosociale dei pazienti in condizione di disabilità, avendo cura del loro progetto di vita e della loro qualità della vita, rendendoli così protagonisti del processo di cura.

DOI 
10.14605/ISS1942002

Keywords
Avere cura, condizione di disabilità, formazione, qualità di vita, modello biopsicosociale.

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