Ascolto e comunicazione verbale: implicazioni linguistiche della sordità

Rosalia Cavalieri

Difficilmente pensiamo al fatto che non può esserci linguaggio se non si ascolta e che l’ascolto è la componente più importante della comunicazione verbale. Se da un lato per imparare a parlare è necessario sentire i discorsi altrui, comprenderli e attribuirgli un significato, dall’altro lato bisogna essere in grado di ascoltare ciò che noi stessi diciamo, avere cioè il feedback uditivo. L’orecchio umano si configura perciò come l’organo specifico del linguaggio parlato, adattatosi alla percezione e al controllo dell’informazione acustica, e della voce articolata in particolare. Stando così le cose, la capacità di intendere il linguaggio costituisce allora l’indispensabile premessa per la disposizione a parlare e a parlare correttamente. La condizione delle persone sorde congenite ci offre sotto questo aspetto l’opportunità di riflettere e di comprendere il ruolo esercitato dall’ascolto nell’acquisizione e nell’uso del linguaggio verbale: privati della possibilità di controllare le loro produzioni vocali mediante l’udito, i sordi non sono in grado di sviluppare spontaneamente il linguaggio parlato. Partendo da queste premesse, l’obiettivo di questo saggio è comprendere cosa significa essere «sordo» e in che termini la sordità può essere classificata tra le patologie del linguaggio.

Keywords
Ascolto, udito, sordità, sordo, voce articolata, facoltà di linguaggio, comunicazione verbale

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