Discorsi e cultura della disabilità nella scuola italiana

Giuseppe Vadalà

A partire da alcune ricerche promosse in ambito nazionale (CENSIS, 2010; Medeghini, 2008; Vadalà, 2011) e internazionale (Morvan, 1988; Mercier, 1999), alla luce della riflessione proposta dai Disability Studies (Corker, 1998; Davis, 1997; Medeghini et al., 2013), si cerca di mettere in evidenza la relazione tra rappresentazioni della disabilità e comportamenti, opinioni e azioni nella scuola, vale a dire la relazione tra impliciti pedagogici e pratiche scolastiche, relazione generativa di culture, prassi e azioni non inclusive.
Indagare e analizzare la disabilità dal punto di vista delle rappresentazioni sociali può aiutare il dibattito e la riflessione perché le rappresentazioni culturali sono il frutto di processi costruttivi (impliciti), capaci di generare inclusione e/o esclusione, vicinanza e/o lontananza. In termini scolastici sappiamo perfettamente quanto sia capace di incidere l’ambiente di apprendimento sulla relazione e sulla costruzione dei processi di apprendimento, ancor più di molte strategie o azioni didattiche, quanto siano capaci di incidere gli spazi e i tempi, le geografie, le economie e le politiche educative. Alcune politiche, a livello macro, incoraggiano ma non determinano le pratiche all’interno dei singoli micro-spazi che compongono la scuola. Gli ambienti di apprendimento rappresentano specifici momenti all’interno dello spazio sociale. Essendo i bambini, e gli studenti in senso ampio, parte della società più ampia, essi spesso riproducono le identità dominanti. In questo senso si cercherà di evidenziare alcuni aspetti culturali provenienti dai racconti di studenti e il loro ricordo rispetto alla presenza di compagni disabili nella scuola o nella classe (Vadalà, 2011).

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