Vol. 24, n. 1, febbraio 2025

PROSPETTIVE E MODELLI ITALIANI

Il Debate come pratica didattica inclusiva1

Manuele De Conti,2Daniela Di Donato,3Lucia Iacopini,4Elena Mosa5 e Silvia Panzavolta6

Sommario

L’articolo esplora il potenziale inclusivo del Debate come metodologia didattica innovativa nelle scuole italiane, con particolare attenzione al coinvolgimento di studenti con Bisogni Educativi Speciali (BES) e Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA). Attraverso un approccio misto di analisi quantitativa e qualitativa, sono stati raccolti dati da 357 docenti e approfondimenti qualitativi tramite focus group. I risultati evidenziano che il Debate promuove competenze comunicative, prosociali e metacognitive, contribuendo a un clima di classe positivo e inclusivo. La ricerca sottolinea il valore del Debate nell’empowerment degli studenti, aumentando autostima e senso di autoefficacia, specialmente per coloro che si sentono marginalizzati. Inoltre, l’utilizzo delle tecnologie digitali facilita la personalizzazione dell’apprendimento, offrendo opportunità diversificate di espressione e partecipazione. Il Debate si dimostra una pratica che valorizza il contributo di ogni studente, trasformando l’aula in un luogo di pari opportunità, in linea con i principi dell’Universal Design for Learning. Nonostante i risultati promettenti, lo studio evidenzia la necessità di ulteriori ricerche per generalizzare i risultati e rafforzare le evidenze sull’efficacia del Debate come strumento inclusivo nelle scuole italiane.

Parole chiave

Debate, Didattica inclusiva, Approccio quali-quantitativo, Ricerca educativa, PUA.

ITALIAN MODELS AND PERSPECTIVES

Debate as an inclusive teaching practice

Manuele De Conti,7Daniela Di Donato,8Lucia Iacopini,9Elena Mosa10 and Silvia Panzavolta11

Abstract

The article explores the inclusive potential of Debate as an innovative teaching methodology in Italian schools, with a particular focus on engaging students with Special Educational Needs (SEN) and Specific Learning Disabilities (SLD). Using a mixed-method approach of quantitative and qualitative analysis, data were collected from 357 teachers, complemented by qualitative insights from focus groups. The findings highlight that Debate fosters communicative, prosocial, and metacognitive skills, contributing to a positive and inclusive classroom environment. The research emphasizes the value of Debate in empowering students by boosting self-esteem and self-efficacy, especially for those who feel marginalized. Additionally, the use of digital technologies facilitates personalized learning, offering diverse opportunities for expression and participation. Debate emerges as a practice that enhances every student’s contribution, transforming the classroom into a space of equal opportunities, in line with the principles of Universal Design for Learning. Despite these promising results, the study underscores the need for further research to generalize findings and strengthen evidence on the effectiveness of Debate as an inclusive tool in Italian schools.

Keywords

Debate, Inclusive teaching, Mixed method, Educational research, UDL.

Introduzione

Il Debate è una metodologia didattica innovativa la cui popolarità e diffusione nella scuola italiana sono cresciute molto negli ultimi anni. Hanno contribuito a questo risultato il Movimento Avanguardie educative di Indire, la rete WeDebate, la Società Nazionale Debate Italia e i Campionati Nazionali di Debate.

Il Debate si configura come uno scambio comunicativo guidato da regole nell’ambito del quale due squadre di studenti si confrontano assumendo posizione a favore e contro una mozione. Nell’ambito delle idee di Avanguardie educative,12 quasi una scuola su due (il 43,6%) delle adottanti ha scelto di inserire il Debate nei propri processi di rinnovamento della didattica.

Il primo degli orizzonti del Manifesto delle Avanguardie Educative, «Trasformare il modello trasmissivo della scuola», insiste sull’importanza del superamento della sola didattica frontale e tradizionale che, secondo il CAST (Centro per le Tecnologie Speciali Applicate), equivale a progettare dei curricula «disabili», nel chi, nel come e nel cosa si insegna.

«I curricula, spesso, non sono concepiti, disegnati o validati per essere utilizzati con diversi tipi di studenti che attualmente popolano le nostre classi. Gli studenti che sono “ai margini” — quelli che sono superdotati, quelli con bisogni speciali o disabilità, quelli che stanno apprendendo la lingua, e così via — spesso sostengono il colpo peggiore dei curricula ideati per una “media” fittizia, perché tali curricula non tengono conto della variabilità individuale» (chi) e «I curricula, spesso, si progettano per trasmettere e valutare l’informazione o i contenuti, senza considerare lo sviluppo di strategie d’apprendimento — abilità di cui gli studenti hanno bisogno per comprendere, valutare, sintetizzare e trasformare le informazioni in conoscenza spendibile. I curricula tradizionali rimangono largamente costruiti sul supporto scritto, che è buono per diffondere il contenuto narrativo e descrittivo. Tuttavia, non sono ideali per l’informazione che richiede la comprensione di processi e relazioni dinamiche, calcoli e procedure» (come) e, infine, «Abitualmente, i curricula dispongono di opzioni educative molto limitate. Non solo sono, generalmente, mal equipaggiati per differenziare l’istruzione per i diversi studenti, o anche per lo stesso studente a diversi livelli di comprensione, ma sono “disabili” per la loro incapacità di fornire molti degli elementi chiave per il successo formativo evidenziati dalla pedagogia, come la capacità di evidenziare caratteristiche critiche o grandi idee, la capacità di fornire la necessaria conoscenza pregressa, la capacità di collegare le nuove abilità a quelle precedenti, la capacità di costruire abilità e strategie di successo, la capacità di controllare il progresso dinamicamente, la capacità di offrire una struttura graduata. La maggior parte dei curricula attuali sono migliori nel presentare le informazioni piuttosto che nell’insegnarle» (cosa).

Sensibili su questo orizzonte, Indire e AID hanno pensato di realizzare una ricerca, nel contesto delle scuole di Avanguardie educative, rispetto all’uso e al senso pedagogico e valoriale, incarnato dai docenti che lo adottano come opportunità formativa per i loro studenti.

Quadro teorico

La metodologia del Debate è molto efficace per la promozione delle competenze trasversali e del pensiero critico. Un recente volume (Cinganotto, Mosa e Panzavolta, 2021) ha riletto le pratiche osservate nelle scuole italiane di ogni ordine e grado alla luce del contributo che il Debate fornisce a ciascuna delle otto competenze chiave.

Un ulteriore focus sulla competenza «personale, sociale e imparare a imparare» è contenuto nel quaderno Loescher Formarsi al Debate. Ricadute organizzative, didattiche e sulle competenze degli studenti (Mosa e Panzavolta, 2024) nel quale vengono analizzati i dati quanti-qualitativi del monitoraggio effettuato sul progetto «La forza del dialogo».

Gli studenti della scuola secondaria di primo e secondo grado coinvolti nel progetto hanno risposto a un questionario (1.868 risposte in tutto) sottolineando, tra l’altro, che il Debate è una metodologia molto divertente e coinvolgente (50% «abbastanza», 35% «molto») e che è utile anche per ambiti extrascolastici come la partecipazione alla vita sociale e civica e per il futuro lavorativo (41% «abbastanza» e 41% «molto»). Dal questionario docenti (371 risposte) emerge che le competenze maggiormente sollecitate dal Debate sono quella di «comunicare efficacemente» (38,8%), seguita da «imparare a imparare» (24,2%) e «collaborare» (18,3%). I docenti hanno inoltre dichiarato che la competenza maggiormente allenata grazie al Debate è la competenza europea n. 5 («Competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare») e che hanno potuto osservare il potenziale inclusivo della metodologia: studenti con Bisogni Educativi Speciali (BES) hanno dimostrato entusiasmo e desiderio di partecipare attivamente, beneficiando dell’opportunità di sentirsi parte integrante di un gruppo. Per la sua specifica struttura, l’hanno ritenuto flessibile e inclusivo, efficace nel valorizzare talenti, far partecipare studenti fragili e spesso silenti e coinvolgere diversi canali espressivi e rappresentativi.

Il Debate è stato efficacemente realizzato anche in contesti diversi da quelli canonici che prevedono il momento della sfida in presenza, nello stesso ambiente. Durante l’emergenza sanitaria da Covid-19 i campionati nazionali si sono tenuti a distanza, tramite applicativi ad hoc per videoconferenze. Oltre a ciò, nel 2022 Indire, in collaborazione con H-farm,13 ha progettato un’applicazione per fare Debate in realtà virtuale grazie all’utilizzo di appositi visori. Le specificità del setting immersivo hanno richiesto una modifica del protocollo di discussione per renderlo idoneo al nuovo scenario, che è stato testato attraverso un progetto pilota che ha visto coinvolte 10 classi di scuola secondaria di secondo grado dislocate sul territorio nazionale. Tale setting è stato ritenuto inclusivo nella misura in cui incoraggiava gli studenti e le studentesse più timidi e insicuri a cimentarsi nel Debate sotto forma di avatar, riducendo lo stress e l’ansia da prestazione (Benassi, Mosa e Panzavolta, 2023).

In termini di didattica inclusiva, ai fini di questo studio, ci si è avvalsi della definizione formulata da Lucio Cottini (2017), che prevede la presenza dei seguenti elementi: impegno di strategie cooperative, costruzione di un clima di classe accogliente, educazione alle competenze prosociali dei ragazzi e delle ragazze, attenzione alle variabili emotive connesse ai processi di apprendimento, sostegno esplicito alle strategie di pensiero di ordine superiore e alle componenti metacognitive e uso delle tecnologie digitali.

L’attenzione alla componente inclusiva nel Debate è piuttosto recente. De Conti (2022) documenta ad esempio lo sforzo realizzato in tal senso con la messa a punto di un particolare format di Debate, l’IMP (Inclusive Modular Protocol), in grado di consentire la partecipazione di tutti gli studenti e le studentesse grazie alla semplificazione degli scambi dibattimentali e argomentativi.

Da segnalare anche varie iniziative che promuovono il «Debate for all»,14 richiamando il noto movimento culturale legato alla progettazione universale inclusiva, il «Design for all».

Revisione della letteratura su Debate e inclusione

La letteratura sul rapporto tra Debate e inclusione è molto circoscritta e i termini inclusivity o inclusiveness riguardano gli ambiti della diversità sociale, culturale o di genere con temi quali la distinzione di competenze linguistiche diverse, l’elaborazione di codici di condotta inclusivi (Johnson-Castle e Tan, 2015), la partecipazione dei veterani militari (Sciullo, 2017) o il riconoscimento di specifiche narrative di genere (Larsen, 2023). Tale prospettiva trascura quindi la trattazione del rapporto tra Debate e studenti con Bisogni Educativi Speciali (BES) o Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), e focalizza temi culturalmente lontani da quelli avvertiti, per ora, in Italia (Cfr National Speech and Debate Association, 2021).

Una liminare esplorazione del rapporto tra Debate e BES o DSA si ritrova in trattazioni che affrontano il tema della disabilità, rubricazione che imposta la disamina in modo differente rispetto al contesto italiano.

McDonald II e Burke (2020), in un’indagine rivolta a valutare le agevolazioni per i partecipanti a eventi oratori analoghi al Debate, suggeriscono di redigere documenti con caratteri facilmente leggibili, consiglio che emerge anche dalla documentazione ufficiale di alcuni circuiti dibattimentali e che prevede misure compensative quali le copie ingrandite dei documenti, testi opportunamente redatti o l’uso del computer (McCarty, 2024).

Analogamente si esprime Connor Engel, coach di DebateDrills, un famoso servizio online di coaching per il Debate, che considera fondamentale, a fronte di tali disabilità, concedere tempo aggiuntivo di preparazione per bilanciare le disuguaglianze (Engel, 2021). Nelson e Miller (2016), invece, problematizzano la stessa attività dibattimentale considerando alcuni circuiti come il Policy Debate inaccessibili per coloro che hanno difficoltà di lettura, scrittura o esposizione orale di testi. A partire da questa constatazione, gli autori propongono a coach e debater di modificare i caratteri dei discorsi, di aumentare gli spazi tra le parole e di adottare particolari colori per sfondo e testo.

La letteratura fin qui esaminata non considera il Debate, anche nelle sue forme agonistiche, inadatto a studenti con BES o DSA qualora si adottino misure compensative o si evitino circuiti con pratiche dibattimentali deteriori (cfr Larry, 1998; McCordick, 2017). Tutt’altro: nella letteratura biografica si consolida tale possibilità attraverso l’esperienza positiva di figure illustri con disturbi specifici dell’apprendimento (Sheaff, 2010; Thompson, 1969). Inoltre, la proposta di impiegare la metodologia del Debate proprio per adattare il curricolo a studenti con BES o DSA è presente in alcune guide, dove il Debate non è solo una metodologia didattica alternativa, ma anche un importante strumento di valutazione (Caballero, 2018; Miralles e Pallarés, 2018).

Sebbene la letteratura attesti l’impiego del Debate in riferimento a studenti con Bisogni Educativi Speciali o Disturbi Specifici dell’Apprendimento, la qualità di tali studi, se non in rari casi, è molto superficiale e non fornisce indicazioni sul modo nel quale migliaia di docenti adottano il Debate in questo specifico tipo di relazione educativa. Vi è, quindi, la necessità di approfondire il tema e di capire in quali modi il Debate favorisca la partecipazione di studenti con BES o DSA, in modo da rilevare le potenzialità del Debate e diffondere le buone pratiche che quotidianamente, e costantemente, vengono attuate.

Il disegno della ricerca

La domanda di ricerca che ha guidato l’approfondimento era finalizzata a comprendere quale fosse la percezione dei docenti che utilizzano il Debate in classe in merito al suo potenziale inclusivo. Per rispondere a questo quesito, la ricerca si è avvalsa di una metodologia mista quanti-qualitativa (Trinchero e Robasto, 2019), che ha previsto una prima somministrazione di un questionario semistrutturato seguita da un approfondimento qualitativo tramite focus group on line.

I destinatari dell’indagine sono stati tutti i docenti di Avanguardie educative che, al momento dell’invio, sono risultati iscritti all’idea Debate: 1.799 in tutto. Il questionario è stato reso disponibile dall’8 gennaio 2021 all’8 febbraio 2021; successivamente la scadenza è stata prorogata al 25 marzo 2021. I docenti che hanno risposto e completato il questionario sono stati 357, ovvero circa il 20% del totale.

Le domande erano 25 in tutto, 20 delle quali a risposta chiusa e alcune corredate di un campo «altro». Quattro domande prevedevano risposte costruite su una scala Likert da 1 a 4 (per niente d’accordo, in parte in disaccordo, d’accordo, pienamente d’accordo). Una domanda conclusiva di natura facoltativa era costituita da una risposta aperta di tipo aneddotico.

Il questionario è stato organizzato in tre sezioni: una prima parte di natura anagrafica, una seconda finalizzata a indagare modalità d’uso della metodologia del Debate (se competitivo o formativo, il tipo di protocollo e l’eventuale uso in didattica a distanza) e, infine, un’ultima parte volta ad approfondirne la dimensione inclusiva. Questa sezione è, naturalmente, quella che accoglie il maggior numero di domande dalle quali il gruppo di ricerca ha potuto formulare una prima risposta alla domanda che ha guidato l’indagine (si veda il paragrafo Quadro teorico).

Rispetto alla prima parte, il 56,6% dichiara di essere docente di scuola secondaria di secondo grado, il 25,2% di primo, il 16,5% della primaria mentre i rimanenti sono docenti dell’infanzia (1,3%). In termini di diffusione, il 41% dei rispondenti afferma di applicare la metodologia del Debate in una classe, il 31,2% in più di due classi e, infine, il 27% in due classi. Per quel che concerne la frequenza d’uso, più della metà (54%) utilizza il Debate una/2 volte l’anno, il 23% dalle 3 alle 5 volte, il 15% una volta al mese, mentre per il 7% la frequenza è settimanale.

Il questionario era anonimo, ma i rispondenti avevano la possibilità di indicare la propria volontà a essere ricontattati per approfondimenti di tipo qualitativo, realizzati attraverso i focus group on line (si veda il paragrafo Analisi dei dati). Di tutti i rispondenti (357), 108 sono quelli che si sono resi disponibili, circa un terzo del campione.

Tra coloro che si erano resi disponibili sono stati estratti a caso i componenti di quattro gruppi a composizione mista (primaria, secondaria di primo e secondo grado) che sono stati invitati a prendere parte a incontri online nel mese di giugno 2022.

Le interviste di gruppo sono state registrate e si sono sviluppate a partire dalla traccia di seguito riportata.

In base alla vostra esperienza di utilizzo della metodologia del Debate:

  1. Nell’attribuzione dei ruoli agli studenti, come vi siete comportati con gli studenti con DSA e con BES? Sono risultati preferibili/preferiti alcuni ruoli in particolare? Perché?
  2. I ruoli sono stati attribuiti da voi docenti (anche in accordo con il docente di sostegno) o sono pervenute richieste da parte degli studenti con DSA o da altri studenti con BES?
  3. Durante la fase di ricerca delle fonti (se presente), cosa hanno fatto gli studenti con DSA e gli altri studenti con BES?
  4. Gli studenti con DSA e con BES sono stati in grado di svolgere il lavoro dei compagni o si è fatto ricorso a compiti diversificati?
  5. Quali sono le condizioni ottimali per la creazione di un clima di fair-play e per evitare di incorrere in situazioni di eccessiva competitività?
  6. Di quali evidenze disponiamo per sostenere che il lavoro di gruppo sia inclusivo?

Le domande sono state pensate basandosi sull’importanza della creazione di un clima di lavoro positivo e armonico ai fini dell’inclusione e sulla varietà di ruoli e compiti che si possono mettere in gioco nel Debate, dimensioni derivate dalla definizione di didattica inclusiva operata da Cottini (2017). L’alternanza dei ruoli, in particolare, consente di diversificare i livelli di complessità e di sfida per calibrarli sugli interessi, attitudini e potenzialità di tutti gli studenti. Ad esempio, si può prevedere la presenza di un cronometrista, di un presentatore, dei membri della squadra che coadiuvano la predisposizione della strategia argomentativa, di uno o più coach fino, naturalmente, ai debater e ai componenti della giuria.

L’interdipendenza positiva che generalmente si viene a creare quando il contributo del gruppo è ben organizzato, quando la sfida è commisurata alle possibilità dei componenti e i ruoli sono chiari, costituisce un forte collante tra i componenti del gruppo. L’ipotesi di base è quella che gli studenti fragili possano contribuire all’obiettivo di squadra svolgendo un ruolo che li espone al giusto gradiente di sfida.

Analisi dei dati

Di seguito presentiamo i dati che emergono dagli strumenti quali-quantitativi usati nelle due fasi della ricerca (questionario e interviste in profondità con i docenti). Gli esiti del questionario sono stati oggetto di una pubblicazione dedicata (Mosa e Panzavolta, 2023). Nel paragrafo che segue se ne presenta, quindi, una sintesi. Il paragrafo relativo ai dati qualitativi, invece, presenta un’analisi inedita delle risposte fornite dai docenti nel corso dei focus group online.

Analisi dei dati emersi dal questionario docenti

Dopo avere indagato gli elementi anagrafici del campione, come illustrato sopra, il questionario chiedeva, oltre alla frequenza d’uso in classe, il taglio e il format utilizzati, se di tipo curricolare, extracurricolare o misto. La maggior parte dei rispondenti ha dichiarato di utilizzare il Debate 1-2 volte l’anno, con un focus di tipo curricolare, e questo ne spiega anche la minore frequenza, in quanto si tratta di trovare le connessioni tra i contenuti, i tempi e le collaborazioni per portare il Debate in classe, a vantaggio di tutti gli studenti e le studentesse.

Il format preferito dalla stragrande maggioranza (quasi il 70%) è di tipo formativo (Cinganotto, Mosa e Panzavolta, 2021), ossia lontano dalla logica agonistica, ma orientato, invece, a stimolare la partecipazione e la valorizzazione di tutta la classe. In aggiunta, la valutazione che viene maggiormente usata dai rispondenti non è quella classica (proclamazione della squadra vincitrice), ma insiste sulla fornitura di feedback, quasi nel 47% dei casi finalizzato a sollecitare negli studenti la consapevolezza dei loro punti di forza e dei punti da migliorare, oltre che degli strumenti e delle strategie utili a tal fine.

Una specifica sezione del questionario intendeva, poi, indagare il potenziale inclusivo del Debate, facendo riferimento alla definizione operativa che ne dà Cottini (2017), che, come richiamato sopra, insiste sulle seguenti dimensioni:

  • presenza di strategie cooperative;
  • costruzione di un clima accogliente;
  • educazione alle competenze prosociali;
  • attenzione alle variabili emotive connesse ai processi di apprendimento;
  • sostegno esplicito alle strategie di pensiero di ordine superiore e alle componenti metacognitive;
  • uso delle tecnologie digitali per la personalizzazione e la differenziazione.

Un primo dato interessante è il fatto che il Debate sia esplicitamente inserito (nel 50% delle esperienze riportate dai docenti) nel Piano Didattico Personalizzato (PDP) degli alunni con BES/DSA, mostrando come la componente dell’oralità, fortemente presente in questa metodologia, venga considerata sia condizione facilitante per l’accesso ai contenuti, dunque per la rappresentazione della complessità, sia possibilità espressiva per i ragazzi e le ragazze, introducendo elementi cari alla comunicazione umana (comunicazione paraverbale e non verbale), spesso trascurati.

Per verificare che tutti partecipassero alle varie fasi di lavoro, circa un terzo dei docenti rispondenti ha messo a punto specifici protocolli osservativi (griglie, diari di bordo, documentazione video, colloqui individuali, ecc.), ottenendo evidenze molto incoraggianti sulla «bontà» del Debate nei processi inclusivi. Se la fase di analisi delle fonti, realizzata in coppia o in gruppo, può apparire quella maggiormente inclusiva, i dati presentano in aggiunta un trend interessante, ossia il fatto che anche nella performance del Debate c’è spazio per tutti. Si tratta, talvolta, di adattare il format e di valorizzare i talenti, che spesso non emergono nella didattica frontale.

In alcune risposte troviamo traccia di ruoli originali che i docenti hanno inventato su misura per studenti e studentesse, così da garantire loro una piena partecipazione: «Un giorno un ragazzino con forti difficoltà relazionali mi portò un Debate a fumetti. Sviluppò 3 fumetti per la squadra PRO e 3 fumetti per la squadra CONTRO». O ancora «Un ruolo che mi sono inventata è il mediatore interno (che ho dato al più litigioso, quasi bullo…), dando quindi una possibilità di riscatto al “leader negativo”…». E poi «Una studentessa certificata piuttosto grave riusciva a partecipare bene a tutta la fase orale. Poi, con l’aiuto del docente di sostegno, nei gruppi lei aveva il compito di fare dei pittogrammi, transcodificando il pensiero in forma grafica».

Veniamo ora a quanto emerge rispetto alle specifiche dimensioni della didattica inclusiva. Il 90% dei docenti (se si sommano le risposte di chi ha espresso un grado di accordo pieno) ritiene che il Debate riesca a garantire l’uso di strategie cooperative; il 93% lo considera centrale nella costruzione di competenze prosociali e nella cura delle variabili emotive, insite nel processo di apprendimento; l’89% lo ritiene, inoltre, utile a costruire un clima sereno e accogliente; e, infine, il 90% concorda con l’affermazione che grazie al Debate si sostengano le strategie di pensiero di ordine superiore, in ottica metacognitiva.

Il Debate appare indicato anche nel realizzare una didattica ispirata ai principi dell’Universal Design for Learning (UDL) (CAST, 2011), un modo di progettare le opportunità di apprendimento pensando ai numerosissimi bisogni educativi (speciali e non) che vengono espressi da studenti e studentesse. Ai docenti è stato chiesto se grazie al Debate avessero introdotto forme espressive diversificate e la stragrande maggioranza (77,5%), in effetti, lo ha impiegato come strategia per abilitare personalizzazione e differenziazione, sostenendo varie forme di intelligenza (Gardner, 1987), stili cognitivi e preferenze di studio.

Tra le forme di rappresentazione delle conoscenze più usate dai docenti troviamo il materiale audiovisivo (nel 77% dei casi), immagini e infografiche (nel 56%) e materiale audio (nel 30%), generalmente poco presenti nella didattica frontale, che si appoggia soprattutto sul codice testuale del libro stampato.

Infine, una domanda indagava l’uso delle tecnologie digitali anche in funzione inclusiva. Il 95% ha dichiarato di utilizzarle, in particolare durante la fase di ricerca documentale (ma non solo), per l’individuazione di fonti, evidenze, dati, esempi o casi, confermando che nel Debate sono presenti tutti i principi della didattica inclusiva (Cottini, 2018).

Analisi dei risultati emersi dai focus group con i docenti

Nel contesto della ricerca è stato possibile confrontarsi con diverse realtà scolastiche attraverso l’esperienza diretta degli insegnanti, che da anni utilizzano nelle loro scuole il Debate come metodologia didattica e con una frequenza tale da poter avere una buona esperienza delle dinamiche e dell’effettiva portata inclusiva.

L’analisi dei focus group ha comportato l’applicazione di un modello tematico in sei fasi (Braun e Clarke, 2006). Nella fase di familiarizzazione, i dati sono stati trascritti dall’AI di Microsoft, utilizzando la funzione trascrizione del sistema Word-Office 365. Si è proceduto poi alla rilettura, guidata dall’ascolto e dalla visione del video, ed è stata realizzata una prima annotazione delle idee iniziali emergenti. Nella fase di generazione dei codici iniziali sono state evidenziate sui testi trascritti le parole chiave rilevanti, utilizzando Highlight Tool, uno strumento di analisi computazionale di Google documenti. Questo ha permesso di creare categorie iniziali di analisi e di raccogliere i dati pertinenti per ciascun codice, sull’intero set e in modo sistematico. I codici sono stati poi raggruppati in potenziali temi, anche con eventuali sovrapposizioni, da valutare in un secondo momento.

I temi individuati sono stati poi confrontati con le caratteristiche estratte, per verificarne la coerenza e il funzionamento, ed è stata generata una prima mappa tematica dell’analisi per arrivare poi all’identificazione dei topic principali. I nodi emersi dall’analisi dei focus group sono stati aggregati in tre macrotemi:

  1. Esercitare libertà e autonomia: scegliere il ruolo, autovalutare la prestazione, misurare la propria partecipazione;
  2. Lavorare in un clima di classe sereno: possibilità di sbagliare, capacità di lavorare insieme ai pari, apertura al confronto anche esterno alla classe (competizioni);
  3. Generare inclusione diffusa: sentirsi uguali agli altri, considerare il team un’azione di supporto reciproco, affidarsi alle competenze metodologiche del docente.

Il primo aspetto su cui ci si è soffermati è stato quello della scelta dei ruoli all’interno del Debate, per comprendere se ci fosse una relazione tra ruolo ricoperto e caratteristiche dello studente. Dalle interviste emerge che la scelta del ruolo a volte è dettata, almeno inizialmente, dalla scelta del docente. Il tentativo degli insegnanti è cercare di collocare gli studenti che presentano alcune caratteristiche peculiari in ruoli dove le richieste consentano di avere una parte attiva, che non contrasti in modo accentuato con le loro difficoltà. In tutte le esperienze riportate dai docenti che hanno preso parte ai diversi focus group, gli studenti che presentavano difficoltà o DSA evitavano inizialmente il ruolo di speaker, preferendo svolgere ruoli legati alla documentazione o alla ricerca delle fonti. Una volta acquisita maggiore confidenza con questa metodologia hanno acquisito sicurezza e quindi hanno chiesto di ricoprire anche altri ruoli: i ruoli spesso vengono ricoperti a rotazione da tutti gli studenti indifferentemente. Questo ci dice non solo che l’esperienza rende maggiormente sicuri anche i ragazzi più fragili, ma anche che il lavoro svolto sulle competenze di public speaking ha una ricaduta significativa soprattutto sullo sviluppo di competenze dei ragazzi che presentano particolari difficoltà.

Il valore del Debate nello sviluppare competenze di public speaking viene osservato da tutti i docenti intervistati, nello sviluppo di competenze sia linguistico-espositive sia logico-argomentative ed emerge la positiva ricaduta sulla sicurezza personale.

Le attività propedeutiche di public speaking sono funzionali al Debate e per raggiungerle si svolge un lavoro graduale di costruzione: questo fa sentire gli studenti progressivamente più sicuri e più competenti. Nel caso di studenti che presentano difficoltà, e quindi richiedono attenzioni maggiori, l’allenamento fatto attraverso un’attività coinvolgente e motivante come il Debate porta maggiori risultati.

Nel Debate viene seguita una linea argomentativa, quasi una costruzione di un testo argomentativo orale. I docenti intervistati dichiarano che questa attività sembra favorire particolarmente gli studenti con DSA, perché li aiuta ad acquisire una maggiore linearità logica e una maggiore coerenza argomentativa. Nella ricerca delle fonti, invece, i docenti evidenziano come sia stata necessaria una maggiore guida del processo, soprattutto quando la tematica proposta era troppo complicata o lontana dalle consuetudini degli studenti. Più spesso, però, la ricerca si è svolta in modo libero, guidata da linee guida e checklist per la validazione. In generale, è utile sottolineare che nella ricerca delle fonti ogni studente è stato libero di utilizzare la tecnologia e gli strumenti che ha ritenuto utili. L’uso del digitale ha permesso a tutti gli studenti di svolgere questo compito serenamente, personalizzando in modo autonomo la lettura dei testi, la navigazione per concetti, la ricerca veloce delle parole-chiave nei documenti, ecc. Qualche differenza è stata rilevata solo in riferimento al tempo, che è stato aumentato per chi avesse espresso il bisogno di tempi meno rigidi per l’elaborazione attiva dei documenti.

L’aspetto della competizione strettamente legato al Debate non è stato percepito come un limite, ma è stato vissuto in tutti i casi come un aspetto positivo, stimolante, perché capace di creare una competizione che è stata definita «positiva», cioè uno spazio di confronto nel quale ciascuno è stimolato a dare il meglio di sé. I docenti intervistati dichiarano che il fair-play che si sviluppa in questo caso aiuta a lavorare sul clima di classe, migliorando le relazioni e il benessere degli studenti. Viene a crearsi un clima sereno e collaborativo che, però, è frutto di un lavoro di preparazione necessario prima di affrontare la competizione. Sono stati evidenziati alcuni fattori predisponenti: valorizzare le potenzialità di ogni partecipante, la presenza della regola limita la competizione non positiva, il feedback del docente e la trasparenza delle regole favoriscono il clima positivo, così come la condivisione delle regole e dei criteri di valutazione.

Dalle esperienze relative al mondo della scuola, incontrato nell’esperienza dei focus group, emerge che il Debate sembra essere una metodologia inclusiva innanzitutto perché si sviluppa all’interno di un gruppo, attraverso dinamiche virtuose e spontanee di peer tutoring e aiuto reciproco tra studenti. Poi perché nel Debate tutti percepiscono un clima di inclusione: gli studenti scoprono il bello di essere protagonisti e il senso di autoefficacia, imparano a usare il pensiero argomentativo che li spinge a sviluppare competenze argomentative e logiche e questo li gratifica tantissimo.

Il Debate può ritenersi inclusivo quando utilizza di metodologie inclusive; quindi, quando integra il digitale nelle sue fasi di documentazione e scrittura e quando utilizza un protocollo inclusivo (ad esempio Debate for all), che preveda soprattutto supporti per il controllo dei tempi e delle regole. Il digitale offre la possibilità di integrare multimodalità e alternative alla lettura dei documenti testuali e mettersi in gioco in attività diverse che coinvolgono diverse potenzialità.

I nodi emersi dall’analisi dei focus group sono stati poi messi in relazione con le risposte degli insegnanti all’unica domanda aperta del questionario, somministrato nella prima fase della ricerca (Mosa e Panzavolta, 2023): si chiedeva ai docenti di raccontare un aneddoto rispetto alle loro esperienze di Debate, in particolare come strategia inclusiva.

La capacità del Debate di proiettare gli studenti in una dimensione di libertà e di emancipazione dai supporti tradizionali di compensazione delle difficoltà si combina con il potenziale di coinvolgimento e protagonismo, che si manifesta in contesti connotati invece da demotivazione e scarsa partecipazione alle attività didattiche. Sembra quindi che il Debate, oltre a rendere possibile l’emersione delle potenzialità cognitive e metacognitive (Cornoldi, 1995), promuova l’agency di studentesse e studenti (Vygotskij, 1987) e una maggiore consapevolezza delle proprie possibilità di competenza, che mina la convinzione di «non essere capaci». La partecipazione al Debate sembra quindi avere effetti significativi sull’autostima, specialmente per gli studenti che si sentono marginalizzati o che hanno meno fiducia nelle loro abilità comunicative. Anche il riconoscimento e l’apprezzamento dei contributi da parte dei pari e degli insegnanti (Dweck, 2000) favoriscono un senso di efficacia personale e sostengono l’autostima (Harter, 1992).

L’empowerment in termini di processi cognitivi deputati alla gestione delle informazioni, nonché di quelli reputati necessari all’acquisizione degli apprendimenti, sembra avere maggiori opportunità di sviluppo: i tentativi di padronanza che il Debate permette di esercitare stimolano la motivazione (Boggiano e Pittman, 1992; Harter, 1997), la combinazione con il riconoscimento da parte dei pari influenza il senso di soddisfazione e accresce la motivazione intrinseca che genera la percezione di competenza (Harter, 1983; Cottini, 2016) e questa condizione muove a intraprendere successivi comportamenti di padronanza (Bandura, 2000). Questo è dimostrato anche dalla maggiore e progressiva esposizione a ruoli comunicativi e di gestione dell’informazione, che hanno permesso di percepirsi maggiormente efficaci nell’esercizio di attività di apprendimento.

Il bisogno speciale che viene espresso da parte dei discenti, secondo le dichiarazioni degli insegnanti, è quello di sentirsi artefici delle proprie azioni e di poter scegliere liberamente il compito e la sua modalità di svolgimento.

Il Debate soddisfa quindi il bisogno di un’adesione libera, che dipende proprio dal desiderio di condurre quell’attività (alcuni esempi tratti dalle trascrizioni: lo studente «ha la percezione di non essere più un alunno, ma una persona» oppure «anche i più timidi sono motivati a fare un passo avanti» e ancora «hanno avuto modo di esprimere ciò che non riuscivano a esprimere con mezzi tradizionali»).

La libertà di scegliere tipicamente presente in una didattica aperta e inclusiva (Demo, 2015; Ianes, 2005), la possibilità di avvicinarsi progressivamente all’impegno e all’esercizio di una competenza fuori dalla propria zona di comfort (Fantin, 2022) e una conduzione delle attività orientata alla partecipazione e al coinvolgimento: tutti questi fattori sembrano accrescere la motivazione nei confronti del compito, favorendo in tutte le studentesse e tutti gli studenti, soprattutto quelli con un disturbo specifico di apprendimento o una disabilità, una condotta autodeterminata (Deci e Ryan, 1985) e una mentalità orientata alla crescita, quale aspetto motivazionale della competenza che consente alle persone di andare alla ricerca delle sfide come opportunità di apprendimento (Sala et al., 2020).

Conclusioni

Da questa analisi emergono vari aspetti chiave che forniscono un primo riscontro positivo alla domanda di ricerca che ambiva ad apprezzare una maniera empirica il potenziale inclusivo della metodologia del Debate.

Dall’analisi dei dati quanti-qualitativi è stato possibile mettere a fuoco almeno sei aspetti che qualificano l’apporto di questa metodologia in termini inclusivi:

  1. La scelta di una modalità di Debate non competitiva in virtù del quale la maggior parte dei docenti mantiene un focus curricolare e formativo, privilegiando la partecipazione e la valorizzazione di tutta la classe piuttosto che la competizione. Questa scelta enfatizza il feedback costruttivo, spostando l’attenzione dai vincitori alla crescita individuale e collettiva, stimolando la consapevolezza dei propri punti di forza e aree di miglioramento.
  2. L’inclusione degli studenti BES per i quali il Debate è stato esplicitamente incorporato nei Piani Didattici Personalizzati, sottolineando il ruolo dell’oralità come facilitatore nell’accesso ai contenuti e come strumento espressivo valorizzante le competenze comunicative.
  3. La promozione di strategie cooperative e di un clima accogliente. La metodologia del Debate incoraggia strategie cooperative, la costruzione di competenze prosociali e un clima di classe sereno e accogliente. Questo crea un ambiente di apprendimento inclusivo che rispetta le variabili emotive e supporta lo sviluppo del pensiero critico e delle competenze metacognitive.
  4. L’utilizzo del digitale per la personalizzazione e la differenziazione. L’impiego delle tecnologie digitali nel Debate favorisce la personalizzazione dell’apprendimento e la differenziazione didattica, permettendo agli studenti di esplorare e rappresentare le conoscenze in modi vari e accessibili, sostenendo diverse forme di intelligenza e stili di apprendimento.
  5. La partecipazione attiva. Le esperienze con il Debate evidenziano un significativo empowerment degli studenti, con un aumento dell’autostima e del senso di autoefficacia. Gli studenti acquisiscono maggior sicurezza e sviluppano competenze di public speaking, argomentazione e pensiero critico, favorendo la partecipazione attiva anche di coloro che si sentono marginalizzati o meno confidenti nelle loro abilità comunicative.
  6. La flessibilità e l’adattabilità del format per accogliere le esigenze individuali e l’introduzione di ruoli personalizzati e attività creative permettono a tutti gli studenti di contribuire attivamente e di sentirsi parte integrante del processo di apprendimento.

Questa metodologia sostiene un approccio educativo olistico che va oltre l’acquisizione di conoscenze, incoraggiando lo sviluppo di competenze per la cittadinanza attiva e la vita quotidiana.

In sintesi, grazie al Debate l’aula si trasforma in un palcoscenico di pari opportunità, dove le distinzioni tra studenti fragili, come quelli BES e DSA, e gli altri si dissolvono, creando un’armonia di voci diverse, ma ugualmente valorizzate.

Limiti e prospettive

Pur pervenendo a conclusioni incoraggianti, questa ricerca è solo un tassello nel panorama della ricerca educativa finalizzata indagare le leve che concorrono a una piena esperienza di partecipazione di tutti gli studenti e le studentesse nella scuola italiana. In linea con l’Agenda 2030, obiettivo 4, che mira a garantire a tutti i bambini e le bambine, ragazzi e ragazze, in particolar modo ai più emarginati e vulnerabili, l’accesso a un’istruzione e a una formazione adeguate alle loro esigenze e al contesto in cui vivono, ci pare di poter affermare che il Debate possa rappresentare una di quelle leve, sicuramente non l’unica.

Un altro limite è rappresentato dal fatto che lo studio non è generalizzabile, anche se considerevole in termini di estensione e profondità, in quanto il campione dei rispondenti non è rappresentativo di tutta la popolazione di docenti che usano, in Italia, il Debate. Il contributo della ricerca è sicuramente valido da un punto di vista esplorativo, ma necessita di ulteriori approfondimenti, che il gruppo di ricerca intende intraprendere in futuro.

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  1. 1 Sebbene il contributo sia frutto di una riflessione condivisa tra le autrici e l’autore, i paragrafi possono essere attribuiti come segue: Manuele de Conti ha curato il paragrafo Revisione della letteratura su Debate e inclusione, Daniela di Donato e Lucia Iacopini hanno curato il paragrafo Analisi dei risultati emersi dai focus group con i docenti, Elena Mosa ha curato l’Introduzione, il paragrafo Il quadro teorico (insieme a Silvia Panzavolta), il paragrafo Il disegno della ricerca e le Conclusioni, mentre Silvia Panzavolta ha curato il paragrafo Il quadro teorico (insieme a Elena Mosa), il paragrafo Analisi dei dati emersi dal questionario docenti e il paragrafo Limiti e prospettive.

  2. 2 Docente di Storia e teoria dell’educazione presso Unimore e Presidente della Società Nazionale Debate Italia.

  3. 3 Docente MIM, PhD Sapienza Università di Roma, Formatrice scuola AID.

  4. 4 Docente, formatrice, consiglio direttivo AID.

  5. 5 Prima ricercatrice Indire.

  6. 6 Prima ricercatrice Indire.

  7. 7 Professor of History and Theory of Education at Unimore and President of the National Society of Debate Italy.

  8. 8 MIM teacher, PhD Sapienza University of Rome, AID school trainer.

  9. 9 Teacher, trainer, AID board of directors.

  10. 10 First Indire researcher.

  11. 11 First Indire researcher.

  12. 12 Il Movimento è nato nel 2014 per iniziativa di Indire e di 22 scuole fondatrici. Le sue attività sono orientate da un Manifesto e prendono forma nella «galleria delle idee» grazie al lavoro di diffusione ad opera di Indire, delle scuole capofila, delle scuole polo e degli Ambassador del Movimento. Per approfondire si rimanda al link: https://innovazione.indire.it/avanguardieeducative/ (consultato l’8 gennaio 2025).

  13. 13 H-farm è una piattaforma di innovazione, incubatore di startup e scuola internazionale (https://schools.h-farm.com/venice/; consultato l’8 gennaio 2025).

  14. 14 Cfr l’iniziativa asiatica per l’alfabetizzazione al Debate come palestra per il futuro, https://debateforall.org/en o l’associazione no profit Debate4all, https://www.debate4all.org/, animate dalla visione che il Debate sia un’opportunità di crescita imprescindibile. Anche l’Università di Trento e Opera Universitaria di Trento si sono mosse in tal senso, con un ciclo di incontri di familiarizzazione alla metodologia, https://www.operauni.tn.it/eventi/eventi/186-debate-is-for-all (consultati l’8 gennaio 2025).

Vol. 24, Issue 1, February 2025

 

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