Vol. 23, n. 3, settembre 2024 — pp. 100-104

Rubrica

Recensione

Wendy W. Murawski e Kathy Lynn Scott (a cura di) (2021), Universal Design for Learning in pratica- strategie efficaci per l’apprendimento inclusivo (Edizione italiana a cura di S. Dell’Anna), Trento, Erickson, pp. 310

Nata come struttura burocratico-amministrativa avente lo scopo di insegnare a vivere nella società moderna secondo prospettive di standardizzazione e omologazione, la scuola deve oggi invece abbandonare quegli strumenti tradizionali che l’hanno accompagnata per anni, per sostenere il talento e la vivace differenza intellettuale e umana, proponendo una didattica inclusiva che va sviluppandosi intorno a tre assi: l’individualizzazione, la personalizzazione e la differenziazione tanto dell’apprendimento quanto dell’insegnamento, perseguendo così, ineluttabilmente, i valori dell’equità, della differenza e della pluralità.

Oggigiorno, la scuola è chiamata a gestire in classe l’eterogeneità degli alunni, in termini di apprendimento e di bisogni socio-esistenziali, e a condurre didattiche personalizzate e differenziate per andare incontro alle esigenze dei singoli alunni, promuovendone il riconoscimento e la valorizzazione delle differenze, con il fine di incoraggiare, per tutti e ciascuno, lo human development.

Per porre attenzione allo studente nella sua integralità e unicità, e ai bisogni di cui è portatore, è fondamentale che la scuola offra l’opportunità di scoprire e di valorizzare le attitudini personali di ogni studente, nessuno escluso, attraverso una personalizzazione dell’insegnamento e dell’apprendimento.

Carol Ann Tomlinson (2014), partendo proprio dalla rivoluzione culturale che dovrebbe investire in primis il modus cogitandi e operandi del docente, poi di rimando quello dello studente, propone il modello della differenziazione didattica pluralizzata, facendo riferimento a un modo di progettare il curricolo scolastico proattivamente per tutti gli alunni (p. 17), incorporando in esso sia il concetto di individualizzazione sia quello di personalizzazione. Le differenze non si incontrano a scuola, ma esse rappresentano una parte ontologicamente connaturata all’essere scuola. Motivo per il quale l’attenzione speciale/specifica verso taluni bisogni e diversità non dovrebbe rappresentare un’opzione aggiuntiva, un addendum, ma diventare parte fondativa e antropologicamente caratterizzante dell’insegnamento. Non un’attenzione ex post, ma ex ante.

Questa prospettiva è sollecitata dall’approccio dell’Universal Design for Learning (UDL), focus precipuo del volume Universal Design for Learning in pratica, strategie efficaci per l’apprendimento inclusivo di Wendy W. Murawski, Kathy Lynn Scott, curato nell’edizione italiana da Silvia Dell’Anna.

L’UDL richiama una varietà di criteri guida e conseguentemente traccia modalità e mezzi a disposizione del mediatore didattico per assicurare l’equità e l’accessibilità dei materiali e degli ambienti di apprendimento per tutti gli studenti. In questo modo, come sostiene la curatrice italiana, la prospettiva UDL diventa una proposta concreta dei principi dell’educazione inclusiva proposti a livello internazionale (IBE-UNESCO, 2016).

Come si evince dalla lettura del poderoso volume guida, configurandosi come prodotto di studi delle neuroscienze sulla variabilità interindividuale nei processi dell’apprendimento, l’UDL rappresenta uno degli approcci più promettenti degli ultimi anni nell’ambito dell’educazione (p.12-13).

Richiamando gli studi di Rose e Meyer (2002), nel libro si riconoscono nelle tre reti neurali del cervello — le reti affettive, le reti di riconoscimento e le reti strategiche — e nel ruolo che queste rivestono nell’apprendimento, le radici dell’approccio e dei principi dell’UDL.

Le tre reti neurali sopracitate, che fanno riferimento all’acquisizione delle informazioni, all’organizzazione e all’applicazione delle stesse e al significato personale che viene loro dato, se interconnesse ai mezzi che una progettazione universale propone, possono riconoscere agli studenti la possibilità di scegliere cosa imparare (mezzi di rappresentazione), perché imparare (mezzi di coinvolgimento) e come condividere ciò che imparano (mezzi di azione ed espressione) (p. 31).

Secondo quest’approccio, lo studente è messo in prima linea, è attore principale del suo processo d’apprendimento. Da ciò nasce l’immagine di un discente esperto, che si pone all’estremo opposto del discente medio, in continua formazione, che non smette mai di imparare a imparare, di ricredersi e di evolversi continuamente. L’obiettivo principale è proprio quello di sperimentare la riuscita e il successo, connotati non solo in ambito scolastico o accademico, ma andando oltre, e spaziando in tutti gli altri contesti di vita (p. 34).

Un altro aspetto importante su cui il volume accende un occhio di bue è senz’altro l’efficacia di una progettazione universale nei confronti dei bisogni educativi speciali degli alunni con disabilità, con disturbi dell’apprendimento, con disturbi comportamentali e con altre tipologie di bisogni educativi speciali poiché tale approccio è universalmente orientato, da principio, verso il soddisfacimento di tutti i bisogni educativi, al di là della loro presenza o, ancora peggio, della loro certificazione. L’UDL esce dalla logica di specifica risposta a uno specifico bisogno, propone una scissione tra norma e deficit, promuovendo a tutti, a priori, ex ante, opportunità di partecipazione sociale e di arricchimento cognitivo e metacognitivo (p. 15).

L’UDL, si legge nel volume, si configura come un vero e proprio viaggio in una gigantesca ed epica avventura, ma non tutti sono preparati e pronti a intraprenderlo. C’è chi può risultare un po’ restio di fronte a proposte stravaganti e chi, invece, con caparbietà, è pronto ad accoglierle senza freni.

Il libro pungola il lettore/docente: chi si azzarderebbe a tirare fuori vecchie barzellette per rinforzare la flessibilità cognitiva, o di rappresentare in maniera teatrale il processo della mitosi o, meglio ancora, di avere una colonna sonora per ogni attività della giornata scolastica?

La scuola fa fatica a mettere in atto percorsi formativi adatti a ogni singolo allievo, continuando a prediligere talvolta una didattica standardizzata e normalizzata uguale per tutti, una così definita didattica one size fits all, talaltra adottando strategie e approcci inclusivi.

Ma che cos’è che funziona davvero nella pedagogia e nella didattica dell’inclusione? E, soprattutto, quali sono gli approcci e le strategie che possono ritenersi efficaci e coerenti con i principi dell’inclusione?

È proprio a queste domande che cerca di rispondere il volume Universal Design for Learning in pratica, strategie efficaci per l’apprendimento inclusivo. curato da Wendy W. Murawski e Kathy Lynn Scott (2019).

Il volume parla ai docenti di oggi e ancor di più ai futuri presentandosi come una puntuale e articolata guida didattica nella quale evidenze teoriche ed esempi pratici si integrano tra loro.

Le autrici straniere offrono indicazioni utili a far comprendere a tutti i docenti che «non c’è un limite alle soluzioni che si possono trovare» per dare voce ai propri studenti.

Murawski e Scott, infatti, si rivolgono a docenti e futuri docenti di ogni ordine e grado scolastico, con un tono umoristico, critico e provocatorio, proponendo un buffet di strategie didattiche con l’intento di far nascere in loro una forma mentis UDL.

Il volume, articolato in cinque parti, offre al lettore uno sguardo sistemico e riflessivo sull’attuazione dei principi dell’approccio universale per l’apprendimento, legandoli a situazioni specifiche del processo insegnamento-apprendimento quali, la lettoscrittura, la matematica, gli studi sociali, le discipline scientifiche e le arti dello spettacolo. Ma non solo. Le autrici, in ognuna delle parti costitutive del volume, si soffermano in maniera precisa e puntuale anche su altre variabili che condizionano la crescita dei propri alunni, perché un insegnante, oltre a conoscere le varie discipline, deve in prima linea conoscere gli alunni stessi. Allora su questo versante, le autrici si interrogano sulle strategie valide a far accrescere le capacità cognitive, a ridurre i comportamenti problema e ad affrontare i bisogni degli studenti sul piano del comportamento adattivo.

Un ampio spazio del volume viene riservato per comprendere al meglio cosa può essere funzionale per bambini o ragazzi con Bisogni Educativi Speciali, con un focus specifico sulla plusdotazione, sui disturbi comportamentali ed emozionali e sulla crescente diversità delle sezioni della scuola dell’infanzia.

Con l’obiettivo di creare una guida di piacevole e scorrevole lettura, le autrici presentano le evidenze scientifiche corredate da esempi pratici, che mostrano l’UDL in azione.

Altri elementi ricorrenti, presenti nei singoli capitoli del volume, sono l’inserimento di strategie didattiche suddivise in tre sezioni, tante quanti sono i principi dell’UDL, di suggerimenti tecnologici e di concetti chiave utili a far comprendere i costrutti teorici.

Wendy W. Murawski e Kathy Lynn Scott persuadono i docenti a interrogarsi sul proprio agire professionale, rivalutare alcune metodologie da loro adottate a scuola, sollecitandoli, con domande retoriche ed esclamazioni, a dirigersi verso una conoscenza consapevole e matura, una sorta di empowerment dell’UDL da attuare con i propri colleghi e dirigenti. L’interiorizzazione della prospettiva culturale UDL, in primis, e poi la possibilità di tradurre tale prospettiva in postura professionale rende certamente consapevoli i docenti che la scuola può cambiare e che essa, come affermato in premessa, non si pone l’obiettivo di omologare, di produrre copie conformi all’originale (sarebbe interessante riflettere sul concetto di copia e originale a scuola), né di normalizzare. Il compito della scuola è invece quello di riconoscere e schiudere il potenziale di tutti gli studenti.

Allora quello che ci resta è contagiare tutti con l’UDL-topia e promuovere un cambiamento radicale e grandioso a scuola. È questo il messaggio più bello del volume.

Alessia Bevilacqua e Andrea Fiorucci1


  1. 1 Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Università del Salento.

 

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