Vol. 23, n. 3, settembre 2024

TEMI APERTI

L’insegnante specializzato per il sostegno: tradizione, nuove proposte e bisogni formativi1

Marisa Pavone2 e Antonello Mura3

Sommario

L’articolo, bilanciando tra impulsi alla specializzazione e spinte all’inclusione, esplora il ruolo strategico e centrale del docente specializzato nel sostegno didattico agli alunni con disabilità nella scuola italiana, alla luce delle nuove e innovative proposte legislative che intervengono sulla definizione del suo profilo identitario e dell’organizzazione scolastica nel suo complesso. In questo contesto vengono illustrate le proposte della «cattedra inclusiva» e della «cattedra di sostegno», soppesandone criticamente potenzialità e criticità sulla base del dibattito in atto, interrogandosi sull’effettiva necessità delle modifiche. La riflessione che ne scaturisce permette di precisare che qualsiasi modifica volta a realizzare forme di integrazione efficaci e universali, nel rispetto delle diversità e delle esigenze di tutti gli studenti, deve necessariamente fondarsi su un approccio sistemico e sull’implementazione delle modalità di formazione di base e continua di tutti i docenti.

Parole chiave

Insegnante specializzato, Politiche inclusive, Formazione iniziale e continua.

OPEN ISSUES

The specialised support teacher: tradition, new perspectives and training needs4

Marisa Pavone5 and Antonello Mura6

Abstract

The article, balancing impulses toward specialization and pushes integration, investigates the strategic and central role of the specialized teacher in providing educational assistance for students with disabilities in the Italian school system, in the light of new and innovative legislative proposals that step in to defining their identity profile and overall school structure. Within this framework, the «inclusive chair» and «support chair» proposals are set out, weighting up their strengths and shortcomings in accordance with today’s debate and raising concerns surrounding the necessity of the adjustments. The ensuing reflection enables to clearly point out that any shift supposed to achieve effective and universal forms of inclusion, honoring the diversity and needs of all students, must necessary be grounded on the systemic approach and on the widespread implementation of basic and continuous training methods for all teachers.

Keywords

Specialised teacher, Inclusive policies, Initial and ongoing training.

L’insegnante di sostegno: un «Giano bifronte» nella tradizione scolastica italiana

Il profilo del docente specializzato per il sostegno, pietra d’angolo lungo la via italiana verso l’inclusione degli allievi con disabilità, molto attenzionato nel mondo della scuola e dalle famiglie, torna in modo prorompente al centro del dibattito, in relazione a due proposte di legge, quella sulla «cattedra inclusiva» o «mista» e quella sulla «cattedra di sostegno», predisposte rispettivamente da un gruppo di esperti a livello nazionale (insegnanti di scuola, docenti universitari, operatori e professionisti) e dalle principali Associazioni delle famiglie.

Siamo convinti che questo confronto rappresenti un segnale del vivace interesse che il nostro Paese ascrive alla questione. Un tema che rilancia, attualizzandola, la focalizzazione sui valori fondamentali di un sistema scolastico maturo: il sostegno al pieno sviluppo del potenziale umano di tutti i minori, nella loro originale e anche speciale esperienza esistenziale; la promozione del progetto di studi e di vita personalizzato e partecipato; la garanzia di fruire dell’esperienza scolastica all’interno di ambienti educativi inclusivi, che si caratterizzano come comunità di apprendimento e di relazione. Come ha ricordato il pedagogista Ianes, l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità può essere definita «il DNA della scuola italiana» (intervista pubblicata sulla rivista «Domani», 12 luglio 2024). In questo scenario, la declinazione del ruolo dell’insegnante specializzato sul sostegno — nel rapporto con gli altri docenti di classe e con gli studenti — diventa rilevante e strategica; da qui l’importanza del dibattito in corso, al quale dedichiamo spazio nella Rivista.

Nell’elaborare il profilo di questa figura professionale, dalle origini alle più recenti riforme scolastiche, la nostra legislazione lo ha connotato come un «Giano bifronte», preoccupandosi di equilibrare la sua funzione tra specializzazione e integrazione. In particolare:

  • la Legge n. 517/77 (art. 2) indica per la scuola la realizzazione di forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicaps con la prestazione di insegnanti specializzati;
  • la Legge n. 104/92 (art. 13, c. 3) sottolinea come nelle scuole di ogni ordine e grado siano garantite attività di sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati;
  • il DM 30 settembre 2011(Allegato A, art. 2) evidenzia che il docente specializzato per il sostegno è assegnato alla classe in cui è iscritto un alunno con disabilità; egli assume la contitolarità della sezione e della classe in cui opera, partecipa alla programmazione educativa e didattica e all’elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di interclasse, dei consigli di classe e dei collegi dei docenti. Si occupa delle attività educativo-didattiche attraverso le attività di sostegno alla classe, al fine di favorire e promuovere il processo di integrazione degli alunni con disabilità. Offre la sua professionalità e competenza per apportare all’interno della classe un significativo contributo a supporto della collegiale azione educativo-didattica, secondo i principi di corresponsabilità e di collegialità;
  • il Decreto Legislativo n. 66/2017 (art. 3) asserisce che lo Stato, per il tramite delle Istituzioni scolastiche, provvede all’assegnazione nella scuola statale di docenti per il sostegno didattico, al fine di assicurare il diritto all’educazione delle bambine e dei bambini, degli alunni e delle alunne, delle studentesse e degli studenti certificati ai sensi dell’art. 3 della L. 104/92. A tal proposito, si precisa (art. 12) che la specializzazione per le attività di sostegno didattico ai bambini e alle bambine con accertata disabilità nella scuola dell’infanzia e primaria si consegue attraverso un corso di specializzazione in pedagogia e didattica speciale per le attività di sostegno didattico e l’inclusione scolastica.

I provvedimenti citati hanno valorizzato nel tempo — in modo non esclusivo — l’una o l’altra declinazione, enfatizzando talvolta la specializzazione e l’intervento nei confronti del singolo allievo, talaltra la funzione inclusiva in seno alla classe.

L’insegnante specializzato per il sostegno: il dibattito in corso

Come accennato, nel periodo più recente si è aperto, tra gli addetti ai lavori e presso le famiglie, un vivace dibattito che, con rilevante eco mediatica, ha riguardato l’eventuale ridefinizione del profilo professionale dell’insegnante specializzato. Entrambe le ipotesi — «cattedra mista» e «cattedra di sostegno» — assumono la forma della proposta di legge e, offrendo numerosi spunti di riflessione, intendono modificare sia il profilo identitario dell’insegnante sia l’organizzazione scolastica nel suo complesso.

Di seguito le proposte degli estensori, non ancora depositate alla Camera, precedute da una breve premessa illustrativa curata per la nostra Rivista.

Introduzione della cattedra inclusiva nelle scuole di ogni ordine e grado di Nicola Striano e Fernanda Fazio

Troppe sono le voci che pongono l’accento su ciò che non funziona nella scuola. Poche le proposte concrete e quelle poche, anche a livello normativo, sono divisive o si occupano solo di aspetti parziali. Un mosaico, per essere leggibile, deve partire sempre da un progetto globale, in cui le tessere si compongano, non siano «toppe» per coprire spazi vuoti.

Occupandoci in particolare della situazione di alunni e alunne con disabilità, vediamo quali sono le principali criticità evidenziatesi negli ultimi anni, a partire dal Rapporto Associazione Treellle, Caritas Italiana e Fondazione Agnelli o dalle innumerevoli querelle e domande segnalate dai vari siti dedicati, tra cui Normativa e inclusione o il sito del CIIS (Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno), fino a giungere alla proposta di legge della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), relativa all’istituzione della cattedra di sostegno e alle recenti, discutibili esternazioni di Galli della Loggia.

Sintetizzando si rimproverano alla scuola:

  • la delega del processo inclusivo all’insegnante di sostegno;
  • l’esclusione degli alunni con disabilità dalle attività comuni, con frequenti uscite dalla classe;
  • la «micro-esclusione» all’interno della classe;
  • l’aumento vertiginoso degli insegnanti di sostegno, che sono arrivati a circa 217.000;
  • l’alta percentuale di docenti sul sostegno non specializzati e/o non abilitati all’insegnamento, stimabile oltre il 30% e che, in alcune scuole, arriva a toccare oltre il 50%;
  • l’insufficiente preparazione dei docenti curricolari per l’inclusione di tutti gli alunni;
  • la richiesta di maggiore e più specifica specializzazione da parte delle maggiori Associazioni (FISH e FAND);
  • il gran numero di docenti di sostegno specializzati che chiedono il trasferimento sulla cattedra della materia curricolare per cui sono abilitati, con conseguente instabilità del personale e discontinuità educativa;
  • le classi «pollaio» o in cui sono presenti alunni con disabilità in numeri decisamente fuori norma;
  • il caos e la sovrapposizione delle strutture intermedie a livello territoriale (CTS, CTI, Scuole polo di ambito, Scuole polo provinciali, GIT);
  • la mancanza di un serio monitoraggio.

Il progetto di legge cerca di affrontare tutti questi problemi in un’ottica sistemica. La proposta che facciamo, a differenza di altre che si sono occupate delle stesse tematiche, non azzera il percorso già fatto e non distrugge i frutti che questo ha dato, ma consolida le conquiste in campo pedagogico, sociale ed etico, puntando però ad andare oltre, come spesso ci ha invitato a fare Andrea Canevaro, per noi padre pedagogico, scientifico e politico dell’inclusione in Italia.

La formazione di tutti

Il Ministero non ha finora mai attuato un Piano di Formazione per l’Inclusione adeguato alle necessità della scuola tutta. Invece di investire nella formazione di tutti i docenti ha puntato solo sugli insegnanti di sostegno istituendo corsi ai quali hanno partecipato, pagando di tasca propria, persone che intendevano iniziare a lavorare nella scuola o supplenti che, precari da innumerevoli anni o con poca esperienza, ambivano a entrare in ruolo. La situazione è andata via via peggiorando con l’aumento esponenziale delle diagnosi di disabilità che ha comportato una richiesta sempre più alta di docenti di sostegno, rendendo necessario l’utilizzo di docenti non specializzati (più del 30%) e spesso senza alcuna esperienza.

Questa proposta di Legge, basata sulla formazione di tutti i docenti curricolari, spezza questo meccanismo perverso senza dover «blindare» i docenti sul sostegno con la separazione delle carriere, cosa che comporterebbe, a nostro parere, non pochi rischi, quali aumento della delega e del burnout, e percorsi formativi che possono innescare un «caos pedagogico di competenze, di interventi, di differenziazioni territoriali dei servizi, che favoriscono l’isolamento terapeutico e che riducono fortemente quella inclusione a tutto campo, che ci appare l’unica via culturale, scientifica, etica e politica, che renda davvero la singola persona accolta nella società, riconosciuta nei suoi potenziali, secondo la prospettiva dell’accomodamento ragionevole», come afferma Raffaele Iosa nel documento finale del convegno Erickson del 2023.

Che senso avrebbe un aumento di docenti di sostegno se tutti i docenti fossero «formati», cioè preparati con un pari numero di CFU (Crediti Formativi Universitari)?

La preparazione di tutti impedirebbe l’escalation dei supplenti e il ricorso perfino alle MAD (Messa A Disposizione), cioè le graduatorie che, nate per fare fronte alla penuria di docenti, includono personale senza alcuna formazione e talora non idoneo, una ricerca cieca a fronte del continuo aumento di certificazioni.

Il superamento della delega

Se tutti i docenti sono formati e quindi tutti possono svolgere funzioni di sostegno, non è più possibile delegare al collega la programmazione, lo svolgimento dei programmi e spesso la valutazione dell’alunno con disabilità.

La corresponsabilità tra i docenti dei Consigli di classe sarà il tessuto su cui si potrà realmente co-progettare. Ci sarà molto meno spazio per le deleghe e le «microesclusioni».

La preparazione dei docenti specializzati

Immaginare di formare con una seria preparazione i docenti di sostegno su tutte le disabilità non è solo velleitario, ma anche di fatto impossibile, sia per la pluralità delle disabilità, sia perché, come non ci stancheremo mai di ripetere insieme a tutti coloro che lavorano con serietà in questo campo, ciascun ragazzo, con qualsiasi tipologia di disabilità, è diverso dall’altro, così come ciascuna disabilità è differente in base al contesto. Ci sembra più ragionevole specializzare una rete di supporto costituita da un coordinamento pedagogico interno a ogni scuola e uno territoriale, per raccordare tutte le risorse, quali gli Enti locali, la Sanità, gli Enti di ricerca e gli eventuali Centri Specializzati.

I coordinamenti pedagogici

Fin dalla primissima normativa era stata prevista per ogni Istituto un’équipe di supporto per coordinare le proposte della scuola, quelle delle famiglie, i suggerimenti degli esperti e i bisogni dei ragazzi. Questo non accade più, per mere ragioni economiche. La scuola, quindi, è rimasta sola a fare fronte ai bisogni relativi alla disabilità.

Riteniamo molto più efficace, invece delle tante figure che si stanno proponendo a oggi (insegnante tutor, orientatore, mentor, docente di potenziamento, ecc.), affiancare i docenti nel loro lavoro con colleghi esperti per titoli, esperienze didattiche e pedagogiche.

Facendo poi confluire nel coordinamento pedagogico territoriale le funzioni e le buone prassi dei CTI, delle scuole Polo provinciali per l’inclusione, dei futuri GIT e dei CTS, mettiamo ordine nel caos in cui ci troviamo, che comporta sovrapposizioni e dispendio di energie e di fondi. I CTS potrebbero essere il modello funzionale a cui ispirarsi, in base alla Direttiva ministeriale del 27/12/2012. Questi centri sono forse l’unico progetto, partito quasi 20 anni fa, che ancora sta in piedi nonostante la poca cura da parte del Ministero, probabilmente perché ci sono state una selezione per competenze e una valida formazione iniziale. Proprio per non ripartire da zero, come abbiamo già detto, e far tesoro delle buone prassi, ricordiamo gli sportelli che già costituiscono nei CTS e nei CTI una rete in grado di svolgere funzioni di guida, consulenza e formazione per affrontare la complessità richiesta da alcune disabilità come quella dei disturbi dello spettro autistico, prendendo a modello, ad esempio, gli sportelli attivati a Vicenza. Fondamentale sarà la presenza di un Coordinamento Pedagogico Territoriale, che preveda una propria sede autonoma all’interno di una scuola, con un dirigente tecnico che incontrerà meno difficoltà rispetto a un dirigente scolastico, già troppo oberato dagli impegni, una segreteria con un collaboratore e almeno quattro docenti a tempo pieno con esonero. I Coordinamenti poi sarebbero distribuiti sul territorio in base alla popolazione scolastica. Mettendo in rete i coordinamenti pedagogici, a livello sia regionale che nazionale, si potrà avere una visione d’insieme ed effettuare anche un serio monitoraggio, grazie alla funzione di snodo, e quindi strategica, che i coordinamenti stessi possono svolgere a livello territoriale

Classi, non pollai, e stabilità degli organici

Come più volte affermato e richiesto da tutti gli osservatori interni ed esterni alla scuola, è necessario avere classi meno numerose. Nella nostra proposta, grazie al consolidamento dell’organico, utilizzato con flessibilità, si potrebbero strutturare Piani dell’Offerta Formativa che permetterebbero di formare, soprattutto nelle scuole secondarie di secondo grado, classi con numeri dignitosi, e di articolare le attività in gruppi aperti in lezioni disciplinari condivise e lezioni laboratoriali di indirizzo per gruppi più piccoli.

Certamente con un organico più stabile si contrasterebbe la precarietà dei supplenti (si sgonfierebbero le fila dei docenti con i trolley, pendolari soggetti a vere e proprie prove di resistenza fisica) e ovviamente la fuga dal sostegno garantendo maggiore stabilità.

Per concludere, sappiamo bene che questa proposta si colloca a valle di ulteriori «aggiustamenti» sindacali, formativi (nel coinvolgimento ad esempio delle Università), di assegnazione alle scuole di nuove figure quali i tutor orientatori o i docenti di potenziamento, ma siamo convinti che tutto può essere modificato con gli «accomodamenti possibili», avendo come presupposto il fine ultimo condiviso (l’inclusività del sistema formativo nazionale) nell’alveo di un orizzonte di senso altrettanto condiviso, qual è l’inclusione come visione paradigmatica della società.

Proposta di legge: Introduzione della cattedra inclusiva nelle scuole di ogni ordine e grado

Art. 1

Incarichi dei docenti su posti comuni e di sostegno

  1. Al fine di promuovere in ambito scolastico la valorizzazione delle differenze e delle potenzialità di ciascuno anche attraverso strategie organizzative volte a garantire la continuità educativa e didattica a favore di tutte le bambine e i bambini, le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti, nel rispetto del principio di autodeterminazione e nella prospettiva di una migliore qualità della vita, a decorrere dal sesto anno scolastico successivo all’entrata in vigore della presente legge, nelle scuole di ogni ordine e grado tutti i docenti incaricati sui posti comuni effettuano una parte del loro orario con incarico su posto di sostegno, mentre tutti i docenti con incarico su posto di sostegno effettuano, anche nell’ambito dell’ampliamento dell’offerta formativa dell’istituto, una parte del loro orario su posto comune.

Il presente comma non si applica ai docenti che abbiano raggiunto, al momento dell’entrata in vigore della presente legge, l’età anagrafica di anni sessanta o che abbiano maturato un’anzianità di servizio di ruolo e pre-ruolo superiore ai venticinque anni, fatta salva diversa richiesta da parte degli stessi.

  1. Le istituzioni scolastiche autonome, coerentemente con le indicazioni desumibili dal decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, concretizzano le finalità e gli obiettivi della presente legge nell’identità culturale, educativa, progettuale, nel curricolo e nell’organizzazione, per garantire alle bambine e ai bambini, alle alunne e agli alunni, alle studentesse e agli studenti con disabilità maggiori opportunità formative e un’effettiva inclusione scolastica e sociale. Le attività didattiche e formative sono attuate valorizzando il principio dell’autonomia organizzativa, didattica e curricolare e sviluppando forme di flessibilità, anche con il supporto del coordinamento pedagogico di cui al successivo art. 4.
  2. Nel primo anno scolastico successivo all’entrata in vigore della presente legge gli incarichi sono assegnati dai dirigenti scolastici, secondo le modalità di cui al precedente comma 1, nei confronti di non meno del dieci per cento dei docenti in servizio presso ogni istituzione scolastica, utilizzando i docenti incaricati sui posti comuni già in possesso di specializzazione per il sostegno che si dichiarino disponibili per l’ulteriore incarico su posto di sostegno e i docenti con incarico su posto di sostegno già in possesso di abilitazione all’insegnamento che si dichiarino disponibili per l’ulteriore incarico su posto comune. Ove i docenti disponibili non risultino sufficienti a raggiungere la percentuale indicata, il dirigente scolastico procederà incaricando d’ufficio i docenti con minore età anagrafica.
  3. A decorrere dal secondo anno scolastico successivo all’entrata in vigore della presente legge gli incarichi sono assegnati dai dirigenti scolastici, secondo le modalità di cui al precedente comma 1, nei confronti di una percentuale crescente di docenti che, tenuto conto del piano straordinario di formazione in servizio di cui al seguente art. 2, è definita annualmente con decreto del Ministro dell’Istruzione e del Merito, fino a raggiungere, nel sesto anno scolastico successivo all’entrata in vigore della presente legge, la totalità del personale docente delle scuole di ogni ordine e grado con l’esclusione dei docenti che abbiano raggiunto, al momento dell’entrata in vigore della presente legge, l’età anagrafica di anni sessanta o che abbiano maturato un’anzianità di servizio di ruolo e pre-ruolo superiore ai venticinque anni, fatta salva diversa richiesta da parte degli stessi.

Art. 2

Piano straordinario di formazione in servizio

  1. Con decreto del Ministro dell’Istruzione e del Merito, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è definito un piano straordinario pluriennale di formazione in servizio rivolto a tutto il personale docente di cui al precedente art. 1 incaricato su posto comune e non in possesso del titolo di specializzazione per le attività di sostegno didattico, con la previsione della riduzione dell’orario di servizio, nei limiti delle risorse di cui ai successivi articoli 6 e 7.
  2. Con decreto del Ministro dell’Istruzione e del Merito, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è definito un piano straordinario pluriennale di formazione in servizio rivolto a tutto il personale docente di cui al precedente art. 1 incaricato su posto di sostegno, in possesso della richiesta specializzazione e non ancora abilitato all’insegnamento, ai fini del conseguimento di tale abilitazione, nei limiti delle risorse di cui ai successivi articoli 6 e 7. Con l’entrata in vigore della presente legge, l’articolo 3 del decreto ministeriale 8 febbraio 2019, n. 92, perde di efficacia nella parte in cui prevede l’accesso al corso di specializzazione in assenza del possesso di un’abilitazione all’insegnamento.
  3. La formazione per il personale di cui ai precedenti commi è organizzata dalle università all’interno del piano pluriennale di formazione, attraverso due diversi corsi, entrambi organizzati in due anni accademici, ciascuno corrispondente a 30 CFU, da erogarsi per almeno il 50% in presenza e il restante in modalità telematica, e da concludersi entro il secondo anno accademico.

Art. 3

Formazione iniziale

  1. Il percorso universitario di formazione iniziale e di abilitazione all’insegnamento dei docenti di posto comune delle scuole di ogni ordine e grado comprende la formazione volta a sviluppare e accertare, nei docenti abilitati, le competenze culturali, pedagogiche, psicopedagogiche, didattiche e metodologiche, necessarie a promuovere l’inclusione scolastica e in particolare l’inclusione degli alunni con disabilità.
  2. Ai fini di quanto stabilito dal precedente comma 1, entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’Istruzione e del Merito e con il Ministro dell’Università e della Ricerca, è effettuata una revisione delle modalità di formazione iniziale e di accesso ai ruoli del personale docente.
  3. Entro 30 giorni dall’entrata in vigore delle presente legge, nelle more della revisione di cui al precedente comma 2, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’Istruzione e del Merito e con il Ministro dell’Università e della Ricerca, è modificato il DPCM 4 agosto 2023, prevedendo che almeno un terzo dei CFU/CFA ivi previsti, distribuiti tra le diverse aree e discipline, siano dedicati ad aspetti metodologico-didattici per l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità. Il tirocinio diretto dovrà essere svolto nelle classi ove siano iscritti alunni con disabilità certificata.

Art. 4

Coordinamento pedagogico dell’istituzione scolastica autonoma

  1. A decorrere dal primo anno scolastico, successivo all’entrata in vigore della presente legge, in ogni istituzione scolastica autonoma è istituito il Coordinamento pedagogico con funzioni di supervisione pedagogica degli insegnanti anche attraverso compresenze mutuamente formanti e situate. Il Coordinamento pedagogico è costituito da un numero di docenti pari a quattro nel primo anno, a cinque nel terzo anno e nella proporzione di uno ogni trenta docenti in servizio presso l’istituzione scolastica a decorrere dal quinto anno scolastico successivo all’entrata in vigore della presente legge.
  2. I docenti componenti del coordinamento pedagogico dispongono dei requisiti che saranno stabiliti con decreto del Ministero dell’Istruzione e del Merito e comunque devono avere prestato servizio in qualità di docenti per non meno di dieci anni scolastici o prestato servizio con incarico sul sostegno per non meno di cinque anni scolastici.
  3. Il coordinamento pedagogico persegue il raggiungimento degli obiettivi del piano dell’offerta formativa e sostiene la qualità dell’insegnamento attraverso supervisioni, supporto formativo e attività inclusive promosse nell’istituzione scolastica, valorizzando le differenze, favorendo la partecipazione, il dialogo, la collaborazione tra le componenti dell’istituzione scolastica.
  4. I docenti componenti del coordinamento pedagogico sono distaccati dall’insegnamento per metà orario del servizio prestato. Ogni tre mesi il coordinamento pedagogico relaziona al Collegio docenti rispetto alle attività svolte.
  5. La dotazione necessaria di personale per la costituzione dei coordinamenti pedagogici in ogni istituto viene assegnata, nell’ambito dell’organico dell’autonomia, a valere sui posti che si renderanno disponibili in relazione alla diminuzione della popolazione scolastica, secondo quanto previsto nei successivi art. 6 e 7.

Articolo 5

Coordinamento pedagogico territoriale

  1. In ogni ambito territoriale provinciale è istituito almeno un Coordinamento Pedagogico Territoriale per l’Inclusione (CPTI). In relazione al numero degli alunni alla data di entrata in vigore della presente legge, negli ambiti territoriali con più di centomila, duecentomila e trecentomila alunni sono istituiti, rispettivamente, almeno due, quattro o sei CPTI.
  2. Il Coordinamento Pedagogico Territoriale per l’Inclusione supporta le istituzioni scolastiche autonome e i coordinamenti pedagogici d’istituto di cui al precedente articolo 4 nel promuovere iniziative, attività e servizi per l’inclusione che necessitino, per essere attuati nel modo più efficace ed efficiente, di un contesto più ampio rispetto agli ambiti di pertinenza delle singole istituzioni scolastiche e di un raccordo tra i servizi degli enti locali, sanitari, di ricerca e con il terzo settore.
  3. Il Coordinamento Pedagogico Territoriale per l’Inclusione ha sede fisica e amministrativa presso un istituto scolastico operante nell’ambito territoriale di riferimento, ha propri autonomi spazi e ad esso sono assegnati un dirigente tecnico, almeno quattro docenti, un assistente amministrativo e un collaboratore scolastico.
  4. Entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge i Centri Territoriali di Supporto (CTS), le attività svolte dalle scuole polo per l’inclusione, i Centri Territoriali per l’Integrazione (CTI) e i futuri GIT, previsti dalla normativa ma ancora non attivati, confluiscono nei Coordinamenti Pedagogici Territoriali per l’Inclusione (CPTI) ed entro il successivo anno le amministrazioni scolastiche propongono la revisione di eventuali accordi che prevedano strutture di supporto alle scuole per l’inclusione scolastica, al fine di collocare le relative funzioni nell’ambito dei CPTI.
  5. Con decreto del Ministro dell’Istruzione e del Merito, sentito l’Osservatorio per l’inclusione scolastica, sono definite le competenze, le risorse e le fasi temporali di attuazione per rendere operativo quanto previsto dal presente articolo.

Art. 6

Organici del personale docente

  1. Al fine di consentire la realizzazione degli obiettivi educativi indicati assicurando la disponibilità necessaria di organico senza ulteriori oneri, i posti comunque attivati in ciascuna regione all’atto dell’entrata in vigore della presente legge sono consolidati per l’utilizzazione secondo quanto previsto dai precedenti articoli 1, 4 e 5, fino alla completa introduzione, su tutto il territorio nazionale, della nuova modalità di assegnazione degli incarichi e dei coordinamenti pedagogici, in ogni istituzione scolastica.

Art. 7

Copertura finanziaria

  1. Per il piano straordinario di formazione in servizio di cui all’art. 2 si provvede mediante stanziamento delle risorse necessarie aggiuntive, pari a 150 milioni annui dal primo al sesto anno scolastico interessati dal piano per un totale complessivo di 900 milioni, a incremento dell’autorizzazione di spesa di cui all’art. 1, comma 125, della legge 13 luglio 2015, n. 107.
  2. L’assegnazione del personale ai coordinamenti pedagogici di cui agli artt. 4 e 5 avviene, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nei limiti delle maggiori dotazioni organiche degli insegnanti risultanti nei ruoli del Ministero dell’Istruzione e del Merito per effetto della previsione dell’art. 6.

Art. 8

Norma finale e transitoria

  1. Fino al completamento del piano straordinario di formazione in servizio di cui all’art. 2, gli incarichi sul sostegno ai docenti su posto comune, di cui all’art. 1, possono essere affidati dopo il primo anno di frequenza dei percorsi formativi di detto piano.
  2. All’art. 1, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, prima dell’ultimo periodo che inizia con le parole «È comunque fatta salva la validità delle graduatorie…» è inserito il seguente periodo: «Per l’accesso ai percorsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità è comunque richiesto il possesso di una laurea abilitante o di un’abilitazione all’insegnamento».

Gli estensori del progetto di legge sono: Evelina Chiocca, Paolo Fasce, Fernanda Fazio, Dario Ianes, Raffaele Iosa, Massimo Nutini, Nicola Striano.

La proposta di legge FISH sull’istituzione della cattedra di sostegno

Presentazione di Salvatore Nocera

La proposta di legge della FISH è finalizzata a introdurre pienamente nella normativa scolastica inclusiva i principi introdotti dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia con la L. n. 18 del 2009 e gli orientamenti fondamentali dell’ICF (Classificazione internazionale del funzionamento), approvati dall’OMS nel 2001. Tali principi sono stati recepiti dalla Legge delega sulla disabilità n. 227 del 2021, nella quale però i principi concernenti l’inclusione scolastica sono appena accennati, mentre nella presente legge vengono ampiamente applicati. In tal senso la presente legge si può considerare un’integrazione alla Legge-delega, che ne completa l’ampio quadro riformatore, voluto dalle famiglie e dalle associazioni delle persone con disabilità a completamento e integrazione della fondamentale L. n. 104/1992 sui diritti delle persone con disabilità. La presente legge ha voluto fare proprie le proposte emerse in numerosi convegni, articoli e da ultimo nei documenti offerti dalle Associazioni delle persone con disabilità alla XIII Conferenza nazionale sulla disabilità per migliorare ulteriormente la qualità inclusiva della scuola italiana, superando i vuoti e le cattive prassi applicative che si erano palesate nei decenni scorsi. Se ne forniscono di seguito i principali contenuti e le loro motivazioni.

La FISH ha predisposto una PdL sulla continuità didattica dei docenti di sostegno, che prevede, oltre ad altre norme di miglioramento dell’inclusione, l’istituzione di apposite classi di concorso di sostegno, una per ciascun grado di istruzione, proprio per evitare che l’attività di sostegno venga scelta solo per opportunità, quale ad esempio più facilità di entrare in ruolo, o avvicinamento al proprio domicilio; circostanze queste che interrompono la continuità didattica. In tale Pdl, mentre si prevede l’ingresso in questa nuova cattedra per tutti i docenti in servizio al momento dell’entrata in vigore della nuova legge, si consente a tutti quelli che svolgono attività di sostegno di optare per la cattedra nella quale sono abilitati, garantendo così la libertà di scelta professionale. La continuità didattica è inoltre accresciuta dalla proposta della FISH di anticipare la data delle operazioni di pensionamento del personale in modo da anticipare tutti gli adempimenti per la mobilità, che consentirebbe di garantire la presenza nelle classi fin dall’inizio dell’anno scolastico dei docenti di sostegno, i quali attualmente invece arrivano troppo spesso nelle classi ad anno scolastico abbondantemente iniziato con gravissimo danno e disagio degli studenti con disabilità.

La continuità didattica viene realizzata con la previsione secondo la quale i docenti di sostegno non possono trasferirsi su altra sede, se prima non hanno concluso il ciclo biennale o triennale di ogni grado di istruzione o suo segmento, ad esempio, triennio della scuola dell’infanzia e primaria, triennio della scuola secondaria di primo grado, biennio o triennio della scuola secondaria di secondo grado. Ovviamente ai fini pratici si è superata l’attuale ripartizione in bienni e singoli anni del ciclo degli studi.

L’istituzione di cattedre di sostegno non crea una nuova separazione tra docenti disciplinari e di sostegno che inficerebbe la cultura generale dell’inclusione, come ha invece dichiarato, in una trasmissione radiofonica, il prof. Dario Ianes. Infatti, nella proposta della FISH, i docenti delle scuole secondarie, prima di acquisire la specializzazione per il sostegno ed entrare in questa nuova classe di concorso, debbono essere abilitati in una disciplina di insegnamento, con l’anno abilitante di cui alla L. n. 79/2022, con l’aumento, richiesto dalla FISH, dei crediti universitari riguardanti la pedagogia e didattiche speciali. I docenti della scuola dell’infanzia e primaria debbono avere la laurea magistrale quinquennale in Scienze dell’educazione, più due anni di specializzazione per il sostegno. Quindi questi docenti di sostegno sono docenti a tutti gli effetti.

Inoltre, non è assolutamente vero, come ironicamente dicono alcuni critici, che con l’ingresso in tale cattedra i nuovi docenti di sostegno sono condannati ai «lavori forzati» nel sostegno a vita. Infatti, tutti questi docenti, avendo l’abilitazione all’insegnamento in una disciplina, possono sempre chiedere il «passaggio di cattedra», che è un concorso per titoli, ovviamente sempre garantendo di completare prima il ciclo di studi (biennio o triennio) con l’alunno con disabilità seguito. Taluni hanno sostenuto che la sola possibilità del «passaggio di cattedra» riduce i diritti dei docenti di sostegno creati dalla nuova PdL rispetto all’attuale situazione, che consente anche i trasferimenti. Invero, dal momento che trattasi di una nuova cattedra, i docenti di sostegno conservano il diritto al trasferimento su un’altra sede della stessa cattedra, come avviene per tutti gli altri docenti.

La PdL della FISH prevede che per accedere alle cattedre di sostegno i docenti debbano avere una specializzazione biennale per una formazione più profonda di quella attuale annuale, che non soddisfa moltissime famiglie data la complessità di molte disabilità, specie intellettive e connesse all’autismo; per i docenti di scuola secondaria i due anni comprendono anche l’anno abilitante. La proposta della FISH si rifà al dettato e ai tempi organizzativi liberi della L. n. 79/2022 sull’obbligatorietà dell’anno abilitante e del suo regolamento applicativo previsto dal decreto legislativo del 4 agosto 2023. Però ha fortemente criticato, come detto, la scarsità dei crediti universitari formativi dedicati alla pedagogia e didattiche speciali (appena 3), proponendo un loro aumento almeno a 20.

Quanto all’attuale durata dei corsi di specializzazione, si veda quanto segue. Oggi viviamo un paradosso: quando le specializzazioni erano monovalenti, cioè ciascuna per singole disabilità (ad esempio ciechi, sordi, psicofisici), esse avevano un percorso formativo di due anni ciascuna; oggi che sono polivalenti, cioè ognuna prepara per l’inclusione di tutti gli alunni con disabilità, essa ha un percorso formativo annuale. Ovviamente questa necessità di maggiore approfondimento dovrà essere presa in considerazione anche dai sostenitori della cattedra mista.

La PdL della FISH prevede pure una formazione iniziale (non specializzazione) sulla pedagogia e sulle didattiche speciali per tutti i docenti disciplinari, in attuazione della L. n. 79/2022 sull’anno abilitante successivo alla laurea per i docenti delle scuole secondarie. Sino a oggi nessuna norma prevedeva l’obbligo di formazione dei docenti su come si debba insegnare. Ciò ha reso molto problematica l’inclusione in tali ordini di istruzione; conseguentemente tali docenti hanno sempre più delegato il progetto inclusivo ai soli docenti di sostegno. La FISH, come detto sopra, ha però notato che dei sessanta crediti universitari formativi di tale abilitazione solo alcune unità sono riservate alla pedagogia e didattica generali e speciali; conseguentemente ne chiede l’aumento con la propria PdL.

Per concludere, non pretendiamo che la proposta della FISH sia la migliore, anche se noi, per migliorarla sempre più, abbiamo preso degli spunti preziosi dalle osservazioni del prof. Luigi d’Alonzo, già presidente della SIPeS, Società Italiana di Pedagogia Speciale, proprio con riguardo agli scarsissimi crediti universitari formativi relativi alla pedagogia e didattiche speciali, attualmente previsti dalla recentissima normativa. E della SIPeS apprezziamo pure la proposta dell’istituzione presso le Facoltà di Scienze della Formazione di apposite scuole di specializzazione, come avviene per altre facoltà, come ad esempio quella di medicina. Per questo abbiamo inserito nella nostra PdL una norma che prevede l’istituzione di tale scuola di specializzazione post lauream. Ciò darà molta più autonomia a tali facoltà per l’organizzazione dei corsi di specializzazione per il sostegno, che attualmente presentano incongruenze con riguardo alla periodicità, al numero, al numero eccessivo di allievi in taluni corsi specie al Centro e al Sud, e alla loro dislocazione sul territorio nazionale (troppi al Sud e forse troppo pochi al Nord).

La FISH ha inoltre denunciato, come altri, l’assurdità di validità di taluni diplomi di specializzazione rilasciati nell’area dell’Unione Europea, che vengono utilizzati in Italia, dato il diritto di libera circolazione dei titoli nell’area dell’Unione. Tali titoli sono conseguiti al termine di corsi di specializzazione di sicura illegittimità in Italia: infatti essi sono finalizzati e quindi strutturati per chi dovrà lavorare nelle scuole e istituti speciali che sono la normalità all’estero; inoltre in molti di essi mancano il controllo e il rigore dei nostri corsi, in modo tale che molti diplomati non frequentano parecchie o tutte le lezioni. Per questi motivi la FISH aveva presentato emendamenti agli articoli 6 e 7 del D.lgs. n. 71/2024 tendenti all’obbligo di frequenza di almeno 20 crediti formativi più l’obbligo di tirocinio indiretto. Questi emendamenti però non sono stati accolti e la FISH li riproporrà come emendamento alla propria proposta di legge attualmente al vaglio del Cnel, perché li faccia propri e li ripresenti prossimamente in Parlamento. A proposito dei titoli di specializzazione stranieri, si chiede al Ministero dell’Istruzione e del Merito, a quello dell’Università e al Ministero della Disabilità di intervenire presso l’UE, per pretendere di rivedere radicalmente la validità giuridica di questi diplomi, proprio nel rispetto dei diritti dei nostri docenti specializzati e della serietà dei nostri corsi di specializzazione, finalizzati all’inclusione scolastica generalizzata degli allievi con disabilità, che è una conquista culturale unica al mondo e che dobbiamo sempre più migliorare ed evitare che venga contraffatta.

Proposta di legge: Norme per il miglioramento della qualità dell’inclusione scolastica, sull’istituzione di apposite classi di concorso per i docenti per il sostegno didattico, sulla formazione iniziale e in servizio del personale scolastico e sulla continuità didattica e professionale

di iniziativa del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro

Art. 1

Istituzione di classi di concorso per il sostegno didattico agli alunni con disabilità

  1. A partire dall’anno scolastico 2024/2025 sono istituite quattro classi di concorso per le attività di sostegno didattico per l’inclusione degli alunni con disabilità certificata nelle classi comuni del sistema nazionale di istruzione, una per ogni grado di istruzione: scuola dell’infanzia, scuola primaria, scuola secondaria di primo grado, scuola secondaria di secondo grado.
  2. I docenti su posto di sostegno didattico a tempo indeterminato, al momento di entrata in vigore della presente legge, transitano nei ruoli delle nuove classi di concorso, mantenendo la sede di titolarità attualmente posseduta e i punteggi fino ad allora maturati.
  3. Sono fatti salvi i diritti per la mobilità professionale tramite concorsi per passaggio di cattedra, purché i richiedenti siano in possesso dei requisiti richiesti per insegnare su altre classi di concorso per l’insegnamento.
  4. I docenti titolari su posto di sostegno di cui al comma 2, che non intendano transitare nella nuova classe di concorso, possono richiedere al rispettivo Ufficio scolastico regionale, entro e non oltre 15 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, di essere inseriti in un’apposita graduatoria regionale; i predetti Uffici provvedono prioritariamente a effettuare, a domanda, operazioni di mobilità sulle cattedre curricolari disponibili nell’anno 2024/25 e, in mancanza, nell’anno scolastico successivo, mediante scorrimento dalle predette graduatorie. Il passaggio da posto di sostegno a posto comune è in ogni caso consentito solo se, contestualmente alla richiesta presentata dal docente che intende trasferirsi, è presente un aspirante candidato collocato in posizione utile nella graduatoria di merito ed è autorizzata l’immissione in ruolo dello stesso sulla base della normativa vigente, in sostituzione del docente che richiede di trasferirsi su posto comune.
  5. Al fine di valorizzare la professionalità e le competenze del personale docente è istituto il «Portfolio professionale del docente», quale parte integrante del fascicolo digitale del docente, previsto nel Piano Nazionale di Formazione di cui all’art. 1, comma 124 della Legge 107/2015. Esso è formato da una parte pubblica, che trova spazio in un applicativo inserito nel portale web del Ministero dell’Istruzione e del Merito, e una parte riservata, che sarà disponibile e gestita internamente dal docente stesso. Il Portfolio professionale del docente deve consentire al docente di descrivere il proprio curriculum professionale, nonché mettere a disposizione dei dirigenti scolastici il curriculum come supporto alla scelta per l’assegnazione alla classe. Entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro dell’Istruzione e del Merito, sono elaborati i modelli nazionali di Portfolio professionale delle competenze, uno per ciascun grado di scuola, e sono regolate le modalità di implementazione del sito istituzionale del Ministero onde approntare un sistema online di documentazione del percorso professionale di ciascun docente al fine di valorizzarne ogni passaggio della storia formativa e professionale a diversi livelli nel sistema scolastico.

Art. 2

Continuità didattica

  1. I docenti a tempo indeterminato specializzati per il sostegno didattico non possono, di norma, fruire di operazioni di mobilità sino a quando l’alunno con disabilità loro assegnato non abbia completato il triennio della scuola dell’infanzia o il primo triennio o il biennio della scuola primaria o il triennio della scuola secondaria di primo grado o il primo triennio o il successivo biennio delle scuole secondarie di secondo grado.
  2. Qualora il docente specializzato per il sostegno segua più alunni con disabilità frequentanti classi diverse, il Dirigente scolastico, raccolto il parere del Gruppo di Lavoro per l’Inclusione GLI d’Istituto e tenuto conto del principio di accomodamento ragionevole, assegna il docente per il sostegno all’alunno con disabilità che abbia maggiore necessità di continuità, sulla base delle disposizioni contenute al comma 1.
  3. Al fine di garantire la continuità didattica per gli alunni con disabilità, sancito all’articolo 1, comma 181, lettera C, n. 2 della legge n. 107/2015, l’incarico di supplenza su posto di sostegno dei docenti specializzati nominati a tempo determinato ha validità biennale, salvo eccezioni, debitamente motivate alle famiglie. La nomina ha validità annuale, qualora l’alunno debba frequentare l’ultimo anno dei periodi temporali indicati al comma 1. Qualora al termine del biennio l’alunno non abbia completato il triennio della scuola dell’infanzia, il primo triennio della scuola primaria o il triennio della scuola secondaria di primo o secondo grado, l’incarico di supplenza è prorogato di un anno; in caso di parità di punteggio della relativa graduatoria con aspirante a supplenza annuale, prevale il docente che completa la continuità didattica.
  4. Nell’assegnare i docenti alle classi, i Dirigenti scolastici sono tenuti a garantire la continuità didattica per gli alunni con disabilità.
  5. Sulla base di motivate e comprovate esigenze, dopo la valutazione di un dirigente tecnico dell’amministrazione scolastica territorialmente competente, le famiglie possono chiedere la sostituzione del docente per il sostegno, inoltrando specifica e motivata istanza all’Ufficio Scolastico Regionale territorialmente competente.
  6. I docenti per il sostegno didattico, nel rispetto delle vigenti misure di sicurezza e degli accorgimenti di natura igienico-sanitaria, sono tenuti a prestare il proprio servizio presso il domicilio dell’alunno per il quale sia accertata l’impossibilità della frequenza scolastica per un periodo non inferiore a trenta giorni di lezione, anche non continuativi, per cause patologiche certificate. In alternativa, se previsto dal PEI, tale servizio può anche essere prestato in modalità a distanza. Tale disposizione è recepita nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro a seguito di apposita sequenza contrattuale con le Organizzazione Sindacali di categoria.

Art. ٣

Valutazione da parte degli insegnanti di sostegno

  1. All’art. 13 della L. n. 104/92, dopo il comma 6, sono inseriti i seguenti commi:

7 In attuazione del precedente comma 6, e dell’art 314 del TU sulla legislazione scolastica approvato con D.lgs. n. 297/1994, i docenti di sostegno valutano tutti gli alunni della classe sul livello inclusivo raggiunto da ciascuno, avendo come criteri-indicatori le finalità dell’inclusione scolastica di cui all’art 12 comma 3 della citata legge n. 104/1992.

8 Conseguentemente, al pari dei Colleghi curricolari, è assicurato loro l’accesso ai registri elettronici per poter visualizzare le valutazioni effettuate per ciascuno degli alunni della classe.

Art. ٤

Procedure di nomina

  1. Le procedure di nomina dei docenti per il sostegno didattico, sia a tempo indeterminato che a tempo determinato, si avviano al termine delle lezioni dell’anno scolastico precedente a quello di riferimento, a partire dalla scuola primaria, proseguendo con la scuola secondaria di primo grado, la scuola dell’infanzia e la scuola secondaria di secondo grado. Le stesse procedure devono concludersi obbligatoriamente entro il 31 di agosto ovvero, per comprovati motivi, nelle città metropolitane, non oltre il 10 di settembre. Conseguentemente, sono anticipati le procedure di mobilità professionale e i termini per le domande di pensionamento.
  2. Con decreto del Ministro dell’Istruzione e del Merito, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, sono definite la tempistica e le modalità di svolgimento delle procedure di mobilità professionale.
  3. Con decreto interministeriale del Ministro dell’Istruzione e del Merito, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le modalità e la tempistica delle domande e delle relative procedure di messa in quiescenza del personale docente.

Art. 5

Titolo di studio per l’accesso alle classi di concorso sul sostegno didattico

  1. Per accedere alle nuove classi di concorso, gli aspiranti debbono essere in possesso dell’apposito titolo abilitante all’insegnamento nel rispettivo grado scolastico, cui deve aggiungersi il conseguimento del diploma di specializzazione per il sostegno didattico, di cui all’art. 12, comma 2, del D.lgs. 66/2017. In particolare:
  1. accedono alla classe di concorso per il sostegno didattico, ai fini dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità per la Scuola dell’Infanzia e per la Scuola Primaria, i candidati in possesso della laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della Formazione Primaria e del Diploma di specializzazione per il sostegno didattico di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66;
  2. accedono alla classe di concorso per il sostegno didattico, ai fini dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità per la scuola secondaria di primo e secondo grado, i candidati in possesso della Laurea abilitante all’insegnamento nella specifica classe di concorso disciplinare e del Diploma di specializzazione per il sostegno didattico di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66.
  1. Per i candidati aspiranti all’inserimento nella classe di concorso per la Scuola dell’Infanzia e per la Scuola Primaria è altresì necessario aver conseguito i 60 CFU previsti all’articolo 12, comma 3, del D.lgs. 66/2017.
  2. La previsione di cui all’articolo 12, comma 5, del Decreto legislativo 13 aprile 2017 e successive modifiche e integrazioni decorre dall’anno accademico 2024/2025.
  3. Per i candidati aspiranti all’inserimento nella classe di concorso per le scuole secondarie di primo e secondo grado è altresì necessario avere conseguito 60 crediti formativi universitari o accademici (CFU/CFA) nell’inclusione scolastica, quale percorso universitario e accademico abilitante di formazione iniziale, analogamente a quanto previsto all’articolo 44 del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2022, n. 79.
  4. Con apposito decreto del Ministro dell’Università emanato d’intesa con il Ministro dell’Istruzione e del Merito, con il Ministro della Disabilità, con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, sentito il CUN, da emanare entro 60 giorno dall’entrata in vigore della presente legge, è disciplinato il percorso formativo volto ad assicurare un’effettiva presa in carico collegiale del progetto inclusivo di ciascun alunno con disabilità, che dovrà articolarsi nei settori scientifico disciplinari della Pedagogia generale, della Storia della Pedagogia, della Didattica e Pedagogia speciale, della Pedagogia sperimentale e nella Psicologia dell’età evolutiva, per rispondere efficacemente ai bisogni educativi scaturenti dalle principali diverse tipologie di minorazioni, fornendo adeguate competenze negli approcci e metodologie educativo-didattiche, per assicurare effettivamente l’inclusione agli alunni minorati della vista, sordi «segnanti» e sordi «oralisti», con disabilità intellettive, con disturbi del neurosviluppo, con disabilità fisiche.
  5. Sono fatti salvi i diritti acquisiti dai docenti già in possesso delle specializzazioni regolate dalle previgenti normative.

Art. 6

Utilizzazione del personale docente dichiarato inidoneo

  1. I docenti collocati fuori ruolo ai sensi del CCNI concernente i criteri di utilizzazione del personale dichiarato inidoneo alla sua funzione per motivi di salute (art. 4, commi 2 e 17, comma 5 del Contratto Collettivo Nazionale del personale della scuola del 29 novembre 2007), che sono in possesso della specializzazione per il sostegno didattico, titoli culturali e esperienze pregresse possono, a domanda, assumere incarichi, presso i CTS, di:
  1. Supporto tecnico/organizzativo a iniziative legate alle tematiche inclusive;
  2. Progettazione e realizzazione di sussidi didattici ad alta e bassa tecnologia per l’autonomia, la comunicazione e il processo di apprendimento degli alunni con disabilità, nelle discipline di propria competenza con la supervisione dei docenti e operatori specializzati di riferimento.

2. Senza limiti di contingentamento e mantenendo gli Accomodamenti Ragionevoli previsti nel contratto di lavoro individuale ai sensi dell’art. 2, comma 4, della Convenzione ONU del 13 dicembre 2006 e Decreto Legislativo (151/2015), possono concorrere, a pieno titolo, all’implementazione della progettualità inclusiva pianificata dalle dall’Istituto di titolarità o assegnazione, dai CTS, dalle Scuole Polo per l’inclusione e Scuole Polo per la formazione del territorio, dagli Uffici Scolastici provinciali, regionali, e Uffici Ministeriali competenti.

Art. 7

Norma di invarianza finanziaria

  1. Dalle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 4 della presente legge non devono derivare nuovi e maggiori oneri rispetto agli stanziamenti di bilancio già destinati al personale scolastico.

Luci e ombre: un primo commento alle proposte

Alla presentazione diretta facciamo seguire alcune riflessioni, che emergono nel contraddittorio delle posizioni interne al dibattito fra i differenti stakeholders e che intendono sottolineare, in modo sintetico, i vantaggi e gli svantaggi che ciascun progetto porta con sé.

Vantaggi della cattedra mista

  • Tutti gli insegnanti sono coinvolti direttamente, anche per il tramite delle discipline, nella realizzazione di una didattica inclusiva.
  • Attraverso la cogestione della didattica, si favorisce l’acquisizione delle competenze trasversali da parte di tutti gli allievi.
  • Si promuovono il lavoro di team e l’integrazione delle prospettive e delle competenze fra docenti.
  • Si favorisce la condivisione delle responsabilità e dell’interazione dei docenti, nei confronti delle famiglie e degli operatori dei servizi sociosanitari.

Svantaggi della cattedra mista

  • Si limita la specificità del profilo professionale dell’insegnante specializzato, distribuendo ruolo e funzione tra i docenti disciplinari, con il rischio di ridurre la competenza specialistica.
  • Si riduce la possibilità di attivare e modulare nella quotidianità competenze specializzate, nei confronti delle situazioni maggiormente complesse.
  • Soluzioni organizzative di complessa realizzazione, con rischi di frammentarietà e di mancanza di continuità della funzione di sostegno.
  • Presenza di problemi pratici, di natura differente, per la formazione specializzata di tutti gli insegnanti del team di classe.

Vantaggi della cattedra di sostegno

  • Si contiene il turnover degli insegnanti e si favorisce la continuità didattica nei confronti dell’allievo.
  • Si prospetta la possibilità di progettazione e di interazione di lungo termine con le famiglie e con i servizi sociosanitari.
  • Si favorisce la continuità nei rapporti con le famiglie e i servizi sociosanitari.
  • Si garantisce una competenza specializzata in relazione alla specificità dei differenti deficit.

Svantaggi della cattedra di sostegno

  • Possibile isolamento dell’allievo in classe.
  • Pericolo di marginalizzazione del docente nel team e rischio di compromissione della condivisione e cogestione delle dinamiche di classe.
  • Delega all’insegnante specializzato per l’elaborazione, la gestione e la verifica del PEI;
  • Rischi per la qualità complessiva del processo inclusivo, che è sistemico e pertanto necessita della collaborazione paritetica fra tutti i docenti.

Il cambiamento è davvero necessario? Qualche considerazione

Domandiamoci: è indispensabile o opportuno che le due funzioni, specializzazione e integrazione, vengano disgiunte con il ricorso a una disposizione normativa? Sulla base della nostra tradizione sembrerebbe di no, ma nessun Paese è perfetto.

Per contribuire alla riflessione, riportiamo un pensiero del sociologo e formatore francese Michel Chauvière il quale, con un riferimento metaforico, sostiene che Trop de gestion tue le social. Con tale affermazione, che titola un suo libro (2009), l’autore mette in guardia dai rischi di introdurre la logica del mercato nel campo del sociale e di trasformare la persona in un consumatore: nel nostro caso, «l’utente» potrebbe essere l’allievo con la sua famiglia. Proviamo a forzare la lettura delle due posizioni attraverso le lenti di Chauvière.

Quanto alla richiesta di molte famiglie e Associazioni, in relazione sia alla cattedra di sostegno sia al diritto di prelazione sulla continuità del docente specializzato, nel passaggio da un anno all’altro — richiesta comprensibile e motivata dal loro punto di vista —, l’opzione sembra muoversi pienamente nell’alveo della chalandisation, cioè della privatizzazione del rapporto tra scuola e famiglia. A nostro parere, l’istanza di continuità didattica andrebbe più opportunamente avanzata dal Gruppo di Lavoro Operativo (GLO) competente all’elaborazione/gestione/verifica del PEI. La cattedra di sostegno, d’altra parte, come evidenziato sopra, rischia di rendere ancora più profondo il solco della separazione rispetto agli insegnanti curricolari e di alimentare ulteriori atteggiamenti di delega.

Rivolgiamoci alla cattedra mista o inclusiva. Perché introdurre un’innovazione che trasforma radicalmente il nostro sistema scolastico, in nome di una parte delle famiglie? Non vorremmo essere fraintesi: certamente tutti intendiamo garantire al meglio il diritto allo studio e all’inclusione degli studenti con disabilità, ma perché ricorrere a una misura di impatto così forte sul modello scolastico vigente, con un incremento di complessità organizzativa e didattica per tutta la popolazione scolastica? L’opzione «cattedra mista», che modifica la fisionomia del modello didattico attuale, è l’unica strada per garantire inclusione? O non si rischia di rivoluzionare un assetto, per garantire il benessere di una parte, collocandosi dunque in un’ottica parziale? Siamo certi che la cattedra mista garantisca il meglio per tutti gli allievi, compresi quelli con disabilità? In particolare, l’attribuzione ai docenti disciplinaristi del doppio ruolo — curricolare e specialistico — non rischia di incrementare il numero dei docenti con conseguente frammentarietà e discontinuità nei confronti degli allievi con disabilità?

Ricordiamo che già ora l’assetto normativo, nel suo insieme, chiede ai singoli docenti di classe di garantire l’inclusione di tutti gli studenti, perseguendo unitarietà di intenti fra colleghi, all’interno del team di classe.

L’inclusione si risolve solo in classe?

Sulla base di una tradizione storicamente consolidata nel nostro Paese, il tema della doppia funzione dell’insegnante specializzato non accetta alcuna forma di riduzionismo. Da una parte, l’insegnante è specialista della cura pedagogico-didattica, in relazione alle differenti forme e caratterizzazioni attraverso cui la disabilità e il bisogno educativo speciale si manifestano e si connotano. Dall’altra, è attivatore e modulatore delle risorse individuali e collettive, agendo nell’ampio quadro della comunità scolastica e educativa. Tale funzione trova la sua espressione autentica solo attraverso un progetto globale e un intervento unitario, che integrano e valorizzano sinergicamente le risorse individuali e collettive, considerando studenti e famiglie non come meri «utenti», ma come co-costruttori attivi. Si tratta di un processo irreversibile, come evidenziato già nelle Linee Guida (2009), e di una consapevolezza matura, che non ammette deroghe o deviazioni. È infatti nella coralità delle scelte e delle responsabilità condivise dai diversi soggetti istituzionali che i processi di inclusione si dispiegano pienamente, e la professionalità dell’insegnante specializzato trova la più compiuta realizzazione. È sulla base di tale paradigma che può trovare attuazione qualsiasi iniziativa scientifica, culturale o normativa che intenda qualificare ulteriormente la professionalità degli insegnanti o la qualità complessiva dei processi inclusivi. Per questo motivo, qualsiasi proposta di modifica del profilo professionale del docente specializzato deve essere considerata in rapporto al contesto quotidiano della vita di classe, della scuola e delle differenti altre istituzioni territoriali.

A tal proposito, occorre tenere conto che la valutazione della qualità dell’inclusione (PAI) rientra tra i criteri di valutazione della qualità della scuola (RAV). In quest’ottica vanno considerati gli impegni di concorrenza al processo inclusivo, che coinvolgono i vari livelli interni ed esterni al sistema scolastico, così come precisato dal D.lgs. n. 66/2017. In particolare, gli artt. 1, 4, 7 e 9 esplicitano chiaramente che:

  • l’inclusione scolastica si realizza nell’identità culturale, educativa, progettuale, nell’organizzazione e nel curricolo delle istituzioni scolastiche, nonché attraverso la definizione e la condivisione del progetto individuale fra scuole, famiglie e altri soggetti, pubblici e privati, operanti sul territorio;
  • il PTOF e il PAI nella loro progettualità a breve e a lungo termine devono contemplare indicazioni e criteri di sistema per migliorare la qualità inclusiva dell’istituzione scolastica;
  • il PEI è elaborato e approvato dal GLO, individua obiettivi educativi e didattici, strumenti strategie e modalità, per realizzare un ambiente di apprendimento nelle dimensioni della relazione, della socializzazione, della comunicazione, dell’interazione, dell’orientamento e delle autonomie, anche sulla base degli interventi di corresponsabilità educativa intrapresi dall’intera comunità scolastica;
  • i GLIR, istituiti presso gli Uffici Scolastici Regionali, supportano i GIT nell’attività di consulenza alle istituzioni scolastiche e nella definizione dei PEI — secondo la prospettiva bio-psico-sociale alla base dell’ICF —, nell’uso ottimale dei molteplici sostegni disponibili, previsti dal PAI, nel potenziamento della corresponsabilità educativa e delle attività di didattica inclusiva;
  • il GLI è composto da docenti curricolari, docenti di sostegno e, eventualmente, da personale ATA, nonché da specialisti della Azienda sanitaria locale e del territorio di riferimento dell’istituzione scolastica. Il gruppo è nominato e presieduto dal dirigente scolastico e ha il compito di supportare il collegio dei docenti nella definizione e realizzazione del Piano per l’inclusione nonché i docenti contitolari e i consigli di classe nell’attuazione dei PEI;
  • il GLI si avvale della consulenza e del supporto degli studenti e dei genitori; può avvalersi della consulenza dei rappresentanti delle associazioni delle persone con disabilità maggiormente rappresentative del territorio nell’inclusione scolastica. In sede di definizione dell’utilizzazione delle risorse complessive destinate all’istituzione scolastica ai fini dell’assistenza di competenza degli enti locali, alle riunioni del GLI partecipa un rappresentante dell’ente territoriale competente. Al fine di realizzare il Piano di inclusione e il PEI, il GLI collabora con il GIT e con le istituzioni pubbliche e private presenti sul territorio;
  • al fine della definizione dei PEI e della verifica del processo di inclusione, compresa la proposta di quantificazione di ore di sostegno e delle altre misure di sostegno, tenuto conto del profilo di funzionamento, presso ogni Istituzione scolastica sono costituiti i GLO per l’inclusione dei singoli alunni con accertata condizione di disabilità ai fini dell’inclusione scolastica. Ogni GLO è composto dal team dei docenti contitolari o dal consiglio di classe, con la partecipazione dei genitori della bambina o del bambino, dell’alunna o dell’alunno, della studentessa o dello studente con disabilità, o di chi esercita la responsabilità genitoriale, delle figure professionali specifiche, interne ed esterne all’istituzione scolastica che interagiscono con la classe e con la bambina o il bambino, l’alunna o l’alunno, la studentessa o lo studente con disabilità, nonché con il necessario supporto dell’unità di valutazione multidisciplinare.

I succitati richiami sono sufficienti a sottolineare che la piena realizzazione dei processi inclusivi necessita di una pluralità di interventi, intrecciati e coordinati a differenti livelli. La competenza specifica dei vari co-attori (docenti, dirigenti, gruppi di lavoro, personale ATA, famiglie, educatori e operatori dei servizi sanitari e sociali, associazioni, altri) assume senso e significato solo se tutti operano con unitarietà di intenti. Queste scelte e consapevolezze hanno reso l’esperienza dell’inclusione scolastica nel nostro Paese un unicum a livello mondiale, un patrimonio che riteniamo debba essere non solo preservato, ma anche coerentemente coltivato.

La formazione di tutti gli insegnanti: vero motore dell’inclusione

Molteplici documenti internazionali, come l’Agenda Unesco 2030 per l’istruzione e Reimagining our futures together, sottolineano l’importanza cruciale della formazione continua degli insegnanti per raggiungere un’istruzione di qualità e inclusiva, riconoscendo che investire nel loro sviluppo professionale è essenziale per migliorare gli esiti di apprendimento degli studenti e per affrontare le sfide del XXI secolo, adottando una nuova visione dell’educazione. In una società in continua evoluzione, curare la formazione di tutti gli insegnanti, sia curriculari sia specializzati, significa prestare attenzione al discorso scientifico e intraprendere un insieme di azioni e strategie politiche continuative. Queste azioni devono essere finalizzate a far acquisire, mantenere e implementare le competenze didattico-pedagogiche dei docenti, per rispondere alle sfide del presente e proiettarsi nel futuro, creando condizioni d’apprendimento eque, accessibili e inclusive per tutti gli studenti.

In tal senso, con il DM n. 249 del 10 settembre 2010, la preparazione dei docenti della scuola dell’infanzia e primaria ha raggiunto un livello soddisfacente, con insegnamenti universitari sui temi dell’inclusione, capaci di fornire una solida base teorico-pratica. Questo percorso formativo permette ai futuri docenti di acquisire le competenze necessarie per riconoscere e rispondere ai bisogni educativi speciali dei bambini sin dai primi anni di scolarizzazione, creando un ambiente educativo accogliente, inclusivo e promotore di sviluppo. Un anno dopo, il decreto del 30 settembre 2011 ha consolidato l’importanza della formazione sui temi inclusivi, istituendo un nuovo corso di specializzazione per il sostegno, rivolto ai docenti di tutti i gradi e ordini di scuola. Il corso, di alto alto profilo formativo, attraverso un curriculum rigoroso e approfondito, si pone come pilastro fondamentale nella maturazione professionale dei docenti, pur necessitando di alcuni interventi di revisione dei costrutti e del linguaggio. Questo percorso prepara gli insegnanti a intervenire efficacemente e a generare contesti inclusivi, equipaggiandoli con conoscenze e metodologie avanzate, che consentono la progettazione e la realizzazione di percorsi personalizzati e differenziati, rispondendo alle esigenze specifiche degli alunni con disabilità e, allo stesso tempo, coinvolgendo e mobilitando l’intero gruppo classe per promuovere un apprendimento efficace e inclusivo.

Non si può esprimere la stessa soddisfazione per la formazione dei docenti della scuola secondaria di primo e secondo grado. I percorsi formativi di base delle diverse classi di laurea, costitutivamente non deputati alla formazione dell’insegnante ma, di fatto, concepiti come propedeutici al conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento, risultano del tutto inadeguati in termini di conoscenze didattico-pedagogiche e di competenze riferibili ai processi inclusivi. Questa carenza, storicamente evidente anche nei differenti percorsi abilitanti introdotti dopo la chiusura delle SISS, persiste anche nel neonato Percorso universitario e accademico di formazione iniziale dei docenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado (GU n. 224 del 25/9/2023). I crediti disciplinari relativi alle discipline pedagogico-didattiche per l’inclusione sono decisamente insufficienti per formare insegnanti competenti, specialmente se confrontati con quelli conseguiti dai docenti della scuola dell’infanzia e primaria.

Sul versante dello sviluppo delle politiche scolastiche per l’inclusione, il recente decreto n. 71 del 31 maggio 2024 rappresenta un indiscutibile passo indietro, che depaupera la formazione degli insegnanti specializzati con una riduttiva sanatoria, compromettendo la qualità della preparazione. Ridurre il percorso formativo in nome di non chiare esigenze strutturali e organizzative, riferibili all’esiguo numero dei docenti finora specializzati, come denunciato dalla SIPeS e in seguito da altre società scientifiche, significa minare alla base la formazione degli insegnanti e l’intero processo inclusivo, «aprendo la strada a reali discriminazioni tra i profili in uscita dei docenti che scelgono di specializzarsi sulle attività di sostegno didattico» (Documento SIPeS del 10 giugno 2024). La delegittimazione degli atenei in ambito scientifico e culturale costituisce un ulteriore elemento che corrode la solidità dell’impianto progettuale con cui finora si è realizzata la formazione negli ultimi dieci anni.

In un contesto internazionale in cui l’inclusione è una priorità riconosciuta fermamente, diviene essenziale che tutti i docenti siano adeguatamente formati. Investire per rafforzare, qualificare e uniformare a tutti i livelli di istruzione la formazione rappresenta un imperativo a cui il nostro Paese non può sottrarsi. Solo attraverso un impegno scientificamente fondato e costante si può garantire un’autentica inclusione come percorso in progress, che fa dell’istruzione un diritto effettivamente universale e uno strumento di equità e giustizia sociale. Questo approccio è capace di individuare le differenti condizioni di bisogno — al di là di sterili categorie — e organizzare risposte didattico-pedagogiche per l’emancipazione della persona. È necessario ripensare la formazione di base e continua, offrendo opportunità di aggiornamento e di specializzazione, affinché tutti gli insegnanti possano sviluppare le competenze necessarie per affrontare le sfide dell’inclusione.

Bibliografia

Chauvière M. (2010), Trop de gestion tue le social Essai sur une discrète chalandisation, Paris, La Découverte.

MIUR (2009), Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, https://www.miur.gov.it/documents/20182/0/Linee+guida+sull%27integrazione+scolastica+degli+alunni+con+disabilit%C3%A0.pdf/7e814545-e019-e34e-641e-b091dfae19f0 (consultato il 19 agosto 2024).

SIPeS (2024), No alle scorciatoie. Sì a una formazione di qualità del docente specializzato sul sostegno!, Documento ufficiale SIPeS del 10 giugno 2024, https://s-sipes.it/wp-content/uploads/2024/06/Documento-SIPeS-corsi-di-specializzazione-DM71_24-2.pdf (consultato il 19 agosto 2024).

United Nations (2015), Transforming Our World: The 2030 Agenda for Sustainable Development. In United Nations General Assembly, 70th Session (Vol. 16301, Issue October, pp. 1-35), https://doi.org/10.1007/s13398-014-0173-7.2 (consultato il 19 agosto 2024).

UNESCO (2021), Reimagining our futures together: A new social contract for education, UNESCO, https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000379707 (consultato il 19 agosto 2024).


  1. 1 L’intero contributo è frutto della riflessione condivisa e del lavoro congiunto degli autori.

  2. 2 Università degli Studi di Torino.

  3. 3 Università degli Studi di Cagliari, Dipartimento di Lettere, Lingue e Beni Culturali.

  4. 4 The entire contribution is the result of shared reflection and collaborative work by the authors.

  5. 5 University of Torino.

  6. 6 University of Cagliari.

Vol. 23, Issue 3, September 2024

 

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