Vol. 23, n. 3, settembre 2024

PROSPETTIVE E MODELLI ITALIANI

L’inclusione come progetto di accessibilità ecosistemica1

Grazia Lombardi2 e Susanna Testa3

Sommario

Il presente contributo analizza il tema dell’accessibilità didattica in relazione ai contesti formativi per facilitare processi di inclusione scolastica e sociale in chiave ecosistemica. La Pedagogia speciale, oggi, si autorigenera in prospettiva inclusiva destrutturando le tradizionali impostazioni didattiche e il contesto-scuola istituito, per promuovere logiche multiprospettiche, contaminazioni interdisciplinari, metodi e linguaggi innovativi, considerando anche il contributo offerto dalle nuove tecnologie nella flessibile costruzione della progettazione universale. Il linguaggio tecnologico, se funzionalmente e trasversalmente predisposto e gestito, si rivela irrinunciabile oggetto mediatore, capace di aiutare l’alunno con disabilità ad accedere alla vasta gamma dei saperi, delle conoscenze e alla complessità delle esperienze educative sfruttando la pluralità dei codici e dei canali espressivo-comunicativo-sensoriali, allo scopo di realizzare significativi processi di piena partecipazione scolastica e sociale di ogni alunno.

Parole chiave

Accessibilità didattica, Tecnologia, Mediatori, Contesti inclusivi, Progettazione universale.

ITALIAN MODELS AND PERSPECTIVES

Inclusion as an Ecosystem Accessibility Project4

Grazia Lombardi5 e Susanna Testa6

Abstract

This contribution analyses the topic of educational accessibility in relation to training contexts to facilitate processes of scholastic and social inclusion from an ecosystem perspective. Special pedagogy, today, constantly regenerates itself in an inclusive perspective by deconstructing the traditional teaching settings and the established school context, in order to promote multi-perspective logics, interdisciplinary contaminations, and innovative methods and languages, also considering the contribution offered by new technologies in the flexible construction of universal design. Technological language, if functionally and transversally prepared and managed, proves to be an indispensable mediating object, capable of helping students with disabilities to access the vast range of knowledge, understanding and complexity of educational experiences by exploiting the plurality of expressive, communicative and sensory codes and channels, with the aim of creating significant processes of full scholastic and social participation for each student.

Keywords

Educational accessibility, Technology, Inclusive contexts, Universal design.

L’accessibilità come «luogo» di partecipazione didattica

Durante la prova antincendio, era stato richiesto a tutti gli alunni di mettersi sotto i banchi… Il collega si è calato sotto la cattedra, mentre io, in effetti, non avevo uno spazio materiale e sono rimasto l’unico in piedi; allora mi è stato suggerito di mettermi sotto la colonna portante… (Scataglini, 2012, p. 21).

La conquista di uno «spazio» da abitare nel mondo è un concetto sia «fisico» che «mentale» per le persone che vivono una condizione di disabilità che, da sempre, rappresentano le voci prioritarie della Pedagogia e della didattica speciale inclusive. In un’accezione meramente educativa, le tematiche dell’accessibilità didattica e dell’educazione inclusiva appaiono strettamente correlate e complementari, perché si concentrano sull’eliminazione delle barriere e sull’assicurazione che tutti gli alunni, indipendentemente dalle loro risorse personali, godano di pari opportunità di apprendimento e di partecipazione sociale e culturale.

Assumere un pensiero accessibile ed eco-sistemico significa superare il modello «individuale» della disabilità e aprirsi a un orizzonte più ampio esaminando le relazioni, le connessioni e le cause profonde che condizionano il funzionamento di ecosistemi educativi e sociali a tutti i livelli. «Avere cura» del contesto educativo in una prospettiva inclusiva richiede uno sguardo universale progettato per essere «raggiungibile», «comprensibile» e «accessibile» a tutti e a ciascun alunno, senza perdere mai di vista le specificità più complesse. La condivisione e il dialettico confronto tra filosofie inclusive, l’organizzazione dei luoghi, dei tempi, le scelte educativo-didattiche, la ricerca della significatività delle metodologie e delle strategie adottate, i materiali utilizzati, le risorse umane coinvolte, costituiscono mediatori attivi, veicoli, mezzi e strumenti orientati al perseguimento di un obiettivo comune, in un’ottica co-evolutiva, eco-sistemica ed emancipativa dei sistemi educativo-formativi (Canevaro, 2020). «Una comunità educativa non si forma spontaneamente, ma va pensata e progettata nei suoi elementi costitutivi: negli spazi che devono fornire a tutti la possibilità di movimento e iniziativa, nelle strutture, nelle persone, che devono sentirsi apprezzate e stimate per le qualità che possiedono» (Zoebeli, 1999, p. 21). Non è infatti possibile modificare le pratiche educative, scolastiche e sociali «senza indagare ed eventualmente modificare le logiche di fondo che le determinano» (Baroni, Vadalà e Zanardini, 2023, p. 2). Importanti moniti provengono ormai da tempo da documenti7 e contributi internazionali sull’importanza dell’educazione inclusiva come chiave di svolta per garantire diritti umani ed equità sociale (Ackah-Jnr, 2020). Tuttavia, i sistemi scolastici attuali fanno ancora fatica a concepire strutture, spazi e modalità organizzative contestuali effettivamente inclusive per operare in una logica di Progettazione Universale (Savia, 2016) che rischia di restare un’affascinante cornice etico-valoriale, ideale, ancora difficile da realizzare. I contesti educativo-formativi mancano, spesso, di elementi peculiari che facilitano l’accessibilità e la partecipazione o, addirittura, la ostacolano innalzando essi stessi barriere, confini invalicabili, alla partecipazione di tutti.

Recenti ricerche confermano che i processi di differenziazione didattica sono ancora scarsamente conosciuti e utilizzati in tutti gli ordini e gradi della scuola italiana (Bianquin e Zurru, 2023), mentre appare assolutamente prioritario affermare il determinante contributo della compresenza e della corresponsabilità del team docente in termini di pratiche collaborative, scambio di conoscenze e impiego delle diverse strategie inclusive, che risultano anch’esse ancora poco diffuse in termini di condivisione progettuale tra insegnante curricolare e insegnante specializzato di sostegno, restando spesso a esclusivo appannaggio di quest’ultimo (Dainese e Ghedin, 2023).

La classe dal punto di vista educativo-didattico, specie nelle scuole secondarie di secondo grado, resta un «luogo di apprendimento chiuso», non flessibile, e la fruibilità dei contenuti rispecchia ancora la formula one-size for all del modello unico d’insegnamento «standard». Non si può, inoltre, non considerare la presenza delle «aule di sostegno», apparentemente inclusive per non dire emarginanti e, spesso, identificate con l’obsoleta espressione «aule H», in quanto ritenute, nell’immaginario collettivo, esclusivamente predisposte per gli alunni con disabilità rischiando di diventare «non luoghi» (Augé, 1999), riducendo una prospettiva che, al contrario, mira al riconoscimento dei diritti di cittadinanza e di appartenenza delle diversità.

Si tratta di rivisitare il fondamentale contributo della tradizionale didattica speciale in prospettiva inclusiva rileggendo gli elementi «istituiti», in modo tale che l’iperspecializzazione differenziata dei percorsi di apprendimento in «ambienti alternativi» non colori di emarginazione e di «isolamento» l’apparente neutralità di spazi e tempi, attività che, a seconda della ottimale o disfunzionale gestione didattico-organizzativa, assumono un valore facilitante o disabilitante quando non sufficientemente, abitati, vissuti, condivisi.

Sul piano strettamente didattico si assiste, frequentemente, alla scelta discutibile di metodi e strategie in realtà parzialmente inclusivi e accessibili: accanto a buone pratiche quotidiane si manifestano itinerari di progettazione curricolare individualizzata-personalizzata che mirano al perseguimento di «obiettivi minimi» a garanzia dell’uguaglianza di opportunità formative per tutti gli alunni, oppure si adottano percorsi didattici sbilanciati sul versante della differenziazione educativo-didattica che, nel sottolineare un’attenzione iper-specialistica nei confronti dell’alunno con disabilità, finiscono per decontestualizzare o talvolta per «infantilizzare» le attività allontanandolo da qualsiasi punto di contatto con il comune progetto curricolare. Le più utilizzate strategie metodologico-didattiche, purtroppo, risentono ancora di tradizionali modelli declinati al forzato conformismo delle differenze, costrette a raggiungere l’uniformità degli obiettivi formativi prefissati. Occorre porre maggiormente l’accento sull’importanza di attivare una radicale destrutturazione dei tradizionali processi d’insegnamento-apprendimento, asettici, nozionistici e direttivi, ancora troppo condizionati da logiche normalizzanti e selettive, sottese a un abilismo più o meno velato (Medeghini, 2015). Emergono curricoli incentrati su un elenco di contenuti programmatici da trattare, basati su dinamiche di controllo, verifica e competizione per far raggiungere a tutti gli alunni risultati comuni e standardizzati, che finiscono per appiattire le unicità caratterizzante la condizione di diversità e differenza. In tal senso, è fondamentale rivedere modelli e paradigmi che si rifanno al prototipo dell’«alunno standard», medio e omologato, rifiutando l’idea che gli eventi «rumore» causati dalla «disturbante diversità» (Gaspari, 2023) rappresentino fattori connotati da negatività, poiché, al contrario, costituiscono elementi di innovazione e di cambiamento.

Didattica accessibile e educazione inclusiva: due facce della medesima medaglia

L’accessibilità didattica non percorre un’unica strada preconfezionata, ma dà spazio alla creatività rigeneratrice in ogni suo contesto di riferimento. Si tratta di accogliere una nuova linea di tendenza evolutiva, certamente non priva di conflittualità, barriere culturali, pregiudizi e resistenze al cambiamento, accogliendo i traguardi dei grandi postulati pedagogici del passato per rivisitarli in modo innovativo accanto ai numerosi avanzamenti compiuti dalle nuove tecnologie.

L’accessibilità didattica è strettamente interconnessa alla didattica attiva, istituente, aperta, evolutiva, che allarga gli orizzonti, perché è in grado di potenziare creatività e criticità e di cercare mediazioni e negoziazioni nel dialogo costante con la didattica comune, valorizzando la trasversalità transdisciplinare proveniente da altri saperi. L’accessibilità richiede una positiva «ridondanza» delle proposte didattiche affinché siano universalmente accessibili e orientate nella direzione di traguardi comuni, versatili, alla «portata di tutti».

Una prospettiva dinamica che va nella direzione dei processi e modelli organizzativi, connotati dalla flessibilità e dallo stile cooperativo, in un’ottica circolare e ricorsiva di ottimizzazione delle risorse, di integrazione delle competenze, dei linguaggi, delle didattiche speciali e non, tra tutti docenti e la più ampia comunità educante. Alcune esperienze, orientate a favorire una maggiore accessibilità didattica, sono rintracciabili nella sperimentazione di buone pratiche che hanno spostato l’attenzione dal «sostegno individuale» al «sostegno diffuso» (Sapucci, 2015), in cui i docenti (specializzati e curricolari) svolgono pratiche di co-teaching sia in funzione di supporto individualizzato, sia in ottica curricolare, favorendo una maggiore condivisione nella scelta dei materiali e delle strategie didattiche più accessibili, come la possibilità di rappresentare con immagini o stimoli sensoriali concreti e tangibil, alcuni contenuti astratti o verbalizzati; o un più frequente utilizzo di mappe concettuali o mentali, di video con sottotitoli o esempi grafici, che evidenziano un abbattimento dei pregiudizi e una rivisitazione delle modalità d’insegnamento della lezione frontale. Una didattica accessibile e inclusiva si realizza grazie alla co-costruzione di un curricolo integrato inclusivo reticolare, equo (Gaspari, 2020), e non si concentra pedissequamente su ciò che non «funziona», ma è finalizzata a realizzare collegamenti, raccordi tra singolarità e pluralità, ovvero tra progettazione comune, individualizzazione e personalizzazione (PEI, PDP) dentro e fuori le strutture e gli schemi usualmente concepiti.

I concetti di «spazio e tempo» vanno declinati nell’ottica dell’accessibilità, e quindi, vanno personalizzati non solo per gli alunni con disabilità. L’accessibilità didattica diventa più «attraente» e «motivante» per tutti quando offre la possibilità di usufruire di conoscenze, risorse, spazi, tempi, modalità alternative di abitare il contesto nel rispetto dell’unicità di ogni alunno. Si tratta di adottare uno stile euristico, di ricerca-azione, ribaltando l’architettura del pensiero tradizionale all’interno di una didattica costantemente in movimento, situata, che penetra e si riconnette con le innumerevoli risorse del territorio in percorsi «aperti» e «reticolari» in una prospettiva ecosistemica.

Alcuni esempi di buone prassi e traiettorie inclusive destrutturano il tradizionale e rigido impianto di fruizione delle discipline e il concetto del gruppo classe statico e omogeneo, come nel caso delle aule di laboratorio disciplinare o tematico assegnate a uno o più docenti (specializzati e non) che hanno la possibilità di personalizzarle con strumenti e materiali e di sperimentare i contenuti in modo più esperienziale. Una riformulazione flessibile e inclusiva favorisce un’organizzazione democratica degli spazi, baluardo di una pedagogia attiva che «educa indirettamente» tramite la disposizione non gerarchica degli arredi o impiega metodologie, strumenti e materiali ideati e calibrati per rispondere a specifiche esigenze di apprendimento, per renderlo significativo (learning by doing), con l’utilizzo di mediatori didattici, linguaggi alternativi e non convenzionali (LIS, Braille, CAA, ecc.) che si integrano senza preconcetti con quelli comuni, avendo cura delle modalità comunicative non verbali come la modulazione del tono di voce, specie in presenza di alunni non vedenti o l’assunzione di una postura frontale, in presenza di alunni sordi.

Ripensare gli «spazi», «fisici» e «mentali» significa riappropriarsi di momenti di riflessione tra adulti sul proprio operato, dando voce agli alunni/studenti (circle time) sulle decisioni da prendere insieme. Accessibilità implica anche chiarezza delle informazioni e organizzazione delle routine, come strategia di orientamento specie per gli alunni con disabilità intellettiva. Favorire un clima positivo per riflettere su «quello che accade» e «sul perché accade», con la mediazione degli adulti, predispone a dinamiche di aiuto e cooperazione (cooperative-learning), insegnamento tra pari (peer-toutoring) per conoscere, empatizzare con diversi stili, modi di essere, comunicare, apprendere. Nell’ottica della legittimazione di una didattica accessibile e inclusiva è necessario «creare cultura» valorizzando una visione olistica capace di riequilibrare le riduttive tendenze didattico-meccanicistiche che tentano di spiegare i processi di apprendimento attraverso associazioni stimolo-risposta, per tornare a «fare i conti» con la natura semantica e reticolare (Sapucci, 2001) dell’esperienza apprenditiva. L’accessibilità didattica deve rivalutare la valenza della componente affettivo-emotiva e tendere a nutrirsi della dimensione ricompositiva della pedagogica riflessiva e narrativa (Gaspari, 2017) in grado di restituire «anima» e «umanità» all’apprendimento, ritrovando volti, nomi, storie, vissuti, esperienze, emozioni, relazioni.

La tecnologia come linguaggio accessibile per l’inclusione

Nella scuola equa, democratica e solidale, le tecnologie rappresentano un efficace strumento a servizio dell’intera comunità educante per facilitare e sostenere processi di inclusione della vasta gamma di differenze presenti nell’attuale panorama esistenziale. Nella concezione ecosistemica, linguaggi e ambienti accessibili diversificati, con l’aiuto della tecnologia, rappresentano significativi strumenti funzionali alla progettazione didattico-curricolare integrata, secondo la logica dell’Universal Design for Learning che favorisce l’allestimento di contesti inclusivi di apprendimento e di cura per tutti e ciascun alunno.

Includere non significa «chiudere dentro» all’interno dell’istituito per garantire le possibilità di interagire, vivere ed «esserci», adottando linguaggi plurali e tecnologici capaci di legittimare l’accessibilità come imprescindibile risorsa nell’ottica della piena partecipazione e del senso di appartenenza alla più vasta comunità. Tutte le forme, gli strumenti e i linguaggi tecnologici declinati nell’ottica della Pedagogia e Didattica speciale inclusive, ormai da tempo, rappresentano irrinunciabili media in grado di rafforzare l’interconnessione esistente tra la sfida inclusiva e le concrete possibilità di interpretare, nel modo più funzionale possibile, il concetto di accessibilità, «letto» come irrinunciabile diritto universale di ogni educando di raggiungere il più elevato livello di autonomia, libertà, di piena partecipazione e appartenenza auspicabili. La qualità inclusiva del contesto scuola si concretizza nella democratica e tangibile opportunità di «abitare» i micro e macrocontesti sociali e culturali, utilizzando modalità, metodi e strumenti informazionali, relazionali e comunicativi sorretti dalle tecnologie più avanzate.

L’accesso alle tecnologie assistive rappresenta un diritto e una precondizione essenziale per far sì che anche l’alunno con disabilità eserciti pari diritti di cittadinanza attiva e significativa partecipazione alla vita scolastica, sociale e lavorativa. L’inclusione è cultura dell’accessibilità ai saperi e alle conoscenze e si declina in più dimensioni e settori, quali quello ambientale, etico, istruttivo-formativo, progettuale e organizzativo, tra loro interconnessi: ciò implica l’abbattimento di ostacoli, barriere, stereotipi, elementi già istituiti, per allargare lo sguardo educativo all’umana autorealizzazione-autodeterminazione (Cottini, 2016) individuale e collettiva mediante costante e dialettica interrogazione del livello di inadeguatezza o di disfunzionalità (Medeghini, 2018), per rivedere l’efficacia dei fattori contestuali rapportata alle personali capacità e competenze di ogni soggetto, specie se con «bisogni educativi speciali». Ne emerge una prospettiva di accessibilità inclusiva di natura ecologico-sistemica che mette in dialogo i contenuti dell’ICF con l’Universal Design for Learning (Savia, 2016), le leggi e le ricerche nazionali con quelle internazionali più recenti che tutelano, senza discriminazioni, le persone più fragili nel poter vivere un’esistenza più che soddisfacente, caratterizzata da spazi, tempi, materiali, conoscenze e servizi effettivamente fruibili e facilmente reperibili sul territorio.

Le tecnologie svolgono pienamente il loro produttivo ruolo inclusivo quando, agendo da facilitatori, permettono agli alunni con disabilità di colmare il «gap» parzialmente o completamente generato dalla condizione di oggettiva difficoltà. «La prospettiva dell’accessibilità socio-educativa va collocata in una logica di contesti educativi quali sistemi complessi, adattivi e supportivi, in cui le pluralità differenziali, espresse in identità specifiche e identità comuni […] rappresentano i prerequisiti sistemici relazionali in evoluzione. In una prospettiva universale differenziale e valorizzante è necessario fornire equi strumenti formativi d’accesso alla complessità nella reciprocità inclusiva, quali presupposti culturali di inclusività» (Corona, 2019, p. 27).

La Convenzione ONU sui Diritti delle persone con disabilità del 2006 riconosce un ruolo fondativo alle tecnologie assistive, invitando gli Stati a eliminare le barriere ostacolanti l’effettiva partecipazione sociale. Il costrutto dell’accessibilità rivela una natura complessa e poliedrica, in quanto non si limita alla semplicistica modifica degli ambienti urbani, delle infrastrutture esistenti (barriere architettoniche), ma esplora, riorganizzandole, la fruibilità e la spendibilità delle informazioni, delle conoscenze e degli apprendimenti veicolati con l’uso delle tecnologie, migliorando la qualità della vita scolastica ed extrascolastica di tutti e di ciascuno. Grazie alle tecnologie assistive, ancor meglio definite nello Standard Internazionale EN ISO 9999 del 2016 come assistive products, le funzioni trasversali e universali di natura inclusiva agiscono arricchendo nella quotidianità le capacità di autonomia e di piena partecipazione dei soggetti con disabilità nei differenti contesti di vita. Intendo riferirmi a «qualsiasi prodotto (dispositivi, apparecchiature, software, ecc), di produzione specializzata o di comune commercio, utilizzata da (o per) persone con disabilità per finalità di: 1) miglioramento della partecipazione; 2) protezione, sostegno, sviluppo, controllo o sostituzione di strutture corporee, funzione o attività; 3) prevenzione di menomazioni limitazioni nelle attività o ostacoli nella partecipazione» (Sacchi, 2021, p. 67). La tecnologia assistiva (TA) è un fattore chiave non solo per far raggiungere all’alunno con disabilità «efficaci standard di funzionamento» a livello cognitivo, comunicativo, della cura di sé, dei gradienti di autonomia di percezione uditiva e visiva e del potenziamento delle capacità motorie, ma per ottimizzarne l’esistenza. Le TA rappresentano, dunque, per gli alunni con disabilità imprescindibili facilitatori nei diversi ambiti della vita: recenti ricerche internazionali riportano dati rilevanti, ovvero che solo il 5-15% di soggetti può, di fatto, usufruire di una seggiola a rotelle su 70 milioni di persone che ne hanno bisogno, mentre la produzione di apparecchi acustici copre solo il 10% del fabbisogno globale; infine, 200 milioni di individui con basso reddito non ha accesso a occhiali o ad altri dispositivi per ipovedenti (Report OMS, 2018).

I diversi documenti europei e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sollecitano gli Stati a implementare l’accessibilità alla tecnologia per tutti e ciascun alunno, formando il personale docente, investendo risorse e fornendo servizi alle popolazioni di tutte le aree geografiche, comprese le zone rurali. «L’accesso libero e indiscriminato alla tecnologia è un passaggio politico-culturale importante, ma non sufficiente; oltre all’accesso, esso rimanda a un modello culturale di progettazione inclusiva dello spazio informatico e telematico, che tenga conto della pluralità dei bisogni delle utenze e offra stessi servizi e stessi spazi di interazione e di partecipazione nella misura in cui esso è pensato e progettato per tutti» (Pinnelli e Fiorucci, 2019, p. 260).

Mediante diverse modalità di interazione utente-computer, tablet, device che prevedono in entrata l’uso di differenti dispositivi di input (tastiere con scudi, trackball, touchpad, joystick, touch screen), l’alunno con disabilità è in grado di interagire con l’elaboratore che restituisce, grazie all’adozione di software specifici e di periferiche di output, informazioni comprensibili e fruibili (Emili e Pascoletti, 2021, p. 73). «Le TA costituiscono l’interfaccia tra la persona e la vita che essa vorrebbe condurre: tuttavia, adottare un prodotto assistivo non è mai una decisione banale. Preferenze, prospettive e scopi degli individui determinano l’efficacia di un prodotto assistivo» (Besio, 2022, p. 151), rispetto all’altro: la scelta della tecnologia assistiva viene studiata in modo personalizzato per l’alunno che deve interpretarla e valutarla come funzionale e necessario strumento facilitatore.

Interconnessioni tecnologiche a servizio di una nuova progettualità

Mace negli anni Ottanta «(ri)concettualizza il problema dell’accessibilità degli edifici e, in particolare, il tema della progettazione senza barriere, secondo una prospettiva centrata sull’ambiente invece che sulla persona» (Mangiatordi, 2017, p. 37): l’Universal Design implica la riorganizzazione funzionale di ambienti e prodotti pensati per essere usabili da tutti, senza particolari adattamenti e progettazioni speciali. L’Universal Design for Learning mette in pratica i principi universali del Design for all nella nuova impostazione didattica, ponendo al centro della delicata quaestio la ridefinizione di contesti inclusivi, in cui la tecnologia costituisce la struttura che connette (Bateson, 1984) alunni, docenti specializzati e non, tempi, spazi, relazioni e apprendimenti apparentemente irraggiungibili in un comune sfondo di appartenenza.

L’accessibilità diviene punto di partenza e di arrivo di ogni progettazione educativo-didattica reticolare, di natura ecologico-sistemica, modulare ed evolutiva, rappresentando una risorsa fondativa dell’universale prospettiva inclusiva. Per dirla con Morin, tra la didattica inclusiva e l’accessibilità esiste una relazione complementare, ricorsiva, strutturalmente dialettica: il raggiungimento di un ottimale status di accessibilità richiama la contemporanea conquista della significativa costruzione di una scuola equa e democratica intesa come autentica comunità inclusiva. Gli autori dell’UDL, a partire dal modello di funzionamento e di organizzazione cerebrale, basato sull’interconnessione di tre network neuronali (riconoscimento, strategico e affettivo), propongono tre principi generali per realizzare un’efficace progettazione didattica incentrata sull’uso di molteplici codici e linguaggi rappresentativo-percettivi, di azione e di mediazione di differenti contenuti conoscitivi, in grado di permettere a tutti e a ciascun alunno una più autonoma modalità organizzativa del lavoro individuale e collettivo.

I documenti digitali multimodali proposti in classe agli alunni con «bisogni educativi speciali», grazie alle caratteristiche di accessibilità del linguaggio tecnologico, possono essere personalizzati e resi maggiormente percettibili e fruibili e, quindi, trasferibili, modificando il layout, lo stile dei caratteri tipografici e il contrasto colore testo-sfondo; nello specifico caso riguardante soggetti con minorazione visiva, l’accessibilità dei testi è garantita grazie alla traduzione in Braille con uso dello screen reader e del display Braille; inoltre, l’alunno con difficoltà visiva può usufruire del servizio fornito dalla sintesi vocale. Per quanto concerne il miglioramento del gradiente di accessibilità inclusiva di tutti e di ciascun alunno, frequentemente si fa ricorso alle traduzioni in file audio, oppure al potenziamento delle descrizioni testuali di immagini e grafici; nei casi di studenti con disabilità uditiva si rivela di grande aiuto l’utilizzazione di filmati supportati dalla sottotitolazione. Le tecnologie per il loro potere inclusivo annullano le distanze, riducendo emarginazioni e situazioni di isolamento. Il team inclusivo, modificando la propria resistenza nei confronti delle innovazioni didattiche, elabora una progettazione universale avvalendosi del linguaggio tecnologico declinato nelle sue molteplici applicazioni ludiche, esplorative, interattive, in cui gli studenti con disabilità e non solo giocano in squadra o individualmente per ottimizzare la padronanza di nuovi apprendimenti e conoscenze grazie all’uso di alcuni applicativi come, ad esempio, Kahoot, Quizziz, Quizalize, Jeopardy, Genially. Il linguaggio tecnologico, se trasversalmente gestito e predisposto, si rivela irrinunciabile oggetto mediatore capace di aiutare l’alunno con disabilità nell’accesso ai saperi, alle conoscenze e alle esperienze formative, sfruttando la pluralità di codici e canali espressivo-comunicativo-sensoriali, agevolando produttivi processi di partecipazione agli apprendimenti di natura scolastica ed extrascolastica.

La comunità educante destruttura, mediante la sfida delle tecnologie, la rigidità dei modelli organizzativi istituiti, modificando spazi, tempi e utilizzando, in modo ragionato e mirato, innovative metodologie educativo-didattiche rispettose dei differenti stili di apprendimento. Le tecnologie, da una parte, modificano le cristallizzate modalità del tradizionale modo di fare lezione e rappresentano lo sfondo integratore della didattica flessibile e democratica che permette all’alunno con disabilità di accedere e apprendere nella concretezza del fare quotidiano; dall’altra, nel caso di disabilità complesse facilitano l’accessibilità agli ambienti, alle comunicazioni e alle relazioni. Appare opportuno interpretare il linguaggio tecnologico come bussola orientativa caratterizzata da uno sguardo autentico di cura che deve legittimare il contesto scuola inclusivo come scenario squisitamente educativo, complesso, dinamico, rispettando i principi fondativi della Pedagogia istituzionale che si fonda su logiche ecosistemiche di interdipendenza ricorsiva e circuitale, in cui ogni variabile, linguaggio, metodo e oggetto mediatore rappresentano parti di un tutto dialogante e ologrammatico, promotore di innovativi legami, spazi, tempi e di risignificazione.

L’uso delle tecnologie assistive per gli alunni con disabilità nei contesti educativi non è fattore neutrale rispetto al potenziamento del livello di inclusività della scuola, perché l’importanza della tecnologia è ampiamente riconosciuta sia per la funzione abilitante e compensativa, sia per quella facilitativa, utile a supportare i processi di apprendimento attivo e partecipativo di tutti e di ciascun alunno. Come afferma Gaspari (2023, p. 48), «la Pedagogia speciale, quindi, si proietta sempre più nella collocazione di un’identità definita, ma in costante e necessario divenire con la responsabile consapevolezza di doversi ridisegnare e riscrivere costantemente, anche alla luce del fondamentale apporto assistivo ed inclusivo delle tecnologie(Calvani, 2020) che ha profondamente innovato la tradizionale progettazione didattica in termini di apprendimento, comunicazione, interazione e accessibilità».

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  1. 1 L’articolo è frutto del lavoro congiunto delle autrici. In particolare, il primo e il secondo paragrafo sono stati scritti da Grazia Lombardi, il terzo e il quarto paragrafo da Susanna Testa.

  2. 2 Assegnista di ricerca Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.

  3. 3 Docente a contratto, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.

  4. 4 The article is the shared work of the authors. The first and second paragraphs were written by Grazia Lombardi, the third and the fourth by Susanna Testa.

  5. 5 University of Urbino Carlo Bo.

  6. 6 University of Urbino Carlo Bo.

  7. 7 Dichiarazione di Salamanca (1994), Index for inclusion (2000), Convenzione Onu (2006), OECD (2022).

Vol. 23, Issue 3, September 2024

 

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