Vol. 22, n. 4, novembre 2023

TEMI APERTI

Barriere epistemiche e «mutuo appoggio»: quale accessibilità?1

Stefania Falchi2 e Antioco Luigi Zurru2

Sommario

Se assunto non esclusivamente in prospettiva tecnico-architettonica, il concetto trasversale di accessibilità permette un ampliamento di sguardo e il ripensamento di aspetti sociali e culturali fondamentali nel processo di inclusione. A tal riguardo, è possibile riflettere e destrutturare costrutti scientifici, o letture di questi, che sottostanno e modellano credenze e prospettive. È il caso dell’opera del biologo Charles Darwin e delle riletture di questa che potrebbero avere avuto delle implicazioni sul modo in cui la collettività ha finora accolto la diversità. Tale visione evoluzionistica, infatti, è spesso ridotta alla mera manifestazione della lotta e della competizione tra individui, ignorando complementari dinamiche evolutive, come il «mutuo appoggio». Sulla base di tali considerazioni e attraverso lo sguardo della Pedagogia Speciale, il contributo si interroga su alcune questioni fondamentali: in che misura le miscomprensioni delle teorie darwiniane hanno influenzato il modo di guardare al mondo e quanto sono state significative rispetto ai processi inclusivi? Quale contributo può offrire la rappresentazione del «mutuo appoggio» di Kropotkin (1902) nell’abbattimento delle «barriere epistemiche»?

Parole chiave

Accessibilità sociale, Disabilità, Evoluzione della specie, Inclusione, Mutuo appoggio.

OPEN ISSUES

Epistemic Barriers and «Mutual Aid»: What Kind of Accessibility?3

Stefania Falchi2 and Antioco Luigi Zurru4

Abstract

If considered beyond technical aspects, accessibility prompts a re-evaluation of vital social and cultural dimensions central to the inclusion process. Within this framework, it becomes feasible to engage in critical reflection and deconstruction of scientific constructs or their interpretive frameworks that wield significant influence over beliefs and perspectives. This applies to biologist Charles Darwin’s work and its reinterpretations, which may have implications for how society has embraced diversity. This evolutionary view is often reduced to being just about competition, ignoring complementary evolutionary dynamics like «mutual aid». Based on these considerations and within the framework of special education, this contribution raises some fundamental questions: to what extent have misunderstandings of Darwinian theories influenced our view of the world, and how significant have they been for inclusive processes? What contribution can Kropotkin’s representation of «mutual aid» (1890) offer in breaking down «epistemic barriers»?

Keywords

Social accessibility, Disability, Evolution of species, Inclusion, Mutual aid.

Accessibilità: quale prospettiva?

Generalmente, soprattutto nei contesti disciplinari diversi dalla Pedagogia Speciale, il concetto di «accessibilità» è associato ad aspetti architettonici e fisico-ambientali riguardanti la progettazione degli spazi e delle infrastrutture. In modo crescente, oggi si parla con maggiore intensità di accessibilità digitale (Bonavolontà et al., 2023), la quale si concentra sull’eliminazione degli ostacoli nell’uso di tecnologie e risorse online, ad esempio attraverso il design inclusivo dei siti web o l’uso di tecnologie assistive per le persone con disabilità sensoriali o, ancora, dell’«accessibilità culturale» intesa come la creazione di ambienti culturali — musei, biblioteche o siti archeologici — aperti, raggiungibili e consultabili da tutti (Campitiello et al., 2023; Guaraldi e Corradini, 2021; Guaraldi e Nenzioni, 2023).

Questo fondamentale concetto trasversale è riconosciuto anche a livello internazionale: la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (ONU, 2006), ad esempio, ne sancisce il valore, ergendolo a principio generale in vari settori della vita, quali l’istruzione, l’occupazione, i trasporti e la partecipazione politica. Al di là della pregnanza così assunta, risulta chiaro quanto il costrutto non possa risolversi in un discorso meramente tecnico-strutturale, ma necessiti, invece, di un ampliamento di sguardo e di un ripensamento di aspetti «antropologici, sociali, giuridici, educativi che mettono in discussione le fondamenta stesse delle società e mirano dritti al cuore dei principi etici e di democrazia reale che le governano» (Mura, 2011, p. 45).

È sotto questa lente prospettica che, guardando all’essere umano, all’ambiente in cui vive e alle dinamiche che vi realizza, emergono profonde contraddizioni e aspetti paradossali radicati, relativi alla capacità (o incapacità) della società di riconoscere e comprendere la disabilità in modo autenticamente inclusivo e di essere pienamente sostenibile in senso globale (Gardou, 2012, 2022). Continuano quindi a permanere delle forti resistenze nei confronti della disabilità e della diversità che, conseguentemente, compromettono la piena realizzazione di processi e contesti di accessibilità.

Perché ogni dimensione della società, dalla costruzione degli edifici alla politica, dalla predisposizione degli strumenti alla valorizzazione delle risorse — così come la stessa società tutta nel suo complesso — possa definirsi accessibile, è ineludibile la promozione di un cambiamento paradigmatico e di una profonda comprensione del pensiero sistemico (Bateson, 1976; WHO, 2001).

A tal proposito, potrebbe essere opportuno disarticolare e interrogare costrutti scientifici, o letture di questi, che sottostanno e modellano credenze e principi sociali e culturali creando delle «barriere epistemiche» solide e ostacolanti. Infatti, «ogni individuo ha un modello, delle convinzioni che ha elaborato sulla base della propria cultura di riferimento e delle esperienze di vita» e «la prospettiva inclusiva» nella quale rientra l’ampia entità concettuale dell’accessibilità «ha sicuramente bisogno di un substrato culturale adeguato per poter prendere corpo» (Cottini, 2017, p. 51).

Sulla base di questi primi elementi introduttivi, il contributo intende sondare un ragionamento particolarmente complesso attraverso alcuni interrogativi: in che misura le miscomprensioni scientifiche, in particolare quelle relative alle teorie darwiniane e darwiniste, possono avere influenzato il modo di vedere il mondo e quanto sono state significative rispetto al riconoscimento della diversità umana nei contesti sociali di vita? In che modo la Pedagogia Speciale può dialogare con le teorie evoluzioniste? Quale contributo, infine, può offrire la rappresentazione del «mutuo appoggio» (Kropotkin, 1902) nell’abbattimento delle barriere sociali e culturali?

Pur nella consapevolezza che l’ampiezza di tale questione non possa essere esaurita in questa sede, l’obiettivo perseguito è quello di articolare delle domande che possano guidare una riflessione teorica e teoretica verso un tema forse ancora non sufficientemente esplorato da questa prospettiva, in linea con il continuo e dinamico processo di ricerca e di maturazione distintiva della Pedagogia Speciale (Mura, 2016).

Inclusione, sostenibilità e paradigmi scientifici

Le consapevolezze del presente spesso portano a guardare come falsi miti o errori grossolani i prodotti scientifici del passato, perché incompatibili con quanto oggi acquisito e determinato secondo i metodi dell’attuale ricerca empirica. Non si considera, però, quanto ciò che sembra attualmente inaccettabile sia stato prodotto non per via di equivoci, ma con gli stessi metodi sperimentali che sostengono l’odierna conoscenza metodica. La scienza e i suoi prodotti sono quindi da considerarsi anche il frutto dei modi culturalmente connotati con i quali l’uomo, nelle diverse epoche storiche e nei diversi frangenti operativi, ha guardato al mondo e al proprio fare scienza (Kuhn, 1962).

Molti termini e concetti, spesso associati ad alcune scoperte rigorose e razionali, continuano a mantenere un forte legame e impatto con queste, anche se non originariamente ed effettivamente legate ad esse, come nel caso della lotta per l’esistenza e la sopravvivenza degli individui più forti (Rogers, 1972). Esistono prospettive di studio sulla storia della scienza che sostengono che le teorie e le modellizzazioni siano maggiormente spinte da ideologie correnti, piuttosto che da vere e proprie scoperte date dal lavoro empirico. I cosiddetti «esternisti» affermano infatti che la natura delle idee dominanti determina, o almeno influenza fortemente, l’essenza e l’orientamento delle innovazioni concettuali nella scienza (Mayr, 1991a).

Se una simile incidenza è reale, non meno può essere rilevata in senso opposto e negativo, laddove è verosimile che visioni controverse, ma predominanti, abbiano ostacolato lo sviluppo della stessa conoscenza sistemica. Una tale dinamica è possibile specialmente quando l’integrazione delle scoperte scientifiche e una loro lettura parziale nutrono sistemi ideologici preesistenti, dando vita così a tendenze culturali difficilmente destrutturabili. È accaduto lo stesso alla cultura nei confronti della disabilità?

L’onerosità degli sforzi che culturalmente si fanno e si sono fatti lungo la storia per costruire processi di piena integrazione e inclusione così come l’ostilità con cui spesso si sono osteggiati possono essere dovute all’indole pervicace di alcune credenze intellettuali, legate a costrutti razionali non pienamente oppure solo parzialmente compresi? In altre parole, prendendo a prestito le riflessioni di Bateson, «esiste una sorta di selezione naturale che determina la sopravvivenza di certe idee e l’estinzione o la morte di certe altre?» (Bateson, 1976, p. 20).

Anche nella prospettiva della sociologia della conoscenza, le idee, le teorie scientifiche e le categorie con cui si lavora in termini morali, intellettuali e culturali non sono il frutto di un puro lavoro metodico, ma hanno delle chiare relazioni con le loro origini socioculturali, oltre a produrre, a loro volta, delle conseguenze (Meja, 2015). Pertanto, per comprendere se esistano e quali siano le influenze, epistemiche e culturali, che ancora oggi condizionano con forza il senso dell’esistenza, della tolleranza, dell’accessibilità e della responsabilità etica individuale e collettiva, risultano necessarie un’elaborazione profonda e una riscoperta di alcuni elementi e aspetti, per certi versi andati perduti e per altri parzialmente o totalmente incompresi.

Teorie darwiniane e darwiniste: quali interpretazioni?

Sono state molteplici le scoperte innovative e radicali che hanno mutato definitivamente la comprensione del funzionamento del cosmo e della vita, influenzando vari ambiti della conoscenza. Tra queste emerge la svolta intellettuale (Mayr, 1991b) ad opera del biologo evoluzionista inglese Charles Darwin.

A seguito di un intenso e travagliato studio e lavoro durato più di un ventennio, accompagnato anche da non poche esitazioni di carattere etico e morale da parte dello stesso autore, nel 1859 pubblica la prima delle molteplici edizioni del suo più importante lavoro: On the Origin of Species. Questo volume, di grande importanza non solo per la storia della scienza, «introdusse un modo di pensare destinato infine a trasformare la logica stessa della conoscenza e quindi il modo di comprendere la morale, la politica e la religione» (Dewey, 1910, p. 139) e altrettanto la medicina, l’economia e l’eugenetica (Orr, 2009).

Come delineato da Mayr (1991b), la complessa teoria proposta è fondamentalmente suddivisibile in «cinque sottoteorie». Tra queste, due in particolare hanno sovvertito il paradigma scientifico e culturale del tempo: l’evoluzione in quanto tale, ossia il fatto che tutti gli organismi e le componenti naturali sono dinamici e in continuo mutamento; l’evoluzione tramite selezione naturale, secondo la quale ogni individuo nasce unicamente diverso da un altro, con variazioni personali né utili e né nocive, ma su cui opera la selezione naturale determinandone la capacità di resilienza rispetto al proprio habitat.

A seguito degli studi condotti sulla relazione e connessione ecologica, già dalla prima edizione, Darwin conia le espressioni della «lotta per l’esistenza» o «per la vita» e della «sopravvivenza del più adatto», che trasforma in metafore adoperate per spiegare quei meccanismi che muovono le dinamiche naturali, primariamente rintracciate nella competizione e nel conflitto, ma individuate anche nella collaborazione e nell’aiuto reciproco tra individui e tra specie. Solo a partire da questi elementi, il naturalista britannico è riuscito a mettere in discussione, se non addirittura a minarle alla base, alcune linee culturali e scientifiche prevalenti al tempo.

Dopo la prima edizione de L’origine della specie, infatti, la

visione del mondo, perlomeno in Occidente, non fu più la stessa […]. La rivoluzione intellettuale compiuta da Darwin andò ben al di là dei confini della biologia, provocando il crollo di convinzioni profondamente radicate nella coscienza degli uomini del suo tempo (Mayr, 1991b, p. 13).

Tuttavia, la complessità delle idee progressiste non è arrivata all’odierno senso comune in forma così esplicita e chiara. Anche attualmente si riscontrano molteplici resistenze su base cognitiva, da un lato (Girotto, Pievani e Vallortigara, 2008), e socioculturale, dall’altro (Oliveira et al., 2022), evidenti già nelle riflessioni emerse dai primi interpreti della proposta darwiniana: i cosiddetti darwinisti. Lo stesso Darwin nella sua Autobiografia racconta di quanto spesso l’enorme successo editoriale dell’Origine sia stato giustificato dal fatto che «l’argomento [fosse] nell’aria» o che «le menti [fossero] preparate a riceverlo» senza, tuttavia, condividerlo appieno.

Non credo che ciò sia del tutto vero, perché di tanto in tanto cercai di capire quale fosse il pensiero di molti naturalisti sul problema, e non mi capitò mai d’incontrarne uno che mettesse in dubbio la stabilità delle specie […]. Una volta o due cercai di spiegare a persone che potevano capirmi che cosa intendevo per selezione naturale, ma non ebbi successo (Darwin, 1887, p. 106).

Effettivamente, la pervicacia delle concezioni dominanti in biologia, da quelle creazioniste e quelle fissiste, non ha permesso una comprensione immediata delle teorie darwiniane e molti profili dotti e provenienti dal contesto accademico hanno mostrato tutta la loro difficoltà nel superare la credenza secondo la quale le specie sarebbero sia create da un’autorità divina sia caratterizzate da immutabilità nel tempo e nello spazio. È per tali motivi che diverse personalità si sono trovate a sposare parte delle teorie darwiniane a scapito di altre, selezionando arbitrariamente solo ciò che meglio sarebbe stato ritenuto confacente alle proprie idee e opinioni e, quindi, andando incontro a storture concettuali.

Le distanze prese dall’autore vittoriano rispetto ad alcune filosofie e propagande politiche e antireligiose di matrice darwiniana non sono state sufficienti a limitare lo sviluppo di un insieme complesso e variegato di correnti di pensiero, con particolare attenzione al fenomeno del darwinismo sociale, tra cui rientrano eterogenei orientamenti, uno

liberista […], uno solidarista, uno statalista conservatore, uno nazionalista, uno militarista, uno pacifista, uno socialista, uno anarchico… Per di più queste varietà erano in contrapposizione tra loro. Ognuno dei contendenti pretendeva di essere il vero interprete del messaggio darwiniano e, curiosamente, accusava gli avversari di darwinismo sociale (La Vergata, 2005, p. 21).

Al di là delle molteplici estensioni della dottrina darwiniana che si sono sviluppate nel corso della storia — qui nemmeno sintetizzabili —, ciò che diventa importante sottolineare è quanto questa sia stata a volte strumentalizzata e per questo alterata al fine di avvalorare le tesi più disparate. Infatti, portando all’attenzione alcuni casi, a differenza di ciò che comunemente si crede sull’idea di natura e sviluppo articolata dall’autore, un aspetto centrale nel discorso darwiniano è che l’evoluzione e la variazione delle specie non mirano alla perfezione assoluta e, tantomeno, l’ecosistema e i suoi componenti sono perfetti e sempre funzionali (Boncinelli, 2010; Pievani, 2019).

In natura, come è noto, esistono difetti e irregolarità: ne è un esempio emblematico il caso dell’ape che, in situazione di pericolo, per difendersi, usa il pungiglione, «letteralmente» suicidandosi (Darwin, 1872b). Le variazioni individuali, poi, non perseguono sempre uno scopo ultimo e non obbediscono a un disegno predefinito da un’entità superiore; al contrario, i mutamenti e le differenze dei singoli sono fondamentalmente casuali, non del tutto controllabili, e la loro capacità adattiva è strettamente legata solo ad alcuni caratteri influenti e al contesto specifico nel quale questi vivono (Boncinelli, 2010).

Non meno significativo appare il discorso attorno all’essere umano. Già a partire dal primo lavoro, ma ancor di più in quelli a seguire — L’origine dell’uomo e la selezione sessuale (1871) e L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali (1872a) — emerge quanto la specie antropica, al pari di tutte le altre, sia un soggetto in continua evoluzione e, in senso biologico, caratterizzato da istinti, variazioni individuali, imperfezioni e sottoposto alla forza della selezione naturale, sia individuale sia di gruppo.

Tra le conseguenze più controverse causate dalla manipolazione concettuale compiuta a scapito di quest’ultimo convincimento, non si possono non menzionare le idee eugenetiche e razziste che hanno fatto di Darwin il loro pilastro portante e che, ad esempio, hanno portato all’eccidio di milioni di individui con disabilità (Canevaro, 2015; Goussot, 2011).

Il «mutuo appoggio»: il concetto mancante?

Puntando l’attenzione sulla dinamica culturale ed epistemologica che determina la sopravvivenza di certe idee e l’estinzione di altre, secondo l’intento di decostruzione e ricostruzione al quale il presente lavoro vuole contribuire, risulta interessante fare riferimento alle riflessioni provenienti dalla correlazione tra l’ambito biologico e darwiniano, da una parte, e quello sociopolitico, dall’altra, esplorando le osservazioni giunte da un riconosciuto studioso russo attivo nel periodo di transizione tra il XIX e XX secolo.

Pëtr Alekseevič Kropotkin (1842-1921) è stato zoologo, filosofo, geografo e intellettuale teorico e sostenitore dell’anarchismo. Durante la sua vita, inter alia, ha approfondito lo studio dell’evoluzione della specie, rimanendo impressionato e influenzato dalla lettura delle teorie darwiniane. Condizionato e ammaliato da L’origine della specie, durante le varie spedizioni di ricerca etologica in situ, con particolare riferimento a una sua esplorazione in Siberia (Kropotkin, 1902), ha potuto rilevare come l’aspra lotta per la sussistenza tra animali appartenenti alla stessa specie, che la maggior parte dei darwinisti considerava la caratteristica dominante della lotta per la vita e il principale fattore dell’evoluzione, era in realtà quasi inesistente. Contrariamente alle aspettative, egli ha avuto modo di notare la presenza di azioni di reciproco aiuto tra le variegate popolazioni animali, praticate a un punto tale da fargli pensare che questo fosse un ulteriore fattore della massima importanza per la conservazione della vita, per la protezione di tutte le specie e per la loro ulteriore evoluzione.

Da qui, Kropotkin si è dedicato a particolari considerazioni e valutazioni che ha racchiuso all’interno dell’opera Il mutuo appoggio. Un fattore dell’evoluzione (Kropotkin, 1902), rifiutando con forza e decisione, per scarsità di prove scientifiche, la tesi dei darwinisti sociali, in particolare quella di Huxley (Mancuso, 2019), per il quale la lotta per la sopravvivenza, la guerra all’interno della stessa specie — umani compresi —, sarebbe legge incontestata della natura e unica promotrice del progresso.

L’autore non nega mai l’esistenza della competizione, soprattutto tra specie differenti, e nonostante confermi che non sia dato sapere quale tra lotta reciproca e mutuo appoggio sia più rilevante, è personalmente certo che gli animali che vivono in comunità e che cooperano tra loro abbiano più probabilità di sopravvivere.

Con dovizia di casi ed esempi pratici, pur legando la sua idea anche ad alcuni presupposti teorici ormai oggi abbandonati, ma al tempo riconosciuti, Kropotkin racconta e descrive occasioni di supporto e mutuo aiuto, partendo dai micro-organismi, fino ad arrivare ai cosiddetti mammiferi di grossa taglia e alla stessa specie umana. La socialità e la solidarietà sono raccontate anche in situazioni di fragilità, così come l’istinto gregario. Sono emblematici, ad esempio, alcuni resoconti prodotti da terzi e da lui riportati: momenti di compassione fra animali selvaggi in libertà, magari feriti o indeboliti, che vengono soccorsi e portati in salvo; o, ancora, citando Darwin (1872b), il caso del pellicano cieco, nutrito da altri suoi simili appartenenti al medesimo gruppo.

Sulla base di quanto appena detto, è interessante notare il modo in cui la disabilità e la fragilità sono rappresentate, non in senso negativo o come un fattore che possa destinare a morte ed estinzione l’individuo. La vulnerabilità è invece disegnata quale condizione non di rado supportata dalla comunità di appartenenza; aspetto anche recentemente raccontato da uno studio giapponese (Matsumoto et al., 2016), il quale documenta le interazioni tra un neonato di scimpanzé, interessato da una sindrome congenita — la trisomia 22, condizione analoga alla sindrome di Down umana —, sua madre e gli altri membri del gruppo presso il Mahale Mountains National Park in Tanzania, che per l’appunto ospita la più grande popolazione conosciuta di scimpanzé orientali non in cattività. La ricerca, infatti, riporta quanto le cure della madre nei confronti del piccolo e l’aiuto della sorella di quest’ultimo potrebbero averlo aiutato a sopravvivere per 23 mesi in natura. Gli altri membri della comunità, d’altro canto, pur non avendo direttamente contribuito alla sussistenza del piccolo, risulta non abbiano mai mostrato reazioni di paura o avversione nei suoi confronti.

Anche il botanico e saggista toscano, Stefano Mancuso, a sua volta, restituisce esempi emblematici di simbiosi e di mutuo soccorso nel mondo vegetale (Mancuso, 2019), facendo riferimento in particolare a un tronco d’albero apparentemente senza vita, sopravvissuto grazie al sostentamento derivato dall’intenso intreccio di radici con altre piante.

Tali aneddoti, in qualche modo, lasciano spazio a varie considerazioni che mettono in discussione la comune «idea di come funzionino le relazioni naturali», generalmente «basata sulla semplicistica e arcaica nozione che […] valga la legge del più forte» (Mancuso, 2019, p. 71). Essenzialmente, invece, contro ogni convinzione, sembrerebbe che in natura, non esista un vero e proprio concetto di discriminazione o esclusione basato sulla presenza di menomazioni e deficit. Infatti, gli organismi tentano di adattarsi alle condizioni e sfide contestuali, alle conformazioni fisiche e al gruppo di appartenenza, al fine di sopravvivere e riprodursi quanto e quando possibile, anche in ragione del fattore evoluzionistico del sostegno reciproco.

Proiezioni passate e future: Pedagogia Speciale e «mutuo appoggio» in dialogo

Alla luce di quanto emerso, nel tentativo di prospettare possibili conclusioni — comunque aperte e ancora una volta interroganti — l’intreccio di fuorvianti interpretazioni scientifiche relative alle teorie darwiniane ha sicuramente avuto un impatto significativo sul modo in cui la società ha guardato al mondo e riconosciuto la diversità umana nei contesti sociali di vita. In passato, infatti, la visione dell’evoluzione di Darwin è stata spesso semplificata e distorta, concentrando l’attenzione esclusivamente sulla competizione tra individui e sulla «sopravvivenza del più adatto». Questo eccessivo riduzionismo può quindi avere contribuito a promuovere concezioni limitate della diversità umana, animale e vegetale, che permangono tutt’oggi, radicate nel senso comune e, aspetto da indagare, nella più generalizzata postura scientifica.

A partire dalla sua costitutiva tendenza al dialogo interdisciplinare (Bocci, 2011, 2016; Caldin, 2005; Crispiani, 2016; de Anna, 2014; Gaspari, 2012; Mura, 2016, 2018; Mura et al., 2019; Mura e Zurru, 2017, 2018; Pavone, 2014), la Pedagogia Speciale può efficacemente restituire spazio e respiro culturale a tali questioni. Occupandosi, come da tradizione, delle differenti dimensioni di vita umana che rappresentano la complessa esperienza delle persone interessate da una condizione di marginalità, la stessa essenza della disciplina richiama una proficua collaborazione, esprimendo «il bisogno progettuale di un dialogo con le altre scienze, storicamente radicato» (Mura, 2016, p. 165).

Aprire un canale di confronto con le teorie evoluzioniste può portare, da un lato, a cogliere significative suggestioni per una più ampia comprensione delle differenze individuali e, dall’altro, a individuare importanti elementi nell’inquadramento teorico e operativo delle sfide sociali e culturali che la società odierna deve ancora affrontare.

In un simile quadro, il fattore evoluzionistico kropotkiano, basato sulla cooperazione e sulla reciproca assistenza tra individui, può quindi offrire un ulteriore contributo, permettendo di individuare differenti traiettorie per la costruzione di un approccio culturale finalizzato all’abbattimento delle barriere sociali e culturali. Attraverso un’interpretazione più inclusiva e ampia dell’evoluzione e della diversità umana, il «mutuo appoggio» suggerisce che il supporto reciproco sia un importante elemento volto al benessere e al progresso sociale dell’intera comunità umana, evidenziando ancora di più la necessità di coltivare sinergie e di abbandonare quei paradigmi individualistici e competitivi, al fine di favorire processi autentici di inclusione, accoglienza e accessibilità.

In aggiunta, nonostante tale rappresentazione sia nata in relazione al discorso biologico ed evoluzionistico delle specie, diventa evidente come il concetto sotteso alla dinamica del «mutuo appoggio» sia sempre stato similmente presente entro i principi e i processi sui quali ha posato la propria attenzione la Pedagogia Speciale.

La collaborazione, l’associazionismo, il supporto reciproco e comunitario — analogamente a quanto raccontato da Kropotkin (1902) nella ricostruzione della storia antropica delle comunità e delle organizzazioni sociali — sono stati, e sono tutt’oggi, elementi forti e costanti (de Anna, 2014; Errani, 2020; Maggiolini, 2015; Mura, 2014, 2016; Taddei, 2021) a sostegno del processo di emancipazione, di riconoscimento identitario e dei diritti delle persone con disabilità.

Un’ulteriore considerazione può essere fatta da un punto di vista metafisico e teoretico. Il discorso sul «mutuo appoggio» e sulle teorie darwiniane/darwiniste finora affrontato incoraggia a ripensare e rileggere tutte quelle teorie comunemente accolte e riconosciute come inattaccabili e quasi incontrovertibili, consentendo così di ristrutturare anche il percorso storico-culturale compiuto dall’uomo per scorgere ulteriori cristallizzazioni, rispetto alle quali la Pedagogia Speciale può ancora intervenire, seguendo quella «logica della crescita e di uno sviluppo democratico, equo e solidale dell’umanità […] [orientato] all’implementazione di un sistema integrato, sinergico e condiviso di interventi» (Mura, 2012, p. 138).

In virtù di ciò, vanno sostenuti gli ulteriori quesiti emergenti, capaci di favorire e suscitare successive riflessioni e ricerche: l’inclusione e l’accessibilità, quest’ultima quale strumento per la prima, sono delle dimensioni extranaturali? Si tratta di principi meramente culturali, ossia derivati da un complesso di conoscenze, credenze, valori, norme sociali, pratiche e altri aspetti condivisi da un gruppo di persone, oppure sono dinamiche già evidenti ed esistenti in natura? L’uomo è ancora prigioniero di una mispercezione del proprio essere naturale e del rapporto che si instaura tra questa dimensione e quella culturale nel momento in cui se lo rappresenta in termini intellettuali?

Gli sguardi attenti, critici e interroganti della Pedagogia Speciale permettono, in tal senso, di abilitare il paradigma dell’accessibilità, liberandolo da strutture distorsive. In questo modo, la scienza della complessità e della diversità (Gaspari, 2001, 2004; Mura, 2016) svolge un ruolo significativo nello sviluppo e nell’evoluzione di società sostenibili, eque e solidali (UN, 2015), da un lato assumendosi la responsabilità di promuovere e agevolare la progettazione di un pianeta più accogliente e accessibile e, dall’altro, considerando consapevolmente che il perseguimento di una diffusa cultura inclusiva non si realizza esclusivamente attraverso l’assimilazione o l’imposizione tecnico-normativa, ma anche e soprattutto mediante la divulgazione e la condivisione di conoscenze e di posizionamenti culturali, logicamente e razionalmente avvertiti e non riduzionisti, che possano costantemente nutrire prospettive, credenze e atteggiamenti capaci di modellare il mondo e la società.

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1 L’intero contributo è frutto della riflessione condivisa e del lavoro congiunto degli autori. Antioco Luigi Zurru è autore delle sezioni Inclusione, sostenibilità e paradigmi scientifici e Proiezioni passate e future: Pedagogia Speciale e «mutuo appoggio» in dialogo. Stefania Falchi è autrice delle sezioni Teorie darwiniane e darwiniste: quali interpretazioni? e Il «mutuo appoggio»: il concetto mancante? La sezione introduttiva Accessibilità: quale prospettiva? è da ascriversi a entrambi gli autori.

2 Università degli Studi di Cagliari, Facoltà di Studi Umanistici.

3 The entire contribution is the result of shared reflection and collaborative work by the authors. Antioco Luigi Zurru is the author of the sections Inclusione, sostenibilità e paradigmi scientifici and Proiezioni passate e future: Pedagogia Speciale e «mutuo appoggio» in dialogo. Stefania Falchi is the author of the sections Teorie darwiniane e darwiniste: quali interpretazioni? and Il «mutuo appoggio»: il concetto mancante? The introductory section Accessibilità: quale prospettiva? is to be attributed to both authors.

4 University of Cagliari.

Vol. 22, Issue 4, November 2023

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