Esperienze e progetti / Experiences, programmes, projects
La revisione in prospettiva interculturale del curricolo di storia. Un’esperienza di ricerca-azione
Intercultural revision of the history curriculum. An action-research experience
Carlo Colombo
Funzione strumentale per l’Intercultura presso presso l’I.C. “Sandro Onofri” di Roma
Autore per la corrispondenza
Carlo Colombo
Indirizzo e-mail: carlocolombo_017@fastwebnet.it
I.C. “Sandro Onofri” di Roma, Via Greve, 99, 00146 Roma RM
Sommario
La presenza crescente nella scuola italiana di alunni stranieri di seconda generazione, portatori di culture plurali, rende necessaria la revisione in prospettiva interculturale dei curricoli. Il presente contributo riguarda un’esperienza di revisione del curricolo di storia delle classi di scuola secondaria di I grado avviata in una scuola romana. Il gruppo di lavoro ha condotto una ricerca-azione, con l’obiettivo di sperimentare la didattica interculturale della storia. Gli insegnanti hanno lavorato alla progettazione di alcuni moduli di apprendimento, nei quali si sono sperimentati il metodo della visione al plurale della storia e quello decostruttivo. Il lavoro ha portato alla creazione di una rete di docenti impegnati nella sperimentazione didattica e ha prodotto un notevole incremento di conoscenze condivise in materia di educazione interculturale. Nella parte finale del testo si è proposto un confronto provvisorio tra l’attuale curricolo della classe prima e la sua riscrittura, nella quale costituisce un elemento di novità l’introduzione di una serie di competenze interculturali, alcune delle quali riguardanti la disciplina, altre trasversali.
Parole chiave
curricolo, storia, modulo di apprendimento, competenza interculturale.
Abstract
The growing presence in Italian schools of second-generation, multi-cultural immigrant children makes it necessary to revise the curriculum to embrace an intercultural perspective. This paper is dedicated to revising the history curriculum in the lower secondary school classes of a school in the city of Rome. The work group conducted an action-research project. The aim of the research was to explore teaching history from an intercultural perspective. The teachers worked to create various educational units that were then used to experiment a method that views history in a plural and deconstructive manner. The project has led to the creation of a network of educators engaged in pedagogical experimentation and has produced a significant increase in shared knowledge in the field of intercultural education. The final part of the paper is a comparison between the current, established curriculum of the school in question and its revised version, which contains a series of new elements regarding both history and cross-curricular subjects.
Keywords
curriculum; history; learning units; intercultural competence.
Introduzione
Il presente project work riguarda la revisione in chiave interculturale del curricolo di storia delle classi di scuola secondaria di primo grado dell’I.C. “Sandro Onofri” (Roma). Al project work si collega una ricerca-azione, i cui obiettivi sono la sperimentazione della didattica interculturale della storia e la diffusione tra i docenti dell’istituto di una maggiore sensibilità verso il tema dell’educazione interculturale. Sia il project work che la ricerca-azione si inscrivono tra le attività del Master “Organizzazione e gestione delle istituzioni scolastiche in contesti multiculturali”, svoltosi da ottobre del 2017 a dicembre del 2018 presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università Roma Tre: tuttavia, le sollecitazioni per il ripensamento del curricolo d’istituto provenivano anche dallo stesso ambito scolastico in cui si è svolta la ricerca.
L’I.C. “Sandro Onofri”, nato nel 2012 dal dimensionamento di tre scuole dell’XI Municipio, comprende cinque plessi, quattro dei quali si trovano alla Magliana, quartiere popolare sorto alla metà degli anni Sessanta e caratterizzato da un’alta densità abitativa. Negli anni Settanta la Magliana fu teatro di lotte per il diritto alla casa; sul finire del decennio il tessuto sociale fragile del quartiere favorì la diffusione di devianza e marginalità sociale. Nonostante una parziale riqualificazione, la Magliana vive ancora oggi i problemi di molte periferie romane: degrado urbanistico, carenza di servizi, assenza di adeguati spazi di aggregazione sociale. L’XI Municipio è anche un’area a forte densità immigratoria: nel 2016, su 155.586 residenti, gli stranieri erano 20.304 (13,1%).1 Nell’a.s. 2018-2019, su 1.037 iscritti alle scuole dell’Istituto, gli alunni con cittadinanza non italiana sono 274 (26,42%). Di questi, 191 sono di seconda generazione (69,70%), con una maggiore incidenza tra gli alunni della scuola primaria (74,71%) rispetto a quelli di secondaria (61,00%).
Le scuole dell’Istituto operano da tempo per l’integrazione dei minori stranieri. Nella scuola media “Quartararo” la prima commissione per l’intercultura nacque nell’a.s. 2004-2005. In seguito, la scuola si dotò di un protocollo di accoglienza, sperimentò forme di mediazione culturale e cominciò a ricorrere a figure esterne di insegnanti di italiano L2. Con la nascita dell’Istituto Comprensivo, fu istituita la Funzione strumentale per l’intercultura. Da allora si sono moltiplicate le collaborazioni con soggetti attivi nel campo dell’intercultura (Forum per l’Intercultura della Caritas, Archivio Disarmo, Centro Astalli) e con le associazioni di quartiere. La dirigente Paola Felli ha incoraggiato la formazione dei docenti nell’ambito dell’italiano L2 e la partecipazione di alcuni di loro al master.
L’esigenza di promuovere l’educazione interculturale tra tutti gli attori della comunità scolastica è nata dalla presenza crescente di alunni stranieri di seconda generazione, portatori di una cultura plurale, e dalla volontà di contrastare la diffusione tra gli alunni autoctoni di atteggiamenti di xenofobia, cui non è estranea l’opera di propaganda svolta nel quartiere da gruppi di estrema destra. Il settore in cui è sembrato urgente un intervento è quello della progettazione curricolare. Nell’a.s. 2017-2018, su iniziativa della dirigente, si è formata una commissione per la revisione, che ha deciso di dedicarsi inizialmente al ripensamento del curricolo di storia, basandosi su una serie di azioni preliminari: l’adozione di un adeguato modello curricolare, l’approfondimento delle principali questioni teoriche relative alla didattica della storia e la progettazione di alcuni moduli di apprendimento.
Modelli curricolari e ripensamento in chiave interculturale del curricolo
Le prime formulazioni della nozione di curricolo risalgono all’inizio del secolo scorso, nell’ambito della pedagogia angloamericana. Pur nella varietà delle elaborazioni teoriche, esse convergono nel riconoscere come elementi fondanti del curricolo la dimensione pedagogica e quella organizzativa: il curricolo si configura perciò come un tentativo di conciliare i principi fondamentali e le applicazioni concrete di una proposta educativa (Capperucci, 2010, pp. 27-29).
In Italia, a partire dagli anni Settanta, il dibattito sul curricolo ha caratterizzato il processo di rinnovamento della scuola, nel passaggio da un modello fondato sulla centralità dei saperi disciplinari a un altro di tipo partecipativo, in cui la progettazione dei percorsi formativi parta dai bisogni dei soggetti. Una definizione che sintetizza tale visione è fornita da Capperucci (2010): «con il termine curricolo si rimanda a un percorso formativo intenzionale organicamente progettato e realizzato dagli insegnanti al fine di porre gli alunni nelle condizioni di raggiungere i traguardi previsti» (pp. 28-29). Un analogo orientamento caratterizza la riflessione sul curricolo in ambito europeo: in una recente pubblicazione del Consiglio d’Europa, il curricolo è definito «un dispositif organisant l’apprentissage» (Beacco et al., 2016, p. 9). Nell’intraprendere la revisione del curricolo di storia, i docenti hanno fatto propria tale visione, fondata sulla centralità dei bisogni degli alunni. Trasposta sul piano della didattica della disciplina, questa prospettiva implica scelte innovative: in un contesto in cui una parte consistente degli alunni è portatore di una cultura plurale, è compito dei docenti chiedersi se sia possibile «una configurazione della storia da insegnare che sia adatta per studenti di tutte le culture del mondo» (Mattozzi, 2007, p. 453).
Il gruppo di lavoro ha poi preso posizione rispetto alle differenti tipologie di curricolo, che riflettono impostazioni teoretiche talvolta incompatibili tra loro (Capperucci, 2010). Il tipo più vicino al modello tradizionale del programma è il subject curriculum, in cui sono fondamentali i contenuti disciplinari e la didattica è incentrata sulla lezione frontale. Nell’activity curriculum, invece, l’accento è sul raccordo tra la cultura disciplinare e i saperi maturati in ambito extrascolastico: in questa prospettiva sono centrali le motivazioni degli alunni, e la progettazione si lega alle istanze del territorio in cui opera la scuola. Nel competence curriculum, infine, la trasmissione dei saperi disciplinari si salda con l’esigenza di promuovere l’acquisizione di competenze spendibili sul piano sociale e professionale. In questa visione, all’elaborazione di un core curriculum per tutti gli alunni si accompagna la progettazione di percorsi differenziati in base alle potenzialità dei singoli. Quest’ultimo modello è sembrato ai docenti il più adatto ai bisogni degli alunni dell’istituto. I docenti hanno anche optato in favore della realizzazione di un curricolo integrato, che armonizzi le istanze di uniformità provenienti dall’apparato ministeriale con le esigenze delle singole istituzioni scolastiche (Fiorucci, 2011; Capperucci, 2010).
Modelli didattici
La revisione in chiave interculturale del curricolo di storia implica l’adozione di un modello didattico adeguato. La didattica tradizionale della storia poggia su tre basi: l’insegnamento di una “storia generale”, intesa come «una rappresentazione dei processi di mutamento che hanno interessato l’umanità dalla preistoria al presente» (Panciera e Zannini, 2013, p. 52); l’applicazione rigida del principio cronologico-sequenziale, secondo cui i fatti del passato si dispongono in un continuum dalla preistoria ai giorni nostri; la fiducia nella validità del metodo trasmissivo del sapere, basato sulla lezione frontale dell’insegnante.
Secondo i critici del modello tradizionale, la storia generale riflette una visione eurocentrica di stampo ottocentesco, incentrata in modo prevalente sulle vicende politico-militari e istituzionali; la descrizione del passato secondo l’impostazione lineare interpreta i rapporti di causa-effetto tra due eventi storici solo in base alla precedenza dell’uno rispetto all’altro, senza indagare su possibili relazioni di altra natura; il metodo trasmissivo non sollecita nel discente abilità che vadano al di là della capacità di esibire una conoscenza storica parafrasata (Perillo, 2010; Panciera e Zannini, 2013).uesto modello è stato sottoposto a diverse critiche
A partire dagli anni Ottanta, nell’insegnamento della
storia si è diffuso in Italia un nuovo modello didattico, incentrato sul concetto di modulo, inteso come segmento autonomo del programma annuale, che punta al raggiungimento da parte del discente di particolari abilità e conoscenze (Domenici, 1998): esso si compone di più unità di apprendimento, pensate a partire dai bisogni e dalle esperienze degli alunni (Fiorin, 2008). Il modulo di storia prescinde dal rispetto rigoroso della linearità temporale nella presentazione degli eventi storici, perché prende le mosse da un’esigenza di confronto con i temi del presente, a partire dai quali lo studente, con la guida dell’insegnante, esplora il passato senza rigidi vincoli cronologico-sequenziali. A questa fase segue l’analisi del passato, per la quale gli allievi devono utilizzare la “cassetta degli attrezzi” del metodo storico: è il momento centrale del modulo, in cui sono chiamate in causa le abilità operative dello studente. Nella fase conclusiva, acquisita la consapevolezza dello spessore storico del problema in esame, gli allievi tornano alla considerazione del presente. Pur non escludendo la lezione frontale, il modulo privilegia l’esercitazione come stimolo per l’acquisizione di abilità e conoscenze (Panciera e Zannini, 2013).
Gli storici tradizionalisti hanno imputato alla didattica modulare la perdita, negli studenti, della sensibilità alla nozione di profondità temporale; hanno poi osservato che l’applicazione del modello modulare presuppone competenze disciplinari avanzate e una consuetudine con la ricerca sconosciute a molti docenti di storia delle scuole italiane. Nonostante tali riserve siano in parte condivisibili (Panciera e Zannini, 2013), il gruppo di lavoro ha scelto il modello modulare, perché più adatto, rispetto alla didattica tradizionale, a sollecitare il ruolo attivo del discente nell’apprendimento.
Le competenze interculturali nel curricolo
Il ripensamento del curricolo implica anche l’assunzione di un modello di competenza interculturale. Nella letteratura in materia i modelli proposti sono spesso molto diversi tra loro, anche se – specie in ambito anglosassone – la maggior parte di essi sembra caratterizzata da un’insufficiente considerazione del carattere dinamico di ogni cultura (Portera, 2013) e da un’eccessiva focalizzazione sull’individuo, con conseguente sottovalutazione del ruolo della dimensione relazionale nella formazione della competenza interculturale (Dusi e Vecchio, 2013). Una maggiore attenzione alle competenze relazionali caratterizza la produzione teorica italiana, che ha posto al centro della propria riflessione la comprensione del rapporto tra competenza e apprendimento.
Dallo spoglio dei testi dedicati all’argomento dai pedagogisti italiani, un gruppo di ricercatori ha ricavato un elenco di competenze interculturali divise secondo sfere di pertinenza (Guidetti e Lamberti, 2013). Tra le competenze da valorizzare nel curricolo di storia, si è optato per quelle più importanti in rapporto alla nostra realtà scolastica: la consapevolezza della presenza in tutte le società di stereotipi e pregiudizi generatori di xenofobia e razzismo (Caronia e Bolognesi, 2015); la capacità di relativizzazione del punto di vista e di produzione di pensiero critico; la consapevolezza del carattere complesso e dinamico di ogni identità culturale (Durino Allegra, 1993); la capacità di empatia con persone di culture diverse e quella di riflessività linguistica e comunicazione plurilingue (Beacco et al., 2016), come pure la capacità di mediazione dei conflitti (Portera, 2013). Tali competenze dovrebbero non solo caratterizzare la formazione degli insegnanti, ma anche costituire lo sfondo integratore della programmazione curricolare.
I moduli di apprendimento
Nel predisporre i moduli, si è adottata la prospettiva teorica di A. Brusa e degli storici dell’Associazione Clio ʼ92, per i quali, in luogo del racconto lineare dello sviluppo della civiltà europea, va introdotta nel curricolo la dimensione mondiale (Brusa, 2014; Sferra, 2016). Si sono seguite anche le indicazioni di Mattozzi sulla necessità che gli studenti diventino capaci di operazioni cognitive complesse, simili a quelle dello storico di professione (Bellafronte, 2007).
Per la traduzione nella prassi didattica dei contenuti disciplinari riletti in chiave interculturale si sono adottati il metodo della visione al plurale della storia, quello decostruttivo e quello del riconoscimento del debito culturale. Nel primo si opera il confronto tra due punti di vista su uno stesso tema, considerando le diverse prospettive dei protagonisti di un evento storico (Stradling, 2003; Perillo, 2010); con il secondo si individuano le matrici ideologiche dei paradigmi culturali del presente, per dimostrare come essi siano il risultato di processi storici complessi e non esista un sapere scientifico neutro (Perillo, 2010; Pastori, 2015); il terzo valorizza il ruolo dei prestiti linguistici e materiali nella formazione delle identità culturali che l’opinione comune tende a considerare “pure” e immutabili (Pastori, 2015). Nel testo si dà conto dei contenuti di cinque degli otto moduli progettati dai docenti.
Poeti arabi di Sicilia
Il primo modulo, rivolto alle classi prime, riguarda i riflessi nella storia culturale dei rapporti tra Europa e Islam. Nella prima unità si è proposto un tema denso di implicazioni interculturali, quello dei poeti arabi di Sicilia (Corrao, 2002). Dopo la conquista normanna della Sicilia, alcuni poeti arabo-siculi, tra i quali il siracusano Ibn Hamdîs, espressero con versi struggenti la nostalgia per la terra natale (Cardini, 2007, p. 58; Corrao, 2002). Per avvicinare gli alunni al tema si è scelto un input musicale, gli album dei Milagro Acustico, gruppo romano che ai poeti arabi dell’isola ha dedicato una trilogia. Nella seconda unità l’input sarà la lettura dei racconti – molto diffusi in Sicilia – di cui è protagonista Giuha (in siciliano Giufà), personaggio del folklore arabo. Raccogliendo una proposta di Favaro (2004), si presenteranno due racconti, il primo arabo, il secondo siciliano.2 In seguito, gli alunni, divisi in tre gruppi, approfondiranno il tema dei rapporti tra la cultura araba e quella europea, cercando informazioni sul contesto geografico della diffusione dei racconti di Giuha, sugli aspetti economici del contatto tra Arabi ed europei e sui prestiti dall’arabo all’italiano.
La Via della Seta
Il secondo modulo per le prime riguarda la Via della Seta ed è articolato in tre unità.
Come input si useranno alcuni materiali: delle spezie e un foulard di seta. Si spiegherà come nell’antichità in Occidente questi prodotti fossero preziosissimi, perché importati da paesi lontani. In seguito, si vedrà il documentario Lungo la Via della Seta,3 e si racconterà agli alunni dell’occasione in cui – secondo le fonti – i Romani conobbero la seta: la sconfitta delle legioni nella battaglia di Carre, in cui i soldati parti innalzavano insegne di seta. Nel mondo romano, nonostante fosse un prodotto assai richiesto, se ne ignorava l’origine animale: in Cina, infatti, il segreto della sua produzione fu gelosamente custodito per secoli. Si parlerà, infine, del declino della Via della Seta, iniziato nel VI-VII sec. d.C., quando si cominciò a preferirle una nuova arteria commerciale marittima.
Nella seconda unità i ragazzi analizzeranno una carta storica sui commerci tra Oriente e Occidente all’epoca di Gengis Khan. L’attività successiva riguarderà l’apporto dei viaggi di Marco Polo allo sviluppo della cartografia.
Nella terza unità si spiegherà che la Via della Seta non è stata solo la prima rete di commercio internazionale, ma anche il veicolo di innovazioni culturali importanti. Gli alunni, infine, prepareranno un report sulla realtà attuale delle città toccate dall’antica via carovaniera.
La conquista dell’America
Il modulo, rivolto alle classi seconde, riguarda la conquista dell’America dal punto di vista dei suoi abitanti indigeni. L’input sarà la lettura di alcune pagine di J. Diamond, in cui si tratta di come Pizarro riuscì a conquistare in breve tempo l’impero inca (Diamond, 1997/2006). Si proporranno poi una scelta di pagine da Todorov (1992/1994) e la visione di Isabella, tre caravelle e un cacciaballe, la commedia di D. Fo che rilegge in chiave satirica la scoperta dell’America e l’epopea dei conquistadores.
Un altro spunto sarà offerto da Long (1936/2006), rielaborazione della relazione inviata nel 1536 al re di Spagna dall’avventuriero Álvar Nún͂ez Cabeza de Vaca, superstite da una rovinosa spedizione in Florida. Cabeza de Vaca racconta le sue peregrinazioni nel continente americano, durante le quali entrò in contatto con i nativi in forme inusitate per i conquistadores, derivandone il convincimento dell’iniquità della conquista spagnola.
Gli alunni proveranno poi a immedesimarsi nella condizione degli indios, scrivendo dei racconti sulla conquista dell’America dal punto di vista dei vinti. Infine, i ragazzi insceneranno un “processo a Colombo”, imputato di aver gettato le basi per il genocidio dei nativi americani. Divisi in due gruppi gli alunni cercheranno “prove” a carico e a discarico, per poi confrontarsi in un dibattimento.
L’Africa nello sguardo europeo, dai Greci all’epoca dell’imperialismo
Il modulo, rivolto alle classi terze, affronta il tema dell’eurocentrismo, attraverso l’analisi dei modi in cui dall’antichità all’epoca del colonialismo il mondo occidentale ha considerato l’Africa. L’input sarà un articolo di E. Muratore, che cita un passo di Diodoro Siculo, autore nel I secolo a.C. di un compendio di storia universale in cui sono presenti opere oggi perdute di altri storici greci. Diodoro definisce gli Etiopi “primi di tutti gli uomini”, perché per primi avrebbero popolato la Terra e istituito il culto delle divinità: per questo esse non permisero mai che gli Etiopi diventassero schiavi di altri popoli.
Per Muratore gli studi sull’ominazione confermano l’opinione di Diodoro sulla provenienza africana della nostra specie, poiché proprio in Etiopia sono stati rinvenuti i più antichi resti di Homo sapiens (Muratore, 2016). Si leggerà poi un brano della Storia dell’Africa di B. Davidson sull’atteggiamento dei Greci verso i popoli dell’Africa interna: dal secondo libro delle Storie di Erodoto fino a Diodoro, nella storiografia greca prevale l’idea che la civiltà egizia derivi da antiche civiltà africane autoctone (Davidson 1984/1990). Un’ultima lettura è una pagina di R. Kapuściński, che presenta Erodoto come il primo etnografo del mondo antico (Kapuściński, 2004/2005). Nell’unità si sono valorizzate le notizie di Erodoto e Diodoro sugli Etiopi, per mostrare che essi non consideravano inferiore la civiltà dell’Africa, ma ritenevano che fosse all’origine della civiltà egizia. Tuttavia, si preciserà che l’etnocentrismo, come tipica forma di pensiero occidentale, forse nacque proprio nel mondo greco, quando l’espansione coloniale ellenica giunse al culmine (Pirzio-Biroli, 1978).
Si parlerà poi dell’origine africana dell’ominazione, con una scelta di testi e immagini dal catalogo della mostra Homo sapiens. La grande storia della diversità umana (Cavalli Sforza e Pievani, 2011). Sullo sviluppo del razzismo ideologico, parallelo all’espansione coloniale europea, si leggeranno pagine di Ben Jelloun (1998/1999) e Cavalli Sforza (1996).
In seguito, si introdurrà il tema del colonialismo italiano in Africa, utilizzando ancora l’articolo di Muratore, in cui si fa riferimento alla vicenda della colonizzazione italiana dell’Etiopia: «è da ritenersi che né Francesco Crispi né Benito Mussolini avessero letto granché di Diodoro Siculo o in generale della storia dell’Etiopia, quando andarono a fondarvi un effimero impero» (Muratore, 2016).4 Questo passo servirà a collegare le due parti del modulo. Nella seconda unità si è ancora utilizzato il testo di Davidson, che ripercorre le tappe dell’espansione europea in Africa (Davidson, 1984/1990). Gli alunni cercheranno notizie sull’avventura coloniale italiana, utilizzando il catalogo di una mostra sull’occupazione italiana della Libia (Di Sante e Hasan Sury, 2009). Si vedrà anche una parte del film Il Leone del deserto (Libia-USA 1981), dedicato a Omar Al-Mukthar, animatore della resistenza libica contro l’occupazione italiana. Infine, gli alunni reperiranno in internet documenti iconografici sulla presenza italiana in Libia e in Africa occidentale, con cui realizzare un cartellone da esporre in una mostra a scuola.
La battaglia di Iwo Jima
Il modulo, rivolto anch’esso alle terze, riguarda un episodio della guerra nel Pacifico, la presa dell’isola giapponese di Iwo Jima da parte degli americani. Due film di C. Eastwood, Flags of our Fathers e Letters from Iwo Jima, entrambi del 2006, raccontano la battaglia rispettivamente dal punto di vista americano e giapponese. La visione dei film servirà a riflettere sulla necessità di una visione al plurale della storia, mentre un passo di Perfidia, il romanzo di J. Ellroy che racconta l’esplosione negli Stati Uniti dell’odio contro i giapponesi dopo Pearl Harbor, introdurrà il tema della costruzione culturale del “nemico”, per il quale si è fatto riferimento a Tiazzoldi (2010). Sullo stesso argomento si vedranno una videointervista a U. Eco5 e una puntata di “Passato presente” trasmessa il 26-9-2018 da Raitre, dedicata all’uso della propaganda nella Prima guerra mondiale. Infine, gli alunni, divisi in due gruppi, compileranno due schede sui film di C. Eastwood.
Il percorso di ricerca-azione
Rispetto ad altre pratiche di ricerca basate anch’esse su un andamento circolare di implicazione tra teoria e prassi, la ricerca-azione si caratterizza per il fatto di essere indirizzata alla modificazione stessa dell’oggetto della ricerca: la ricerca-azione, infatti, nasce dall’esigenza di fornire una risposta immediata a un problema, o a un bisogno di innovazione (Tripp, 2005, p. 6; Aluffi Pentini, 2001). Il nostro obiettivo era l’innovazione nella progettazione curricolare, attraverso la creazione di una rete di docenti impegnati nella sperimentazione della didattica interculturale.
Per la pianificazione delle azioni il corsista e la docente-ricercatrice, Sara Felline, hanno seguito uno schema di Tripp (2005), in cui si propone una sequenza di tre fasi nei due campi della pratica e della ricerca, come si evince dalla tabella 1.
Sequenza di azioni |
Azioni intraprese
nella pratica nella ricerca |
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Pianificazione di una revisione del curricolo di istituto in chiave interculturale |
Un cambiamento nella pratica della didattica interculturale della storia |
Valutazione della realizzazione di alcuni moduli di storia in prospettiva interculturale |
Miglioramento della didattica della storia |
Creazione di schede-guida con fonti storiche e attività per alcune lezioni di storia in prospettiva interculturale |
Progettazione di interviste ai docenti coinvolti e prima stesura del report |
Valutazione delle attività svolte |
Confronto tra ricercatrice e corsista Interviste ai docenti coinvolti |
Valutazione del cambiamento nella pratica della didattica della storia in alcune classi di scuola secondaria del nostro istituto |
Tabella 1: Schema di Tripp (2005, p. 11)
La stessa docente-ricercatrice ha svolto nelle sue classi il modulo sulla Via della Seta e quello sulla conquista dell’America. Nel secondo l’insegnante ha valorizzato la presenza di due alunni peruviani arrivati di recente in Italia, che hanno raccontato come nel loro Paese la scuola conceda molto spazio alla trattazione delle civiltà maya, azteca e inca. L’insegnante ha poi proposto la lettura di testimonianze sulle civiltà precolombiane, seguita da un’attività di webquest: l’analisi delle fonti sull’incontro tra i conquistadores e gli Aztechi, svolta da tre gruppi di alunni, che hanno cercato materiali su tre temi, “Gli Aztechi e la costruzione di Tenochtitlan”, “Chi era Hernan Cortés? Strategia europea e credenze azteche” e “Il punto di vista di Montezuma”. Infine, due portavoce per ogni gruppo hanno presentato il lavoro svolto.
L’insegnante ha poi proposto un confronto tra vari manuali di storia, osservando come in molti di essi permanga l’utilizzo dell’espressione scoperta dell’America per riferirsi alle vicende dell’incontro tra i conquistadores spagnoli e i popoli nativi americani.6
Infine, i ragazzi hanno letto in coppia alcuni passi dei diari di Colombo, per realizzare due pagine di diario di bordo della “scoperta” dell’America, rispettivamente dal punto di vista di uno spagnolo e di un nativo. La docente Alessandra Uguccioni ha proposto lo stesso modulo, sviluppando gli spunti contenuti nell’ultima parte dell’attività della docente-ricercatrice: l’insegnante ha infatti sollecitato negli alunni l’immedesimazione con gli attori delle vicende storiche, per valorizzare la relazione tra i soggetti individuali e la storia. Gli altri moduli sono stati svolti dal corsista e da un’altra insegnante, Francesca Croce, seguendo le linee della progettazione.
In sede di bilancio provvisorio del percorso di ricerca-azione, aggiungiamo alcune considerazioni scaturite dal lavoro nelle classi. Il lavoro di progettazione dei moduli ha prodotto un notevole incremento di conoscenze condivise in materia di educazione interculturale. Un altro risultato è stata la possibilità di ancorare la proposta di rinnovamento alla pratica di insegnamento.
Nel riproporre in futuro i moduli, converrà proporre alle classi materiali che utilizzino linguaggi più familiari ai ragazzi e più adeguati ai loro stili cognitivi. Per esempio, nel trattare la colonizzazione dell’America, potrebbe essere utile la lettura di una storia a fumetti dell’America Latina di J. Azevedo, che affronta il tema con spiccata sensibilità interculturale (Azevedo, 2000).7
Sembra poi necessario fare un maggiore uso della narrazione come chiave di volta per la motivazione degli studenti: benché nella progettazione delle attività fossero previsti momenti “narrativi”, i moduli nel complesso hanno trattato la materia per blocchi tematici e quadri di civiltà, rivelatisi non sempre in grado di fare presa su alunni più propensi a seguire il racconto delle vicende di concreti personaggi storici che percorsi “astratti”. Si è poi considerato che non sempre i tempi scolastici hanno permesso di sottoporre i testi-stimolo proposti nella progettazione al trattamento didattico (riduzione, semplificazione, traduzione) necessario per l’utilizzo nelle classi.
Infine, si dovrà dedicare più spazio al feedback degli alunni e all’individuazione di efficaci modalità di valutazione degli apprendimenti alla fine dei moduli.
Verso il nuovo curricolo di storia
La revisione del curricolo di storia è tuttora in corso. Tuttavia, proponiamo un confronto provvisorio tra l’attuale curricolo della classe prima (tabella 2) e la nostra riscrittura (tabella 3).
STORIA |
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Competenze Specifiche |
Abilità |
Conoscenze |
L’alunno conosce gli eventi storici |
Conoscere i principali avvenimenti dei periodi storici affrontati
Usare la linea del tempo per collocare un periodo o un evento storico
Saper associare un avvenimento ad un dato periodo storico europeo o italiano |
Età classica
Conflitto tra papato e impero
Nascita ed espansione dell’Islam
Caratteristiche della società feudale
Età comunale
Signorie e principati
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L’alunno comprende le istituzioni della vita politica, sociale e civile |
Comprendere le principali forme di governo e aspetti e aspetti della vita civile delle epoche studiate
Saper usare le competenze acquisite per comprendere tratti essenziali di culture diverse tra loro
Comprendere i momenti principali della storia locale italiana
Saper associare un avvenimento ad un dato periodo storico europeo o italiano |
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L’alunno comprende le relazioni di causa – effetto tra i fatti storici |
Saper individuare i rapporti di causalità ed effetto tra due avvenimenti storici
Confrontare avvenimenti/fenomeni/civiltà per cogliere analogie/differenze
Stabilire semplici collegamenti tra informazioni |
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L’alunno utilizza un lessico specifico |
Usare la terminologia specifica Ricavare informazioni da fonti di diverso genere (iconografia, film ecc.) Comprendere e usare alcuni termini specifici |
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Tabella 2: Attuale curricolo della classe prima
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STORIA |
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COMPETENZE INTERCULTURALI (TRASVERSALI) |
COMPETENZE SPECIFICHE |
ABILITÀ |
CONOSCENZE |
L’alunno è capace di interagire empaticamente con persone di culture diverse, manifestando curiosità e interesse verso l’alterità culturale; sa relativizzare la propria rappresentazione della realtà, riconoscendo nell’altro il portatore di valori culturali altrettanto degni dei propri; è consapevole del carattere complesso delle culture umane; sa mediare e gestire i conflitti, operando negoziati integrativi in caso di scontro culturale; |
L’alunno sa orientarsi tra le diverse modalità con cui differenti culture hanno elaborato le nozioni del tempo e dello spazio; sa rappresentare nelle loro linee essenziali diversi quadri di civiltà; sa cogliere l’importanza delle relazioni di incontro e scontro tra diverse società e culture;
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L’alunno sa collocare sulla linea del tempo un determinato fatto storico; sa mettere in relazione eventi storici e spazi geografici; sa utilizzare semplici carte geo-storiche, traendone le minime informazioni necessarie all’inquadramento di vicende storiche di lunga durata; sa utilizzare con sufficiente proprietà i termini chiave propri del lessico della disciplina; |
L’alunno ha una conoscenza essenziale dei diversi sistemi di misurazione del tempo e dei calendari in uso nelle diverse culture e civiltà umane; ha una conoscenza essenziale delle diverse modalità di rappresentazione dello spazio terrestre nelle diverse tradizioni culturali; |
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riconosce il carattere convenzionale e problematico di ogni partizione della storia umana; |
sa riconoscere le principali differenze tra le diverse possibili periodizzazioni della storia umana; |
ha una conoscenza essenziale delle diverse possibili periodizzazioni della storia umana; |
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sa distinguere diversi tipi di fonti (scritte, orali, iconografiche, materiali); sa distinguere le fonti primarie da quelle secondarie. |
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conosce nelle sue linee principali le vicende storiche relative ai seguenti argomenti: tarda antichità, dall’affermazione del cristianesimo come religione dell’impero romano alla divisione dell’impero; crisi e fine dell’impero romano d’Occidente; migrazioni dei popoli germanici e formazione dei regni romano-germanici; affermazione e diffusione dell’Islam; rapporti tra mondo islamico ed Europa nel Basso Medioevo; età di Carlo Magno e formazione dei regni europei; nascita del sistema feudale; l’Europa dopo l’anno Mille; sviluppo della civiltà urbana e nascita della borghesia; rapporti tra papato e impero; scisma d’Oriente; l’affermazione dei Turchi selgiuchidi e le crociate; l’impero mongolo; la nascita delle monarchie europee; la crisi del Trecento; nascita e affermazione dell’impero ottomano; affermazione della dinastia Ming in Cina; Signorie, principati e Stati regionali in Italia; Umanesimo e Rinascimento.
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Tabella 3 : Riscrittura del curricolo
Come si vede dal confronto tra le tabelle, l’intervento sui contenuti non ha modificato totalmente l’impianto originario del curricolo: la novità introdotta, infatti, non è la giustapposizione agli argomenti già presenti di pezzi di storia “mondiale”, perché – crediamo – ogni contenuto può prestarsi a una rilettura in chiave interculturale. Nuova, invece, è l’indicazione di una serie di competenze interculturali: una parte di esse riguardano la disciplina, altre sono trasversali e costituiscono lo sfondo integratore dell’intero curricolo.
Nel trarre il bilancio provvisorio del project work e della ricerca-azione, vorremmo sottolineare come il lavoro intrapreso dagli insegnanti abbia contribuito a rinnovare, nella nostra scuola, l’interesse per l’educazione interculturale. Riteniamo, inoltre, che la costituzione di un gruppo permanente di docenti impegnato nello studio e nella riflessione sui contenuti e le metodologie dell’educazione interculturale possa rappresentare per la scuola una valida risorsa strategica per la formazione continua degli insegnanti (Catarci, 2011). Nel complesso, il project work ha cercato di contribuire alla diffusione di prassi didattiche modellate secondo il paradigma dell’educazione interculturale, nella convinzione che tale approccio pedagogico possa portare a una “rivoluzione copernicana” (Portera, 2013, p. 42) nella scuola italiana.
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Note
1 Centro Studi e Ricerche IDOS (2018, p. 417).
2 Il racconto arabo è Giuha venditore di seta (Favaro, 2004); quello siciliano, Giufà e la statua di gesso, si legge in Calvino (1956/1993).
3 https://it.dplay.com/dmax/lungo-la-via-della-seta/ (consultato il 17 febbraio 2019).
4 E. Muratore, Africa, l’anteriorità della civilizzazione, “il Fatto Quotidiano”, https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01/30/africa-lanteriorita-della-civilizzazione/2417194/ (consultato il 21 gennaio 2019).
5 U. Eco, La costruzione del nemico: fenomenologia dell’odio nell’identità nazionale (http://library.weschool.com/, consultato l’11 marzo 2019).
6 Sull’analisi dei libri di testo nell’educazione interculturale si vedano Fiorucci (2011) e Perillo (2010).
7 Un’esperienza di utilizzo di quest’opera è in Del Moral (2004).
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ISSN 2420-8175. Educazione interculturale.
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