Vol. 1, n. 1, luglio 2024

Violenza di genere e programmi di aiuto per autori

Riflessioni di Social Work alla luce di una mappatura lombarda

Marco Grassini1

Sommario

Il Social Work è saldamente impegnato, a differenti livelli, nel contrasto alla violenza di genere nel campo dell’aiuto e del sostegno alle donne vittime di violenza. Muovendo dalla volontà di approfondire il tema dell’aiuto a coloro che agiscono violenza, il presente articolo esplora lo stato dell’arte dei programmi rivolti agli autori di violenza all’interno del territorio Lombardo.

I programmi per autori di violenza — come strumento di contrasto alla violenza, protezione delle vittime e possibilità di cambiamento per gli autori — sono oggi al centro di un fervente dibattito italiano ed internazionale.

Proponendosi di contribuire, attraverso lo sguardo disciplinare del Social Work, alle riflessioni oggi in corso, l’articolo presenta l’esito di una ricerca condotta in Lombardia nel 2019 e finalizzata a delineare i punti salienti sotto il profilo organizzativo e di funzionamento dei programmi per autori.

I dati raccolti hanno permesso di constatare la presenza di programmi lombardi con contesti organizzativi differenti e percorsi di aiuto diversificati, accomunati, però, dalla presenza di approcci e professionisti afferenti all’area trattamentale e terapeutica. Quanto emerso ha permesso di delineare le sfide che il Social Work potrà affrontare sia in termini disciplinari al proprio interno sia in rapporto ai programmi per autori.

Parole chiave

Violenza di genere, social work contro la violenza, assistenti sociali, autori di violenza, aiuto agli autori di violenza.

Gender-based violence and programmes for perpetrators in Lombardy Region

Social Work matters

Marco Grassini2

Abstract

Social work counters gender-based violence by providing different levels of support to women who have suffered violence. Wanting to go deeper on the topic of perpetrators support, this article examines perpetrators’ programmes in the Lombardy region.

Perpetrators’ programmes — as a tool to work against violence, to protect victims and as a change possibility for perpetrators — are today in focus of an intense Italian and international debate.

With the aim of contributing from a Social Work perspective the article presents the research’s data carried out in Lombardy in 2019, outlining the salient points from an organizational and operational perspective of perpetrators’ programmes.

The data collected made it possible to identify the presence of programmes in Lombardy with different organizational contexts and diversified interventions, but similar in approaches and professionals belonging to the treatment and therapeutic field. The results have made it possible to outline the Social Work challenges both as a discipline in itself and in relation to offender’s programmes.

Keywords

Gender violence, social work against violence, social workers, work with perpetrators, violent men.

Introduzione

A lungo, nel contesto italiano, è rimasto silente e inesplorato il tema dei programmi per autori di violenza contro le donne quando, a partire dagli anni Ottanta del ’900, nel contesto internazionale si è assistito al diffondersi di programmi di aiuto per l’uomo maltrattante (Bozzoli et al., 2017). Essi mirano ad illuminare quello spazio di invisibilità dove chi agisce violenza si rifugia dall’assunzione della responsabilità a dalla fatica di un lavoro su sé stessi e sulle proprie relazioni (Ciccone, 2013; Feci e Schettini, 2017).

Il presente lavoro presenta i dati di una ricerca emersi dalle interviste a operatori e /o coordinatori dei programmi per autori in Regione Lombardia attraverso i quali si è provato a fornire una descrizione organizzativa, del funzionamento e dei percorsi proposti. Attraverso lo sguardo del Social Work il contributo propone riflessioni sul legame tra l’aiuto agli autori di violenza e il Social Work (IFSW, 2014) offrendo, a partire dai dati di ricerca, stimoli circa le sfide che tali programmi pongono al mondo del Lavoro Sociale.

Elementi fondanti e linee guida dei programmi di aiuto per uomini che hanno agito violenza

L’istituzione di programmi di aiuto e trattamento agli autori di violenza è prevista dalla Convenzione di Istanbul la quale, all’articolo 16 Asse Prevenzione, prevede la loro diffusione al fine di prevenire episodi di recidiva e modificare i modelli comportamentali violenti degli autori. A partire dalla ratifica della Convenzione di Istanbul il quadro italiano delle politiche e delle normative in materia di violenza di genere, ha subìto modifiche che prevedono l’introduzione e l’attuazione di programmi per autori di violenza (ad esempio, modifiche al Codice penale, all’ordinamento penitenziario e istituto dell’ammonimento).3 Saliente, inoltre, in termini normativi è la Legge 69/2019 Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere (Codice Rosso) la quale, tra le numerose novità, subordina la sospensione condizionale della pena alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero dei soggetti condannati.

Guardando al periodo più recente, i programmi rivolti agli autori di violenza sono considerati parte integrante dell’azione sistemica di contrasto alla violenza di genere attraverso le priorità individuate nell’Asse perseguire e punire del Piano Strategico Nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023. È solo con la recente approvazione delle Linee Guida dell’Intesa Stato – Regioni, firmate nel settembre 2022, sui requisiti minimi dei centri per uomini autori di violenza, che approda nel contesto italiano una definizione univoca dei programmi per autori che appare così formulata: «I Centri per Uomini autori o potenziali autori di violenza di genere, d’ora in poi definiti CUAV, sono strutture il cui personale attua i programmi rivolti agli autori di atti di violenza domestica e sessuale e di genere, per incoraggiarli a adottare comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali, al fine di modificare i modelli comportamentali violenti e a prevenire la recidiva. Tali programmi possono essere realizzati sia all’interno sia all’esterno delle mura penitenziarie» (Art. 1, comma 1, Intesa Stato Regioni, 2022).

Le linee guida per lo sviluppo di standard comuni per i programmi rivolti agli autori redatte dall’European Network Work With Perpetrators (WWP) nel 2018 e aggiornate con il documento del 2023, identificano la protezione e la sicurezza delle vittime come principali obiettivi dei programmi dedicati agli autori.

I programmi per autori si basano sul presupposto che sia possibile un cambiamento poiché la violenza, nella maggior parte dei casi, è un comportamento appreso e una scelta, che possono essere modificati attraverso l’accompagnamento e la responsabilizzazione (Intesa Stato – Regioni, 2022).

Lo studio condotto da IRPPS-CNR nel 2018, approfondendo le modalità di intervento e le teorie alla base dei 59 percorsi attivi nel territorio nazionale al 31/12/2017, rileva l’utilizzo di approcci differenti e spesso combinati tra loro. L’80% dei programmi adotta metodi di trattamento psicoterapeutico, il 65% di essi approcci di tipo socio/psico-educativo, il 40% approcci di tipo culturale e il 25% approcci di altro tipo (IRPPS-CNR, 2018). All’interno dell’approccio psicoterapeutico si rilevano orientamenti di tipo cognitivo-comportamentale, seguiti da orientamenti di tipo sistemico- familiare, psicoanalitici e, in misura minore, altri tipi di orientamenti, tra cui lo psicodinamico, il rogersiano, l’umanistico e il bioenergetico (IRPPS-CNR, 2018). Tra gli altri approcci non psico-terapeutici emergono in particolare l’auto-mutuo aiuto e l’approccio criminologico; infine, nella categoria residuale sono considerati l’arte terapia, gruppi di parola e l’approccio narrativo (IRPPS-CNR, 2018).

I programmi per autori nel contesto italiano

La situazione italiana dei percorsi per autori di violenza è bene delineata nella Relazione sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere: prevenire e trattare la violenza maschile sulle donne per mettere in sicurezza le vittime approvata, dalla Commissione Parlamentare di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere, nel febbraio 2022. La Commissione appunta che l’assenza di un quadro attuativo nazionale di riferimento e, fino a poco tempo prima del 2022, di un reale interesse da parte di istituzioni di livello nazionale verso i programmi per autori di violenza, ha fatto sì che tali esperienze mantenessero sempre dimensioni contenute.4 La Commissione, inoltre, afferma «che se oggi è maturo il tempo per superare lo spontaneismo, si può certamente affermare che per una certa fase esso sia stato un valore aggiunto che ha permesso alle iniziative di svilupparsi in direzioni differenti, mantenendo ampia libertà nella sperimentazione. La matrice propria del privato sociale ha inoltre creato le condizioni affinché le esperienze locali entrassero in reciproca sinergia, anche a livello internazionale, costituendo spontaneamente reti, condividendo esperienze e creando nel tempo standard comuni» (Senato, Doc. XXII-bis n. 8., XVIII Legislatura, p. 42). L’evoluzione italiana, sulla spinta del privato sociale, ha portato, inoltre, a una distribuzione locale dei programmi per autori con una maggiore concentrazione nel centro-nord d’Italia (Senato, Doc. XXII-bis n. 8., XVIII Legislatura, p. 42).

L’elemento centrale della situazione italiana è riconducibile al carattere di continua e graduale evoluzione e attuale work in progress della diffusione dei programmi nonché alla contestuale presenza di tensioni di tipo politico e operativo originate nel processo di accreditamento e diffusione degli stessi (Demurtas, Peroni, 2021). Demurtas e Peroni (2021) identificano tensioni di tipo politico nella rete nazionale che racchiude i programmi per autori (Relive) riferendosi alle negoziazioni interne relative ai principi e linee guida da adottare al fine di definire i criteri minimi necessari a ricondurre le iniziative spontanee nell’alveo di un quadro teorico strutturato e comune. La tipicità della situazione italiana è rappresentata dal processo di sviluppo delle politiche antiviolenza avviatasi a partire dagli ’70 del ’900; grazie all’impegno e dedizione di gruppi di donne e femministe si sono avviate risposte concrete ai bisogni delle vittime giungendo, tra le altre iniziative, all’istituzione dei Centri Antiviolenza considerati tutt’oggi il pilastro portante delle reti antiviolenza (Misiti, Toffanin, 2021 in Demurtas e Peroni, 2021). In questo quadro storico di sviluppo delle politiche e degli interventi di contrasto alla violenza di genere, unitamente all’invisibilità del mondo maschile sopra descritta (Deriu, 2013; Ciccone, 2013; Feci, Schettini, 2017; Bozzoli, et al, 2017), i programmi per autori rappresentano oggi una realtà innovatrice nelle politiche antiviolenza (Demurtas e Peroni, 2021). Al contempo essi sfidano, indirettamente, l’assetto delle politiche focalizzate storicamente sull’aiuto alle vittime con ciò che ne consegue in termini economici e di intervento (Demurtas e Peroni, 2021; Giulini, 2022). Tale sfida ha fatto sì che l’avvento dei programmi per autori sia stato accompagnato da diffidenze, da parte dei Centri Antiviolenza (Romito, 2010), di diversa natura (politica, simbolica ed economica) che rispecchiano la preoccupazione principale della salvaguardia e della sicurezza delle vittime (Pauncz, 2016; Demurtas e Peroni, 2021; Giulini, 2022).

I fondamenti del Social Work nell’aiuto agli autori di violenza

Il Lavoro Sociale è notoriamente impegnato nel contrasto alla violenza contro le donne attraverso il sostegno alle vittime all’interno delle reti antiviolenza. «I Centri Antiviolenza e il Servizio Sociale locale rappresentano i nodi di rete indispensabili per accompagnare la donna che subisce o ha subito violenza […] a costruire il percorso di “vita” alternativo alla condizione di violenza subita e realizzare il progetto di autonomia» (ANCI, D.i.Re, 2014, p. 72). Nel supporto alle vittime il Lavoro Sociale ha individuato il proprio oggetto di intervento, il sociale di cui occuparsi, dedicandosi al sostegno dei percorsi verso l’autonomia, occupandosi dell’ascolto nei colloqui di accoglienza, del sostegno economico, dell’emergenza abitativa e della dimensione lavorativa (ANCI, D.i.Re, 2014; Milani e Grumi, 2023).

Anche nella veste di disciplina accademica il Lavoro Sociale ha sviluppato ricerche a partire dal proprio oggetto di studio in tema di protezione delle vittime e del lavoro delle reti antiviolenza (Mullender, 1997; Dominelli, 2002; Zosky, 2011; Heffernan, 2014; Alcàzar-Campos, 2013; Piga et al., 2023).

Meno evidente e scontato appare, invece, il contributo del Lavoro Sociale nell’aiuto agli uomini autori di violenza. L’altro lato della medaglia dell’invisibilità degli autori di violenza (Ciccone, 2013; Feci e Schettini, 2017) è la cecità dei sistemi sociali di aiuto tipici del Lavoro Sociale (Deriu, 2013; O’Sullivan. 2013, Smith, 2019).

Nel campo del lavoro con gli autori di violenza centrale è decidere e scegliere di impegnarsi per promuovere il cambiamento anche là dove l’opinione pubblica ritiene necessario un modello meramente punitivo. La dimensione della decisione e della scelta si connette strettamente alla componente politica della professione dell’assistente sociale, così come sancito anche dall’art. 7 del Codice deontologico italiano (2020): «l’assistente sociale riconosce il ruolo politico e sociale della professione e lo esercita agendo con o per conto della persona e delle comunità».

Appare necessario far emergere dall’alone di ovvietà quegli elementi fondazionali del Social Work per i quali esso, come professione e come disciplina accademica, debba volgere lo sguardo anche all’aiuto ed al cambiamento degli uomini che hanno agito violenza.

Il Global Social Work Statement of Ethical Principles approvato dall’International Federation of Social Workers (IFSW, 2018) pone come principio fondamentale quello del riconoscimento della dignità intrinseca dell’essere umano. Esso richiama alla necessità di relazioni empatiche, orientate necessariamente al bene dell’Altro, accettato incondizionatamente nella sua vulnerabilità al pari delle sue risorse e potenzialità (Tronto, 2006; Banks 2020).

Martha Nussbaum afferma che «l’attenzione per la dignità dovrebbe ispirare le scelte politiche alla tutela del sostegno dell’agency» (Nussbaum, 2011, p.37) chiarendo che «la dignità umana è uguale in tutti coloro che sono in grado di essere agenti […] tutti, insomma, meritano uguale rispetto da parte delle leggi e delle istituzioni» (Nussbaum, 2011, p.37).

Perseguendo la finalità del cambiamento sociale, citata nella definizione internazionale (IFSW, 2014), riconoscere la dignità umana degli autori di violenza significa, al pari di coloro che la subiscono, promuovere processi di liberazione. È solo nel riconoscimento della dignità — così come delle loro vulnerabilità, risorse e potenzialità — di coloro che agiscono violenza che è possibile riconoscere loro spazi di azione verso il cambiamento e miglioramento. La dignità si realizza non nel semplice essere ma nella capacità di agire dell’umano e solo lì, nell’azione, può realizzarsi il cambiamento.

Questo posizionamento è strettamente connesso all’impegno morale dell’assistente sociale (Biffi, Pasini, 2022). Secondo Biffi e Pasini (2022) l’assistente sociale, come operatore afferente al Social Work, prima che un professionista è una persona con sue convinzioni, valori e coscienza morale che ne influenzano i giudizi e le scelte. Secondo Clark (2006) gli assistenti sociali non sono neutrali ai valori in quanto esseri umani. Essi devono possedere quei requisiti di carattere morale sensibili al contesto, e non solo rispettare i principi generali della professione (Clark, 2006). Significa possedere la disponibilità a mettersi in discussione, come professionisti, e a fare scelte intenzionali anche laddove la dimensione emotiva prenderebbe il sopravvento (Clark, 2006). Nel lavoro con persone verso cui gli assistenti sociali provano emozioni forti — anche di rifiuto e giudizio negativo come può essere con gli autori di violenza — è importante che essi sappiano ricollocare la dimensione emotiva e prendano decisioni coerenti con il senso e le finalità dell’intervento sociale (Biffi, Pasini, 2022).

Basandosi sul presupposto secondo cui la violenza contro le donne è, in primis, un problema dell’uomo che agirà in futuro violenza (Creazzo, Bianchi, 2009), è necessario affermare che chi agisce violenza è lui stesso, in primis, portatore di fragilità che sono presenti ancor prima dell’azione violenta. Nell’ottica della definizione di Social Work (IFSW, 2014) chi è portatore di sofferenza e fragilità è meritevole, in ogni caso e di fronte ad ogni agito, di un sostegno al cambiamento, di un accompagnamento al miglioramento della propria vita e del proprio benessere.

Centrale, infine, è il contributo della filosofia del volto di Levinas nell’ambito della dimensione etica del Lavoro Sociale (1988). La connessione tra Levinas e il Lavoro Sociale è ben rappresentata da Pasini (2014): «per Levinas l’etica consiste nella socialità e chiede di incontrare la singolarità e unicità assolutamente irriducibili dell’Altro, che rappresenta l’“Infinito”, ciò che non può essere conosciuto attraverso la Totalità, costituita da concetti, rappresentazioni e sistemi di pensiero che servono a inquadrare e comprendere il mondo che ci circonda» (Pasini, 2014). Il Lavoro Sociale non si compie in modo etico se l’operatore ricorre immediatamente alla competenza professionale, a metodologie e saperi scientifici che mirano a incasellare le persone, a definirle e a dare spiegazioni ai loro comportamenti o alle situazioni che vivono (Pasini, 2014). Tale riflessione si connette profondamente con le riflessioni proposte da Deriu (2013) in merito alla difficoltà del farsi carico, come operatori, dell’ambivalenza della persona indicata come autore di violenza, che significa astenersi dalle categorizzazioni utili alla comprensione del mondo che ci circonda così come enunciato all’art. 8 del Codice deontologico degli assistenti sociali: «l’assistente sociale riconosce la centralità e l’unicità della persona in ogni intervento».

Metodologia della ricerca

Alla luce di queste premesse, nel 2019, si è deciso di approfondire, in ottica esplorativa, lo stato dell’arte dei programmi per autori di violenza presenti in Regione Lombardia. Al fine di conoscere l’esperienza dei programmi per autori ci si è posti le seguenti domande: quanti sono? Quali sono? Cosa fanno? Chi sono le figure professionali che vi lavorano? Come sono organizzati? Da chi sono offerti?

Si è scelto di effettuare interviste semi-strutturate (Corbetta, 2003; Bichi, 2017) agli operatori responsabili / operatori dei programmi attivi in Regione Lombardia. Per ogni programma rivolto agli autori si è intervistato un operatore. Le interviste sono state svolte telefonicamente per questioni meramente organizzative al fine di facilitare la partecipazione dei coordinatori dei programmi. Degli 8 programmi individuati sono state effettuate interviste a 6 programmi. Due degli 8 programmi inizialmente individuati avevano cessato l’attività.

Le interviste sono state registrate e trascritte interamente e testualmente, procedendo, in seguito, a un’analisi tematica del testo (Braun e Clarke, 2006). Attraverso l’analisi dei dati si è proceduto a etichettare i temi e in seguito raggrupparli per categorie semantiche simili.

I dati sono stati raccolti nell’anno 2019.

I dati sono stati trattati nel rispetto della normativa della privacy, la ricerca è stata condotta nel rispetto del Codice Etico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (D.R. 9350/2011).

Risultati e discussione

Dalla mappatura condotta risultano attivi, nell’anno 2019, 6 programmi per uomini autori di violenza. Rilevante notare che, secondo i dati dell’Osservatorio Regionale Antiviolenza (ORA) aggiornati al 2021, risultano presenti sul territorio Lombardo cinquantaquattro (54) centri-antiviolenza e centoventicinque (125) strutture di ospitalità per donne che hanno subito violenza (ORA, 2021). Già nel 1992 con la Raccomandazione 19 della CEDAW veniva evidenziata la necessità di avviare percorsi per uomini autori di violenza, nonché, naturalmente, dell’attivazione di centri di protezione delle vittime. Nel 2013, inoltre, la Convenzione Europea di Istanbul fornisce le medesime indicazioni riguardo i percorsi di aiuto e sostegno a vittime e autori. I dati sopra presentati paiono riflettere la tipicità della situazione italiana del processo di sviluppo delle politiche antiviolenza sopra citata (Misiti e Toffanin, 2021 in Demurtas e Peroni, 2021).

Nascita e organizzazione dei programmi per autori

Le esperienze lombarde, al netto delle rispettive specificità, presentano, come elemento di comunanza, il processo di nascita avviatosi grazie alle riflessioni di operatori attivi nel mondo dei servizi dell’aiuto, o studiosi universitari. È il caso delle esperienze di Como, Brescia, Cremona e Milano nate dall’incontro di alcuni operatori dei consultori familiari e professionisti privati che hanno riletto le proprie esperienze di lavoro all’interno di carceri, percorsi di coppia e percorsi di terapia individuale. L’esperienza dell’università statale, invece, nasce dalla riflessione e dagli studi accademici della docente della cattedra di criminologia. Infine, l’esperienza del CIPM di Milano prende avvio, inizialmente sulla spinta dei professionisti della Cooperativa, attraverso un progetto nelle carceri attivato nell’anno 1999, il quale diviene know how su cui si fonda la richiesta del Comune di Milano di sviluppare un percorso territoriale extra-carceri. Anche l’esperienza di Brescia riceve il sostegno dell’amministrazione pubblica, nello specifico della Provincia di Brescia. Il quadro dei dati riferiti alla nascita dei programmi lombardi rispecchia il processo di spontaneismo e sperimentazione richiamato, ed elogiato, dalla Commissione Parlamentare di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere con la relazione del febbraio 2022.

Nella tabella 1 sono riassunte le caratteristiche organizzative salienti reperite attraverso la raccolta dati. Le esperienze lombarde appaiono recenti; nel 2019 esse risultano attive da non più di dieci anni, e le più recenti da cinque anni.

Tabella 1

Dati riferiti alla dimensione organizzativa dei programmi lombardi

DENOMINAZIONE

PROVINCIA

ANNO DI AVVIO

NATURA ENTE GESTORE

FONTI DI FINANZIAMENTO

LUOGO DI ESERCIZIO

TIPOLOGIA DI ACCESSO

PROFESSIONI CHE VI OPERANO

Cerchio degli Uomini

Brescia

2013

Associazione di volontariato

Donazioni da Terzo Settore, contributi Ente Locale

Spazio in concessione gratuita fornito dall’Ente Locale

Gratuito

3 psicoterapeuti

1 psicologo

Centro Ascolto Uomini Maltrattanti

Cremona

2014

Associazione di promozione sociale

Nessun finanziamento

Spazio in concessione gratuita fornito dall’Ente Locale

Gratuito

3 psicoterapeuti

1 psicologo

1 oper. sanitario

Presidio Criminilogico Territoriale

Milano

2009

Cooperativa Sociale

Ente Locale

Spazio fornito dall’Ente Locale

Gratuito

Psicoterapeuti,

criminologi,

psicologi, mediatori,

psico-pedagogisti,

Centro Savid

Milano

2009

Università Statale

Nessun finanziamento

Spazi dell’università

Gratuito

3 psicologi criminologi

Uomini non più violenti si diventa

Lodi, Varese, Milano

2011

Associazione Culturale

Nessun finanziamento

Studi privati dei singoli operatori

Pagamento tariffa

4 psicoterapeuti,

1 counselor,

1 criminologo

Spazio per uomini che vogliono cambiare

Como

2014

S.C.A.R.L. (Società Consortile a Responsabilità Limitata)

Bilancio dell’ente SCARL

Spazio in affitto condiviso con altre attività

Gratuito

3 psicoterapeuti,

1 psicologo,

1 antropologo

I differenti processi di avvio dei programmi per autori in Lombardia hanno generato una differenziazione nella natura giuridica e organizzativa degli enti che promuovono tali programmi. In tre casi l’ente gestore è un’associazione; nello specifico associazione di volontariato, associazione culturale e associazione di promozione sociale. In un caso è una cooperativa sociale a occuparsi della promozione del programma per autori, mentre in due casi trattasi di ente pubblico (Università Statale) o ente strumentale pubblico (SCARL). Strettamente collegate alla natura dell’ente vi sono le fonti di finanziamento. In sole due esperienze è possibile appurare la presenza di finanziamenti fissi e stabili; è il caso dell’esperienza della cooperativa sociale di Milano, supportata nel progetto da un bando a finanziamento del Comune di Milano, e l’esperienza di Como finanziata con fonti del bilancio aziendale. In tre casi gli intervistati dichiarano di non ricevere finanziamenti. In un caso, quello bresciano, vi è la presenza di donazioni da parte di Fondazioni e contributi una tantum da parte dell’ente locale.

Dai dati raccolti è possibile però riscontrare altre forme di sostegno da parte delle amministrazioni pubbliche come, ad esempio, la messa a disposizione di strutture e luoghi dove i rispettivi enti possono effettuare le attività dei programmi per autori.

Nonostante il quadro di finanziamenti appaia instabile nella maggior parte dei casi, solo uno dei programmi per autori prevede l’accesso a fronte di un corrispettivo economico in capo all’uomo che vi partecipa. Inoltre, gli operatori che prestano servizio all’interno di associazioni sono volontari non retribuiti. I professionisti, invece, che operano all’interno di enti pubblici o cooperative ricevono le retribuzioni come lavoratori dipendenti.

Uno dei livelli di intervento del Social Work (Folgheraiter, 2011), quello del managment, è impegnato nello sviluppo di rapporti e protocolli stilati tra enti e organizzazioni di Social Work perseguendo, anche, specifiche finalità di contrasto alla violenza. Ne sono un esempio, nel contesto Lombardo, le reti antiviolenza provinciali (Legge Regionale 3 luglio 2012) o i Piani di Zona (Legge, 328/200), quali documenti di programmazione territoriale attraverso cui sono progettati interventi anche di contrasto alla violenza contro le donne.

Dai dati raccolti emerge come i programmi per autori lombardi abbiano diverse collaborazioni con istituzioni del territorio quali: UEPE, reti antiviolenza Provinciali, avvocati, forze dell’ordine, magistrati dei Tribunali Ordinari, scuole, Enti locali e operatori servizi sociali. Il termine collaborazioni sta a indicare quei rapporti con organizzazioni esterne che si concretizzano in: mera conoscenza del percorso per autori di violenza; invio informale di persone da parte di queste organizzazioni, ai percorsi per autori di violenza, dove per informale si intende l’indicazione e l’invito all’uomo di recarsi presso servizio per autori di violenza e infine, collaborazione per eventi di sensibilizzazione. Dai dati raccolti emerge, però, che parlando non più di collaborazioni ma di stipula di protocolli tra programmi per autori e altri enti/organizzazioni la situazione è decisamente differente. Il primo dato è che non tutti i programmi hanno protocolli stilati, e quelli presenti sono attivi con poche istituzioni quali: UEPE, Tribunali per esecuzione di Messa alla Prova e, in un caso, con un centro antiviolenza. Le collaborazioni e i protocolli attivi si muovono sulla dimensione del livello di caso, mentre appare non piena e reale la presenza dei programmi per autori ai tavoli istituzionali e alle reti antiviolenza. Tale dato rappresenta sia la causa che la conseguenza della bassa strutturazione e della natura sperimentale, anche organizzativa, di cui essi sono caratterizzati. Essere riconosciuti come parte di una rete istituzionale avrebbe permesso agli stessi programmi di accedere a risorse stabili, ma al contempo la novità stessa che essi rappresentano può essere stato l’ostacolo alla partecipazione al livello programmatorio delle azioni di contrasto alla violenza.

Quali percorsi? Per quali bisogni? Con quali operatori?

Nella tabella 2 sono riassunti i dati riferiti al numero di uomini che hanno partecipato ai programmi per autori di violenza. Per meglio comprenderli è necessario guardare ai dati dell’Osservatorio Regionale Antiviolenza di Regione Lombardia riferiti all’anno 2018 da cui emerge che nel campo del sostegno e protezione delle donne vittime si sono registrati: 6646 nuovi contatti tra centri antiviolenza e donne vittime, che si sono concretizzati in 4295 reali accoglienze di cui 2496 sono state le prese in carico. Il dato assoluto degli uomini presi in carico è certamente positivo. Se però messo in relazione con i soli dati riferiti al 2018 delle donne vittime di violenza, esso assume una connotazione diversa. È bene riflettere se questi numeri dicono solamente di uomini restii a intraprendere percorsi o anche di un mondo dei servizi di Social Work che non «vede» gli autori di violenza avendo, inconsapevolmente o consapevolmente, barriere e criticità all’interno delle politiche e dei sistemi di organizzazione dei servizi nonché nella pratica professionale, che non permettono a questa categoria di persone fragili di essere accolte. Inoltre, è importante evidenziare che i dati presentati non permettono di differenziare quanti uomini hanno fatto accesso spontaneamente e quanti su invio da parte di istituzioni altre.

I programmi per autori definiscono criteri di accesso finalizzati a delineare le caratteristiche dei destinatari che vi possono accedere. Due servizi fanno specificatamente riferimento a persone indagate, condannate oppure imputate nonché a persone che già si trovano all’interno di percorsi giudiziari non escludendo, al contempo, coloro che sentono la necessità di lavorare sui propri agiti violenti anche in assenza di procedimenti penali. Altri servizi si rivolgono ai medesimi destinatari senza però evidenziare distinzioni tra intra ed extra processuale. Infine, vi è un servizio che non definisce a priori criteri di accesso, ma in sede di primo colloquio valutano l’idoneità all’accesso. La maggioranza dei programmi dichiarano, inoltre, di rivolgersi solamente a coloro che non presentano altre problematicità legate, ad esempio, a problemi di salute mentale o dipendenze. Non si avviano, quindi, programmi di aiuto sulla violenza in presenza di multiproblematicità. Infine, quattro programmi accolgono persone sia maggiorenni che minorenni.

Tabella 2

Numero di uomini che hanno partecipato ai programmi per autori in Lombardia

Organizzazione

Accessi da inizio attività (uomini)

Nuovi accessi nel 2019 (uomini)

Cerchio degli Uomini (BS)

60

7

Centro Ascolto Uomini Maltrattanti (CR)

80

12

Presidio Criminilogico Territoriale (MI)

300

68

Centro Savid (MI)

80

6

Uomini non più violenti si diventa (LO, MI, VA)

84

12

Spazio per uomini che vogliono cambiare (CO)

55

8

Tot.

659

113

La possibilità di accedere ai programmi per autori anche per coloro che non sono all’interno di un procedimento penale rappresenta un dato estremamente importante per il mondo del Social Work. Gli operatori del Lavoro Sociale incontrano famiglie e persone che hanno vissuto e vivono la violenza spesso in situazioni dove l’eventuale denuncia e l’avvio di un procedimento è l’esito del percorso di aiuto. L’operatore sociale intercetta, talvolta, la violenza nel vivere quotidiano, nei percorsi di aiuto sociali che esulano dai procedimenti penali. Gli operatori del Social Work sono chiamati ad avviare percorsi di aiuto nella zona grigia, nell’interregno dove l’eventuale risposta penale alla violenza, anche nel suo carattere rieducativo, non è ancora giunta e forse nemmeno giungerà se non verrà effettuata una denuncia o se lo status, che in quel frangente è di indagato, non si tramuterà in quello di imputato e poi di condannato. In quest’ottica diviene saliente per gli operatori sociali riconoscere i bisogni degli autori ed essere promotori e facilitatori all’accesso ai percorsi di aiuto che, secondo i dati, sono rivolti anche a coloro che non si trovano in percorsi giudiziali.

Attraverso l’analisi di contenuto delle trascrizioni delle interviste è stato possibile identificare i bisogni a cui, secondo gli operatori dei programmi, gli uomini desiderano far fronte. I bisogni che emergono sono strettamente legati alle modalità con cui l’uomo accede al programma. A seconda del fatto che l’accesso sia spontaneo, o su indicazione dei tribunali, o dei propri avvocati, o su sollecitazione da parte delle propria partner o da parte del servizio UEPE o servizi sociali, vengono riscontrati bisogni e desideri iniziali differenti. Aggregando le differenti specificità è possibile affermare che i bisogni riscontrati possono essere riconducibili, in primis, ai bisogni di stare meglio all’interno delle proprie relazioni familiari, alla volontà di ridimensionare i propri atteggiamenti per i quali gli uomini stessi si sono interrogati in seguito a un agito violento nonché rispondere alla necessità specifica di salvaguardare il rapporto con i propri figli e le proprie partner. A fianco di tali bisogni ne emerge uno più generale legato al desiderio di cambiamento del proprio stile di vita. Generalmente sono gli uomini che accedono spontaneamente o su invito delle proprie partner o delle realtà territoriali che presentano i bisogni sopra elencati. Vi è poi il bisogno di segnare un impegno al cambiamento da poter mostrare in fase giudiziale dinnanzi al giudice con cui gli uomini, talvolta invitati dal giudice stesso o dai propri avvocati, accedono spontaneamente al programma di aiuto. Infine, per coloro che accedono all’interno dei percorsi di aiuto presso l’UEPE non emergono in prima istanza bisogni rilevanti, ma nel tempo del percorso e dell’esperienza di sostegno essi raggiungono la consapevolezza di riflettere e rileggere il reato commesso, in termini giudiziali, nonché il vissuto della vita in carcere.

Per quanto concerne le attività e i percorsi di aiuto tutti i programmi propongono dei colloqui iniziali e individuali di valutazione. Nell’ordine numerico che va da uno a cinque, ogni programma effettua colloqui iniziali al fine di valutare la motivazione dell’uomo a intraprendere il percorso e verificare l’efficacia di un percorso trattamentale con quella persona. Essi sono inoltre finalizzati ad approntare una prima valutazione dei bisogni ma anche di eventuali rischi ancora presenti per la donna che ha già subito violenza, e in un caso, una valutazione criminologica circa la pericolosità e l’evento reato attraverso l’approfondimento della collaborazione e la consapevolezza della persona rispetto alla condotta deviante. In un caso la fase di valutazione è gestita con finalità psicodiagnostiche attraverso la somministrazione di test scientificamente validati.

A seguito delle fasi di valutazione le attività proposte dai differenti programmi possono essere suddivise in due principali categorie: percorsi individuali o percorsi gruppali. I percorsi individuali sono proposti in due programmi e si differenziano per tipo: percorsi di stampo psicoterapeutico focalizzati sul tema della violenza e sui comportamenti violenti, e percorsi di tipo criminologico basati su un’analisi del fatto reato o del comportamento aggressivo/violento. I quattro programmi che prevedono percorsi di gruppo offrono tre differenti tipi di lavoro in gruppo: in un caso si adotta un gruppo di auto-mutuo-aiuto (Steinberg, 2002; Calcaterra, 2013), due programmi propongono gruppi tematici che si rifanno a processi psicoterapeutici di gruppo differenziandosi dall’approccio dell’auto-mutuo-aiuto, un programma, infine, propone gruppi trattamentali di stampo criminologico.

Interessante è evidenziare l’esperienza di due programmi che, a fianco dei percorsi gruppali o individuali offrono, in diverse forme, figure di tutoraggio (talvolta volontari) che possano sostenere l’uomo nel tempo extra attività gruppale o individuale. Le finalità sono, in un caso, di tutoraggio e prevenzione di azioni, o primi segnali, di recidiva nonché di promozione di processi relazionali con la rete comunitaria (adeguatamente formata dal programma per autori) basati sui principi della giustizia riparativa. In un secondo caso la persona tutor ha il compito di sostenere l’uomo nei bisogni più concreti di riorganizzazione di vita che possono scaturire durante il percorso di cambiamento. L’accesso ai percorsi di tutoraggio non è previsto per tutte le persone che aderiscono al programma ed è valutato situazione per situazione.

Le attività sopra descritte vengono condotte e proposte da operatori professionisti che, come mostra la tabella 1, afferiscono principalmente alle categorie degli psicoterapeuti e psicologi, seguiti poi da criminologi, mediatori, counselor e psico-pedagogisti

Gli operatori predominanti sono quelli afferenti all’area trattamentale riconducibile a processi di intervento basati sulla logica diagnosi-trattamento eccezion fatta per il percorso di auto-mutuo aiuto condotto, ad ogni modo, da professionisti psicoterapeuti. Dal punto di vista del Social Work emerge evidente l’assenza di operatori sociali.

Conclusioni: prospettive di sviluppo per il Social Work

I dati raccolti nel presente studio mostrano la presenza di programmi lombardi portatori di differenze e specificità che dicono di un terreno in evoluzione e alla ricerca di modelli di intervento efficaci.

Nel complesso i dati rivelano differenti livelli di stabilità organizzativa dei programmi attivi. Nel periodo di rilevazione dei dati il contesto normativo e di pianificazione italiani erano privi di disposizioni finalizzate al riordino e strutturazione dei programmi per autori di violenza. In un quadro di finanziamenti incerti, operatori volontari e fasi di lavoro sperimentali l’offerta complessiva del lavoro con gli autori è apparsa fortemente soggetta alla volontà e al desiderio di impegno di singoli operatori lungimiranti. Alla luce delle riflessioni esposte al paragrafo 3, appare responsabilità propria del Social Work farsi promotore del processo di integrazione e coinvolgimento, in termini istituzionali, delle esperienze di sostegno agli uomini autori di violenza. In tal senso autori favorevoli all’espansione dei programmi per autori si sono espressi, nella seconda decade degli anni 2000, individuando tre resistenze da dover superare al fine di dare il via a un percorso di strutturazione seria dei percorsi per uomini autori di violenza: riuscire a vedere il maschile come problema e più in generale la messa in discussione di una mascolinità globalizzata (Ciccone, 2013) oggi non più sostenibile; riuscire a identificare il maschile come un campo di conflitti e ambivalenza ed infine riuscire a vedere il maschile anche come risorsa (Deriu, 2013). Da tali inviti appare ancora oggi necessario che il Social Work, come disciplina e come professione, debba fortemente interrogarsi circa il proprio ruolo nella promozione della diffusione dei programmi per autori.

Per il Social Work preme rilevare due livelli distinti di riflessione: il primo riguarda la necessità di riconoscere che il lavoro con l’autore sia percorribile assumendo la definitiva consapevolezza che la fragilità di cui gli autori sono portatori è meritevole della proposta di percorsi volti al cambiamento e non solo di logiche punitive; nel secondo livello la riflessione si sviluppa internamente al mondo dei programmi ed è volta a comprendere quale sia il modello, o i modelli, di aiuto più efficienti in termini di cambiamento dell’uomo e protezione delle vittime.

Rispetto al primo livello, a partire dalla letteratura e dalle evidenze dei dati raccolti che testimoniano la centralità della riflessione critica degli operatori sul campo nell’avvio delle esperienze lombarde, ci si chiede quanto il Social Work, e meglio ancora, quanto gli operatori del Social Work all’interno dei propri sistemi di aiuto, vedano lo spazio di cambiamento e le dimensioni di bisogno degli autori. Ad oggi sarebbe importante chiedersi quanto gli operatori sociali riconoscano la possibilità di essere promotori ad ogni livello — field work, management e policy making (Folgheraiter, 2011)di una cultura e di un approccio che contempli percorsi di aiuto agli autori di violenza. Se questo appare doveroso sotto i profili etici e deontologici e nel rispetto della natura definitoria del Social Work (come evidenziato nel terzo paragrafo) sarebbe interessante comprendere come e quanto tale orientamento si concretizzi nei livelli di campo e di studio del Lavoro Sociale. A titolo esemplificativo ci si può chiedere se e quanto all’interno dei servizi di tutela minorile si riconosca la necessità di un lavoro sulla violenza da parte dell’uomo prima che egli, per esempio, affronti un percorso di incontri protetti con i minori che hanno, probabilmente, assistito alla violenza e sono, quindi, loro stessi vittime portatrici di profonde conseguenze traumatiche (Luberti e Grappolini, 2017).

Nel livello di ricerca del miglior approccio per l’efficacia dei programmi per autori è necessario approfondire quanto e come il Social Work possa e debba occuparsi dei percorsi con gli autori di violenza a partire dal proprio oggetto di lavoro centrato sulla dimensione sociale dell’aiuto. I dati raccolti evidenziano la predominanza di professioni psicologiche/trattamentali rivelando una concordanza circa l’utilizzo di un approccio basato su modelli e studi afferenti all’area trattamentale. In quest’ottica l’efficacia del percorso di aiuto viene valutata in termini individuali e comportamentali dell’autore di violenza. L’idea, di due programmi lombardi, di promuovere un sostegno di tutoraggio apre riflessioni circa la componente sociale del percorso di aiuto. Secondo la prospettiva del Social Work, il percorso di cambiamento volto a un miglior benessere significa rispondere a una condizione di fragilità e malessere nella sua dimensione sociale. L’ipotesi di un lavoro anche attraverso le relazioni sociali dell’uomo può aprire riflessioni su come e quanto tale ottica possa contribuire a organizzare un contesto sociale atto a garantire una maggior sicurezza alle vittime; finalità quest’ultima dichiarata prioritaria dalle linee guida dei programmi per autori.

Comprendere e definire come il Social Work possa contribuire, alla luce del proprio ambito di intervento, ai percorsi nei programmi per autori è oggi una sfida che necessita di studio. Promuovere, invece, una cultura, una pratica professionale multilivello e un impegno accademico che riconoscano e contemplino la necessità dell’aiuto agli autori di violenza è una sfida disciplinare che il Social Work deve affrontare.

Bibliografia

Alcázar-Campos A. (2013). Social work with female victims of gender violence: Analysis of an experience in Southern Spain from a feminist perspective, «Affilia», vol. 28, n. 4, pp. 366-378.

ANCI (2014) D.i.re. Linee guida per l’intervento e la costruzione di rete tra i Servizi Sociali dei Comuni e i Centri Antiviolenza, Roma

Banks S. (2020), Ethics and values in social work, Londra, Bloomsbury Publishing

Bichi R. (2017), La conduzione delle interviste nella ricerca sociale, Roma, Carocci.

Biffi F. e Pasini A. (2022), Principi e fondamenti del servizio sociale, Trento, Erikson.

Bozzoli A., Merelli M. e Ruggerini M.G. (a cura di) (2017), Il lato oscuro degli uomini. La violenza maschile contro le donne: modelli culturali di intervento, Roma, Ediesse.

Braun V. e Clarke V. (2006), Using thematic Analysis in Psychology, «Qualitative Research in Psychology», vol. 3, pp. 77-101.

Calcaterra V. (2013), Attivare e facilitare i gruppi di auto/mutuo aiuto, Trento, Erickson.

Ciccone S. (2013). In S. Magaraggia e D. Cherubini (a cura di), Uomini contro le donne? le radici della violenza maschile, Milano, UTET.

Clark T., Foster L., Bryman A. e Sloan, L. (2021), Bryman’s social research methods, Oxford, UK, Oxford University Press.

Consiglio d’Europa, (2011), Serie dei Trattati del Consiglio d’Europa, N° 210 Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, Istanbul.

Consiglio Nazionale Ordine Assistenti Sociali (CNOAS) (2020), Codice Deontologico dell’Assistente Sociale, Roma.

Corbetta P. (2003), La ricerca sociale: metodologie e tecniche. III. Le tecniche qualitative, Bologna, il Mulino.

Creazzo G. e Bianchi L., (2009), Uomini che maltrattano le donne: che fare?, Roma, Carocci.

Demurtas P. e Peroni C. (2021), Una convergenza impossibile? Gli interventi per autori di violenza in Italia tra resistenze e istanze innovatrici, «Rivista delle Politiche Sociali», vol. 3, n. 4, p. 39.

Deriu M. (2013). In S. Magaraggia e D. Cherubini (a cura di), Uomini contro le donne? le radici della violenza maschile, Milano, UTET.

Dipartimento Pari Opportunità Presidenza del Consiglio (2021). Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023, Roma, https://www.pariopportunita.gov.it/it/politiche-e-attivita/violenza-di-genere/piano-strategico-nazionale-sulla-violenza-maschile-contro-le-donne-2021-2023/ (consultato il 20/6/2024).

Dominelli L. (2002), Anti-oppressive social work: Theory and practice, Londra, Palgrave Macmillan.

European Network Work With Perpetrators (WWP) (2018), Guidelines to Develop Standards for Programmes Working with Perpetrators of Domestic Violence – Working Document Version 3, https://www.work-with-perpetrators.eu/resources/guidelines (consultato il 20/6/2024).

European Network Work With Perpetrators (WWP) (2023). European standards for perpetrator programmes standards for survivor-safety-oriented intimate partner violence perpetrator programmes, working document disponibile online: https://www.work-with-perpetrators.eu/resources/guidelines (consultato il 20/6/2024).

Feci S. e Schettini L. (2017). La violenza contro le donne nella storia: contesti, linguaggi, politiche del diritto (secoli XV-XXI), Roma, Viella.

Folgheraiter F. (2011) Fondamenti di metodologia relazionale. La logica sociale dell’aiuto, Trento, Erickson.

Giulini P. e Garbarino F. (2022), L’approccio multidisciplinare nel contrasto alla violenza di genere: il trattamento degli autori, «Maltrattamento e Abuso dell’Infanzia», vol. 3, pp. 37-59.

Heffernan, K., Blythe, B., & Nicolson, P. (2014). How do social workers understand and respond to domestic violence and relate this to organizational policy and practice?. «International Social Work», vol. 57, n. 6, pp. 698-713.

IFSW (2018). Global Social Work statement of ethical principles, http://ifsw.org/get-involved/global-definition-of-social-work/ (consultato il 20/6/2024).

IFSW and IASSW (2014). Global definition of the social work profession, https://www.iassw- aiets.org/wpcontent/downloads/global-social-work-statement-of-ethical-principles-2018/Global-Social-Work-Statement-of-Ethical-Principles-IASSW-27-April-2018-01-English.pdf (consultato il 20/6/2024).

Istituto di Ricerca sulla Popolazione e le Politiche Sociali (IRPPS) (2018), I programmi per autori di violenza. Quadro di sintesi dei risultati della rilevazione, Roma, https://www.istat.it/it/files/2018/04/IRPPS-CNR-Programmi-autori-violenza.2017.pdf( consultato il 20/6/2024).

Levinas E. (1988), Umanesimo dell’altro uomo, Genova, Il Melangolo

Luberti R. e Grappolini, C. (2017), Violenza assistita, separazioni traumatiche, maltrattamenti multipli: Percorsi di protezione e di cura con bambini e adulti, Trento, Erickson.

Milani L. e Grumi S., (2023), Psicologia della violenza di genere, Milano, Vita e Pensiero

Misiti M. e Toffanin A.M., 2021, Il sistema dei servizi antiviolenza in Italia: attori e politiche. In P. Demurtas e M. Misiti (a cura di), Violenza contro le donne in Italia. Orientamenti e buone pratiche, Milano, Guerini Scientifica.

Mullender, A. (1997). Domestic violence and social work: the challenge to change. «Critical Social Policy», vol. 17, n. 50, pp. 53-78.

Nussbaum M. (2011), Creare capacità. Oltre la cultura del PIL, Bologna, il Mulino.

O’ Sullivan L. (2013), Engaging with male perpetrators of domestic violence: An exploration of the experiences and perspectives of child protection social workers, «Critical Social Thinking: Policy and Practice», vol. 5, pp. 111-131.

Osservatorio Regionale Antiviolenza (ORA) (2021), La violenza contro le donne in Lombardia; I dati dei Centri antiviolenza, Milano.

Pasini A. (2014), Assistenti sociali e scelte morali. Spunti di riflessione dall’intreccio di diverse prospettive etiche, «Lavoro Sociale», vol. 14, n. 4, pp. 55-69.

Pauncz, A. (2016). Il lavoro in gruppo con uomini autori di violenza in ambito domestico, «MinoriGiustizia», vol. 2.

Piga M.L. e Pisu D. (2023), La prospettiva dell’anti-oppressive practice nel servizio sociale: dalle risposte emergenziali alle strategie alternative per la protezione delle donne vittime di violenza domestica, «Rivista di Servizio Sociale», vol. 63, n. 1, pp. 96-107.

Romito P. (2010), La violenza di genere su donne e minori, Milano, FrancoAngeli.

Senato della Repubblica Italiana, (2022), Relazione sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere: prevenire e trattare la violenza maschile sulle donne per mettere in sicurezza le vittime, Doc. XXII-bis n. 8., XVIII Legislatura, Roma, Commissione Parlamentare di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere.

Smith J. e Humphreys C. (2019), Child protection and fathering where there is domestic violence: Contradictions and consequences, «Child & Family Social Work», vol. 24, n. 1, pp. 156-163.

Steinberg D.M. (2002), L’auto/mutuo aiuto. Guida per i facilitatori di gruppo, Trento, Erickson.

Tronto J., Noddings N., Buker E., Sevenhuijsen S., Bozalek V., Gouws A., Minnaar-Mcdonald M., Little D., Urban Walker M., Robinson F., Stadtman Tucker J. e Brandsen C. (2006), Socializing care: Feminist ethics and public issues, Lanham, Maryland, USA, Rowman & Littlefield Publishers.

Zosky, D. (2011). A matter of life and death: The voices of domestic violence survivors, «Affilia», vol. 26, n. 2, pp. 201-212.


1 Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano.

2 Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano.

3 Per un’esaustiva panoramica si veda Relazione sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere: prevenire e trattare la violenza maschile sulle donne per mettere in sicurezza le vittime approvata, dalla Commissione Parlamentare di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere, nel febbraio 2022 (Senato, Doc. XXII-bis n. 8., XVIII Legislatura)

4 È bene precisare che la relazione della Commissione è approvata prima dell’introduzione delle Linee Guida dell’Intesa Stato -Regioni, firmate nel settembre 2022, sui requisiti minimi dei centri per uomini autori di violenza e di genere

Vol. 1, Issue 1, July 2024

Corrispondence: Marco Grassini — e-mail: email: marco.grassini@unicatt.it

 

Indietro