Vol. 1, n. 1, luglio 2024

Il Colloquio Partecipato per il benessere a scuola

Un’esperienza di partecipazione di ragazzi e ragazze

Valentina Calcaterra1

Sommario

L’articolo propone una riflessione su una esperienza di partecipazione dei ragazzi e delle ragazze per la definizione del loro benessere a scuola. Partendo dall’assunzione che la partecipazione dei ragazzi ai contesti di vita scolastica sia una condizione necessaria affinché la scuola possa svolgere appieno la sua funzione di accompagnamento alla crescita, l’articolo presenta gli esiti di un progetto per la sperimentazione dei Colloqui Partecipati (CP). Il CP è un modello innovativo di colloquio scuola-famiglia in cui insegnanti e ragazzi, da soli o con i loro genitori, dialogano sul percorso di apprendimento e affrontano tematiche connesse alla vita del gruppo classe non strettamente connesse al rendimento scolastico dei singoli, ma orientate a riflettere sulle attenzioni necessarie per stare meglio a scuola. Per supportare la partecipazione dei ragazzi a questa esperienza il modello prevede il supporto di un portavoce professionale indipendente con funzioni di advocacy a sostegno dei ragazzi coinvolti. Attraverso l’analisi tematica di interviste semi-strutturate, l’articolo presenta gli esiti della ricerca che ha accompagnato la sperimentazione dei CP dal punto di vista dei ragazzi che l’hanno vissuta. Ne emerge l’importanza della fase di preparazione ai CP e del supporto di un portavoce professionale indipendente. I CP risultano essere un processo di empowerment per i ragazzi e un’occasione per avvicinare insegnanti e ragazzi in una relazione di maggiore reciprocità e riconoscimento.

Parole chiave

Partecipazione, scuola, colloquio partecipato, advocacy, portavoce professionale indipendente.

The participatory interview for well-being at school

An experience of participation for young people

Valentina Calcaterra2

Abstract

The article proposes a reflection on an experience of young people’s participation in defining their well-being at school. Starting from the assumption that children’s participation in the contexts of school life is a necessary condition for the school to fully fulfil its function of accompanying growth, the article presents the results of an innovative project named Colloqui Partecipati (CP). The CP is an innovative school-family interview model in which teachers and young people, alone or with their parents, discuss the learning process and address issues related to the life of the class group. To support young people’s participation in this experience, the model provides for the support of an independent professional advocate. Through thematic analysis of semi-structured interviews, the article presents the findings of the research that accompanied the CP project from the perspective of the young people involved. The importance of the preparation phase of the CP and the support of an independent professional advocate is highlighted. CPs are shown to be a process of empowerment for young people and an opportunity to bring teachers and young people closer together in a relationship of greater reciprocity and recognition.

Keywords

Participation, school, participatory interviews, advocacy, independent professional advocate.

La partecipazione dei ragazzi a scuola

In questo articolo si propone una riflessione su una esperienza di partecipazione dei ragazzi e delle ragazze alla vita scolastica a partire dalla consapevolezza che il ruolo educativo della scuola va oltre gli obiettivi di apprendimento didattico puramente intesi. La scuola è il primo ambiente in cui i ragazzi3 intrecciano le loro relazioni sociali ed è a tutti gli effetti un attore in campo nella definizione di percorsi di benessere dei bambini e dei ragazzi accanto alle famiglie, ai servizi sociali e di tutela minorile, alle altre agenzie educative (Baginsky et al., 2022; Folgheraiter, 2014, 2018).

La scuola, inoltre, è tenuta a intervenire quando si profilano situazioni di pregiudizio che coinvolgono persone di minore età (Cabiati e Corradini, 2018). L’indagine nazionale sul maltrattamento dei bambini in Italia, pubblicata nel 2021 dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, in collaborazione con Terre des Hommes e CISMAI (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia) rileva che, dopo l’Autorità giudiziaria e la famiglia, la scuola è il primo soggetto che si attiva per segnalare una presunta situazione di maltrattamento.

La scuola è e deve essere intesa come un ambiente primariamente umano dove la relazione è al centro nella sua finalità educativa, ma anche di cura del benessere e di una sana crescita (Folgheraiter, 2014).

Concepire la scuola a tutto tondo e non solo per la sua funzione «istruttiva» permette di riconoscerla come luogo di ascolto dove i bisogni, le emozioni, le fatiche, ma anche gli entusiasmi dei ragazzi devono essere accolti, compresi, e resi partecipi del programma educativo.

La partecipazione dei bambini e dei ragazzi ai contesti di vita scolastica è una condizione necessaria affinché la scuola possa svolgere appieno questa sua funzione di accompagnamento alla crescita.

La partecipazione dei bambini alla definizione degli interventi per il loro benessere, ogni volta che deve essere presa una decisione, è un diritto riconosciuto dalla normativa internazionale e nazionale. Doveroso ricordare la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia (1989) che sancisce all’articolo 12 il diritto dei fanciulli di esprimere le proprie considerazioni ogni volta che una decisione che li riguarda deve essere presa e che la loro opinione venga debitamente tenuta in considerazione. Questo diritto di partecipazione deve poter essere esercitato anche nell’ambito della scuola sia relativamente alle decisioni che riguardano il proprio percorso di studio/apprendimento, sia relativamente alle decisioni che riguardano il gruppo classe.

Le recenti «Linee guida per la partecipazione di bambine e bambini e ragazze e ragazzi»4 (Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, 2022) richiamano l’attenzione sull’importanza delle esperienze di partecipazione dei ragazzi a scuola come occasioni che consentono di accrescere il senso di appartenenza e lo sviluppo di abilità sociali prodromiche alla partecipazione alla vita democratica: gli effetti di questo coinvolgimento precoce riguarderebbero un aumento della fiducia in sé stessi, oltre a una maggiore capacità di apportare un cambiamento positivo nella propria esistenza o in quella altrui.

Anche la partecipazione della famiglia alla vita scolastica dei bambini e dei ragazzi è un elemento riconosciuto come importante e necessario. Dalle ricerche che studiano il coinvolgimento della famiglia nell’ambito della vita scolastica (Catsambis e Beveridge, 2001; Fan e Chen, 2001; Jeynes, 2003, Epstein e Sheldon, 2002; Epstein et al. 2018; Goodall, 2018; Sheldon, 2007) emerge un quadro tendenzialmente coerente nell’affermare che tanto più le famiglie sono coinvolte nelle questioni che riguardano la scuola, si preoccupano di aiutare i loro figli con i compiti a casa, partecipano ai momenti strutturati di incontro tra scuola e famiglie, tanto migliore sarà l’andamento scolastico dei loro figli sia in termini di apprendimento che di frequenza e partecipazione alla vita della scuola.

Nel nostro Paese la relazione scuola-famiglia viene intesa nella forma della corresponsabilità educativa (Capperucci et al. 2018; Pati, 2019; Zini, 2016) come si legge nelle Linee di indirizzo sulla «Partecipazione dei genitori e la corresponsabilità educativa» emanate dal MIUR nel 2012.

Tuttavia, la partecipazione della famiglia alla scuola oggi è spesso ancora considerata solamente dal punto di vista degli adulti (genitori/altri famigliari di riferimento), prevalentemente per la realizzazione dei colloqui scuola-famiglia in relazione all’andamento scolastico dei bambini/ragazzi (Mori et. al., 2022) e non anche dei bambini e dei ragazzi.

Infatti, seppur sia possibile tracciare diverse esperienze di partecipazione dei ragazzi alla vita scolastica con diversi gradi di coinvolgimento (Bianchini, 2022; Folgheraiter, 2016; Giolivo e Melucci, 2022; Maci, 2014), dalle esperienze più strutturate, come i consigli dei ragazzi, la rappresentanza studentesca, le forme di consultazione dei ragazzi, per arrivare alle modalità di gestione della didattica che rendono partecipi gli alunni come l’apprendimento mediante la discussione e l’interazione in gruppo, la scuola mantiene prevalentemente una struttura adultocentrica.

Eppure, i ragazzi chiedono maggiori spazi di partecipazione e dialogo con i loro docenti alla costruzione del loro percorso scolastico come emerge chiaramente dagli esiti della consultazione pubblica «La scuola che vorrei» promossa dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (2022).

Va detto, tuttavia, che la partecipazione non sempre è una esperienza semplice per i ragazzi; potrebbero avere difficoltà di tipo comunicativo, essere in imbarazzo, avere paura delle conseguenze di ciò che diranno, non avere tutte le informazioni per poter decidere, temere che il proprio punto di vista non sia compreso o accolto dagli adulti (Barnes, 2007; Boylan e Ing, 2005; Daly, 2014; Diaz, 2020; Muench et al. 2017; Tucker, 2011; Ulvik, 2015).

Dalle ricerche che hanno studiato la partecipazione delle persone di minore età nei contesti decisionali formali emerge come i ragazzi dichiarano che si sentono più sicuri quando sono accompagnati nel parlare con gli adulti da qualcuno presente solamente per loro e che possa parlare in loro nome quando necessario (Boylan e Dalrymple, 2006; Vis et al. 2011; Kennan et al., 2018; Bell, 2011; Chase et al. 2006; Jelicic et al., 2013; Oliver et al., 2006; Knight e Oliver, 2007). L’advocacy professionale indipendente si concretizza nell’intervento di un professionista specificatamente formato per aiutare i ragazzi a partecipare ai processi decisionali, a esprimere le proprie opinioni e ad assicurarsi che vengano tenute in considerazione (Calcaterra, 2014; Munro, 2001; Vis et al., 2011) oltre che a promuovere cambiamenti che consentano una maggiore centratura sui bisogni dei minori da parte del sistema dei servizi (Willow, 2002). In Italia si è ad oggi sperimentato l’intervento di un operatore di advocacy (portavoce) in diversi contesti nell’ambito della tutela minorile (Calcaterra, 2016). Gli esiti di tali sperimentazioni (Calcaterra, 2015; Calcaterra e Folgheraiter, 2021; Calcaterra e Raineri, 2022) mostrano come l’intervento sia compreso e apprezzato dai ragazzi, funzionale nel promuovere una loro maggiore partecipazione, vantaggioso per la definizione di interventi maggiormente centrati sui bisogni dei più piccoli, ma non sempre di facile attivazione in quanto mette in discussione il potere decisionale degli adulti che sono tenuti a considerare seriamente il punto di vista dei ragazzi coinvolti e motivare le loro decisioni.

Il progetto «Il Colloquio Partecipato» a scuola

Il progetto su cui si innesta la ricerca oggetto di riflessione nel presente articolo è stato promosso dall’Associazione «Con-Tatto» di Morbegno e dall’Associazione «Advocacy. Tutela e voce dell’infanzia» di Varese. Il progetto si è realizzato presso alcuni Istituti Comprensivi e Superiori di Morbegno con la finalità generale di promuovere esperienze innovative per riconoscere il diritto dei ragazzi ad essere ascoltati su ogni questione che li riguarda, in particolare nei processi decisionali che li vedono coinvolti e che determinano la qualità della loro esperienza scolastica.

Nel concreto si è proposto ad alcune classi di sperimentare un modello innovativo di colloquio scuola-famiglia denominato «Colloquio partecipato» (CP): un momento dialogico in cui il personale docente si trova insieme ai singoli ragazzi, da soli o con i loro genitori, per riflettere sul percorso di apprendimento e affrontare tematiche connesse alla vita del gruppo classe.

Nel CP il ragazzo e i suoi insegnanti sono i protagonisti di un incontro di condivisione aperta sull’esperienza scolastica «a tutto tondo», attenta ad accogliere e valorizzare tutti gli aspetti determinanti la qualità del benessere e dello «stare a scuola» dei ragazzi (bisogni didattici, affettivi, emotivi, relazionali…), condivisione che non vuole essere fine a sé stessa, ma che si concretizza in idee realizzabili che promuovano dei cambiamenti desiderabili.

Il progetto è stato presentato dai responsabili delle associazioni ai dirigenti dei due Istituti comprensivi che hanno diffuso, secondo le modalità da loro ritenute opportune, la proposta di partecipazione ai collegi docenti. Si è quindi raccolta l’adesione dei docenti interessati a sperimentare tale forma di colloquio e, a seguire, questi hanno presentato il progetto alle loro classi con l’aiuto dei referenti delle associazioni e con le due portavoci che sarebbero state presenti a supporto della partecipazione dei ragazzi. I ragazzi delle classi coinvolte hanno potuto liberamente decidere se aderire alla proposta. Contestualmente è stato dato avviso del progetto alle famiglie che hanno ricevuto materiale informativo e hanno partecipato a un incontro di presentazione.

Per prepararsi al CP è stato richiesto agli alunni e ai singoli docenti che hanno aderito al progetto, di compilare, ognuno per proprio conto, una medesima scheda di autovalutazione/valutazione, composta da una prima parte in cui viene «fotografata» la qualità dell’esperienza scolastica dell’alunno (relazione con gli insegnanti, relazione con i compagni, partecipazione e impegno alla vita scolastica) e da una seconda parte in cui il Consiglio di classe e/o docente scrive le proprie richieste nei confronti dell’alunno e l’alunno invece dà a se stesso dei «consigli» per migliorare il suo stare a scuola o esplicita le sue richieste agli insegnanti/adulti di riferimento. La scheda è stata costruita su ispirazione di una precedente esperienza simile condotta in una scuola milanese ed è stata ridefinita ad hoc per il progetto. Questa scheda è stata poi utilizzata nel mentre del CP per condividere le riflessioni di professori e alunni.

Al CP è prevista la possibilità che partecipi anche un genitore, specificando, tuttavia, che il colloquio è un momento dialogico in cui si privilegia la relazione tra alunni e insegnanti. Il processo di lavoro ha previsto, per questo, la possibilità di far scegliere agli alunni se desideravano la presenza o meno di uno dei loro genitori o familiare di riferimento.

Il momento del Colloquio partecipato è una preziosa occasione di incontro, ascolto, partecipazione e dialogo tra alunno, insegnante e genitori in cui confrontarsi sul proprio punto di vista a partire dalla scheda di valutazione compilata verificando somiglianze e differenze e ipotizzando insieme possibili strategie di miglioramento degli eventuali problemi presenti.

Per supportare la partecipazione dei ragazzi a questa esperienza è stato proposto loro di prepararsi con un portavoce professionale indipendente (Calcaterra, 2014). Le due portavoce coinvolte hanno lavorato al progetto con due funzioni. In primo luogo, hanno partecipato alla preparazione del contesto incontrando il personale insegnante per svolgere un breve percorso formativo sul tema dei diritti dei bambini/ragazzi, con particolare riferimento al diritto alla partecipazione e all’ascolto, in secondo luogo hanno lavorato direttamente con i ragazzi entrando in aula per aiutarli a prepararsi al CP.

Le due portavoce con i gruppi classe loro assegnati hanno lavorato congiuntamente in aula sulla scheda di autovalutazione ed hanno aiutato i ragazzi a prefigurarsi cosa sarebbe potuto accadere durante il CP per concettualizzare le proprie preoccupazioni e richieste da portare agli adulti. Il progetto prevedeva, inoltre, che i ragazzi potessero fare richiesta di essere supportati individualmente dalle portavoce nel mentre del loro colloquio anche se di fatto nessuno dei ragazzi ha poi espresso questa esigenza.

Il progetto si è realizzato negli anni scolastici 2020-2021/ 2021-2022 nella scuola secondaria di primo grado Damiani di Morbegno con una classe prima, e nell’Istituto Scientifico Nervi-Ferrari di Morbegno in una classe 2a e in una classe 4a. Tutti i ragazzi delle tre classi coinvolte hanno espresso il loro interesse, sono stati realizzati oltre 60 colloqui.

La ricerca

La ricerca è stata realizzata dal Centro di ricerca «Relational Social Work» dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Finalità della ricerca è stata documentare la realizzazione dei CP al fine di comprenderne l’utilità, rilevare criticità e gli eventuali accorgimenti metodologici necessari per la diffusione di tale pratica in altri contesti scolastici.

In particolare, la ricerca si è proposta di:

  • accompagnare l’implementazione delle fasi per la realizzazione della sperimentazione;
  • supervisionare metodologicamente il lavoro degli operatori coinvolti (facilitatori5 e portavoce);
  • documentare e studiare il processo per l’introduzione nel contesto scolastico del colloquio partecipato così come la realizzazione in pratica dei colloqui;
  • documentare e analizzare il punto di vista dei protagonisti (insegnanti, genitori, ragazzi/e).

La ricerca ha rilevato il punto di vista dei ragazzi partecipanti, dei loro genitori, degli insegnanti e delle portavoce coinvolte attraverso interviste semi-strutturate (tabella 1).

Nel presente articolo si darà conto degli esiti delle interviste semi-strutturate (Bichi, 2017) che sono state realizzate ad alcuni alunni che hanno partecipato al progetto. Tutti i ragazzi che hanno realizzato i CP sono stati invitati a partecipare alla ricerca attraverso una lettera di invito in cui si spiegavano le finalità della ricerca, 13 di loro hanno dato la disponibilità ad essere intervistati. Prima di realizzare l’intervista è stata chiesta l’autorizzazione allo svolgimento ai loro genitori/tutori legali.

È stata predisposta una traccia di intervista con la finalità di sondare l’esperienza di partecipazione al CP dal punto di vista dei ragazzi protagonisti. Ciascuna intervista è stata integralmente trascritta e si è proceduto a un’analisi tematica del testo (Braun e Clarke, 2006). Per l’analisi del contenuto delle interviste, ci si e avvalsi di un file Excel, in cui sono state raggruppate ed etichettate le sequenze di dialogo che trattavano tematiche simili emerse dalla lettura dei testi. Man mano che si procedeva con la codifica, sono stati individuati dei sotto-temi, poi raggruppati per analogia semantica.

Tabella 1

Codifica delle interviste

Intervista n°

scuola

Classe

Genere

Età

1

Secondaria di 2° grado

2a

Femmina

15

2

Secondaria di 2° grado

2a

Femmina

15

3

Secondaria di 2° grado

2a

Maschio

16

4

Secondaria di 2° grado

2a

Femmina

15

5

Secondaria di 2° grado

4a

Femmina

18

6

Secondaria di 2° grado

4a

Femmina

18

7

Secondaria di 2° grado

4a

Femmina

17

8

Secondaria di 2° grado

4a

Femmina

17

9

Secondaria di 2° grado

4a

Femmina

17

10

Secondaria di 2° grado

4a

Femmina

17

11

Secondaria di 1° grado

1a

Femmina

12

12

Secondaria di 1° grado

1a

Maschio

11

13

Secondaria di 1° grado

1a

Femmina

11

Le interviste sono state realizzate da remoto e questo potrebbe aver accentuato eventuali imbarazzi in particolare da parte dei ragazzi. Inoltre, i passaggi obbligati della raccolta del consenso via mail così come le lungaggini connesse al concordare i tempi per l’intervista potrebbero avere disincentivato la partecipazione di alcuni di loro.

I dati sono stati trattati nel rispetto della normativa sulla privacy, la ricerca è stata condotta nel rispetto del Codice Etico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (D.R. 9350/2011).

L’esperienza dal punto di vista dei ragazzi

Gli esiti del colloquio partecipato

Il primo elemento che merge in maniera chiara e unanime dai ragazzi intervistati è il riconoscimento che il Colloquio Partecipato promuove la loro partecipazione attiva e responsabile al contesto di vita scolastica. Nelle interviste i ragazzi raccontano l’esperienza come positiva ed entusiasmante, non hanno dubbi sull’utilità dell’esperienza per permettere loro di essere maggiormente protagonisti delle riflessioni sulla loro vita scolastica. I ragazzi chiedono di essere interlocutori diretti dei loro insegnanti, non si tirano indietro di fronte alla possibilità di partecipare e hanno saputo usare il momento del CP anche per affrontare le loro difficoltà.

Sono stata io al centro della situazione, nei colloqui tradizionali si parla di me, ma io non sono presente fisicamente, quindi non posso sentire. […] è ben diverso rispetto ai genitori che magari parlano per me. (Int. 6)

È una bellissima esperienza da cui prendere ispirazione. Fare un colloquio in cui sei tu a parlare quindi a dire come ti sembri tu a scuola e non come la mamma o il papà, che invece non c’entrano niente alla fine perché loro non ci sono a scuola, quindi, non possono dire «mio figlio va bene o male», a parte per i voti […] Comunque, è molto più bello sentire i prof che parlano diretti a te, piuttosto che parlino ai genitori di te, è molto più carina come qualcosa. (Int. 13)

Il CP coinvolge i ragazzi in una relazione di ascolto reciproco tra ragazzi e insegnanti/professori. Oltre ad essere un’occasione per capire cosa pensano i professori, i ragazzi considerano l’esperienza come un momento importante per riflettere su sé stessi, trovare il modo per comunicare, farsi capire e spiegare agli insegnanti come stanno a scuola.

È stata un po’ un’esperienza direi liberatoria, avevo proprio bisogno di parlare con la prof perché mi erano andate male delle verifiche in generale e mi stavo deprimendo. Grazie al colloquio sono riuscito a calmarmi e poi a finire bene l’anno. (Int. 3)

Potevi capire se stavi iniziando bene questo primo anno e se i prof non avevamo capito bene quello stava succedendo… potevi dire realmente te stessa, faccia a faccia con i professori quello che realmente sei. A me questa modalità piace molto. (Int. n. 11)

Inoltre, i ragazzi hanno avuto la possibilità di esprimere le loro considerazioni, riportare le loro preoccupazioni agli adulti e vedere concretamente la disponibilità dei professori di ascoltare il loro punto di vista sulla scuola.

È questa una importante caratteristica di relazionalità dell’esperienza (Folgheraiter, 2014) che si è connotata per una predisposizione alla comprensione e al cambiamento sia da parte dei ragazzi, sia da parte dei professori partecipanti che hanno dimostrato interesse per il punto di vista dei loro alunni e hanno riflettuto criticamente sul loro modo di stare in relazione con loro.

È stato un colloquio da entrambe le parti, se c’era un problema anche i ragazzi potevano comunicarlo e diciamo che in un colloquio tradizionale è più difficile questa cosa perché tante volte i ragazzi non chiedono ai genitori di andare a segnalare dei problemi. (Int. 5)

[La professoressa] mi ha chiesto cosa ne pensavo del suo modo di insegnare, dei suoi metodi, ma anche un po’ del mio rapporto con la classe con compagni e un pochettino anche con gli altri prof. (Int. 9)

Il processo di lavoro ha previsto la possibilità di accogliere e portare l’attenzione dei professori anche su eventuali altre questioni portate dai ragazzi relativamente a sé o al gruppo classe.

Potevi mettere altre cose che volevi affrontare con i professori (Int. 11)

Il progetto ha promosso il protagonismo dei ragazzi non solo nell’affrontare i temi durante il CP, ma anche nella fase propedeutica al colloquio…

Insieme abbiamo anche fatto la circolare da mettere sul registro per avvisare i genitori che avremmo fatto questi colloqui. (Int. 6)

…e in ciò che ne è seguito a conclusione del progetto. Una classe in particolare si è sentita legittimata nella possibilità di scrivere una lettera al consiglio di classe chiedendo di poter proseguire il progetto l’anno scolastico successivo allargandolo alla partecipazione di un maggior numero di professori. Questi ragazzi, forti dell’esperienza fatta, si sono sentiti in grado di mettere in atto un’iniziativa importante dentro i confini spesso rigidi e impostati del sistema scuola.

Inoltre, i ragazzi sono consapevoli che gli esiti dell’esperienza vissuta vanno oltre il momento di comprensione e valutazione in sé e si ripercuotono positivamente sul loro stare in classe si sentono più tranquilli nella relazione con i professori, con la classe e più desiderosi di partecipare alla vita scolastica.

Sì, comunque ho capito quello che pensano i prof e sono riuscita, cioè ora mi vedi molto di più con la mano alzata che prima. Comunque, so quello che i prof pensano di me e quindi riesco ad essere più tranquilla con i professori. (Int. 13)

L’esperienza ha aiutato anche nella relazione tra pari, ad affrontare eventuali fatiche che nascono dentro o fuori la scuola

Avevo avuto una discussione con un’altra persona, una cosa extrascolastica, con questa mia compagna abbiamo litigato per una serie di motivi e la prof ci teneva, ne abbiamo voluto parlare anche con lei e abbiamo risolto anche grazie al CP. (Int. 1)

La funzione del portavoce

I ragazzi hanno riconosciuto le funzioni del portavoce senza particolari difficoltà. Nella loro narrazione si riferiscono a questa figura come alla psicologa, professione più comunemente conosciuta nell’ambito scolastico oltre alla figura degli insegnanti. Tuttavia, non sembra vi siano confusioni relativamente al ruolo del portavoce e a come li avrebbe potuti aiutare nella realizzazione di questo progetto. È chiara la comprensione che hanno della caratteristica di indipendenza delle portavoce che li hanno accompagnati in questa esperienza. In alcune interviste i ragazzi hanno riferito di aver apprezzato questa caratteristica riconoscendo da un lato l’utilità in sé di potersi confrontare con una persona indipendente e senza conflitti di interesse e, dall’altro, comprendendo l’impossibilità per i professori di svolgere questa funzione di preparazione al CP.

[I professori] non sono preparati [al ruolo del portavoce], non penso l’abbiano mai fatto; se ci veniva a parlare un prof che neanche magari avrebbe partecipato [al progetto], sembra magari una cosa un po’ superficiale, non completa come invece ci hanno raccontato le psicologhe. (Int. 9)

Così come spesso emerge dalle ricerche sugli interventi di advocacy professionale (Calcaterra, 2014; Calcaterra e Folgheraiter, 2021), l’indipendenza del portavoce e il fatto che non fosse coinvolto nelle dinamiche della scuola ha garantito ai ragazzi imparzialità e libertà di espressione.

Ci vuole una figura esterna [alla scuola] perché non conoscendoci almeno danno un’idea generale alla classe senza avere preferenze o altri tipi di situazioni e sono neutri. (Int. 1)

È stata un’esperienza nuova, e presentata da una persona esterna secondo me ci ha dato anche la possibilità di essere un minimo più sinceri, nel senso che è una persona che non conosce la situazione, una persona che non ci conosce e secondo me questo ci ha permesso di essere anche un po’ più liberi. (Int. 7)

Ha aiutato il fatto che fosse una persona esterna perché non avevamo peli sulla lingua. (Int. 8)

Questa particolare posizione del professionista, inoltre, garantisce la possibilità di portare l’attenzione sui problemi dalla prospettiva dei ragazzi e non degli adulti.

Se una prof magari ti conosce di più e propone una cosa del genere può essere già più prevenuta a parlare di certi argomenti o magari si vuole concentrare più su un certo punto della questione, mentre io mi voglio concentrare su un’altra cosa perché mi sento che quello lì è più importante e invece essendo una persona esterna [la portavoce] la voce in capitolo era la nostra come studenti, è stato molto importante secondo me per tutta la riuscita del colloquio. (Int. 4)

I ragazzi sottolineano l’importanza del lavoro fatto con le portavoce per capire in cosa consistesse la proposta. La portavoce li hanno aiutati ad avere le informazioni necessarie per comprendere l’intero processo, apprezzando la modalità creativa che è stata loro proposta in questa prima fase e sottolineando l’importanza di una preparazione adeguata per permettere loro di vivere questa proposta del tutto nuova.

È stato più importante il momento prima in cui [la portavoce] ci ha dato una mano a capire che cosa stavamo facendo e a costruire, la lista dei punti che poi sono stati trattati nel colloquio. (Int. 7)

Ci ha spiegato [la portavoce] il colloquio in modo divertente, in modo che noi fossimo tranquilli cioè sicuri […] però questa cosa era importante perché io senza questa comprensione non me la sarei sentita di farlo. (Int. 12)

Successivamente i ragazzi raccontano di essere stati aiutati dalle portavoce nel comprendere gli item della scheda di autovalutazione e come poterla compilare o modificare. Il lavoro con le portavoce ha messo in luce la flessibilità dello strumento e la possibilità di utilizzarlo per portare le proprie istanze ai professori.

Ci aveva presentato la scheda e poi abbiamo deciso insieme di modificare alcuni punti perché era la scheda che veniva utilizzata in un’altra scuola media e quindi certi punti erano un po’ da adattare. (Int. 10)

Le portavoce hanno lavorato guidando i ragazzi nel processo di comprensione del progetto e degli strumenti che avevano a disposizione, ma contemporaneamente hanno rispettato il fatto che i contenuti fossero definiti dai ragazzi stessi, nel rispetto del principio di centratura del loro lavoro a partire dal punto di vista dei ragazzi che rappresentano (Boylan e Dalrymple, 2011).

Infine, le portavoce hanno incontrato i ragazzi in un momento di condivisione, a conclusione dell’esperienza, per raccogliere il loro feedback dopo il CP e, con una classe, per aiutare i ragazzi a portare le loro istanze al consiglio di classe in relazione alle loro aspettative di proseguire con il progetto e secondo quali modalità.

Dopo il colloquio ci hanno [le portavoce] dato delle immagini, io ho scelto un’immagine dove c’era un ponte con al di là un arcobaleno: prima non riuscivo a passare il ponte, ero agitata e dopo il colloquio mi sono liberata e quindi riuscivo ad attraversarlo. (Int. n. 11)

Dopo aver fatto l’esperienza del colloquio partecipato abbiamo fatto questa lettera e l’abbiamo inviata agli altri professori. [La portavoce] ci ha aiutato a stenderla con le parole giuste, spiegando meglio con quello che volevamo dire ai professori. (Int. 9)

La scheda

Durante le interviste i ragazzi hanno ragionato anche della scheda la cui compilazione è stata proposta per prepararsi congiuntamente, professori e ragazzi, al colloquio che avrebbero fatto insieme e da cui partire. Dalle interviste emerge come ci sia stata la possibilità per i ragazzi di modificare questo strumento secondo ciò che hanno ritenuto fosse utile per rappresentare il loro punto di vista.

Mi ricordo che avevamo aggiunto una cosa di come ci sentivamo noi in classe, sia nella relazione con i compagni che anche con i professori. Secondo me è servita molto. (Int. 4)

In questo modo la scheda ha assunto caratteristiche di relazionalità, divenendo un’occasione per i ragazzi per sottolineare cosa dal loro punto di vista è importante considerare per comprendere il loro stare bene o male a scuola. Nel lavoro fatto con le portavoce sulla scheda in preparazione al momento del CP, quindi, i ragazzi hanno potuto riflettere su questi aspetti per «suggerire» ai loro professori cosa sarebbe stato importante chiedere loro.

Abbiamo avuto l’occasione di chiedere noi ai prof cosa chiederci. (Int. 3)

La scheda di autovalutazione, ritenuta non complessa nella sua compilazione e ragionata in questo modo aperto e relazionale, è stata uno strumento utile per la preparazione al colloquio, per prefigurarsi come andranno le cose. Dal punto di vista dei ragazzi aver potuto leggere la scheda compilata dai professori prima del colloquio è stato importante per capire cosa avrebbero portato gli adulti e prepararsi al dialogo con loro.

È stata utile, alla fine è stato un modo per modo per partire con il colloquio. C’è stato proprio quel momento in cui nella prima parte lei [la professoressa] ha esposto le considerazioni sul mio comportamento ecc. Poi mi ha chiesto che cosa ne pensassi e io l’ho commentata dicendo sì, sono d’accordo, oppure alcune cose su cui magari non ero d’accordo. Quindi sì, secondo me è stata importante. (Int. 7)

La partecipazione dei genitori

Non sempre i genitori hanno partecipato ai colloqui. Alcuni ragazzi del Liceo coinvolto nel progetto hanno scelto di svolgere il CP da soli con i propri insegnanti. La possibilità di scegliere con chi condurre il colloquio rientra nella fase preparatoria del progetto che vede un’attivazione dei ragazzi in parte anche nella definizione delle modalità di conduzione del colloquio stesso.

Essendo noi già più grandi rispetto ai ragazzi delle medie o di prima superiore, i nostri genitori già iniziano a non c’entrare più molto con la scuola, comunque cerchiamo di essere più indipendenti da loro e quindi abbiamo deciso di non farli intervenire. (Int. 8)

Nei casi in cui, invece, i genitori hanno preso parte all’esperienza si evince che hanno tenuto una posizione più di ascolto riuscendo a lasciare uno spazio di protagonismo ai loro figli nella relazione con gli insegnanti.

[La mamma] è intervenuta però principalmente ho parlato io, interveniva solo per confermare qualcosa che dicevo io oppure la prof le chiedeva qualcosa e le rispondeva. (Int. 1)

La mamma era più come un’osservatrice che poi magari interveniva in certi punti però la maggior parte del tempo siamo state io e la prof a parlare (Int. 4)

Nonostante questa posizione piuttosto defilata, per alcuni ragazzi la presenza dei genitori è stata importante perché vissuta come di sostegno e rassicurante.

Provarlo con i genitori mi ha fatto sentire un po’ più tranquillo perché non ero solo, c’erano loro, se avevo bisogno di qualcosa… (Int. 12)

Le emozioni durante il CP

L’emozione è stata una costante al momento del CP. I ragazzi raccontano che all’inizio erano un po’ agitati, sensazione comprensibile che è stata condivisa anche da genitori e insegnanti che hanno partecipato. Tuttavia, nel mentre del colloquio sembra sia possibile acquisire fiducia nelle proprie capacità e nella proposta di lavoro, vivendo poi l’esperienza in maniera più serena e soddisfacente.

Inizialmente era un po’ emozionata. Poi, nel momento in cui ho iniziato il colloquio è stato molto naturale, anche i discorsi che abbiamo fatto non erano per niente forzati. (Int. 8)

La possibilità di essere interpellati in prima persona viene sentita come un’importante responsabilità che però si affronta tranquillamente grazie alla consapevolezza che ciò di cui si deve parlare si conosce bene.

Non sono mai stata brava con le parole a spiegarmi e quindi per il colloquio non sapevo cosa dire. Poi trovandomi nel colloquio, sono riuscita a parlare tranquillamente perché stavo dicendo qualcosa su di me quindi una cosa che so bene. (Int. 13)

La preparazione iniziale fatta con le portavoce è stata di aiuto anche nel mentre del CP perché hanno ragionato insieme ai ragazzi su come si sarebbero potuti sentire durante l’incontro con insegnanti e genitori, quasi allenandoli a quanto avrebbero dovuto fare prefigurandosi anche il possibile stato emotivo con cui si approcciavano alla proposta

Le persone che sono venute [portavoce] ci hanno fatto riflettere su come ci potevamo sentire perché c’era chi si sentiva di potersi esprimere, chi era tranquillo, chi proprio sciallo, vado tanto non cambia niente oppure c’era chi invece era in ansia, aveva paura di cadere dal ponte, quindi aveva ansia… (Int. 12)

Suggerimenti e aspettative

L’apprezzamento dell’esperienza fatta ha generato nei ragazzi l’aspettativa di poterla ripetere nell’anno scolastico successivo pensando anche a un colloquio a fine anno, auspicando la partecipazione di tutti i professori. Alcuni studenti dichiarano apertamente la loro delusione nell’aver visto una scarsa adesione alla proposta progettuale da parte dei loro docenti.

L’unica pecca di questo progetto, appunto, è che non tutto consiglio di classe si sia impegnato nel farlo. (Int. 8)

Ne vorrei fare un altro a fine scuola, vedere se ci sono stati cambiamenti. Infatti, ho scritto che nel primo potrebbero esserci — come quello che abbiamo fatto — due professori o professoresse mentre in quello finale tutti i professori…anche se loro si confrontano e poi ne scelgono due però è più bello comunque con tutti. (Int. n. 11)

Siamo rimasti un po’ delusi perché solo una dei nostri docenti ha acconsentito a questa iniziativa. È stato però rivoluzionario anche solo il fatto che un solo docente abbia partecipato; è già qualcosa. (Int. 6)

Questa ultima citazione lascia intendere quanto i ragazzi abbiano colto la portata del cambiamento proposto dal progetto e che capiscono la fatica del sistema scuola nell’aprirsi a esperienze di questo tipo. Definiscono «rivoluzionario» il fatto che anche solo una professoressa del loro consiglio di classe abbia aderito alla proposta. Hanno però molto chiara la consapevolezza che tanto più gli adulti accolgono questa proposta di lavoro, tanto meglio potrà funzionare e maggiore sarà l’impatto per il loro benessere a scuola.

Anche se con un professore solo, è stato abbastanza utile, […] se venisse fatto con ogni singolo professore è ovvio che sarebbe più efficace. (Int. 10)

Alla domanda su quali suggerimenti i ragazzi avrebbero voluto dare a genitori o altri compagni o insegnanti che si approcciano a vivere questa nuova esperienza rispondono in generale di stare tranquilli, a conferma che la proposta di lavoro è un’esperienza di protagonismo possibile e gratificante.

State tranquilli perché veramente è una bella cosa per noi ragazzi perché siamo protagonisti e noi parliamo, nessun altro, cioè parlano anche i prof ma poco, noi parliamo, noi siamo i protagonisti. (Int. 12)

I ragazzi sottolineano l’importanza che gli insegnanti siano aperti e sinceri nella compilazione della scheda e che facciano anche un’autocritica rispetto al loro modo di stare in relazione. Questi ragazzi hanno una grande consapevolezza che il processo di cambiamento e di miglioramento può essere tale solo se è reciproco e coinvolge parimenti tutte le parti in gioco.

Al professore di cercare di essere il più sincero possibile e di ascoltare anche l’alunno che deve parlare. (Int. 10)

Per l’insegnante io credo che sia importante un esame di «coscienza» su quello che è il suo lavoro e diciamo che anche lui deve essere aperto alle critiche, perché è importante che ci siano delle critiche per l’alunno, ma anche per l’insegnante, per migliorare insieme e quindi credo che l’insegnante per prima cosa deve mostrarsi al colloquio aperto anche per favorire l’apertura da parte dei ragazzi. (Int. 5)

Ai genitori i ragazzi suggeriscono di lasciare spazio ai figli, di fidarsi della loro capacità di gestire la situazione e parlare di sé.

Ai genitori dico di lasciare fare tutto ai figli però comunque è un colloquio che serve più ai figli che i genitori quindi, se il figlio comincia a parlare, tu non lo fermare, lascialo andare, è molto più bella come esperienza così. (Int. 13)

Rispetto alla struttura del colloquio i ragazzi chiedono di poter scegliere con quale professore fare il colloquio partecipato il che comporta prevedere il coinvolgimento potenziale di tutti i professori. Questa richiesta è giustificata anche dal fatto che, essendo l’iniziativa del tutto nuova, può spaventare o non essere subito compresa; aiuta l’idea di poterlo fare con un professore con cui ci si trova bene.

Vorrei…che i professori lasciassero scegliere agli alunni i professori del colloquio. (Int. n. 11)

Poi, una cosa che ha favorito molto è stato il prof, cioè avere la possibilità di avere un prof con cui vai d’accordo ti facilita… se avessi avuto un prof con cui non vado d’accordo, non gli avrei parlato così apertamente; «questa qua non mi sta tanto simpatica perché io gli devo dire le cose?». Sarebbe importante che l’alunno scelga il prof. (Int. 12)

Conclusioni e indicazioni operative

La realizzazione dei Colloqui Partecipati ha rappresentato una esperienza concreta di partecipazione e protagonismo dei ragazzi. Il contributo riflessivo dei ragazzi sull’esperienza svolta offre importanti indicazioni utili alla comprensione dei punti di forza e degli aspetti da presidiare per la prosecuzione del progetto o la sua riproposizione in altri contesti scolastici.

Il processo per l’organizzazione dei singoli CP necessita di un’importante fase di preparazione che si deve conciliare con le attività della scuola. L’organizzazione va curata ed è opportuno trovare l’equilibrio nella gestione del carico di lavoro per gli insegnanti coinvolti.

Creare e proporre occasioni di partecipazione per i ragazzi è una responsabilità degli adulti che hanno il potere agire in maniera proattiva a favore del protagonismo dei ragazzi (Calcaterra, 2023). Tuttavia, questo non deve poggiarsi sull’idea che d’altra parte i ragazzi siano di per sé in grado di cogliere queste occasioni, riconoscerne da soli l’importanza e decidere di conseguenza di partecipare autenticamente all’esperienza proposta loro. Ogni processo partecipativo, necessità di un adeguato accompagnamento di coloro a cui si propone di prendere parte affinché la proposta non rimanga fittizia, retorica o un’occasione bella teoricamente ma non compresa concretamente (Raineri et al., 2021; Warren, 2007)

Nell’esperienza studiata è emerso come la presenza di un portavoce indipendente (Calcaterra, 2014) esterno alla scuola sia stata significativa per preparare i ragazzi al CP, preparazione senza la quale non sarebbero stati in grado di vivere autenticamente e serenamente l’esperienza.

Inoltre, la scheda di preparazione al colloquio è uno strumento chiaro e utile sia per prefigurarsi quanto potrebbe accadere e i temi su cui è importante riflettere insieme, sia per la gestione del momento del Colloquio vero e proprio. Va detto che tale scheda è risultata funzionale nella misura in cui è stata messa nelle mani dei ragazzi non come uno strumento rigido e definito unidirezionalmente dagli adulti, piuttosto come un punto di partenza su cui i ragazzi hanno avuto la possibilità di intervenire contribuendo alla sua riformulazione così da dare maggiore spazio al loro punto di vista.

Riflettere sui temi da affrontare tramite la scheda e con l’aiuto del portavoce ha aiutato i ragazzi a gestire le preoccupazioni, l’ansia e i timori che li hanno accompagnati nell’avvicinarsi al momento di incontro con i professori. Arrivare consapevoli e preparati al CP, ha permesso di vivere il momento dialogico con maggiore tranquillità e di riconoscere il potenziale positivo dell’esperienza, anche se questa chiede grande impegno e responsabilità.

I CP sono stati un’occasione per avvicinare insegnanti e ragazzi in una relazione di maggiore reciprocità e riconoscimento (Folgheraiter 2007; Folgheraiter e Raineri, 2017). Ragazzi e insegnanti fanno esperienza di avere voce e di potersi ascoltare: gli insegnanti imparano a lasciare spazio ai ragazzi e questi ultimi si riconoscono il diritto di occupare questo spazio e riempirlo con il proprio punto di vista. Questo permette, di conseguenza, ai ragazzi di ascoltare con una nuova e più seria attenzione ciò che i loro insegnanti hanno da dire, riconoscendo maggiore importanza e comprendendo in maniera autentica il loro punto di vista, allontanandosi dalla sensazione di dover subire il punto di vista dell’adulto.

L’esperienza di partecipazione ha avuto ulteriori esiti che incidono sulla capacità dei ragazzi di esprimere il loro punto di vista e portare le loro richieste al mondo degli adulti. Avere fatto esperienza della possibilità di partecipare, della loro capacità di riflettere e esprimere le proprie considerazioni in un contesto formale, della capacità e disponibilità degli adulti di ascoltare queste considerazioni è stato per i ragazzi un processo di empowerment (Bortoli e Folgheraiter, 2002; Boylan e Boylan 1998) che ha alimentato il desiderio di protagonismo, tanto da permettere loro di trovare il coraggio di chiedere formalmente di proseguire nell’esperienza allargandola alla partecipazione di tutti gli altri insegnanti.

Rimangono delle riflessioni aperte su alcune questioni strettamente connesse al concetto di partecipazione. Il progetto è stato proposto ad alcune classi e tutti i ragazzi delle classi coinvolte hanno aderito all’esperienza. C’è da chiedersi come poter accogliere eventuali legittime resistenze da parte di alcuni ragazzi e sostenere la loro libera scelta di non svolgere il CP con gli insegnanti, nel riconoscimento che le proposte degli adulti, dentro il sistema scuola, sono spesso sentite come «necessarie» anche se a adesione volontaria. Potrebbe non essere semplice per un ragazzo decidere di non rispondere all’aspettativa degli adulti, anche per timore di una eventuale valutazione negativa di tale scelta.

Per contro, la stessa riflessione riguarda gli insegnanti. Seppur la proposta progettuale sia stata fatta a tutto il collegio docenti delle classi coinvolte, ha visto l’adesione di solo alcuni e pochi insegnanti che, a detta dei ragazzi, erano già i più motivati o abituati a stare in relazione con loro. Questo dice sicuramente dell’adesione volontaria degli insegnanti e della loro autentica motivazione a sperimentarsi in questa nuova modalità di stare in dialogo con i loro alunni. Ne consegue, tuttavia, l’importanza di riflettere per comprendere come diffondere pratiche partecipative e raccogliere l’adesione anche di coloro che non sono abituati o non hanno ancora potuto sperimentare esperienze di maggiore relazionalità nei processi riflessivi e decisionali con i ragazzi e che, probabilmente, per questo motivo potrebbero beneficiare maggiormente delle proposte. Quanto è possibile imporre nei contesti scolastici pratiche partecipative adottando sistematicamente esperienze come quella dei Colloqui Partecipati da parte delle direzioni delle singole scuole? Cosa comporterebbe negli esiti la partecipazione di insegnanti non del tutto motivati, ma tenuti a prendere parte alle pratiche partecipative introdotte? Quali accorgimenti utili dovrebbero essere pensati e come motivare anche i più scettici? Sono domande ancora aperte che necessiterebbero di studiare ulteriori esperienze di partecipazione introdotte a livello di sistema (Folgheraiter, 2016a) per la facilitazione di processi relazionali con a tema il benessere dei ragazzi a scuola.

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1 Università Cattolica del Sacro Cuore – Dipartimento di Sociologia.

2 Università Cattolica del Sacro Cuore – Dipartimento di Sociologia.

3 Per facilitare la lettura nel testo si e scelto di utilizzare il termine ragazzi per riferirsi a persone di minore età maschi e femmine, quindi come sinonimi di ragazzi e ragazze.

5 Ci si riferisce agli operatori delle associazioni che hanno svolto le attività di promozione del progetto nei due Istituti comprensivi e di coordinamento delle azioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi concordati.

Vol. 1, Issue 1, July 2024

Corrispondence: Valentina Calcaterra — e-mail: valentina.calcaterra@unicatt.it

 

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