Vol. 1, n. 1, luglio 2024
Potenzialità e ostacoli per lo sviluppo di pratiche di lavoro eco-sociali in Italia
Riflessioni a partire da un caso studio
Elisa Matutini1
Sommario
Il presente articolo mostra i risultati di una ricerca dedicata a comprendere se e come, nel contesto italiano, gli operatori sociali stanno affrontando la sfida posta dall’attuale crisi ecologica in termini di interventi sociali (lavoro eco-sociale). Questo obiettivo è stato perseguito esplorando una specifica area di intervento legata all’agricoltura sociale in alcune realtà della Toscana. Le pratiche esaminate sono state studiate coinvolgendo coordinatori e lavoratori sociali. Il lavoro è stato condotto utilizzando strumenti qualitativi. L’indagine si configura come un case study con lo scopo di osservare come il rapporto tra uomo e natura viene declinato all’interno delle pratiche lavorative osservate, quali sono i vantaggi sociali ed economici che ne derivano e per quali attori (individui, comunità, reti di servizi), come queste realtà contribuiscano a promuovere una riflessione sulla protezione ambientale all’interno del sistema di welfare locale. Aspetti che possono anche essere utili per identificare alcuni tratti dell’approccio eco-sociale al lavoro sociale in Italia.
Parole chiave
Lavoro sociale, disuguaglianze ambientali, giustizia ambientale, lavoro eco-sociale.
Potentials and barriers for the development of eco-social work practices in Italy
Reflections on a case study
Elisa Matutini2
Abstract
This article shows the results of a research dedicated to assessing whether and how, in the Italian context, social workers are approaching the challenge posed by the current ecological crisis in terms of social interventions (eco-social work). This objective was pursued by exploring a specific area of intervention related to social agriculture in Tuscany. The practices examined have been studied involving coordinators and social workers. The work was conducted using qualitative tools. It had the aim to observe how the relationship between man and nature is declined within these working practices, what are the social and economic advantages and for which actors (individuals, communities, network of services, etc.), and how these realities contribute to promoting a reflection on environmental protection within the local welfare system. Reflections that can also help to identify traits of the eco- social approach to social work in Italy.
Keywords
Social work, environmental inequalities, environmental justice, eco-social work.
Introduzione
Nella riflessione scientifica è ormai opinione condivisa che vi sia uno stretto legame tra problemi ambientali e problemi sociali (Rockström et al., 2009; Santolini, 2019; Villa, 2020). A partire da questa connessione nel mondo accademico, nei contesti istituzionali internazionali, nazionali e locali e in diversi ambiti professionali si sta gradualmente sviluppando un acceso dibattito sul rapporto tra benessere e sostenibilità ambientale. Questa riflessione coinvolge anche le politiche sociali e il lavoro sociale (Matutini, 2023), per il ruolo che i sistemi di sicurezza sociale possono svolgere nel realizzare la necessaria transizione ecologica (Koch et al. 2016; Sabato e Mandelli, 2018). In questo ambito disciplinare, infatti, vengono studiate le diverse possibilità di affrontare i vecchi e nuovi rischi sociali entro vincoli ambientali sempre più rigorosi (Zimmerman e Graziano, 2020).
Si colloca in questo ambito la letteratura su sustanable welfare (Koch e Mont, 2016) che rinvia alla necessità di pensare un sistema di sicurezza sociale per gli esseri umani rispettoso dei limiti ecologici, attraverso l’adozione di strategie e strumenti che tengano in adeguata considerazione l’integrazione ecologica della società (eco-social poliy).
Allo stesso modo il lavoro sociale è chiamato a raccogliere le nuove sfide sociali poste dalla crisi ecologica che, sempre di più, sta facendo sentire i suoi effetti sul benessere delle persone. Il legame tra problemi ecologici e problemi sociali, inoltre, è particolarmente stretto quando il disagio ambientale coinvolge individui, gruppi e comunità già precedentemente interessati da forme di vulnerabilità che sono tradizionalmente materia del lavoro sociale (Blaikie et al., 1994; Stiglitz, 2002; Alier, 2004).
Sul fronte del social work negli ultimi decenni si è progressivamente affermato un nuovo approccio al lavoro sociale indicato in letteratura con diverse espressioni (eco/green/environmental social work) che si focalizza sulla promozione congiunta di giustizia sociale e ambientale: diritti umani, lotta alle disuguaglianze ambientali, tutela dell’ambiente e promozione dello sviluppo sostenibile (Berger e Kelly, 1993; Besthorn e Besthorn, 2012; Dominelli, 2012; Erickson, 2012).
La definizione di lavoro sociale alla quale ci si riferisce nel presente articolo rinvia agli studi e alle sperimentazioni realizzate a livello internazionale per giungere a un modello di intervento sociale che sia sostenibile sul piano ecologico e sul piano sociale e che si basi su pratiche socio-politiche coerenti con un sistema di welfare sostenibile e politiche eco-sociali (Matthies e Närhi, 2017).
Il lavoro eco-sociale si propone dunque di valorizzare maggiormente il ruolo dell’ambiente naturale nel lavoro sociale, grazie all’adozione di una nuova prospettiva di intervento olistica e riflessiva sui metodi di lavoro, per promuovere il cambiamento sociale, lo sviluppo, la coesione, l’emancipazione sociale e la liberazione delle persone (Coates, 2003; Erickson, 2018). Attribuire importanza alla diade uomo-natura significa ricercare ed esplicitare i significati e il ruolo della relazione tra essere umano, altre creature viventi e l’ambiente naturale in termini di risorsa e vincolo per l’intervento sociale e per il benessere della persona, dei gruppi e delle comunità (Dominelli, 2013). A questo si aggiunge la consapevolezza dell’esistenza di uno stretto collegamento tra bisogni delle persone e bisogni della natura derivante dal fatto che l’essere umano è egli stesso parte del mondo naturale (Besthorn e Besthorn, 2012, Bozalek e Pease, 2021).
Questo nuovo approccio, basato sulla valorizzazione delle interdipendenze tra le persone e il loro ambiente naturale, attribuisce agli operatori sociali un ruolo fondamentale nella complessa operazione di promozione congiunta della giustizia ambientale, della giustizia sociale, dello sviluppo di comunità, della sostenibilità e salvaguardia ambientale all’interno del necessario processo di transizione ecologica. Da alcuni anni, l’approccio eco-sociale è oggetto di confronto nelle più importanti sedi internazionali di servizio sociale (si ricordano le Joint World Conference on Social Work and Social Development a Stoccolma nel 2012 e a Melbourne nel 2014) e il riconoscimento della rilevanza del tema ha portato alla definizione di strumenti come i Sustainable Development Goals (SDGs) attraverso i quali viene esplicitato il legame esistente tra dimensione economica, ecologica e sostenibilità e viene ribadita la necessità di definire gli interventi sociali alla luce delle interconnessioni tra di esse nelle singole realtà territoriali e a livello globale (Sustainable Development Goals Fund, 2016). In Italia ad oggi la letteratura di ricerca legata al lavoro eco-sociale è ancora limitata e riguarda prevalentemente interventi sociali in caso di calamità naturali (Calbucci et al., 2016).
Allo stesso tempo gli assistenti sociali, come singoli e come comunità professionale, e, più in generale, il mondo del lavoro sociale, mostrano interesse e attenzione crescente verso questo paradigma emergente. Occorre inoltre aggiungere che sul territorio è possibile trovare un numero significativo di progetti sociali destinati a soggetti fragili e, più in generale, rivolti anche alla promozione della giustizia ambientale/o della sostenibilità ambientale nell’intera comunità.
Nella grande maggioranza dei casi si tratta di percorsi che si sviluppano originariamente nel settore privato no profit e nell’associazionismo e, in alcuni casi, sono ispirati da una logica di stretta collaborazione con le istituzioni pubbliche (soprattutto servizi sociali dei comuni e dei distretti socio-sanitari e servizi educativi), con realtà private (come ad esempio imprese e banche) e la cittadinanza. La ricerca presentata nelle pagine che seguono nasce proprio dal bisogno di studiare più da vicino questo vasto ed eterogeneo universo di pratiche. Alla luce della natura esplorativa della ricerca e della eterogeneità dei contesti, delle caratteristiche e degli obiettivi dei progetti riconducibili al lavoro eco-sociale si è deciso di affrontare il tema attraverso uno studio di caso in un contesto di lavoro circoscritto: l’agricoltura sociale biologica.
Più nello specifico il presente contributo si propone di fare un primo punto sulla presenza o meno, la natura, gli obiettivi e il ruolo del lavoro eco-sociale all’interno del sistema delle politiche e degli interventi sociali nei contesti osservati. La ricostruzione dei significati viene realizzata a partire dalle percezioni e le interpretazioni fornite dagli operatori sociali impegnati nei progetti. Questa scelta trova le sue ragioni nell’ipotesi che questa figura possa essere considerata una sorta di osservatore privilegiato del percorso di affermazione del lavoro eco-sociale (caratteristiche attuali, opportunità e limiti) grazie alle sue competenze specifiche, in buona parte sviluppate sul campo, all’interno dei progetti, e, più in generale, grazie alla presenza all’interno del proprio bagaglio formativo di strumenti per realizzare una lettura olistica e riflessiva dei bisogni sociali.
Più in generale ci si propone di raccogliere alcuni primi elementi per comprendere se e come anche nel contesto italiano, gli operatori sociali, sia nel pubblico che terzo settore, si stiano avvicinando, e con quale consapevolezza, alla sfida posta dall’attuale crisi ecologica in termini di politiche (eco-welfare) e di interventi sociali (lavoro ambientale/eco-sociale).
La domanda e il disegno della ricerca
In Italia la riflessione scientifica e la rielaborazione teorica sul lavoro eco-sociale si sta affermando solo negli ultimi anni (Volturo, 2023; Matutini, 2023; Landi, 2024). Allo stesso tempo sul territorio è possibile osservare una pluralità di progetti e esperienze di lavoro che nascono dal bisogno di rispondere simultaneamente a bisogni di natura sociale e ambientale e, più in generale, dall’esigenza di promuovere all’interno delle comunità una nuova cultura e abitudini rispettose dell’ambiente naturale. Da questa condizione è nato l’interesse verso lo studio di alcune pratiche di lavoro che, per le loro caratteristiche, potrebbero essere riconducibili alla definizione di lavoro eco-sociale. La ricerca si propone dunque di osservare come viene declinato all’interno di alcune esperienze di lavoro sociale il rapporto tra uomo e natura, quali benefici ne derivano e per quali attori (individui, comunità, rete dei servizi, ecc.), come si esplica nello specifico il più generico approccio ecologico al lavoro sociale. Riflessioni che, a partire dalla dimensione esplorativa dello studio, possono contribuire a individuare alcuni tratti dell’approccio eco-sociale al lavoro sociale nel panorama italiano.
I contesti e i progetti in cui si riscontra la coesistenza tra intervento sociale, tutela ambientale e promozione di pratiche sostenibili sono molteplici. Per evitare di fare comparazioni tra realtà eccessivamente diverse tra loro, si è deciso di circoscrivere lo studio a un insieme specifico di pratiche: quelle sviluppate nell’ambito dell’agricoltura sociale ecologica e inclusiva in una realtà geografica circoscritta: la Toscana. Più nello specifico sono state coinvolte sei cooperative agricole che praticano agricoltura biologica e che accolgono nei propri progetti persone con problemi di povertà economica. L’individuazione di queste realtà è stata possibile grazie a un preliminare lavoro di mappatura dei progetti di agricoltura sociale biologica presenti nel territorio regionale. Più nello specifico, le esperienze di agricoltura biologica e sociale sono state selezionate a partire dall’analisi delle attività delle cooperative agricole e sociali presenti sul territorio regionale: circa 150 realtà. Questa operazione è stata possibile attraverso la consultazione dell’Albo regionale delle cooperative sociali.
La mappatura ha permesso di disporre di un quadro generale relativo alla diffusione sul territorio di cooperative sociali che adottano un approccio eco-sociale. Conclusa questa prima fase di analisi è stato effettuato uno studio desk destinato a comprendere meglio le caratteristiche delle cooperative eco-sociali. Questa operazione è stata realizzata mediante la lettura dello statuto e la consultazione dei siti web, al fine di comprendere meglio la natura dei servizi offerti, il profilo delle persone con fragilità sociale coinvolte nelle attività e l’approccio al lavoro sociale utilizzato.
Per poter effettuare una selezione ragionata dei casi da includere nella ricerca sono stati utilizzati i seguenti criteri: i. cooperative che praticano esplicitamente «agricoltura sociale»; in realtà fortemente ancorate al territorio e con evidenti legami con la comunità locale (associazionismo, volontariato, coinvolgimento della cittadinanza nelle attività realizzate); iii evidente sensibilità ambientale e competenze progettuali riconducibili al lavoro eco-sociale; iv cooperative che accolgono nei propri progetti persone in povertà economica, indipendentemente dalla condizione di disoccupazione; iv. cooperative che praticano agricoltura biologica e non invasiva rispetto all’ambiente; v. cooperative che sono in contatto e sviluppano percorsi di presa in carico in collaborazione con i servizi sociali presenti sul territorio.
Nelle realtà selezionate è stata realizzata una visita conoscitiva prima della raccolta delle informazioni. Questo momento di incontro ha permesso di presentare i contenuti e gli obiettivi della ricerca ai coordinatori/manager e agli operatori sociali. Successivamente sono state fatte delle interviste semi-strutturate (Caselli, 2005; Corbetta, 2015) a sei coordinatori e dieci professionisti incardinati nei progetti con diversi ruoli: animatori di comunità, educatori e assistenti sociali.
Il ricorso a strumenti di natura qualitativa — viste le caratteristiche specifiche che essi hanno in termini di formalità, direttività, profondità e strutturazione (Corbetta, 1999; Della Porta, 2010) — è stato ritenuto il più opportuno, alla luce dell’interesse dei ricercatori di sondare in profondità specifici saperi ed esperienze maturate nei contesti presi in esame. La dimensione sperimentale di molte delle attività osservate e le conoscenze ancora limitate nell’ambito dell’eco-social work italiano hanno inoltre reso particolarmente necessario riuscire a cogliere la prospettiva soggettiva degli intervistati. Proprio attraverso di essa infatti è stato possibile ricostruire alcune categorie concettuali, il senso attribuito al contesto di lavoro e le ragioni che sono alla base delle attività realizzate.
La conduzione delle interviste in forma di conversazione aperta ha inoltre permesso all’intervistato di introdurre di volta in volta specifici approfondimenti rispetto alla traccia iniziale dell’intervista.
Lo schema dell’intervista individuale, dopo una prima introduzione destinata a ricostruire il profilo dell’intervistato, è composto da tre parti dedicate ad approfondire specifiche dimensioni del lavoro eco-sociale:
- il contenuto specifico del progetto e dell’attività dell’intervistato riconducibile al lavoro eco-sociale;
- le opportunità derivanti dall’uso della natura come risorsa per il lavoro sociale;
- il ruolo attribuito alla giustizia ambientale e alla sostenibilità ambientale nel lavoro sociale nella propria attività lavorativa, con particolare attenzione alle opportunità e alle difficoltà incontrate nella costruzione di progetti di aiuto che intervengono nell’intersezione tra esigenze sociali delle persone, esigenze della natura e promozione di comunità sostenibili e inclusive anche per le persone più fragili e marginalizzate (bisogni che non sempre sono diversi e in conflitto tra di loro).
Le persone intervistate hanno tutte un’età compresa tra i 25 e i 55 anni, con una netta prevalenza di operatori sotto i 40 anni. A differenza di molte esperienze di lavoro sociale, la componente maschile rappresenta circa la metà degli operatori presenti nei progetti e degli intervistati. Il coordinamento dei progetti è quasi sempre ricoperto da donne.
Tutte le realtà selezionate sono attive nel territorio da più di dieci anni. I coordinatori svolgono, oppure hanno svolto in passato, attività professionale come operatori sociali, psicologi di comunità, oppure provengono dal mondo del volontariato in ambito sociale. Tutti gli operatori intervistati svolgono almeno una parte della loro attività professionale a contatto diretto con le persone fragili coinvolte nel progetto. La loro attività professionale si svolge prevalentemente fuori dagli uffici, nei contesti di lavoro delle persone che accompagnano e, quindi, a stretto contatto con la natura.
Seppur tutti i progetti presi in esame siano inseriti all’interno di cooperative sociali impegnate nell’agricoltura biologica, i progetti osservati adottano tecniche di produzione e hanno filiere di distribuzione e vendita diverse.
Eterogenee sono anche le vicende che hanno portato alla loro nascita e al radicamento nel territorio.
Tutti i progetti sono nati dal basso. In alcuni casi per iniziativa di gruppi di cittadini particolarmente sensibili alla produzione e al consumo di alimenti biologici, al rispetto dell’ambiente e desiderosi di progettare una nuova esperienza di lavoro. In due casi il progetto nasce e si sviluppa a partire da Gruppi di Acquisto Solidale. Inizialmente quanto prodotto è destinato all’autoconsumo e successivamente le iniziative si sono trasformate aprendosi al territorio, al mercato ed è stata costruita una collaborazione duratura con i servizi sociali territoriali, con i quali ad aggi sono in cantiere, seppur tra mille difficoltà, forme di co-progettazione di servizi, oltre che singoli percorsi di accompagnamento di persone segnalate dagli assistenti sociali.
In altri due casi il progetto preso in esame nasce all’interno del volontariato, su iniziativa di privati cittadini, che mettono a disposizione delle terre incolte, e di un ente caritatevole da tempo impegnato nell’accoglienza di persone in condizione di povertà, anche in collaborazione con i servizi sociali territoriali.
Il progetto progressivamente si radica sul territorio e grazie a un intenso lavoro con istituzioni locali, possibili enti pubblici e privati in grado di fornire forme di finanziamento e una incessante attività di comunicazione con la comunità locale, assume dimensioni sempre più grandi coinvolgendo assistenti sociali, operatori, volontari, persone che, oltre a donare le proprie terre incolte, si impegnano a lavorare nei progetti e cittadini. Inizialmente quanto prodotto è destinato alla rete delle botteghe solidali presenti sul territorio, al fine di garantire ai loro clienti, soprattutto nuclei familiari con gravi difficoltà economiche, alimenti freschi e genuini. Il progetto successivamente ha previsto anche la vendita dei prodotti a tutti i cittadini, attraverso un progetto di consegna a domicilio. È attraverso questo nuovo percorso di distribuzione che il progetto si è fatto conoscere e continua a diffondere i suoi messaggi di sostenibilità ambientale, giustizia sociale e ambientale.
In un’altra realtà la dimensione sociale del progetto è rivolta prevalentemente a persone migranti e con giovani che non lavorano e non studiano. In tutti i progetti si riscontrano forme di collaborazione con il servizio sociale professionale del territorio. Il rapporto con i servizi sociali è presente soprattutto nella fase di ingresso della persona fragile all’interno del nuovo contesto di formazione/lavoro, mentre successivamente il lavoro degli operatori impegnati direttamente all’interno del progetto ha ampi margini di autonomia rispetto al lavoro del servizio sociale ed è più concentrato sul tema dell’inclusione lavorativa e sullo sviluppo di competenze professionali. La produzione è destinata prevalentemente al mercato.
I risultati della ricerca
Tutti i professionisti intervistati nelle realtà mappate all’interno del territorio della Toscana si definiscono molto soddisfatti, come professionisti e come persone, del fatto di aver avuto la possibilità di lavorare all’interno dei progetti esaminati. Il mondo della natura viene considerato unanimemente una risorsa molto preziosa per la promozione del benessere delle persone con fragilità, ma anche uno strumento utile per costruire livelli maggiori di benessere in tutta la comunità e per i professionisti stessi.
Più nello specifico, dalle interviste emergono alcune informazioni sul modo in cui i lavoratori sociali interpretano il lavoro eco-sociale e le proprie pratiche di lavoro.
- La lettura del lavoro eco-sociale è realizzata quasi esclusivamente a partire dalla propria esperienza professionale ed è fortemente ancorata alle caratteristiche del contesto locale. A tale proposito viene esplicitato l’interesse e il bisogno di formazione specifica su questi temi, anche attraverso lo studio di sperimentazioni realizzate in altri contesti, in Italia e all’estero, in cui questo approccio è praticato da più tempo.
- Per gli intervistati una delle caratteristiche più innovative e rilevanti del lavoro eco-sociale è costituita dal superamento di una prospettiva antropocentrica al bisogno e all’intervento sociale, sostituendola con una sensibilità che valorizza i legami tra gli esseri umani, la vita non umana e l’ambiente naturale. Questo implica per il social work un lavoro di riflessione a livello epistemologico, teorico ed etico.
- All’interno del lavoro eco-sociale, secondo gli intervistati, viene confermata la necessità di operare simultaneamente con le persone portatrici dei bisogni, la comunità e le istituzioni. Viene data però particolare importanza al tessuto comunitario e all’insieme di risorse informali che in esso possono essere attivate per il contrasto della povertà, la salvaguardia ambientale e margini crescenti di giustizia ambientale. La comunità è tanto più in grado di supportare il lavoro sociale quanto più diventa comunità consapevole dei vincoli ambientali esistenti e si fa portatrice di strategie per la salvaguardia ambientale.
- Le persone intervistate sottolineato il fatto che il lavoro eco-sociale in alcuni casi fatica ad essere riconosciuto «come vero e proprio lavoro sociale o di servizio sociale» a causa di una pluralità di fattori: differenti linguaggi, procedure e contesti di lavoro, scarso spazio attribuito agli interventi eco-sociali all’interno del panorama delle politiche sociali locali (anche se lo scenario complessivo sembra essere migliorato negli ultimi anni) e, più in generale, dal sistema di sicurezza sociale nazionale. Alla richiesta di illustrare la loro idea di lavoro eco-sociale, gli intervistati danno risposte differenti, fortemente ancorate all’esperienza di lavoro nei progetti, ma in linea con la definizione di lavoro sociale da noi adottata in questo lavoro (intervento sociale sostenibile sul piano ecologico e sul piano sociale). Tra le definizioni raccolte si riporta: il fatto di lavorare con le persone e la comunità in un contesto di prossimità, per produrre inclusione sociale attraverso percorsi di sviluppo sostenibile; la possibilità di lavorare simultaneamente con la natura e con l’uomo, quest’ultimo visto come parte della prima, restituendo dignità a entrambi; produrre cambiamento sociale attraverso la promozione di condizioni di vita più rispettose della natura e delle parti più fragili della popolazione.
Quasi tutte le persone intervistate hanno una lunga esperienza professionale come social worker, ma nessuno di loro in passato ha sperimentato altre pratiche di lavoro eco-sociale. Molti si dichiarano interessati ad approfondire conoscenze specifiche necessarie per intervenire in un contesto a cavallo tra dimensione sociale, economica e ambientale, per lavorare al meglio in progetti che promuovono la sinergia tra inclusione sociale e sostenibilità. Tutti riferiscono di non aver mai incontrato nel loro percorso di studio e formazione il tema dell’eco-social work e non conoscono, se non in maniera superficiale, i riferimenti teorici e il dibattito presente a livello internazionale sul rapporto tra lavoro sociale e questione ambientale. Conoscono al contrario alcuni riferimenti di economia circolare, di economia civile e alcuni contributi legati allo sviluppo sostenibile.
Rispetto al bisogno di inglobare il tema della salvaguardia dell’ambiente e della giustizia ambientale all’interno del lavoro sociale, viene sottolineata la necessità per il lavoratore sociale di promuovere la costruzione di contesti di vita «in cui le opportunità e le risorse, anche di natura ambientale, siano distribuite in modo più equo e in cui vi sia una maggiore consapevolezza sulla crisi ecologica e sulla necessità di rispettare i vincoli ecologici esistenti, per ridurre l’insorgenza di rilevanti e diffuse forme di disagio sociale». A questo proposito un operatore riferisce: «Secondo me uno degli elementi che caratterizzano questo approccio al lavoro sociale è il messaggio che trasmette all’esterno: ciò che abbiamo imparato, in maniera distorta, a considerare come inutile, ad esempio un pezzo di terra abbandonato, in realtà è una risorsa preziosa. […] è qualcosa che permette a un nucleo familiare che vive con poche centinaia di euro al mese di avere finalmente accesso ad alimenti sani, di avere un’alternativa al cibo spazzatura che sta visibilmente rovinando la salute di adulti e bambini. Proprio quel povero, spesso anch’esso rappresentato come uno scarto, è colui che costruisce qualche cosa di buono per sé, per la comunità e per l’ambiente, semplicemente promuovendo un diverso stile di vita, di produzione e di consumo».
Negli intervistati vi è la convinzione che il connubio tra lavoro eco-sociale e cultura della sostenibilità rappresenti una opportunità importante per coloro che sono in stato di povertà materiale, ma anche per tutta la comunità.
Particolare attenzione viene data al lavoro che i diversi progetti osservati sviluppano con le comunità e con le istituzioni presenti sul territorio. L’obiettivo è quello di coinvolgere attivamente i diversi attori delle comunità locali nella costruzione di modelli di lavoro sociale destinati a strutturarsi e diffondersi sul territorio. Si tratta di un’operazione complessa che, frequentemente, incontra ostacoli, soprattutto nella fase iniziale, quando si avverte la difficoltà nel far capire a terzi la natura specifica di quanto fatto o di quanto è potenzialmente realizzabile, le ricadute per il tessuto comunitario. Tali problemi vengono ricondotti dagli intervistati all’utilizzo di linguaggi e logiche di funzionamento diversi, come nel caso del dialogo con i servizi sociali del territorio.
Questi aspetti vengono definiti dagli intervistati come parte del «grande lavoro» che deve essere fatto per pensare percorsi di sostegno sociale individuale che promuovono anche lo sviluppo di comunità e la promozione della sostenibilità ambientale. Da più parti viene sottolineato che «i progetti sono pensati per sostenere le persone fragili, ma anche per comunicare con la comunità, per far riflettere e creare un diverso modo di vivere gli spazi urbani e rurali, creare nuove abitudini di consumo, destrutturare lo stigma verso ciò che è diverso, al margine». Un altro intervistato mette in luce tre livelli di intervento distinti ma integrati: un livello micro, costituito dal fornire sostegno, lavoro, reddito e abitudini di vita e consumo sane alle persone fragili; un obiettivo meso: legato al coinvolgimento di cittadini, istituzioni locali, gruppi, associazioni per fare rete ed estendere questo modello di lavoro; un obiettivo macro: volto a far riflettere la collettività sui processi di esclusione sociale, sulla crisi ecologica della quale avvertiamo sempre più chiaramente gli effetti, anche nella vita di tutti i giorni, sulla sostenibilità ambientale, sulla promozione della giustizia sociale e ambientale.
Riflessioni conclusive: potenzialità e ostacoli per lo sviluppo del lavoro eco-sociale in Italia
Nel presente articolo sono stati illustrati i risultati di una ricerca esplorativa all’interno del contesto italiano volta a comprendere come gli operatori sociali stiano rielaborando a livello teorico, etico, di metodo e con riferimento alle pratiche, il proprio agire professionale, alla luce della crescente esigenza di trovare risposte a bisogni sociali e ambientali di persone, gruppi e comunità.
Da una lettura complessiva delle informazioni raccolte emerge un contesto nel quale gli operatori ritengono che il mondo della natura sia una risorsa preziosa per promuovere il benessere delle persone vulnerabili, per costruire maggiori livelli di benessere in tutta la comunità e per promuovere la cultura della sostenibilità e del rispetto dell’ambiente. Nella tabella 1 sono riassunte le potenzialità, gli ostacoli e le direzioni di lavoro per lo sviluppo del lavoro eco-sociale in Italia. Tutti considerano i bisogni sociali e ambientali derivanti dalla crisi ecologica materia di competenza del proprio profilo professionale. Dalle interviste emerge la consapevolezza dell’importanza dell’interconnessione umano-ambiente naturale. Legame che può essere adeguatamente valorizzato grazie al superamento di una visione antropocentrica del lavoro sociale in grado di coniugare bisogni individuali e sviluppo di comunità, giustizia sociale, giustizia ambientale, e salvaguardia dell’ambiente.
Tabella 1
Potenzialità, ostacoli e direzioni di lavoro per lo sviluppo del lavoro eco-sociale in Italia
Potenzialità |
Ostacoli |
Direzioni di lavoro |
Il mondo della natura è una risorsa importante per il lavoro sociale rispetto a bisogni sociali e socio-ambientali. |
Al momento vi sono solo progetto di piccola e media dimensione, poco comunicanti tra di loro (difficoltà a fare rete). |
Costruzione e sviluppo di una pluralità di momenti di confronto tra realtà che lavorano in prospettiva eco-sociale. |
Il lavoro eco-sociale costituisce un nuovo spazio in cui costruire sinergie rilevanti tra lavoro con singoli e gruppi e sviluppo di comunità. |
Difficoltà a farsi riconoscere dalle figure professionali con cui operano e che appartengono al più ampio contesto istituzionale e non del lavoro sociale. |
Rafforzamento delle strategie di dialogo e collaborazione e co-progettazione (fuori da logiche di «delega») con gli attori istituzionali locali e sovralocali (politiche e servizio sociali, ma non solo). |
Visione post-antropocentrica come chiave per coniugare bisogni individuali e collettivi, giustizia sociale, giustizia ambientale, e salvaguardia dell’ambiente. |
Carenza di una cultura sedimentata di collaborazione su tematiche simultaneamente ambientali e sociali, soprattutto nell’ambito dei servizi sociali pubblici. |
Promuovere una cultura del lavoro multiprofessionale più estesa rispetto a quella esistente. |
La prospettiva eco-sociale promuove la costruzione di interventi sociali all’interno di équipe di lavoro allargate a figure professionali e ad ambiti di intervento diversi da quelli strettamente sociali (politiche e interventi ambientali, politiche e interventi di natura urbanistica, misure economiche per la transizione energetica, ecc.). |
Scarsa presenza di politiche eco-sociali (eco welfare). |
Maggiore investimento a livello locale e nazionale in politiche e interventi eco-sociali. Fare in modo che gli operatori sociali abbiano un ruolo rilevante nel promuovere la costruzione di politiche eco-sociali, attraverso un rafforzamento del loro ruolo in tutte le fasi del ciclo di policy e non solo nella fase dell’implementazione. |
Forte potenziale immaginativo e innovativo dei progetti eco-sociali. |
Operatori con scarsi livelli di formazione teorica e di metodo sul lavoro eco-sociale. |
Rafforzare la formazione sul lavoro eco-sociale all’interno dei percorsi di studio e nella formazione continua. |
I progetti nei quali sono coinvolti gli intervistati vengono definiti come «degli interessanti progetti pilota», «rilevanti sperimentazioni» che indirizzano verso percorsi di lavoro promettenti.
Allo stesso tempo questi professionisti evidenziano una certa difficoltà a farsi riconoscere dalle figure professionali con cui operano in rete e che appartengono al più ampio contesto del lavoro sociale e, più in generale, dalle istituzioni. Questo è vero per i progetti che sono ancora nei primi anni di attività, mentre il problema sembra almeno in parte attenuarsi con il passare del tempo, con il ripetersi di tentativi di dialogo e con l’ampliarsi di spazi di co-costruzione di attività. Rispetto alla collaborazione con gli enti pubblici e, in particolar modo con i servizi sociali territoriali, le esperienze sono molto diverse tra di loro. Dalla mappatura delle realtà esistenti sul territorio emerge la netta prevalenza di progetti di piccola dimensione. In molti casi si tratta di sperimentazioni nate dal basso e promosse, almeno nella loro prima fase di vita, da attori che già in precedenza avevano un rapporto consolidato di collaborazione con i servizi sociali. Secondo l’opinione degli intervisti, in questi casi la costruzione di partnership con gli attori pubblici è più agevole. In altri casi si registra un maggiore isolamento, soprattutto quando il legame con il territorio deve essere interamente costruito dopo la nascita del progetto. Gli intervistati riconducono queste difficoltà, almeno in parte, alla carenza di una cultura sedimentata di collaborazione su tematiche simultaneamente ambientali e sociali, soprattutto quando queste implicano un lavoro in rete con profili professionali diversi da quelli con i quali gli enti locali hanno una esperienza di collaborazione pluriennale (ad esempio, agronomo, geologo, architetto, ecc.). Dallo studio della letteratura internazionale sul tema si osserva che in altre realtà nazionali, anche in contesto europeo, queste difficoltà sono meno avvertite e la collaborazione con figure diverse da quelle strettamente legate al lavoro sociale è più facile (Matthies e Närhi, 2017). Una chiara comprensione delle difficoltà riscontrate nel contesto italiano necessita di ulteriori indagini e per questo rappresenta una interessante pista di ricerca. Allo stesso modo può essere rilevante andare a studiare se e in quale modo i nuovi legami e le sperimentazioni in atto stanno generando processi di innovazione nel lavoro sociale, diventando così parte di una più ampia strategia per la transizione ecologica.
Più in generale gli intervistati ritengono indispensabile un maggiore investimento a livello locale e nazionale in politiche e interventi eco-sociali. Si ritiene che il tema recentemente stia assumendo crescente attenzione, anche se viene percepito il rischio che la discussione su questi temi rimanga relegata a dichiarazioni di principi e non si traduca in misure concrete in grado di attivare un cambiamento di paradigma nelle politiche e nel lavoro sociale. Allo stesso tempo il radicamento all’interno dei territori locali e la progressiva estensione dei progetti, grazie anche al contributo di un numero crescente di attori pubblici e privati, costituisce un elemento che gli intervistati definiscono «incentivante» e che «riempie di senso» il fatto di «insistere nella ricerca di un dialogo e nella costruzione di proposte progettuali condivise sempre più estese».
Un aspetto che viene evidenziato riguarda la formazione dei vari attori che operano all’interno dei progetti. Affrontare vecchi e nuovi bisogni sociali all’interno di uno scenario di crisi ambientale rappresenta una sfida conoscitiva rilevante e comporta un importante sforzo di riflessività per il mondo del lavoro sociale in termini di ricerca e di intervento. A questo proposito gli intervistati ritengono che le conoscenze sul lavoro sociale ambientale, spesso già applicate nelle pratiche professionali in forma semi-inconsapevole, da parte di operatori dotati di scarsi strumenti e limitati spazi di rielaborazione teorico-pratica, debbano essere approfondite attraverso la promozione di percorsi di formazione ad hoc. In questo senso appare importante il fatto che l’approccio eco-sociale al social work sia trattato durante il percorso di formazione universitaria e, successivamente, nell’ambito della formazione continua.
Allo stesso tempo viene avvertita l’esigenza di fare in modo che questi professionisti, dotati di conoscenze mirate in termini di definizione e attuazione di pratiche eco-sociali, partecipino attivamente a tutte le fasi del policy circle, dalla individuazione delle tematiche da inserire nell’agenda sociale, alla programmazione e progettazione delle politiche, fino alla fase di implementazione degli interventi.
Rispetto al modo in cui gli intervistati si sentono rappresentati nel più ampio scenario del lavoro sociale emergono frequentemente delle difficoltà nella fase inziale dei progetti: «scetticismo» e «pregiudizio» alimentati anche dalle difficoltà nel dialogo con cittadini e attori istituzionali del territorio. Le idee progettuali osservate e l’implementazione delle stesse in tutti i casi sono partite dal basso, per iniziativa privata, di associazioni, volontari, ecc. Allo stesso tempo i professionisti ritengono che le istituzioni pubbliche e il sistema delle politiche sociali dedichino ancora un’attenzione solo residuale a questo tipo di progettazione. In molti casi si percepisce una relazione professionale basata sulla «delega».
Secondo il vissuto degli intervistati, le istituzioni e i cittadini con il tempo apprezzano le iniziative di stampo eco-sociale e in alcuni casi vi partecipano attivamente. Nei contesti in cui questa sinergia diventa particolarmente stretta i progetti hanno maggiore propensione a durare nel tempo e a espandersi nel territorio.
Le pratiche di lavoro osservate in questo caso studio ci restituiscono l’immagine di un territorio in cui esistono dei fermenti di lavoro eco-sociale che necessitano di essere ulteriormente sviluppati attraverso una pluralità di direzioni di lavoro: miglioramento delle conoscenze degli approcci, dei metodi e delle tecniche di lavoro; studio e produzione di conoscenza intorno alle pratiche di lavoro eco-sociale già in essere, grazie anche a un incremento di ricerca scientifica su questo tema; investimento maggiore di risorse per la costruzione di un sistema di politiche e interventi in cui coesistano il tema dell’inclusione sociale e quello della sostenibilità ambientale. Il lavoro simultaneo e sinergico in questi diversi ambiti si configura infatti come auspicabile per promuovere la trasformazione di queste interessanti esperienze, ancora in parte isolate e poco praticate dalla rete delle politiche e dei servizi sociali, in realtà diffuse e strutturate sul territorio, diventando una delle modalità in cui si esplica la prospettiva al lavoro eco-sociale in contesto italiano.
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Vol. 1, Issue 1, July 2024
Corrispondence: Elisa Matutini — e-mail: elisa.matutini@unive.it