Bambini sordi migranti, mamme in viaggio, logopedisti e altri educatori

Giulia Gintoli, I. Vernero

L'afflusso di bambini sordi stranieri ai servizi di logopedia è oramai un fatto diffuso e consistente, portatore nel contempo di criticità e di inediti stimoli professionali. Queste note provano a rileggere alcune delle riflessioni provenienti dall'antropologia e dalla clinica transculturale riguardanti la malattia, la maternità e l'infanzia con gli occhi del logopedista. In particolar modo vengono affrontati la condizione della mamma immigrata e il suo rapporto con il bambino, giacché è proprio su questa relazione specifica che si costruisce una parte importante del percorso educativo/abilitativo. Trauma migratorio, rapporto con la cultura di provenienza, modelli di maternage, di baby-talking e di baby-carring, determinazione culturale delle routine: sono questi gli elementi, ancora tutti da studiare, che interessano il lavoro del logopedista che vuole valorizzare le peculiarità del rapporto mamma immigrata-bambino e sfuggire alla tentazione di realizzare interventi standardizzati che non sempre risultano efficaci.

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