Il TNPEE
© 2020 Erickson
Vol. 2, n. 2, novembre 2020
(pp. 27-45)
Laboratori di gruppo a distanza: insieme per sviluppare le nostre potenzialità. Un’esperienza clinica di lavoro di gruppo a distanza durante il Covid-19
Chiara Terribili
Psicologa e Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale, Roma
Stefania Cortese
TNPEE, Dottoressa in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie, Roma
Agnese Dugo
TNPEE, Roma
Emily Penna
Psicologa, Roma
Marco Spalletta
TNPEE, Dottore in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie, Roma
Sommario
Il presente lavoro si propone di condividere l’esperienza di laboratori di gruppo attivati dalla nostra équipe nel periodo compreso tra giugno e luglio 2020 e svolti a distanza.
In particolare, riportiamo l’esperienza relativa al lavoro portato avanti sull’educazione emotiva, il cui laboratorio «Emozioni e benessere. Laboratorio per l’educazione degli aspetti emotivi» ci ha permesso di declinare la proposta proprio in ottica evolutiva, in diverse fasce d’età, in tre sottogruppi. L’esperienza, rivolta a bambini e ragazzi di età compresa tra 8 e 13 anni con diagnosi ascrivibili ai Disturbi del Neurosviluppo e già in carico presso la nostra équipe, ha coinvolto un totale di 14 soggetti, distribuiti nei gruppi a seconda delle età, della diagnosi e quindi degli specifici obiettivi abilitativi.
Parole chiave
Covid-19, Età evolutiva, TNPEE, Psicologia, Laboratori, Educazione emotiva.
Laboratori di gruppo ai tempi del Covid-19: un’esperienza a distanza
Introduzione
Nei mesi passati, l’improvvisa emergenza causata dalla pandemia da SARS-CoV-2 ha modificato drasticamente le condizioni di vita della popolazione, influendo in maniera significativa su tutti gli ambienti di vita, sulle routine e sulle attività personali e familiari.
Le restrizioni imposte su tutto il territorio nazionale fin dalle prime fasi, unite al profondo senso civile, etico e deontologico professionale, hanno reso indispensabile riorganizzare tutti i servizi, compresi quelli sanitari e riabilitativi rivolti alla persona. In questo contesto gli operatori sanitari di strutture pubbliche, private accreditate e private sono stati invitati dalle Istituzioni a riorganizzare anche il sistema di presa in carico dei disturbi del neurosviluppo, con il chiaro invito a aderire alle norme di distanziamento sociale prima e a differire le prestazioni in presenza in una fase immediatamente successiva. Questo ha posto a tutti gli operatori del settore (oltre che alle famiglie) importanti e innegabili sfide adattive e l’uso esclusivo dei supporti telematici come mezzo di contatto e garanzia della continuità del servizio di cura della persona anche a distanza.
La nostra équipe, che da sempre crede nella possibilità di incidere sulla prognosi del disturbo lavorando in stretta collaborazione con tutte le risorse attive nella rete socio-affettiva del bambino, e in particolare con il nucleo genitoriale, si è attivata fin dalle prime settimane per sostenere le famiglie nella riorganizzazione della vita quotidiana, in funzione degli obiettivi previsti dal relativo progetto terapeutico individualizzato in corso e in accordo con le risorse territoriali di riferimento. La continua trasmissione di competenze ai contesti di vita è infatti un elemento essenziale dell’intervento nell’ottica biopsicosociale.
Nonostante le difficoltà iniziali, dovute all’attesa di indicazioni dettagliate da parte delle Istituzioni, all’adeguamento delle risorse da utilizzare alla normativa vigente in materia di privacy e, a volte, a un faticoso assestamento da parte delle famiglie, la presa in carico a distanza è stata nella maggior parte dei casi garantita con successo, complice l’alto livello di motivazione che ha guidato équipe e famiglie a impegnarsi ancor più costantemente nel percorso abilitativo di bambini e ragazzi.
Il bilancio del lavoro portato avanti in questi mesi, seppur ancora parziale, ha visto in questo periodo di cambiamento un’esperienza ricca di ri-scoperte e potenzialità intrinseche all’intervento riabilitativo e di cura della persona. In particolare, ciò è avvenuto nel maggior coinvolgimento attivo delle famiglie che hanno potuto sperimentare, con la supervisione dell’équipe, il ruolo fondamentale di una costante e consapevole vicinanza emotiva con il bambino nonché l’importanza della creazione di routine condivise, della capacità di fornire una prevedibilità (ad esempio con l’inserimento e l’utilizzo di calendari giornalieri, strisce di programmazione delle attività, timer per l’anticipazione e la condivisione della durata dell’attività) e della selezione attenta del materiale (libri, giochi, schede, app) a seconda degli obiettivi, e infine della cura nella scelta e nell’organizzazione del setting domestico e dei suoi spazi. Questo ha contribuito a creare esperienze di vita quotidiana condivise tra l’équipe riabilitativa e il nucleo familiare del bambino.
L’occasione di avviare una riabilitazione a distanza in alcuni casi ha permesso di impostare, o implementare quando già avviato, con il bambino o il ragazzo l’uso degli strumenti compensativi (computer, tablet, sintesi vocale, registratore, app per mappe, utilizzo consapevole del Registro Elettronico e dei libri scolastici in formato digitale), consolidando alcune abilità di base necessarie e garantendo un allenamento costante con gli stessi grazie alla Didattica A Distanza (DAD) che ne richiedeva necessariamente l’utilizzo. In altri casi, inoltre, ha permesso di consolidare l’uso dello strumento compensativo e di generalizzarlo anche nei contesti scolastici più reticenti, grazie a uno scambio costante tra l’équipe riabilitativa e l’équipe scolastica.
Il successo del lavoro, portato avanti con entusiasmo e impegno, ha quindi spinto la nostra équipe a non rinunciare a nessuna delle potenzialità insite in un intervento riabilitativo in età evolutiva e quindi alla possibilità di motivare ancora di più bambini, ragazzi e relative famiglie a proseguire il percorso durante il periodo estivo, offrendo loro un’esperienza protetta e positiva di lavoro a distanza in piccolo gruppo. Tale proposta avrebbe permesso inoltre di fornire un’occasione di impegno e scambio relazionale in un periodo in cui si prospettava l’impossibilità di partecipare alle consuete attività estive.
Per tale motivo, sulla base dei singoli progetti riabilitativi individualizzati, per i nostri pazienti abbiamo declinato dei laboratori riabilitativi di gruppo a distanza, nei mesi di giugno e luglio.
Campione generale
I soggetti coinvolti nel progetto sono stati 28, di età compresa tra 6 e 18 anni, per un’età media pari a 11 anni e 2 mesi, suddivisi in 7 diversi gruppi non soltanto in funzione degli obiettivi abilitativi ma anche in base all’età.
Dei 28 soggetti 6 erano di sesso femminile e 22 di sesso maschile, con un rapporto di prevalenza pari a circa 1F:3,5M.
Il campione preso in considerazione è stato selezionato a partire dai progetti riabilitativi già in corso e in carico presso la nostra équipe.
Sono stati individuati i seguenti criteri di inclusione: presenza di diagnosi di disturbo del neurosviluppo; quoziente intellettivo non inferiore a 70; buone risorse adattive; possibilità di accesso a una connessione di rete; possibilità di utilizzo di pc o tablet; esposizione alla DAD durante il periodo compreso tra marzo e maggio.
Il campione constava di quadri clinici così suddivisi: 8 diagnosi di Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA); 8 diagnosi di ADHD; 4 diagnosi di Disturbo dello Spettro dell’Autismo; 4 diagnosi di Disturbo emotivo; 3 diagnosi di Disturbo del linguaggio; 1 diagnosi di Funzionamento Intellettivo Limite (FIL). La figura 1 mostra la distribuzione percentuale delle diagnosi all’interno del campione. Si osserva quindi che il 29% dei bambini presentava diagnosi di DSA; il 29% ADHD; il 14% Disturbo dello Spettro dell’Autismo; il 14% Disturbo Emotivo; l’11% Disturbo del Linguaggio e solamente il 3% presentava un Funzionamento Intellettivo Limite.
Fig. 1 Rappresentazione percentuale della distribuzione delle diagnosi nel campione di riferimento.
Disegno del progetto
La nostra esperienza clinica di laboratori a distanza ha visto per ciascun laboratorio l’articolazione di diversi tempi di lavoro così come di seguito definito:
- Tempo 0 (T0) incontro con il bambino di monitoraggio del percorso di terapia, come previsto dal piano di trattamento, finalizzato all’aggiornamento degli obiettivi riabilitativi e svolto in presenza oltre che del terapista di riferimento anche di un altro componente dell’équipe nel ruolo di supervisore clinico esterno.
- Tempo 1 (T1) colloquio dell’équipe con la famiglia per la presentazione della proposta riabilitativa e della declinazione degli obiettivi riabilitativi del laboratorio integrati con il piano individualizzato di trattamento del bambino.
- Tempo 2 (T2) svolgimento degli incontri previsti per i laboratori.
- Tempo 3 (T3) verifica delle competenze acquisite dai partecipanti durante il laboratorio.
- Tempo 4 (T4) colloquio di restituzione da parte dell’équipe con la famiglia al termine del percorso e indicazioni finali.
Materiali e metodi
Per lo svolgimento delle attività, durante gli incontri di tutti i laboratori sono stati utilizzati i seguenti strumenti e materiali:
- piattaforma per videoconferenze online;
- materiali e strumenti multimediali;
- sintesi e registratori vocali;
- mappe e schemi;
- materiali cartacei e stampabili;
- piattaforme per la creazione di attività interattive online;
- role playing;
- questionari online;
- applicazioni di messaggistica istantanea e di posta elettronica.
Strumenti e strategie
Il lavoro dei diversi gruppi si è articolato in nove incontri, della durata di circa 60 minuti, ciascuno con una macrostruttura definita e ripetuta nel tempo e con una microstruttura differenziata a seconda degli obiettivi di ciascun incontro.
Nell’ottica di una presa in carico in équipe multidisciplinare, per ciascun gruppo è stata prevista una suddivisione chiara dei ruoli dei diversi professionisti presenti. Infatti, ciascun gruppo ha avuto a disposizione un’équipe composta da tre operatori tra psicologi e terapisti della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva (TNPEE). All’interno del singolo gruppo di lavoro, un operatore ha svolto la funzione di supervisore, mentre gli altri due si sono alternati nel ruolo di conduttore e mediatore con il gruppo, secondo una programmazione precedentemente condivisa. La scelta di inserire un operatore il cui ruolo fosse interamente dedicato alla supervisione dell’incontro è stata dettata da esigenze cliniche, ma anche organizzative. Nel primo caso il ruolo dedicato consentiva infatti un’attenzione alle dinamiche relazionali e interattive del gruppo, la gestione di eventuali difficoltà comportamentali espresse da parte dei partecipanti e un monitoraggio sulla conduzione effettuata dagli operatori. Nel secondo caso la presenza di questa risorsa consentiva la gestione dei tempi e degli imprevisti tecnici.
Per favorire una comunicazione tempestiva e contestuale, nel rispetto e nella tutela dei partecipanti, eventuali scambi tra gli operatori sono avvenuti in parallelo sulla chat privata della piattaforma di lavoro, così da non essere visibili agli altri componenti.
La cornice intorno alla quale si sono articolati gli incontri si è definita quindi in uno spazio virtuale, costituito da un gruppo — i cui membri si sono impegnati a una presenza costante per tutta la durata del laboratorio — che si incontrava secondo un calendario stabilito e condiviso in anticipo con le famiglie e moderato da regole chiare e a loro volta condivise.
A questa si è unita un’ulteriore cornice intorno alla quale sono poi stati articolati i singoli incontri, che hanno previsto: momenti in apertura di accoglienza con intrattenimento musicale; un momento dedicato al feedback sugli homework assegnati la volta precedente; il core centrale di svolgimento delle attività; la consegna degli homework per l’incontro successivo e infine il momento conclusivo dei saluti con intrattenimento musicale.
Obiettivi
Per tutti i laboratori è stato possibile definire e perseguire alcuni obiettivi trasversali quali:
- migliorare le abilità socio-relazionali nel gruppo dei pari;
- potenziare l’autonomia operativa;
- costruire una maggiore consapevolezza e autostima;
- allenare la responsività e le competenze necessarie all’utilizzo degli strumenti digitali in vista di un nuovo possibile utilizzo nella DAD nei prossimi mesi.
L’analisi preliminare effettuata sul profilo di sviluppo dei partecipanti ha consentito di delineare quattro diverse proposte di laboratorio in piccolo gruppo, in funzione degli obiettivi, così declinati.
- Vigili e attenti come felini. Laboratorio per lo sviluppo dell’attenzione e delle funzioni esecutive. Le funzioni esecutive sono una complessa costellazione di processi neuropsicologici e abilità cognitive di alto livello essenziali per agire nella quotidianità, come l’abilità di pianificare, essere flessibili, risolvere problemi, inibire risposte inadeguate, mantenere l’attenzione prolungata nel tempo. Un buon funzionamento di queste abilità consente un miglior adattamento alle richieste ambientali e ai diversi contesti di vita. Per questo il laboratorio si è proposto di perseguire i seguenti obiettivi riabilitativi: mantenere l’attenzione su compiti lunghi e/o complessi; cogliere velocemente un dato rilevante e filtrare le informazioni irrilevanti; cambiare e alternare il focus attentivo; svolgere più compiti in parallelo; inibire risposte inadeguate; mantenere informazioni nella memoria di lavoro; pianificare azioni complesse e soluzioni a problemi; essere flessibili di fronte a novità o difficoltà.
Destinatari: bambini di prima e seconda primaria.
- Studiare si può! Laboratorio di potenziamento delle tecniche di studio. Un metodo di studio valido ed efficace richiede un atteggiamento adeguato verso l’apprendimento e una flessibilità cognitiva con cui affrontare i diversi compiti che la scuola richiede. Il laboratorio si propone di sostenere lo sviluppo di uno stile di apprendimento in grado di orientare il ragazzo allo studio, sfruttando le proprie risorse in modo efficace e avvalendosi delle strategie e degli strumenti di supporto messi a disposizione dal contesto, facendo esperienza della propria efficacia e dunque costruendo la propria motivazione e autostima. Per farlo, si è proposto di perseguire i seguenti obiettivi riabilitativi: reperire nuove strategie e implementare l’utilizzo di strumenti compensativi; potenziare pianificazione e problem solving; sperimentare autonomia ed efficacia del proprio metodo di studio; sostenere un processo di consapevolezza delle proprie potenzialità e dei punti di fragilità.
Destinatari: ragazzi di età compresa tra 11 e 13 anni e tra 14 e 16 anni.
- Chi fa da sé fa per tre! Laboratorio di sviluppo delle abilità di vita quotidiana. Le Abilità di Vita Quotidiana (AVQ) sono abilità personali che veicolano comportamenti positivi e di adattamento che rendono l’individuo capace di fare fronte efficacemente alle richieste e alle sfide della vita di tutti i giorni. Sono dunque «competenze di vita» o «competenze per la vita». Lo sviluppo e il potenziamento delle AVQ ha lo scopo di rendere i ragazzi capaci di trasformare le conoscenze, gli atteggiamenti e i propri valori in capacità operative, cioè sapere cosa fare e come farlo. Educare i ragazzi alle competenze di vita permette di aiutarli a essere emancipati e funzionali nella vita stessa, e a scegliere in autonomia stili di vita sani e che sentono adeguati a loro.
Destinatari: ragazzi dai 13 anni.
Il laboratorio si è proposto di perseguire i seguenti obiettivi riabilitativi: sostenere le abilità di gestione della quotidianità in ambito personale (igiene personale; organizzazione di eventi; gestione degli spazi e dei materiali di vita quotidiana); sostenere le abilità necessarie alla gestione in ambito domestico (fare la spesa; eseguire le pulizie, utilizzare la lavatrice e la lavastoviglie; organizzare la raccolta differenziata; gestione delle spese)
- Emozioni e benessere. Laboratorio per l’educazione agli aspetti emotivi. Le emozioni colorano continuamente la vita. Spesso però si deve imparare a riconoscere l’emozione, esprimere il sentito, manifestare e gestire le emozioni negative e trovare delle strategie per stare meglio. Il laboratorio si è proposto di: estendere il vocabolario emotivo; favorire il riconoscimento e la verbalizzazione delle emozioni; promuovere la consapevolezza della relazione tra pensieri ed emozioni; fornire strategie di gestione delle emozioni; promuovere il benessere emotivo; sostenere una maggiore consapevolezza dei propri bisogni; fornire strategie di comunicazione assertiva dei propri bisogni.
Destinatari: bambini e ragazzi di età compresa tra gli 8 e i 13 anni.
«Emozioni e benessere. Laboratorio per l’educazione degli aspetti emotivi»: la nostra esperienza
In questo spazio di condivisione clinica vogliamo riportare in particolare l’esperienza del laboratorio «Emozioni e benessere. Laboratorio per l’educazione degli aspetti emotivi», che ci ha permesso di declinare la proposta proprio in ottica evolutiva, in diverse fasce d’età, per un totale di tre sottogruppi attivati, così suddivisi: bambini del 2° anno della scuola primaria; bambini del 3° e 4° anno della scuola primaria; ragazzi della scuola secondaria di primo grado.
Il numero di partecipanti che, selezionato dal campione totale, ha aderito a questo laboratorio è stato pari a 14 soggetti, di età compresa tra 8 e 13 anni, per un’età media pari a 10 anni e 4 mesi. Di questi, 3 erano di sesso femminile e 11 di sesso maschile, con un rapporto di prevalenza pari a circa 1:3.
Il campione, costituito da bambini e ragazzi con diagnosi pregressa di disturbi del neurosviluppo, ha visto una prevalenza per diagnosi così distribuita: 36% con ADHD; 29% con DSA; 21% con Autismo, 7% con Disturbo di Linguaggio; 7% con funzionamento Intellettivo Limite.
Riferimenti teorici
Nell’ultimo ventennio la comprensione della vita emotiva del bambino, nelle sue più complesse sfumature, si è notevolmente ampliata grazie all’interesse crescente della comunità scientifica verso questo aspetto dello sviluppo e il conseguente diffondersi di nuove ricerche e conoscenze sul funzionamento della mente e sui meccanismi sottostanti le diverse emozioni.
La Terapia Razionale Emotiva (RET – Ellis, 1989) è la teoria psicologica che ha dato maggiore impulso a questo filone di ricerca, arrivando a spiegare il meccanismo alla base delle reazioni emotive attraverso il modello ABC dell’emozione. Secondo tale modello non è un qualsiasi evento (A) a scatenare un’emozione (C) ma sono i pensieri (B) che determinano il tipo di reazione emotiva e comportamentale.
Al giorno d’oggi è sempre più evidente il bisogno di integrare nel percorso di presa in carico in età evolutiva un’educazione emotiva in grado di costruire il background di risorse cui attingere in tutte le esperienze di vita che richiedono flessibilità, adattamento e resilienza, di cui il quotidiano è denso. Integrare obiettivi educativi emotivo-relazionali all’interno del piano di trattamento individualizzato significa creare esperienze di apprendimento positive, attraverso le quali il bambino acquisisce consapevolezza dei propri stati emotivi e dei meccanismi che li influenzano, per poi applicare tali risorse nella gestione e risoluzione dei problemi che incontra nella vita di tutti i giorni.
In un momento storico come quello dei mesi di lockdown appena trascorsi, in cui le mura domestiche sono state per gran parte l’unico contenitore esperienziale emotivo, affettivo, relazionale e cognitivo, e sono state ridotte e stravolte le occasioni e le modalità di interazione con il gruppo dei pari, la nostra équipe ha sentito ancora più forte l’esigenza di integrare nei piani di trattamento gli obiettivi emotivo-relazionali.
La copiosa letteratura esistente ci ha indotto a ipotizzare come base del lavoro non tanto la terapia individuale, nella quale bambino e terapista sono in una relazione esclusiva, quanto un percorso di terapia nel gruppo dei pari.
Gli studi e le esperienze cliniche di lavoro con i gruppi terapeutici di bambini mostrano ampiamente, infatti, che favorire la relazione tra pari consente di sviluppare parti del sé importanti e meno utilizzate nelle relazioni verticali (adulto-bambino). Tra queste, la capacità di integrare i propri comportamenti con quelli del gruppo per il successo di un’impresa comune. Inoltre tali esperienze, in un clima protetto come quello del gruppo terapeutico, offrono un importante strumento di prevenzione del disagio sociale favorendo non solo delle migliori abilità di adattamento al gruppo dei pari, ma anche lo sviluppo di una comunicazione orizzontale funzionale e positiva.
L’esperienza
Sono stati presentati e sviluppati tematiche, strumenti e strategie paralleli nei diversi gruppi, diversificando e personalizzando i contenuti, il linguaggio e la modalità di presentazione delle attività sulla base dell’età e delle risposte che i partecipanti fornivano agli argomenti trattati.
Durante il percorso è stato condiviso con le famiglie un materiale di lettura che trattasse gli stessi contenuti proposti ai bambini, al fine di poter consolidare e generalizzare gli apprendimenti e il linguaggio del laboratorio anche ai contesti di vita quotidiana. In alcuni momenti è anche stato proposto alle famiglie di svolgere alcune attività pensate specificamente per far sperimentare quanto condiviso.
Per ciascun gruppo si è scelto di veicolare i temi oggetto d’interesse attraverso un filo conduttore, che nel caso dei gruppi dei ragazzi più piccoli è stato rappresentato dalla storia di un personaggio di fantasia. La storia e le «disavventure» del personaggio, che proseguivano in ogni incontro, venivano proiettate attraverso una presentazione o dei veri e propri video costruiti ad hoc (figura 2). I partecipanti avevano il compito di aiutare e supportare il personaggio nel percorso di conoscenza delle emozioni attraverso i giochi e le attività proposte di volta in volta. A ogni fine incontro, il personaggio riceveva uno strumento-simbolo rappresentante la nuova conoscenza o abilità acquisita.
I primi due incontri hanno visto anche la proposta di attività specifiche, concentrate nella parte iniziale, volte a promuovere la conoscenza reciproca fra i partecipanti e la riflessione sui vantaggi del lavoro in gruppo, nonché sulle regole di comportamento da seguire per favorire tale modalità di lavoro (figura 3).
Fig. 2 Uno dei personaggi di fantasia che hanno svolto la funzione di filo conduttore. La creazione del materiale è stata realizzata a partire dagli elementi a disposizione sulla piattaforma Canva ® © (www.canva.com). Tutti i materiali sono stati utilizzati nel pieno rispetto della licenza d’uso e dei diritti d’autore a essi correlati.
Fig. 3 Esempio di attività iniziale di conoscenza. Il format di base per la presente attività è stato selezionato a partire dalle risorse presenti sulla piattaforma online Wordwall ® © (www.wordwall.com) mentre il materiale illustrativo è stato creato a partire dagli elementi a disposizione sulla piattaforma Canva ® © (www.canva.com). Tutti i materiali sono stati utilizzati nel pieno rispetto della licenza d’uso e dei diritti d’autore a essi correlati.
Nell’ultimo incontro è stato somministrato un questionario sotto forma di quiz per verificare l’acquisizione dei contenuti proposti e sono stati raccolti i feedback rispetto all’esperienza del laboratorio.
Gli obiettivi proposti sono stati perseguiti mediante diverse attività e modalità; fra le varie attività presentate, ne descriveremo alcune, focalizzando di volta in volta l’attenzione sui contenuti paralleli e su quelli specifici di ciascun gruppo.
Al fine di espandere il vocabolario emotivo e favorire il riconoscimento e la verbalizzazione delle emozioni, è stato inizialmente chiesto ai bambini di nominare tutte le emozioni da loro conosciute, tramite la tecnica del brainstorming. Successivamente, su presentazione di immagini di emoji, è stato proposto un gioco di attenzione corporea nel quale, per ogni emoji presentata, i bambini dovevano nominare l’emozione corrispondente ed effettuare uno specifico movimento del corpo. Per proseguire in questo obiettivo e per motivare maggiormente i bambini all’attività sono state anche proiettate immagini ritraenti animali che sembravano assumere varie espressioni o posture corporee riconducibili alle emozioni, che i partecipanti dovevano riconoscere e nominare.
Sfruttando un sito web che fornisce template è stata creata una «ruota delle emozioni» (simile alla Ruota della fortuna – figura 3), che è poi stata condivisa con il gruppo per riflettere ancora insieme su come le emozioni vengano manifestate sia attraverso espressioni del viso, sia attraverso posture corporee. Ciascun bambino poteva cliccare sulla ruota per estrarre un’emozione specifica; in seguito un conduttore, come un «burattino», doveva, sulla base delle indicazioni dei bambini, ricreare la postura e l’espressione facciale tipica di tale emozione. È stata successivamente sfruttata questa stessa strategia del «burattino» anche per mostrare come, quando si prova un’emozione spiacevole, sia possibile diminuirne in parte l’intensità, assumendo la postura dell’emozione o dell’atteggiamento opposto (ad esempio, paura/coraggio; tristezza/gioia).
In itinere i soggetti di tutti i gruppi hanno evidenziato la tendenza a riportare come emozioni anche abilità, atteggiamenti o caratteristiche personali (ad esempio, intelligenza, attenzione, gentilezza, ecc.); questo ha portato a una ridefinizione dell’obiettivo specifico dell’incontro successivo, e si è pertanto deciso di creare un gioco online, con l’obiettivo di favorire la distinzione tra emozioni e abilità/atteggiamenti.
Per promuovere la consapevolezza della relazione tra pensieri ed emozioni è stata creata una presentazione di slide con diverse immagini che rappresentavano molte situazioni tipiche dell’età dei partecipanti (ad esempio, svolgere un compito in classe, perdere a un gioco, andare al parco avventura – figura 4). È stato chiesto in primo luogo di riferire le varie emozioni che si potessero sperimentare in ciascuna situazione, al fine di mostrare come, dato un evento, si possano provare diverse emozioni, e come ciascuna persona possa provare emozioni differenti da quelle di altri.
È stata favorita pertanto una riflessione sul perché questo avvenga, ponendo l’attenzione sul pensiero che sorge nel momento in cui viene vissuta una situazione.
Fig. 4 Attività di consapevolezza sulla relazione tra pensiero ed emozione. Il materiale illustrativo è stato creato a partire dagli elementi a disposizione sulla piattaforma Canva ® © (www.canva.com). Tutti i materiali sono stati utilizzati nel pieno rispetto della licenza d’uso e dei diritti d’autore a essi correlati.
Successivamente è stato chiesto a ciascun partecipante di identificare e riferire un pensiero-tipo che potrebbe scaturire in ciascuna situazione, al fine di mostrare ancora come l’emozione conseguente non nasca dagli eventi in sé, ma dal modo di interpretarli. Tale attività ha richiesto una presentazione e un approfondimento articolato in più incontri, per favorire un allenamento specifico rivolto a identificare, nei diversi esempi, il possibile pensiero interpretativo che ne scaturiva. Raggiunto questo obiettivo e verificato che i partecipanti avessero preso confidenza e dimestichezza con tale tipo di attività metacognitiva, sono state descritte e spiegate con il supporto di esempi le principali categorie di distorsioni cognitive, presentate come «Virus mentali/pensieri velenosi». Successivamente è stato creato e proposto un gioco online di classificazione di vari pensieri che i bambini dovevano ricondurre alla categoria di virus mentale di appartenenza. Inoltre è stato chiesto, dopo esempio esplicito da parte dell’operatore, di provare a identificare un pensiero alternativo a quelli «velenosi».
Tale attività è stata riproposta in particolare in uno dei gruppi, nel quale si è scelto di dedicare tre incontri interamente finalizzati all’approfondimento delle emozioni di base spiacevoli: rabbia, paura, tristezza. Nei gruppi paralleli, di età maggiore, si è invece scelto di concentrare tali attività in meno incontri.
Per quanto riguarda le strategie di gestione delle emozioni, oltre a quella metacognitiva già citata, sono state suggerite specifiche tecniche di fronteggiamento (figura 5). Per esempio, con i più piccoli, per quanto riguarda la rabbia, è stata condotta una riflessione condivisa rispetto al modo di manifestarla, ponendo attenzione alle conseguenze dei vari comportamenti che si possono assumere, proponendo così ai soggetti una riflessione sull’efficacia di atteggiamenti adattivi rispetto ad atteggiamenti disfunzionali. Sono inoltre state proposte due strategie: la «Tecnica della tartaruga», su modello di Di Pietro (2014b), che prevede di prendersi un tempo di decompressione prima di agire, e la costruzione di una «Scatola della rabbia/Scrigno dei pensieri», dove poter inserire i «pensieri velenosi». Per ciò che concerne la tristezza, è stato proposto di disegnare e costruire una «Mongolfiera» (Di Pietro, 2014a) sulla quale far volare via, metaforicamente, i pensieri tristi. Riguardo alla paura, è stata condotta una riflessione condivisa sulla possibilità di «sfidare» le paure, evidenziando al contempo le limitazioni che può portare una paura eccessiva verso stimoli o situazioni neutre o solo in parte (o relativamente) pericolose. Ad esempio, abbiamo riflettuto sulla paura di andare in bicicletta, mostrando come, per quanto possa essere rischioso (potremmo cadere), evitando tale attività possiamo perdere un’occasione di divertimento e svago con la famiglia o con gli amici. «Sfidare» tale paura, anziché evitare di confrontarsi con essa, può portarci a familiarizzare con lo stimolo «minaccioso» e scoprire che siamo in grado non solo di affrontarla e superarla, ma di ottenerne benefici ed emozioni piacevoli.
Fig. 5 Attività di presentazione delle strategie di fronteggiamento delle emozioni. Il format di base per la presente attività è stato selezionato a partire dalle risorse presenti sulla piattaforma online Wordwall ® © (www.wordwall.com) mentre il materiale illustrativo è stato creato grazie all’uso degli elementi a disposizione sulla piattaforma Canva ® © (www.canva.com). Tutti i materiali sono stati utilizzati nel pieno rispetto della licenza d’uso e dei diritti d’autore a essi correlati.
Con i due gruppi composti dai soggetti di età maggiore si è scelto, sulla base delle competenze rilevate, di concentrare gli incontri finali sulla promozione della consapevolezza dei propri bisogni e sulla comunicazione degli stessi in modo assertivo. Questo obiettivo è stato perseguito sfruttando in vari momenti la proiezione di corti animati ed estratti di film che trattassero tali aspetti. Si è lavorato con i soggetti del gruppo cercando di fornire loro una checklist di passaggi da seguire, sulla base di quanto suggerito da Schöllmann e Schöllmann (2018), con focus specifico successivo sulla comunicazione di tipo assertivo, secondo la comunicazione non violenta di Rosenberg (2003):
- analisi della situazione senza dare giudizi;
- identificazione della propria emozione;
- identificazione del proprio bisogno;
- esprimere una richiesta, comunicare il bisogno in modo assertivo.
È stata quindi costruita e proposta una serie di situazioni ecologiche ed è stato chiesto di effettuare i passaggi proposti in precedenza. In una fase preliminare è stato necessario l’intervento del clinico per guidare i partecipanti verso un’analisi corretta della situazione proposta, andando a sottolineare i giudizi che emergevano da quanto espresso dai soggetti. Dopo questa mediazione risultava molto più semplice per loro identificare l’emozione e il bisogno. Successivamente gli incontri si sono concentrati sulla comunicazione assertiva, partendo dal concetto a loro sconosciuto di assertività stessa, differenziandola da modalità aggressive e passive. Infine, dopo aver monitorato l’acquisizione di questi concetti attraverso un quiz composto da situazioni tipo e possibili reazioni, si è passati ad attività di role playing tra i soggetti al fine di far sperimentare loro tutte e tre le modalità proposte e identificare quella ritenuta unanimemente più efficace.
Il gruppo di età maggiore ha visto inoltre la costruzione di alcuni incontri specifici di presentazione e potenziamento delle life skills cognitive (problem-solving e decision making, pensiero laterale, pensiero critico). Per il perseguimento di tale obiettivo si è scelto un approccio altamente ludico e motivante. In riferimento al problem-solving e al decision making è stata condotta una riflessione condivisa sui contesti di vita nei quali è usuale dover utilizzare tali abilità, e si è proposto un allenamento attraverso giochi e indovinelli (ad esempio, indovinello del contadino che deve trasportare lupo, capra e cavolo) che richiedessero una pianificazione della soluzione e un monitoraggio costante del procedimento. Anche per il potenziamento delle abilità di pensiero laterale sono stati sfruttati indovinelli e rompicapo (ad esempio, indovinello dei 9 punti toccati da quattro linee) che richiedessero in particolare l’abilità di «pensare fuori dagli schemi», oltrepassando le soluzioni note per esplorarne altre nuove. Parallelamente, sono stati selezionati e presentati rompicapo dallo stile «investigativo», al fine di mostrare come poter sfruttare il pensiero critico di fronte a situazioni con diversi dati da valutare per scegliere la soluzione corretta. Si è voluto ancora sottolineare la possibilità di utilizzare il pensiero e il ragionamento nella lettura delle situazioni da più punti di vista, sfruttando in particolare le classiche immagini della Psicologia della Gestalt, le illusioni ottiche e corti animati.
Tali attività hanno costituito un impianto ulteriore nel sottolineare come, nell’interpretazione che facciamo degli eventi di vita, un pensiero rigido possa limitarne la lettura, favorendo l’insorgenza di emozioni spiacevoli di notevole intensità o durata, e come al contrario la flessibilità di pensiero e la capacità di prendere in considerazione diversi punti di vista e tutti i dati a disposizione possano portare a una o più interpretazioni diverse.
Nell’ultimo incontro di ciascun laboratorio è stato proiettato un video riepilogativo delle diverse attività e dei vari contenuti affrontati, corredato anche da istantanee dei partecipanti nei vari momenti del laboratorio. La proiezione aveva la finalità di consolidare i contenuti appresi e gratificare la partecipazione dei soggetti. Per il gruppo dei più grandi è stato inoltre costruito, sulla base del video, un opuscolo che è stato inviato anche alle famiglie per lasciare traccia di quanto affrontato all’interno del laboratorio.
Successivamente, è stato somministrato un questionario a ogni gruppo, sotto forma di quiz con risposte a scelta multipla, inerente i contenuti affrontati e approfonditi all’interno di ciascuno di essi. A seconda del gruppo, i quesiti potevano variare tra un numero di 10 e un numero di 18, volti a valutare, in generale nei tre gruppi, l’ampliamento del vocabolario emotivo e la distinzione tra emozioni e caratteristiche, l’utilità di determinate emozioni a fronte di una specifica situazione (ad esempio,paura/necessità di fuga/protezione), il metodo ABC delle emozioni e la sua applicazione per identificare virus mentali e modifica del pensiero. Per il gruppo di età intermedia ed età maggiore, è stata valutata anche la conoscenza della comunicazione assertiva. Nel gruppo dei più grandi i quesiti hanno riguardato inoltre le life skills cognitive.
Al fine di ottenere feedback qualitativi sull’esperienza del laboratorio, sono state inoltre rivolte a ciascun partecipante quattro domande aperte: «Cosa ti porti via da questa esperienza?»; «Cosa senti di aver imparato?»; «Cosa ti è piaciuto di più?»; «Cosa ti è piaciuto di meno?».
Risultati
Tutti i componenti dei gruppi considerati hanno partecipato per tutta la durata del laboratorio, permettendo di non far registrare drop-out. Solo quattro dei partecipanti non hanno potuto presenziare a uno o più incontri; solo un componente non ha potuto partecipare in particolare all’incontro conclusivo nel quale è stato somministrato il questionario ed è stato raccolto il feedback.
I risultati dei questionari, elaborati complessivamente, evidenziano come la totalità dei partecipanti abbia risposto a tutti i quesiti presentati; l’analisi delle risposte è stata calcolata in percentuale (i questionari infatti avevano un quantitativo differente di domande dovuto all’età dei partecipanti e ai contenuti differenziati nei diversi sottogruppi). Tutti i bambini e i ragazzi hanno risposto correttamente al 40% delle domande; il 65% dei bambini ha risposto correttamente alla metà delle domande; nessun partecipante ha risposto correttamente a tutte le domande.
Dall’analisi delle risposte è possibile desumere che i partecipanti hanno acquisito, in generale:
- un ampliamento del vocabolario emotivo e buone capacità di distinguere tra emozioni e abilità/caratteristiche;
- una buona conoscenza della funzione di ciascuna emozione di base;
- una sufficiente consapevolezza della relazione pensieri-emozioni;
- l’acquisizione di tecniche e strategie per abbassare l’intensità dell’emozione provata;
- nei più grandi, buone conoscenze delle life skills cognitive.
Si rilevano inoltre:
- il permanere di difficoltà nell’assegnazione a categorie dei «Virus Mentali», a fronte di buone capacità di identificazione di pensieri alternativi maggiormente funzionali;
- difficoltà nella conoscenza e applicazione della comunicazione assertiva.
In riferimento ai feedback qualitativi, la maggior parte dei partecipanti, alla domanda «Cosa ti porti via da questa esperienza?», ha sottolineato la piacevolezza di svolgere un’attività in gruppo e di aver stretto nuove amicizie. Alcuni esempi di verbalizzazioni dei bambini:
- A.: «Sono stato felice di aver lavorato con voi. Mi viene da piangere se penso che ‘sto momento è l’ultimo. Mi mancherete»;
- T.: «Mi porto via un’amicizia. Così se vi incontro da qualche parte so che siete un amico»;
- M.: «Mi porto via la gioia di questo gruppo»;
- M.: «Che abbiamo fatto tante attività insieme».
Alla seconda domanda, «Cosa senti di aver imparato?», diversi partecipanti hanno riportato come apprendimento più significativo la funzione di ciascuna emozione; alcuni dei gruppi di età maggiore hanno riportato la possibilità di comunicare assertivamente; ancora, è stata sottolineata una maggiore attenzione ai propri processi di pensiero e di ragionamento:
- A.: «Ogni emozione serve, pure la paura»;
- T.: «Che alcune volte si può sempre ragionare prima di reagire»;
- M.: «Che le emozioni servono a tante cose»;
- C.: «Ho imparato a pensare. Prima rispondevo a delle domande senza pensare, ora ho imparato a pensare. Sono più sicuro di me»;
- C.: «Ho imparato a rispondere; prima con le persone più vicine ero più aggressiva, adesso ho imparato a passare dall’aggressività all’assertività».
Alla domanda «Cosa ti è piaciuto di più?» alcuni partecipanti hanno riportato come preferenza il personaggio-filo conduttore che accompagnava ciascun incontro, gli altri hanno indicato alcune attività specifiche, quali indovinelli, rompicapo, le canzoni iniziali e finali, i quiz.
Per quanto riguarda l’ultima domanda, «Cosa ti è piaciuto di meno?», due dei partecipanti hanno riportato fatica in alcuni momenti (es. V.: «Troppe domande», T.: «A volte mi sono annoiato»). È invece emerso dalla quasi totalità dei partecipanti il dispiacere di non aver potuto partecipare in presenza e il dispiacere di dover terminare l’esperienza:
- A.: «Non mi è piaciuto non vedervi di persona»;
- R.: «Non mi piace separarci perché oggi è l’ultimo giorno»;
- M.: «Non mi è piaciuto che è l’ultima volta che ci vediamo»;
- C.: «Mi è dispiaciuta la distanza».
Conclusioni
Dal confronto tra gli specialisti è emerso che l’esperienza del laboratorio ha permesso agli operatori la conoscenza delle potenzialità di strumenti nuovi e la possibilità di sfruttare modalità riadattabili e riproducibili, almeno in parte, anche all’interno del lavoro svolto in presenza, quali ad esempio un maggiore utilizzo degli strumenti multimediali e di giochi e applicazioni interattivi.
È stato ipotizzato che la modalità online di conduzione del laboratorio abbia rappresentato un vantaggio in termini di assiduità e frequenza di partecipazione, garantendo una maggiore accessibilità anche in un periodo, come quello estivo, in cui molte famiglie sono meno presenti sul territorio di residenza.
L’esperienza di lavoro in gruppo proposta attraverso piattaforma multimediale ha richiesto una pianificazione costante e minuziosa delle attività da proporre, portando a una scansione spesso «minuto per minuto» e all’identificazione preventiva di attività alternative e ulteriori a cui poter attingere in caso di necessità e di eventuali criticità nella gestione del gruppo.
Le criticità maggiori hanno riguardato specificamente la difficoltà di gestione di alcune dinamiche del gruppo tramite piattaforma multimediale, per esempio in presenza di comportamenti provocatori o disfunzionali del singolo o in momenti in cui diversi partecipanti tentavano di prendere parola. Tale difficoltà, confrontata con le esperienze precedenti di conduzione di gruppi in presenza da parte dei clinici, appare riconducibile all’assenza di uno spazio fisico strutturato su misura degli obiettivi da raggiungere e delle attività da proporre, tenendo conto anche delle caratteristiche dei partecipanti. Infatti, non sempre è stato possibile per le famiglie garantire spazi adeguati (ad esempio, assenza di distrattori); inoltre, la possibilità per i bambini di alzarsi dalla propria postazione e di prendere e utilizzare oggetti presenti nel proprio ambiente domestico ha talvolta interferito con le attività di lavoro.
Tali difficoltà sono state affrontate tramite diverse modalità: sono state create delle «stanze» virtuali in cui poter avere uno scambio diretto con i singoli partecipanti, al fine di garantire la possibilità di riflessione condivisa e riconduzione al compito ed è stato dedicato uno spazio di confronto negli incontri di terapia individuale, ove fossero previsti. Inoltre, la possibilità di utilizzare oggetti dell’ambiente domestico è stata sfruttata rendendola una richiesta esplicita finalizzata all’esecuzione di alcune attività proposte (ad esempio, prendere oggetti molto leggeri o molto pesanti e presentarli sullo schermo per indicare l’intensità delle emozioni; prendere oggetti di colore diverso per indicare la risposta scelta, ecc.).
I feedback sui contenuti e le considerazioni che i ragazzi, nel gruppo o separatamente insieme al terapista, ci hanno incoraggiato a credere nell’efficacia di questo intervento rivolto a potenziare il bagaglio di contenuti e strategie di fronteggiamento emotivi, ma anche a confermare una rinnovata fiducia verso il sostegno che le strategie cognitive possono fornire agli stati emotivi. Inoltre, a seguito dei colloqui conclusivi effettuati con i genitori, è emersa una generale soddisfazione. Più della metà dei genitori ha espresso il desiderio di ricevere anche in futuro e/o in presenza attività laboratoriali svolte in piccolo gruppo, in quanto sono stati osservati, in seguito all’esperienza in un contesto protetto e mediato, benefici nelle relazioni tra pari e una buona acquisizione dei contenuti proposti nei laboratori, ritenuti generalizzabili ai contesti di vita.
Infine, l’esperienza ha rinnovato nel nostro gruppo la consapevolezza dell’importanza di un lavoro in équipe multidisciplinare per la presa in carico dei disturbi del neurosviluppo, in quanto le specifiche competenze professionali delle due figure coinvolte (psicologo, TNPEE) si sono dimostrate sinergiche e in grado di compensarsi quando necessario. Inoltre, la specificità di ognuno ha contribuito ad arricchire la competenza e il punto di vista dell’altro in un circolo virtuoso di crescita professionale oltre che umana.
Abstract
This article shares a group laboratory experience on-line that our professional team activated in June and July 2020. «Emotions and well-being. Laboratory for emotional education», is the particular laboratory experience reported that allowed us to offer a developmentally specific proposal for different age groups. The experience was directed to children from 8 to 13 years of age having a Neurodevelopment Disorder diagnosis and already in our care. It involved 14 children who were divided into three groups according to their age and diagnosis, and therefore offered specific objectives to better enable the patients.
Keywords
SARS-CoV-2, child development, Developmental Neuro and Psychomotor Therapist (TNPEE), Psychology, Laboratories, Emotional education.
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