Il TNPEE

© 2022 Erickson

Vol. 4, n. 2, novembre 2022

(pp. 100-114)

Mindfulness e Terapia della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva: una revisione narrativa della letteratura scientifica

Elena Bolis

TNPEE.

Sommario

Il termine «mindfulness», traduzione inglese dell’antica parola medio-indiana «sati», indica un insieme di pratiche che mirano a raggiungere uno stato mentale di consapevolezza e attenzione al momento presente (Kabat-Zinn, 2003, 2017).

La pratica ha trovato impiego in diversi ambiti della sanità e della salute, anche in relazione all’età evolutiva, dove è stata utilizzata sia nell’ambito educativo sia in quello clinico, con particolare rilevanza nel campo della psicoterapia (Snel, 2015).

L’articolo propone una revisione narrativa della letteratura nazionale e internazionale, finalizzata a descrivere i fondamenti neuroscientifici della mindfulness, nonché le evidenze del suo impiego clinico e educativo-preventivo, con particolare riferimento all’età evolutiva e all’intervento riabilitativo nei disordini del neurosviluppo. Successivamente analizza le principali affinità che rendono plausibile un’integrazione efficace tra l’approccio mindfulness e la metodologia propria dell’approccio neuro e psicomotorio, e illustra ulteriori spunti per la ricerca sul campo.

I risultati confermano numerose affinità tra i due approcci, in particolare nell’attenzione rivolta al corpo, ai processi di attenzione e consapevolezza del legame tra pensiero e azione, alla relazione mente-corpo come unità inscindibile, all’uso di approcci metacognitivi per la gestione delle reazioni emotivo-comportamentali in funzione adattiva e nella visione globale dell’individuo.

Parole chiave

Mindfulness, Meditazione, Autoregolazione, Consapevolezza, Regolazione emotiva, TNPEE.

Introduzione

A oggi esistono molte definizioni di mindfulness, più o meno concordi nel definirne gli aspetti fondamentali, che riconoscono soprattutto uno stato di consapevolezza riflessiva della mente (Siegel, 2009) che permette di osservare la natura profonda dei fenomeni (Guarantana, 1992) e di affrontare metodicamente le esperienze (Goleman, 1988). Tale stato, che coinvolge consapevolmente l’esperienza momento per momento, si sviluppa con la pratica meditativa (Kabat-Zinn, 2003, 2017) e offre un metodo con cui diventare meno reattivi a quanto accade nel momento presente, aumentando il livello di benessere personale in termini di accettazione di sé, relazioni positive con gli altri, qualità della vita (Ryff et al., 1989; Willenbrink, 2018; Brown e Ryan, 2003; Germer, Siegel e Fulton, 2005). Coltivare questa pura presenza della mente permette infatti di sperimentare che i pensieri e le emozioni, anche quelli negativi e invalidanti, rappresentano solo una parte della realtà e quindi possono risultare gestibili, quanto meno in senso adattivo (De Simone, 2015).

La mindfulness viene così a delinearsi come una dimensione operativa dell’essere, che riguarda le operazioni mentali e cognitive, interconnesse con altrettante funzioni riguardanti la regolazione emotiva, la sensorialità corporea (respiro, posizione, azione, funzioni corporali, singole parti del corpo), le sensazioni, la mente e gli oggetti mentali (Mace, 2010). Da qui è nato anche un interesse clinico per l’approccio mindfulness, in particolare nell’ambito della psicoterapia (Didonna, 2009).

Le pratiche di mindfulness sono state impiegate, infatti, per una vasta gamma di problemi psicologici, tra cui: disturbi dell’umore, depressione e ansia (Segal, Williams e Teasdale, 2014; Eifert e Forsyth, 2005); disturbo borderline di personalità, impulsività e autolesionismo suicidario (Linehan, 1993); dolore cronico, malessere e stress (Kabat-Zinn, 2003, 2017); abuso di sostanze (Witkiewitz, Marlatt e Waker, 2005); binge eating e disordini del comportamento alimentare in genere (Kristeller and Hallet, 1999; Leahey, Crowther e Irwin, 2008), disordini post-traumatici e difficoltà relazionali (Mace, 2010).

L’efficacia della mindfulness è documentata quando risulta necessario aumentare la distanza percettiva da stimoli psicologici e somatici angoscianti, nei termini di deconcatenazione, risensibilizzazione e decentramento dalle emozioni (Mace, 2010), ma anche nel determinare cambiamenti neuroplastici funzionali del cervello (Shonin, Van Gordon e Griffiths, 2015).

Le pratiche di mindfulness si adattano anche all’età evolutiva, perché prevedono un approccio giocoso ed esperienziale, realizzabile in una moltitudine di modi in relazione al livello di sviluppo (Didonna, 2009), promuovendo l’equilibrio emotivo (Snel, 2015; Willard, 2017) e l’apprendimento di competenze prosociali, di tolleranza della frustrazione e di promozione delle capacità cognitive (Benelli e Regazzoni, 2018).

In letteratura sono documentati diversi studi di interesse clinico sui minori e con livelli di efficacia comprovati in presenza di disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) (Van der Oord, Bögels and Peijnenburg, 2012; Minniti, 2016; Clark, Schumann and Mostofsky, 2015); disturbi alimentari (Chodkowski e Niswender, 2016; Minniti, 2018); disturbi emotivi (Didonna, 2009; Chambers, Gullone e Allen, 2009; Argentina, 2017; Goodman e Greenland, 2009); disturbi d’ansia (Semple e Lee, 2019; Belmonte, 2018; Semple, Reid e Miller, 2005); autismo ad alto funzionamento (Pahnke et al., 2014; Paganoni, 2017); disturbi post-traumatici da stress (Heller e LaPierre, 2018; Bethell et al., 2016; Didonna, 2009; Follette et al., 2006) e disabilità intellettiva (Kim e Kwon, 2018; Zelazo e Lyons, 2011, 2012).

L’impiego della pratica risulta infine utile ai genitori, in termini sia di sostegno allo sviluppo dei processi di consapevolezza nel bambino sia di beneficio personale (Blackledge e Hayes, 2001; Hwang et al., 2015; Dumas, 2005; Coyne e Wilson, 2004; Greco e Eifert, 2004).

Obiettivi

Il presente studio propone una revisione narrativa della letteratura nazionale e internazionale finalizzata a descrivere i fondamenti neuroscientifici della mindfulness, nonché le evidenze del suo impiego clinico e educativo-preventivo, con particolare riferimento all’età evolutiva e all’intervento riabilitativo nei disordini del neurosviluppo. Successivamente si propone di analizzare le principali affinità che rendono plausibile un’integrazione efficace tra l’approccio mindfulness e la Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva nella presa in carico di bambini con disordini del neurosviluppo.

Materiali e metodi

Strategia di ricerca

La ricerca in letteratura è stata condotta attraverso l’utilizzo dei principali database: PubMed, Google Scholar e PsycINFO.

Sono state utilizzate parole chiave come «mindfulness», «meditation», «embodiment», «mind/body medicine», «mindfulness intervention», «MBSR». Tali keywords principali sono state successivamente combinate con l’operatore booleano «and» insieme alle seguenti: «children», «rehabilitation», «physiology», «neurophenomenology», «emotions», «emotion regulation», «attention», «attention regulation», «self-regulation», «self-awareness», «executive functions».

La ricerca ha condotto a un totale di 50 articoli, dai quali sono stati successivamente selezionati 28 studi secondo specifici criteri di inclusione ed esclusione.

Criteri di selezione

Gli studi sono stati selezionati in base ai seguenti criteri di inclusione:

  • studi quali meta-analisi, revisioni sistematiche, studi controllo randomizzati, studi pilota e studi clinici;
  • studi rivolti a soggetti in età evolutiva 0-18 anni quale popolazione target;
  • tipologia d’intervento: studi con trattamento mindfulness-based;
  • anno di pubblicazione ≥ 2000.

Sono stati inoltre presi in considerazione studi che rispondono al modello esplicativo di Posner riportato in figura 1 (Posner, 2015), che permette di comprenderne i meccanismi di funzionamento.

Fig. 1 La mindfulness nel modello di Posner et al. (2015).

Criteri d’esclusione

Sono stati esclusi: studi clinici con informazioni insufficienti sull’intervento condotto; studi aventi tipologia di intervento non interamente mindfulness-based; studi con anno di pubblicazione precedente al 2000.

Processo d’estrazione dati

Al fine di rilevare i dati di interesse specifico, le informazioni di ciascuno studio sono state raggruppate in quattro categorie principali: «autori e anno», «tipologia di studio», «risultati e conclusioni» e «note di interesse progettuale».

Revisione narrativa della letteratura scientifica

La ricerca ha condotto a un totale di 50 articoli. Sulla base dei criteri di esclusione identificati, due articoli sono stati esclusi per insufficienti informazioni sull’intervento condotto; tre articoli sono stati esclusi perché pubblicati prima dell’anno 2000; due contributi sono stati esclusi per analisi statistica non adeguata; undici studi sono stati esclusi perché l’approccio mindfulness non era stato impiegato come cardine dell’intervento; quattro articoli sono stati esclusi per sospetta speculazione.

La selezione ha dunque condotto a un totale di 28 articoli, utili per la successiva fase di analisi di interesse del presente lavoro.

Analisi del campione

L’analisi degli articoli selezionati ha permesso di individuare alcuni aspetti di interesse progettuale.

  • Efficacia clinica generale dell’approccio mindfulness. Gli studi di Baer (2003), Grossman, Niemann Schmidt e Walach (2004) e Federman (2011) certificano, per mezzo di un’ampia revisione della letteratura, l’efficacia clinica della mindfulness, dimostrandone il possibile impiego nel trattamento di molteplici disturbi e nel conseguimento di diversi obiettivi di trattamento in relazione sia all’adulto sia al bambino.
  • Efficacia in età evolutiva. La validità dell’impiego dell’approccio mindfulness con i bambini a sostegno di molteplici domini del neurosviluppo è certificata dagli studi di Hooker e Fodor (2008), Kaunhoven e Dorjee (2017) e Dunning et al. (2019). In particolare, lo studio di Hooker e Fodor (2008) propone un intervento mindfulness specifico per l’età evolutiva.
  • Benefici neurologici. Lo studio di Davidson et al. (2003) testimonia un significativo aumento dell’attività della corteccia frontale sinistra e nel titolo anticorpale dei soggetti del gruppo clinico rispetto al gruppo di controllo. La revisione della letteratura operata da Tang, Hölzel e Posner (2015) illustra invece i diversi effetti neurofisiologici apportati dalla pratica abituale.
  • Implementazione di competenze specifiche. Numerosi studi hanno certificato l’efficacia della mindfulness nel potenziamento delle competenze di consapevolezza di sé e di consapevolezza emotiva, delle competenze prosociali e dell’intersoggettività (Shapiro et al., 2006; Anderson et al., 2007; Flook et al., 2015; Hwang et al., 2015; Bethell et al., 2016; Lin, Callahan e Moser, 2018; Yavuz, Yavuz e Onal, 2018).
  • Efficacia in disturbi specifici. Lo studio di Hwang et al. (2015) dimostra l’efficacia dell’approccio nel parent training di genitori di bambini con Disturbo dello Spettro dell’Autismo, evidenziando importanti contributi rispetto a consapevolezza emotiva, benessere personale e regolazione emotivo-comportamentale.

Lo studio di Bethell et al., (2016) indaga l’associazione tra bambini a rischio evolutivo (difficoltà emotivo-comportamentali e/o intellettive), trauma, ambiente familiare e fattori protettivi. I risultati incoraggiano gli approcci mindfulness-based nel trattamento del trauma, testimoniando la valenza dell’approccio mindfulness nel trattamento di bambini a rischio evolutivo in relazione a regolazione emotivo-comportamentale, consapevolezza, benessere psicosociale.

L’analisi di Hardison e Roll (2016) prende in esame studi relativi all’impiego di metodologie di mindfulness nei trattamenti riabilitativi di tipo neuromotorio, evidenziando l’utilità della mindfulness per i pazienti con dolore muscolo-scheletrico, con dolore cronico e con disturbi neuromotori; inoltre, lo studio prova l’efficacia dell’intervento mindfulness anche nel trattamento dei bambini con patologia neuromotoria rispetto a capacità percettive, funzioni psicomotorie e benessere nell’ottica di un approccio globale.

Kim e Kwon (2018) hanno proposto interventi di mindfulness a sostegno di bambini in età scolare con diagnosi di disabilità intellettiva: lo studio prova l’efficacia dell’approccio mindfulness nell’intervento su bambini con disabilità intellettiva a sostegno delle competenze regolative, delle Funzioni Esecutive e della metacognizione.

Lo studio clinico di Yavuz, Yavuz e Onal (2018) ha preso in esame soggetti con patologia psichiatrica con sintomi di deficit attentivo e/o iperattività, dimostrando che i sintomi di deficit attentivo/iperattività sono negativamente correlati ai livelli di mindfulness: lo studio suggerisce un possibile esito positivo dell’intervento mindfulness in relazione alla sintomatologia tipica di un disturbo del neurosviluppo quale il Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) a sostegno di autoregolazione, consapevolezza, Funzioni Esecutive, metacognizione, percezione, funzioni psicomotorie.

Semple, Reid e Miller (2005) hanno indagato con esito positivo la valenza della mindfulness nel trattamento dei sintomi ansiosi in pazienti pediatrici in età scolare.

L’analisi della letteratura di Shonin, Van Gordon e Griffiths (2015) ha invece preso in esame interventi mindfulness-based condotti su soggetti affetti da disturbi ansiosi e/o depressivi.

  • Miglioramento nell’autoregolazione emotivo-comportamentale. Sono numerosi gli studi da cui emerge un importante impatto della mindfulness a favore delle competenze di regolazione emotivo-comportamentale (Shapiro et al., 2006; Anderson et al., 2007; Bethell et al., 2016; Beblo et al., 2017). Tra questi, lo studio di Flook, Goldberg, Pinger e Davidson (2015) ha indagato il potenziamento delle capacità regolative in bambini di età prescolare, mentre gli studi di Schonert-Reichl et al. (2015), Perry-Parrish, Copeland-Linder, Webb e Sibinga (2016) e di Kim e Kwon (2018) si sono rivolti a soggetti in età scolare. Gli studi di Hwang et al. (2015) e di Yavuz, Yavuz e Onal (2018), invece, hanno evidenziato miglioramenti nell’autoregolazione emotivo-comportamentale rispettivamente di bambini con Disturbo dello Spettro dell’Autismo e di pazienti con patologia psichiatrica.

Lo studio di Semple, Reid e Miller (2005) dimostra la valenza dell’approccio mindfulness nella promozione di una migliore regolazione emotivo-comportamentale, unitamente all’implementazione di alcune competenze neurocognitive, nel trattamento dei sintomi ansiosi in bambini in età scolare. Anche le analisi di Shonin, Van Gordon e Griffiths (2015) e di Lin, Callahan e Moser (2018) testimoniano i benefici terapeutici della mindfulness nel trattamento dei disturbi internalizzanti.

Infine, la rassegna della letteratura di Chambers, Gullone e Allen (2009) ha proposto un modello di integrazione tra mindfulness e regolazione emotiva.

  • Sostegno alla genitorialità. La mindfulness si è dimostrata utile nel parent training come risorsa del genitore nell’interazione con il proprio figlio (Langer, Cohen e Djikic, 2012; Perry-Parrish, 2016), anche nei confronti di bambini a rischio evolutivo (Bethell et al., 2016) o con diagnosi di Disturbo dello Spettro dell’Autismo (Hwang et al., 2015).
  • Potenziamento delle Funzioni Esecutive. Molti studi hanno indagato il ruolo della mindfulness a sostegno e potenziamento delle competenze cognitive, con particolare attenzione alle Funzioni Esecutive (Semple, Reid e Miller, 2005; Anderson et al., 2007; Jha, Krompinger e Baime, 2007; Flook et al., 2015; Schonert-Reichl et al., 2015; Kim e Kwon, 2018; Yavuz, Yavuz e Onal, 2018). In particolare, dagli studi emergono miglioramenti soprattutto a livello delle capacità attentive.
  • Miglioramento nelle abilità metacognitive e nell’apprendimento. Dagli studi di Hasenkamp, Wilson-Mendenhall, Duncan e Barsalou (2012) emerge che la meditazione implementa le capacità del soggetto di monitorare i propri processi cognitivi. Alla medesima conclusione giungono anche gli studi clinici di Kim e Kwon (2018) e Yavuz, Yavuz e Onal (2018) con bambini in età scolare affetti da Disabilità Intellettiva e con soggetti con patologia psichiatrica. Parallelamente, la mindfulness, soprattutto in età pediatrica, risulta essere di sostegno dei processi di apprendimento in termini di capacità cognitive e competenze prosociali (Kabat-Zinn, 2003, 2017).
  • Implementazione della percezione. La mindfulness risulta ricoprire un ruolo importante anche a sostegno delle capacità percettive e di integrazione sensoriale (Shapiro et al., 2006; Yavuz, Yavuz e Onal, 2018), anche in relazione a pazienti con patologia neuromotoria (Hardison e Roll, 2016).

Discussione

L’analisi del campione evidenzia la presenza di numerosi studi di letteratura a conferma dell’efficacia dell’approccio mindfulness in età evolutiva.

In particolare, è possibile evincere che il fine ultimo della pratica mindfulness con i bambini è lo sviluppo e l’implementazione della loro capacità di autoregolazione emotivo-comportamentale a partire dalla promozione di una maggiore consapevolezza, anche a sostegno delle competenze di intersoggettività e delle competenze prosociali (Goodman e Greenland, 2009). Inoltre, pratiche di mindfulness possono risultare utili strumenti anche nella stimolazione delle capacità cognitive e nell’implementazione delle Funzioni Esecutive (Benelli e Regazzoni, 2018), anche attraverso il sostegno delle capacità di metacognizione.

Nel complesso, le pratiche di mindfulness si adattano bene ai bambini, perché risultano facilmente spendibili secondo un approccio giocoso, sperimentale e sempre esperienziale (Didonna, 2009).

L’analisi ha inoltre reso evidente che l’approccio mindfulness in età evolutiva risulta efficace anche quando viene utilizzato come pratica a sostegno della genitorialità.

Diversi studi empirici sulla genitorialità mindfulness hanno infatti dato risultati favorevoli (Singh et al., 2007; Hwang et al., 2015; Semple et al., 2006), dimostrando che esistono due principali vantaggi nell’addestrare i genitori nei processi di accettazione e mindfulness: essi possono al contempo sostenere lo sviluppo di questi processi nel proprio figlio e trarre personalmente beneficio dall’uso di queste abilità (Hwang et al., 2015; Blackledge e Hayes, 2001; Dumas, 2005; Coyne e Wilson, 2004; Greco e Eifert, 2004).

Ulteriori considerazioni: mindfulness e terapia neuro e psicomotoria

L’intervento neuro e psicomotorio presenta caratteristiche, metodologie e campi d’azione che incontrano nella mindfulness potenziali punti di contatto nell’approccio in età evolutiva.

Di seguito si riportano brevemente i principi cardine dell’approccio neuro e psicomotorio che, dall’analisi degli studi considerati e discussi finora, risultano rilevanti per procedere verso le riflessioni conclusive.

L’importanza del corpo

Il corpo, con il suo movimento, è il punto di partenza per lo sviluppo delle funzioni mentali, del senso di sé e delle relazioni con il mondo (Oliviero, 2001; Wille e Ambrosini, 2010; Berti e Comunello, 2011): il movimento è un fatto psichico che struttura la realtà fisica (Wille e Ambrosini, 2010; Vicario, 1988) e promuove primariamente la formazione dello schema corporeo (Le Boulch, 1981), una funzione psicomotoria primaria, alla base di ogni successiva acquisizione, che si evolve a partire dalla sensorialità e che comporta anche l’integrazione di schemi e rappresentazioni mentali. Nel corso della sua esperienza conoscitiva infatti, il bambino, molto prima del pensiero e del linguaggio, si serve di un’intelligenza pratica che utilizza la percezione e il movimento – in sostanza il corpo – organizzati in schemi di azioni.

L’unità corpo-mente

Il pensiero psicomotorio promuove il principio di unità corpo-mente attraverso un approccio globale alla dimensione corporea e alle sue valenze comunicative e relazionali (Pisaturo, 1996), affidando dunque al corpo un duplice aspetto, motorio e psichico (Aucouturier, 2005).

Uno degli assi portanti del pensiero psicomotorio è proprio la concezione del corpo come produttore e organizzatore di senso (Berti e Comunello, 2011). Non a caso, infatti, anche il senso di sé si sviluppa proprio a partire dalle esperienze corporee soggettive (Stern, 1987).

L’unità di corpo e mente è ulteriormente testimoniata dall’indissolubilità del legame tra il corpo e le emozioni, legame osservabile soprattutto nei bambini. L’ipotesi di una forte correlazione tra corpo ed emozioni, oggi sostenuta dalle evidenze scientifiche, era già stata avanzata da Wallon (1970): questa organizzazione tonico-emozionale, ponte tra il corpo e la mente (almeno nella sua dimensione affettiva), è identificabile come base per tutti i metodi di rilassamento e per tutti i tentativi di spiegazione delle pratiche orientali, compresa la mindfulness. Nella Terapia Neuro e Psicomotoria, il bambino può sviluppare un nuovo rapporto con le proprie emozioni difficili sia rispetto a se stesso sia verso gli altri, rappresentati dal terapista.

Azione e intersoggettività

Lo sviluppo dell’intelligenza avviene grazie al movimento (Piaget, 1968). La conoscenza prende dunque avvio dal corpo che si muove in uno spazio, in un tempo e in relazione con gli oggetti: alla base della conoscenza vi è l’azione (Piaget, 1968; Berti e Comunello, 2011), obiettivo primario e fondamentale della Terapia Neuro e Psicomotoria.

Proprio all’interno dell’azione, e specificatamente nell’azione condivisa — cioè l’interazione — si realizza primariamente e principalmente l’intersoggettività (Berti e Comunello, 2011), da cui evolvono tutte le funzioni mentali e la soggettività stessa (Berti e Comunello, 2011; Siegel, 2001).

Conclusioni

Il termine «mindfulness» indica un insieme di pratiche che mirano a raggiungere uno stato mentale di consapevolezza e attenzione al momento presente (Kabat-Zinn, 2003, 2017).

La pratica ha trovato impiego in diversi ambiti della sanità e della salute, anche in relazione all’età evolutiva, dove è stata utilizzata sia nell’ambito educativo sia in quello clinico, con particolare rilevanza nel campo della psicoterapia (Snel, 2015).

L’articolo propone una revisione narrativa della letteratura nazionale e internazionale dell’ultimo ventennio sulla mindfulness, finalizzata a descrivere le evidenze del suo impiego clinico e educativo-preventivo, con particolare riferimento all’età evolutiva e all’intervento riabilitativo nei disordini del neurosviluppo, analizzando, successivamente, le principali affinità che rendono plausibile un’integrazione efficace tra l’approccio mindfulness e la metodologia propria dell’approccio neuro e psicomotorio.

In aggiunta alle evidenze sull’efficacia delle pratiche di mindfulness in presenza di disordini del neurosviluppo, l’analisi degli studi ha portato a una successiva riflessione sull’esistenza di punti di contatto tra i principi fondamentali dell’approccio neuro e psicomotorio e le pratiche mindfulness. In particolare, i seguenti.

  • Il ruolo del corpo e la mente incarnata (embodied mind): l’attenzione che la mindfulness rivolge al corpo nella componente delle sensazioni rispecchia l’idea psicomotoria del corpo come strumento di conoscenza, espressione e comunicazione, nonché come luogo di espressione del sé e mediatore di relazione e come punto di origine dello sviluppo delle funzioni della mente (Wille e Ambrosini, 2010; Berti e Comunello, 2011).
  • L’azione e la consapevolezza: l’azione è alla base della conoscenza ed è pertanto un forte raccordo nell’unità corpo-mente. L’intenzionalità, che è alla base dell’intenzione, non riguarda solo l’azione, ma è una caratteristica degli atti mentali (Galimberti, 1999). La consapevolezza dell’intenzionalità di un’azione ricopre una funzione pregnante nel riconoscimento delle intenzioni altrui; pertanto, è una parte fondamentale anche nel processo di sviluppo della Teoria della Mente (ToM) (Premack e Woodruff, 1978).
  • Empatia e compassione: nella Terapia della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva l’empatia è una caratteristica essenziale del terapista nella sua relazione con il bambino. Al contempo, il terapista è anche chiamato a sollecitare le capacità empatiche del proprio paziente perché possa realizzare l’innata spinta all’interpersonalità.
  • L’approccio globale: proprio come la Terapia della Neuro e Psicomotricità, le tecniche di consapevolezza si basano su un approccio globale che mira a coltivare l’individuo in tutti i suoi aspetti, fisici e mentali, percettivi e sensoriali, motori e cognitivi.
  • Valorizzazione delle risorse: la Terapia della Neuro e Psicomotricità, come la mindfulness, costruisce la propria azione terapeutica a partire dalla valorizzazione delle competenze presenti.
  • La metacognizione: la mindfulness corrisponde a una modalità di relazione con i propri pensieri, emozioni e sensazioni del momento caratterizzata dal decentramento e dalla disidentificazione. Inoltre, la mindfulness permette di osservare la mente nel suo funzionamento, mettendone in luce i meccanismi.
  • Le Funzioni Esecutive (FE): le pratiche di consapevolezza richiedono uno sforzo attentivo attivo e sostenuto, con ripercussioni positive sulle FE, in particolare sulla memoria di lavoro e sulla flessibilità cognitiva. Inoltre, l’attenzione attiva e continua sul momento presente, sulle proprie emozioni e sui propri meccanismi mentali permette di osservare le reazioni automatiche e l’impulsività e insegna a gestirle. Al contempo, promuove le capacità di interiorizzazione e mantenimento delle informazioni e la capacità di acquisire elementi nuovi.
  • La percezione: l’attenzione che la mindfulness riserva al corpo nelle sue componenti sensoriali promuove il miglioramento delle capacità percettive. Una maggiore attenzione al corpo promuove infatti il potenziamento della percezione, la consapevolezza del gesto e l’interiorizzazione degli schemi motori e delle prassie.

L’analisi approfondita dell’approccio mindfulness, nonché la sua documentata efficacia sul benessere della persona, porta inoltre alla luce un ulteriore vantaggio di questa pratica che riguarda non più il paziente, ma l’operatore. La mindfulness si configura come importante risorsa formativa per l’operatore sanitario in generale e nel caso specifico per il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (TNPEE). Tale approccio, infatti, può influire sul TNPEE ai seguenti livelli.

  • Aumento della disponibilità emotiva verso il piccolo paziente: utilizzare la pratica della mindfulness nelle professioni di aiuto crea nell’operatore uno stato di riflessione e di disponibilità emotiva che è al centro di un lavoro clinico efficace (Pollak, Pedulla e Siegel, 2015) — adozione di un atteggiamento aperto, curioso, accettante, decentrato e compassionevole; capacità empatiche verso il paziente; rispetto verso la propria e l’altrui esperienza; sospensione del giudizio. Questi atteggiamenti interni non si limitano alle qualità umane individuali del singolo operatore, ma sono da considerarsi come parte integrante del ruolo terapeutico stesso (Wille e Ambrosini, 2010).
  • Maggiore consapevolezza dei propri stati mentali: il TNPEE mindful pone la propria attenzione al momento presente, imparando così a vivere la terapia in maniera consapevole e decentrata (Rainone, 2012).
  • Migliore osservazione di sé e del proprio assetto tonico-posturale e maggiore consapevolezza dell’azione.
  • Aumentata capacità di dominare le proprie reazioni automatiche.
  • Migliore abilità attentiva e di esplorazione del momento presente.
  • Migliore abilità di osservazione e descrizione e rifiuto dell’interpretazione.
  • Benessere personale e prevenzione del burnout.

In conclusione, le riflessioni sviluppate a partire dalla revisione della letteratura affermano la validità delle pratiche di mindfulness a supporto e integrazione della metodologia neuro e psicomotoria, sia nell’ottica di risorsa formativa personale per il TNPEE sia, soprattutto, come strumento nelle mani del terapista nell’esercizio della propria professione.

Abstract

«Mindfulness» is the English translation of the ancient Indian word «sati» that suggests a series of practices aimed at creating a mental state of awareness and attention in the «here and now». (Kabat-Zinn, 1990, 2006)

These practices have been used in diverse health settings, also in relation to childhood, where they have been applied both in the educational and clinical fields and with a particular frequency in psychotherapy (Snel, 2015). The prevailing uses, as described in literature, are in treating emotional difficulty (Goodman, 2005; Kaiser-Greenland, 2000), in strengthening executive functions (Smalley,2007; Kaiser-Greenland, 2000), in treating ADHD symptoms (Zylowska, 2006) and behaviour outbursts (Goodman, 2000) or in parental training Semple, 2006).

This article reviews both the national and international literature and aims at describing the neurological basis of mindfulness, as well as offering examples of its clinical use, its use in educational prevention, with particular attention to childhood, and the rehabilitation intervention in childhood neurodevelopment disorders. This analysis allows for demonstrating how mindfulness and neuropsychomotor methodology can be integrated. It also shows how they have many similar good practices and can inspire ideas for field research.

The attention that mindfulness directs to the body and the acceptance and awareness of thoughts and actions can, in fact, be compared to the key points of Neuro and Psychomotor therapy. Mindfulness is based on a comprehensive or total concept of the individual, on the mind-body relationship as a unity, and on the possibility of regulating and managing emotional and behavioural reactions. It makes the same use of a metacognitive approach for adapting, just as Neuro and Psychomotor therapy.

Keywords

Mindfulness, Meditation, Self-regulation, Awareness, Emotional regulation.

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