Il TNPEE

© 2022 Erickson

Vol. 4, n. 2, novembre 2022

(pp. 51-80)

Il ruolo del TNPEE in area critica neonatale: dalla Terapia Intensiva Neonatale alla promozione della salute e del benessere del neonato e della sua famiglia

Simona Matricardi

TNPEE e Osteopata, Dipartimento Centro di Eccellenza Donna e Bambino Nascente – UOC TIN e SUB TIN – Patologia Neonatale e Neonatologia, Fatebenefratelli Isola Tiberina – Gemelli Isola – Roma, Neuropsichiatria e Riabilitazione dell’età evolutiva – Centro S. Maria della Pace – Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus - Roma.

Jenny De Carolis

TNPEE, Dipartimento di Medicina dell’Età Evolutiva – SC NPIA ASL BARI – Area Metropolitana Commissione d’albo nazionale dei TNPEE.

Sommario

L’articolo prende in esame le più recenti conoscenze sulle determinanti di salute nella prima infanzia e sui percorsi di abilitazione precoce in età neonatale e pediatrica, integrando le buone pratiche esistenti nel campo della promozione della salute del bambino e della famiglia, con le raccomandazioni contenute nella recente pubblicazione del documento di indirizzo Investire precocemente in salute: azioni e strategie nei primi mille giorni di vita, licenziato dal Ministero della Salute nel corso del 2019, che individua i principali fattori di rischio e protezione nel corso della prima infanzia.

L’articolo introduce le principali tecniche di osservazione e valutazione del neonato, focalizzando la variabilità delle esigenze connesse ai diversi bisogni di salute, che specialmente in condizioni di rischio neuroevolutivo, quali situazioni di prematurità, anomalie congenite o disabilità, richiedono un’adeguata programmazione di percorsi di cura individualizzati, in grado di agire in maniera protettiva sugli outcome evolutivi, rappresentando un’importante azione di prevenzione primaria, secondaria e terziaria. Il testo affronta anche il delicato tema della formazione specialistica per gli interventi in area neonatale e pediatrica, approfondendo il contributo che il Terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva può apportare all’interno dell’équipe multiprofessionale.

Infine, a partire dall’analisi della configurazione attuale dei Servizi Sanitari dedicati all’Area materno-infantile e pediatrica, si discutono le criticità connesse all’accessibilità e all’eterogeneità dei percorsi di promozione-abilitazione e riabilitazione precoce, individuando azioni migliorative e soluzioni, che potrebbero essere intraprese e favorite dal progetto di riforma della Sanità introdotto con il PNRR.

Parole chiave

Primi mille giorni di vita, Sostegno alla genitorialità, Terapia Intensiva Neonatale, Disturbi del Neurosviluppo, Interventi precoci.

Introduzione

Numerose evidenze confermano l’importanza di interventi precoci nel campo della promozione della Salute dall’epoca pre-concezionale sino ai primi anni di vita, periodo in cui si creano condizioni, più o meno favorevoli, per un sano sviluppo fisico e neuropsicomotorio dell’individuo in crescita. Gli attuali studi nel campo dell’epigenetica e delle neuroscienze, in particolare sulla plasticità dell’organizzazione delle reti neuronali, rafforzano la necessità di pensare lo sviluppo del bambino come un processo dinamico, caratterizzato da una forte interdipendenza con il caregiver primario, la costellazione familiare e l’ambiente di vita sociale e culturale. A queste conoscenze si aggiungono ulteriori conferme del contributo della coppia, della madre e dell’ambiente sullo sviluppo neuroevolutivo del feto e del bambino e, più in generale, sugli effetti dell’esposizione a una serie di condizioni positive o negative per lo sviluppo neurologico (Pizzi et al., 2016). Questi dati rafforzano la consapevolezza di quanto il percorso di salute di ciascun individuo sia il risultato di interazioni dinamiche e complesse tra fattori genetici e ambientali, psicologici e contestuali. Avvalendosi delle più aggiornate evidenze scientifiche, il documento di indirizzo Investire precocemente in salute: azioni e strategie nei primi mille giorni di vita, licenziato dal Ministero della Salute (MdS – Tavolo Tecnico sulla Prima Infanzia, 2019), individua nei primi 1000 giorni di vita un periodo di massima rilevanza per la programmazione sanitaria, in quanto periodo critico che può assumere significati differenti a seconda delle condizioni a cui è esposto l’individuo in via di sviluppo. In virtù della doppia valenza assunta da questo varco temporale, lo stesso si connota non solo come finestra di vulnerabilità ma anche e soprattutto di opportunità, in funzione della plasticità e della capacità di adattamento evidenziata in questo specifico periodo (Guzzetta et al., 2019); quindi un momento della vita in cui, attraverso interventi mirati, è più probabile raggiungere obiettivi che interessano il benessere, la crescita e la maturazione del bambino, la promozione delle abilità di apprendimento e l’acquisizione di competenze via via più complesse.

Analogamente, gli studi condotti dalla sezione Learning Child Development dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 2007) hanno dimostrato quanto la quota del potenziale complessivo dell’organismo — in particolare di quello cognitivo — che non sia stata attivata nel corso dello sviluppo risulti sempre meno recuperabile con l’avanzare del tempo; elemento che stabilisce un forte nesso tra interventi precoci e benefici sugli esiti non solo di salute ma anche economici e sociali (Biasini, 2012), correlazione richiamata nella totalità dei documenti istituzionali.

Negli ultimi anni il Ministero della Salute (MdS), in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha implementato i progetti di Sorveglianza1 dedicati alle determinanti di salute e alle situazioni di vulnerabilità nella prima infanzia, perseguendo l’obiettivo di individuare i principali fattori di rischio e protezione e al contempo di consentire interventi precoci che includano azioni preventive, consideratone l’impatto sul benessere e sulla salute del neonato e del bambino, componente estremamente predittiva del potenziale di salute dell’individuo nel tempo longitudinale. Il MdS ha individuato nel programma per la promozione della salute materno-infantile della Regione Veneto, «GenitoriPiù», un modello virtuoso a cui potersi ispirare per gli interventi in questo ambito di attività (Figura 1) (Speri e Brunelli, 2009).

Fig. 1 «GenitoriPiù», materiale informativo.

Il programma, ideato in principio come campagna sociale, promuove la salute nei primi anni di vita proponendo otto azioni di comprovata efficacia nella prevenzione e nella riduzione dei fattori di rischio, sostenute da raccomandazioni internazionali relative agli interventi precoci e all’Early Child Developement. Tali azioni sono considerate prioritarie per la salute del bambino e dei genitori, e interessano anche il periodo pre, peri e post concezionale. Nello specifico il programma raccomanda assunzione di acido folico nel periodo peri-concezionale, protezione dall’assunzione di alcol in gravidanza e in allattamento, protezione dal fumo in gravidanza e dal fumo passivo per il neonato, allattamento al seno, posizione supina durante il sonno, sicurezza in auto e in casa, vaccinazioni, lettura precoce.

Tra le determinanti di salute che interessano la prima infanzia, si configurano come importanti fattori protettivi nel periodo post-natale:

  • la lettura ad alta voce, che facilita lo sviluppo della relazione genitore-figlio, il benessere mentale, lo sviluppo cognitivo, lo sviluppo del linguaggio verbale, il successo nella lettura a scuola e l’accesso spontaneo alla health literacy, attitudine dimostratasi connessa ad aumentati livelli di salute in età adulta;
  • l’allattamento al seno, comportando diversi altri effetti positivi oltre che agire come un vero e proprio salvavita in caso di prematurità, per via dell’azione protettiva del latte materno dall’enterocolite necrotizzante. Intimamente legato all’esperienza dell’allattamento al seno è il contatto pelle a pelle con la mamma, ulteriore elemento protettivo «[...] basti pensare alle capacità di termoregolazione del corpo della mamma per prevenire l’ipotermia o moderare l’ipertermia del bambino [...]» (ISS & MdS 2016, Progetto Sorveglianza Bambini 0-2 anni: finalità metodologia e risultati della Sperimentazione). Il contatto pelle a pelle è importante per la salute fisica, emotiva e relazionale del bambino, della mamma e del papà, e costituisce un ambito di promozione centrale per la costruzione del legame tra bambino e genitori, in quanto situazione privilegiata per l’organizzazione del processo di bonding attraverso esperienze affettive significative e reciproche.

I risultati di questi programmi hanno confermato che è possibile prevenire o migliorare molti dei problemi di salute del bambino e dell’adulto, attraverso la riduzione dell’esposizione ai fattori di rischio e la promozione di fattori protettivi, specialmente in presenza di vulnerabilità o patologie.

Malformazioni congenite, prematurità e basso peso alla nascita, infezioni, obesità, difficoltà cognitive e disturbi dello sviluppo rappresentano le condizioni di vulnerabilità più comuni e più frequenti nella prima infanzia, e costituiscono non soltanto una quota importante della mortalità e della morbosità nei primi due anni di vita, ma anche una parte non trascurabile della morbosità in età più avanzate. Sin dai primi giorni di vita è possibile identificare tempestivamente i disturbi maggiori del neurosviluppo come le paralisi cerebrali infantili, alcune gravi malattie neuromuscolari, i gravi disturbi neurosensoriali e alcune forme di epilessia, pertanto i servizi dedicati all’età neonatale e pediatrica devono essere in grado di vigilare e riconoscere eventuali segnali di allarme di tali disturbi e disporre di un’équipe multiprofessionale in grado di avviare gli interventi precoci.

Strumenti come il massaggio del bambino, la lettura precoce in famiglia, il gioco interattivo, la creazione di un ambiente sonoro e musicale rappresentano importanti fattori di prevenzione primaria, secondaria e terziaria, in quanto azioni utili a sostenere le capacità di adattamento del bambino e la relazione genitore-figlio, specialmente in condizioni di ricovero o di vulnerabilità.

Molte situazioni di sospetto e/o diagnosi precoce mettono il genitore in grande difficoltà nel costruire le prime interazioni spontanee con il bambino; inoltre, le indagini qualitative sulla soddisfazione degli utenti coinvolti in percorsi di cura in area materno-infantile e pediatrica riportano il bisogno di poter contare su riferimenti chiari per l’intero percorso di cura, e in particolar modo nelle transizioni da un servizio all’altro (OsservaSalute&ISS, 2011). Ricevere informazioni adeguate e sostegno, specialmente in presenza di un disturbo del neurosviluppo, significa permettere al nucleo parentale di accompagnare nel miglior modo possibile il complesso processo di crescita del bambino. Garantire sin dalla nascita la presa in carico dei bambini in stato di vulnerabilità o con bisogni complessi significa investire sul potenziale di sviluppo individuale nel momento ottimale.

Il terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva (TNPEE), in virtù delle sue competenze specialistiche sull’età evolutiva, è un professionista centrale nel garantire l’unitarietà degli interventi; in collaborazione con l’équipe multiprofessionale, partecipa attivamente al coordinamento dei servizi e delle istituzioni che, a vari livelli e in diversi momenti, rispondono ai bisogni di salute del bambino dall’età neonatale e pediatrica sino al periodo scolare e adolescenziale, adottando una visione d’insieme in grado di garantire continuità al percorso di cura.

Il neonato a rischio neuroevolutivo

La cura rivolta al neonato a rischio neuroevolutivo è complessa e richiede un approccio integrato e multidisciplinare. Il percorso assistenziale di questi neonati è tracciato da vari professionisti, di cui alcuni coinvolti nell’assistenza quotidiana, come il neonatologo, l’infermiere, lo psicologo, il TNPEE e altri professionisti della riabilitazione. In alcuni casi può essere necessario avvalersi della professionalità di altri medici specialisti tra cui il genetista, il cardiologo, l’oculista, il neuropsichiatra infantile. Inoltre intervengono di frequente consulenti quali l’assistente sociale e altri medici di varie specialità a seconda dei bisogni del bambino e/o della famiglia.

Il TNPEE è coinvolto sin dai primi giorni del ricovero del neonato nella presa in carico del bambino e della famiglia, in stretta sinergia con l’équipe multidisciplinare. Il suo intervento è fondamentale nel percorso di valutazione e promozione dello sviluppo neuropsicomotorio e nell’attuazione di percorsi abilitativi e riabilitativi precoci (Ross et al., 2017; Jenene et al., 2020).

L’accoglienza alla famiglia

I primi incontri di accoglienza della famiglia in reparto sono importanti per approfondire le informazioni sull’andamento della gravidanza e sulle dinamiche del parto, sullo stato di salute del bambino e della mamma prima della nascita, sulla comprensione delle attuali risorse e/o difficoltà genitoriali e famigliari. Il fare memoria da parte dei genitori della gravidanza e dell’evento nascita rappresenta anche un momento di riflessione e di condivisione con gli operatori della loro storia, soprattutto quando la gravidanza è stata bruscamente interrotta, come nel caso di una nascita gravemente prematura, o quando l’evento della nascita è divenuto improvvisamente drammatico per le complicazioni del parto o per una gravosa diagnosi perinatale. L’accoglienza è quindi un momento di approfondimento anamnestico, di reciproca conoscenza ma anche di ascolto della famiglia, presupposto per la costruzione di una buona alleanza terapeutica. Ascoltare i genitori permette agli operatori di comprendere meglio la storia del bambino, lo stato di disponibilità dei genitori e la reale consapevolezza o negazione rispetto alle condizioni di salute comunicate; inoltre, consente di focalizzare le risorse disponibili.

Ascolto attivo ed empatia sono abilità intrinseche delle professioni di aiuto ma devono essere facilitate e supportate dall’affiancamento di uno psicologo psicoterapeuta. Lo psicologo con il quale il terapista lavora in stretta sinergia, oltre al prezioso lavoro di sostegno alla famiglia, è fondamentale all’interno dell’équipe nel rimandare agli operatori una visione d’insieme e integrata del bambino e della famiglia, nell’aiutare a riflettere sul ruolo di ciascun operatore nel percorso di cura del bambino con i genitori, nel poter contenere ed elaborare l’impatto emotivo che un reparto come la TIN imprime non solo sulla famiglia, ma anche sugli operatori.

Durante i primi incontri tra la famiglia e l’équipe multiprofessionale è possibile indagare e valutare il livello di stress genitoriale attraverso alcune scale standardizzate. Tra quelle più utilizzate, anche nell’ambito della ricerca, troviamo il Parental Stress Scale Neonatal Intensive Care Unit (PSSNICU) e il Parental Stress Index-Short form (PSI).

Il PSSNICU è un questionario, composto da 46 item divisi in 4 scale, che valuta il livello di stress genitoriale su una scala da 0 a 5 (da non accaduto a estremamente stressante) rispetto ai suoni e alle luci della TIN, al comportamento e all’aspetto del neonato, alla percezione del ruolo genitoriale, alla comunicazione con lo staff medico-infermieristico (Miles, Funk e Carlson, 1993).

Il PSI, somministrato alla dimissione e al follow-up, è invece un questionario self-report che viene proposto ai genitori di bambini in età compresa tra un mese e 12 anni, allo scopo di indagare il loro livello di stress specificamente riferito allo svolgimento del ruolo genitoriale. Oltre a un punteggio di stress totale, esso si compone di 3 scale che valutano il distress genitoriale, la qualità della relazione tra il bambino e il genitore, le difficoltà vissute rispetto alle caratteristiche del figlio. È inoltre possibile avvalersi di un’ulteriore scala (facoltativa), che permette di stimare la probabilità che il genitore abbia risposto in modo difensivo e non veritiero al questionario (Abidin, 2016). Dalle informazioni emerse nei primi colloqui con la famiglia e dalle prime valutazioni del bambino, sarà possibile definire un primo programma di intervento coordinato con il neonatologo, l’infermiere, lo psicologo ed eventuali altri specialisti. Fondamentale per decidere il programma di intervento durante il ricovero è la valutazione del neonato e del suo rischio neuroevolutivo, in associazione con i risultati degli esami strumentali quali Ecoencefalo, RMN, EEG. Possiamo definire il livello di rischio neuroevolutivo in base a dei parametri noti (Tabella 1).

Tabella 1

Variabili di determinazione del rischio neuroevolutivo

BASSO RISCHIO

ALTO RISCHIO

PATOLOGIE

Apgar 6-8

EG < 32 sett. di EG

Genetiche

SGA

PN < 1.500 gr

Metaboliche

Late preterm

Lesioni neurologiche

Sensoriali

Enterocolite necrotizzante

Neurologiche

Broncodisplasia

Respiratorie

Iperbirilubinemia

Cardiache

Encefalite ipossico-ischemica

Infezioni del SNC

Difetti congeniti del metabolismo

Il processo valutativo del neonato in Tterapia Iintensiva Nneonatale

La valutazione neurocomportamentale è una delle azioni prioritarie all’avvio di un percorso di accoglienza, osservazione, valutazione e diagnosi del neonato in TIN ed è caratterizzata da un processo dinamico che si avvale dell’integrazione di più strumenti di osservazione e valutazione, quali:

  • le osservazioni settimanali, che avvengono di fronte all’incubatrice del bambino, con le quali si osservano i parametri fisiologici, posturali, motori, comportamentali e le reazioni alle stimolazioni ambientali quali il tocco, la voce, le manovre assistenziali, che permettono nell’insieme di monitorare lo sviluppo neuropsicomotorio e di delineare l’adattabilità, la maturazione neurosensoriale, i punti di forza e le vulnerabilità. Le osservazioni proposte dalla nostra équipe si ispirano al modello della Terapia Sinattiva della dottoressa H. Als, secondo cui i 5 sottosistemi dello sviluppo (neurovegetativo, motorio, comportamentale, attentivo-relazionale, autoregolativo) maturano consequenzialmente e interagiscono tra loro (Als, 1982);
  • la valutazione neurocomportamentale strutturata, in cui ci si avvale di scale o test standardizzati eseguibili a 32 e 37 settimane di Età Post Mestruale (EPM),2 tappe che rappresentano due importanti appuntamenti maturativi del bambino, in cui sarà possibile indentificare l’emergere di nuove competenze. Se prima delle 32 settimane di EPM i periodi di veglia sono molto brevi e passeggeri, successivamente lo stato di veglia è più lungo e associato a una suzione più valida e di maggiore durata, con possibilità di una valutazione più completa. Dopo le 37 settimane di EPM lo stato di veglia ha una durata maggiore con risposte più valide agli stimoli tattili, visivi e uditivi. Risulta importante valutare il bambino quando è sveglio e circa un’ora prima della successiva poppata. La valutazione neurocomportamentale vede anche il coinvolgimento dell’infermiere che dà informazioni sulla stabilità neurovegetativa del bambino, sul ritmo sonno-veglia, sulla stabilità dei parametri comportamentali e fisiologici, sulla reattività e la risposta del bambino in condizioni ambientali di stress. La rilevazione precoce dei segnali di stress e delle alterazioni delle funzioni neurocomportamentali attraverso scale standardizzate permette di ottenere un profilo neurocomportamentale che ha un valore estremamente predittivo nei confronti di esiti a lungo termine (Als, 1982; Liu, 2010). Tra gli strumenti standardizzati più utilizzati in epoca neonatale ricordiamo i seguenti.
  • L’Hammersmith Neonatal Neurological Examination (HNNE) (Dubowitz, Dubowitz e Mercuri, 1997), che comprende la valutazione di item neurologici e comportamentali, introducendo la possibilità di eseguire una valutazione neurologica non solo del neonato a termine, ma anche pretermine e con lesioni neurologiche. Il tempo di somministrazione è di circa 15 minuti e consiste nella valutazione di 34 item raggruppati in 6 sottoscale (tono, pattern del tono, riflessi, movimenti, segni anormali e comportamento). Dalla distribuzione di frequenza dei valori di ciascuno dei 34 item è stato elaborato un punteggio ottimale con valori di riferimento sia per i neonati a termine, sia per i neonati prematuri (very preterm e late preterm). L’HNNE permette di identificare già nel periodo neonatale la presenza di segni devianti che possono essere utili sia come informazioni diagnostiche sia come guida alla pianificazione dell’intervento riabilitativo più appropriato nei bambini a rischio neurologico. Sullo stesso principio dell’HNNE, è stato sviluppato un esame neurologico utilizzabile nei bambini tra i 2 e i 24 mesi, l’Hammersmith Infant Neurological Examination (HINE) di 26 item che include differenti aspetti della valutazione neurologica come la valutazione dei nervi cranici, postura e movimenti, tono e riflessi (Dubowitz, 2000).
  • La NICU Network Neurobehavioral Scales (NNNS) (Lester e Tronick, 2004) inizialmente è elaborata per neonati esposti a stupefacenti, prematurità o a fattori di rischio neuroevolutivo nella vita prenatale, come ad esempio condizioni di povertà, cattiva alimentazione o mancanza di cure prenatali; eventi che possono avere effetti negativi sull’ambiente intrauterino e ledere il feto in via di sviluppo. La scala valuta l’integrità neurologica, le funzioni comportamentali, i segni di stress/astinenza del neonato, la capacità di autoregolazione e di adattamento. La sottoscala dello stress/astinenza è stata elaborata dal lavoro di Finnegan e dalle osservazioni di segni comportamentali in popolazioni infantili a rischio come i neonati prematuri e rappresenta un punto di osservazione importante nella valutazione dei segni premonitori di un disturbo della regolazione (Finnegan,1996).
  • La valutazione della motricità spontanea e dei GMs di H. Precthl (Precthl, 1990,1997), basata sulla semeiotica del movimento, che ha premesso di arricchire l’esame neurologico tradizionale del neonato, ponendosi come indicatore prezioso dell’integrità del Sistema Nervoso Centrale. Questa metodologia presenta diversi vantaggi poiché non richiede la manipolazione del neonato e risulta applicabile sia al neonato grave o in condizioni critiche, sia al neonato prematuro in incubatrice. Risulta uno strumento fondamentale per delineare, temporaneamente, una «traiettoria» individuale di sviluppo, soprattutto nei nati pretermine, registrando la motricità spontanea e i GMs a diverse settimane di vita. Grazie all’affinamento di questi strumenti oggi sappiamo che pattern motori patologici hanno un preciso valore diagnostico e prognostico (Ferrari, 2019).
  • La scala di valutazione neurocomportamentale di Brazelton short form (NBAS) (Brazelton B., 1973), ideata con l’obiettivo di aiutare i genitori a migliorare la comprensione del proprio bambino e del loro ruolo genitoriale. Questo strumento clinico risulta estremamente efficace per fornire un profilo delle funzioni neonatali presenti. Si tratta di un esame del comportamento del neonato a termine, utilizzabile dalle 37 settimane di età gestazionale (EG) fino ai 2 mesi, volto a fare emergere le abilità del bambino e a ricercare le migliori capacità disponibili («best performance»). La NBAS valuta le capacità del bambino in diverse aree di sviluppo e descrive come i bambini integrano queste aree nel processo di adattamento all’ambiente extrauterino.
  • L’Assessment of Preterm Infant Behaviour (APIB) (Als et al., 2005), elaborata a partire dagli studi di B. Brazelton, è volta alla valutazione del comportamento del nato pretermine in condizioni cliniche stabili, in un’età gestazionale compresa tra le 36 e le 44 settimane di vita e del neonato ad alto rischio o nato a termine. Si tratta, pertanto, di un’estensione della NBAS in quanto descrive il profilo del bambino sulla base dell’integrazione tra i diversi sottosistemi, identificandone il livello di funzionamento. Questo esame consente di delineare il profilo di funzionamento del bambino che risulta dall’equilibrio, dalla modulazione e dall’integrazione dei diversi sottosistemi, permettendo di attivare interventi immediati, mirati e individualizzati.
  • In associazione agli strumenti clinico-diagnostici, in molte condizioni cliniche può essere necessario avvalersi di tecniche valutative strutturate o semi-strutturate di tipo clinico-funzionale e specifiche per determinati ambiti disciplinari, in particolar modo per la diagnosi funzionale di:
  • problematiche di carattere ortopedico, che riguarda i neonati che presentano anomalie congenite di una o più parti del corpo o associate ad altro tipo di patologia (metabolica, cromosomica, neurologica, posturale). In ciascuna di queste situazioni si attua la consulenza del medico ortopedico o fisiatra e si seguono protocolli specifici che prevedono la presa in carico precoce e il coinvolgimento della famiglia. In questo gruppo nosografico il piede torto congenito in equino-varo-supinazione risulta la malformazione congenita più frequente (1-2/1000 nati vivi) e prevede un primo intervento già dalla TIN, con l’avvio delle prime manipolazioni dolci e/o bendaggi e con momenti dedicati ai genitori per trasferire le conoscenze necessarie sulla cura posturale, le attività da svolgere durante il ricovero e a casa;
  • esiti neurologici, che interessa i neonati che possono presentare eventi neurologici di diversa gravità, dalla sofferenza perinatale a esiti importanti di encefalopatia ipossico-ischemica; dallo stupor alla lesione del plesso brachiale. Anche per ciascuna di queste situazioni sono previsti specifici protocolli di valutazione e trattamento;
  • problematiche di carattere respiratorio, rivolta a neonati gravemente prematuri o affetti da patologie cromosomiche, neuromuscolari, da quadri clinici ancora non diagnosticati al momento del ricovero o da patologie proprie dell’apparato respiratorio (fibrosi cistica; broncodisplasia; altro), sebbene attualmente, grazie agli importanti miglioramenti tecnologici dell’assistenza respiratoria, la terapia respiratoria nel neonato prematuro non rappresenta più un ambito di rilevante interesse abilitativo-riabilitativo e la sua efficacia rimane ancora piuttosto dibattuta rispetto a risultati e benefici;
  • problematiche neurosensoriali che interessano la funzione visiva e uditiva, per quanto occorra considerare che l’avanzamento delle cure nell’assistenza medica prenatale e perinatale ha permesso una netta diminuzione di patologie gravi della sfera visiva e uditiva. Le evidenze disponibili sui neonati prematuri, popolazione che costituisce un’alta percentuale di neonati ricoverati in TIN, rilevano il permanere di difficoltà minori della sfera visiva e uditiva che nel corso dello sviluppo possono esprimersi in alterazioni qualitative dell’organizzazione funzionale di competenze specifiche, in particolare nell’area visuospaziale, nell’area dell’analisi e della velocità di elaborazione degli stimoli visivi e uditivi e nei domini precursori dei prerequisiti dell’apprendimento. In quest’ambito di indagine, la letteratura conferma la correlazione tra la precocità dell’intervento e il miglioramento degli outcome evolutivi anche nelle abilità di apprendimento, evidenze suggestive di quanto sia possibile influire sulle traiettorie evolutive di questa popolazione di neonati mediante strategie di prevenzione primaria e secondaria, attuabili solo attraverso percorsi terapeutico-assistenziali ben definiti e inclusivi degli interventi di abilitazione precoce (Morgan et al., 2021).

I bisogni assistenziali del neonato prematuro in Terapia Intensiva Neonatale

La nascita prematura rappresenta una delle cause più frequenti di ricovero in TIN. Attualmente la prematurità è considerata un importante problema di salute pubblica; i dati epidemiologici riportano che ogni anno nel mondo 1 bambino su 10 nasce prematuro (WHO recommendations Preterm Birth, 2015).

La classificazione dei neonati prematuri avviene per peso alla nascita ed età gestazionale; quest’ultimo dato è considerato il principale indicatore del livello di maturazione fisica e neurologica del bambino. Anche gli esiti di sopravvivenza sono strettamente correlati all’età gestazionale al momento del parto: ogni settimana aggiuntiva di gestazione conferisce un beneficio in termini di sopravvivenza (Sansavini e Guarini, 2021).

A seconda dell’E.G. e del peso alla nascita, il bambino presenterà diversi gradi di immaturità neurosensoriale che si rifletteranno sulle sue capacità di regolazione neurovegetativa, di integrazione sensoriale, motoria, di attenzione visiva e uditiva, in un ambiente caratterizzato spesso da troppa luce, troppi rumori, troppe stimolazioni e molte deprivazioni.

I bambini nati al di sotto delle 32 settimane di E.G. sono a rischio di sviluppare disturbi neuroevolutivi di natura maggiore e minore, con percentuali di stratificazione correlate al peso neonatale e all’età gestazionale. I disturbi neuroevolutivi maggiori (paralisi cerebrale infantile, sordità profonda, ipovisione) e le problematiche minori rappresentano ancora una percentuale di disturbi piuttosto ampia su cui incide l’immaturità neurobiobiologica del bambino, le stimolazioni della TIN e la situazione socio-ambientale e familiare. Negli ultimi decenni le sequele minori si sono dimostrate più frequenti di quanto ci si potesse aspettare, con una distribuzione di frequenza compresa tra il 25% e il 50% nei nati estremamente pretermine (Sorveglianza EPIPAGE-2, Istituto nazionale francese della sanità e della ricerca medica - INSERM, 2021).

Per molti disturbi del neurosviluppo è possibile attribuire etichette diagnostiche specifiche solo a partire dal terzo anno di vita, tuttavia già nel corso della prima infanzia possiamo individuare indicatori precoci di una possibile fragilità.

In particolare nei disturbi minori si possono rilevare vulnerabilità importanti sul piano neuroevolutivo, malgrado queste siano caratterizzate da un grado di espressività dei sintomi di debole significatività per soddisfare i criteri di diagnosi, determinando in molte situazioni un cosiddetto periodo di silenza, in cui diviene fondamentale un’elevata specificità delle conoscenze sulle traiettorie evolutive dello sviluppo tipico e atipico e sulla semiologia dei disturbi del neurosviluppo in età precoce, che consentono una corretta interpretazione degli indici di fragilità, orientando il processo diagnostico differenziale e la valutazione funzionale dell’équipe multiprofessionale.

Tra gli indicatori precoci, le caratteristiche descrittive dei disturbi della regolazione e dell’integrazione sensoriale (Zero to Three, CD:03R 1^ Revisione 2008) risultano le più esaustive nell’elencare le difficoltà incontrate dal neonato prematuro nei primi anni di vita. I disturbi della regolazione sono caratterizzati da grandi difficoltà che il piccolo incontra nel regolare il proprio comportamento e nel modulare i suoi processi fisiologici, sensoriali, motori e affettivi. Nella Tabella 2 Principali caratteristiche dei disturbi della regolazione

Tabella 2

Principali caratteristiche dei disturbi della regolazione

Ai disturbi della regolazione si associano spesso disturbi della co-regolazione, caratterizzati da risposte asincrone di iper e/o ipo regolazione comportamentale da parte dei caregiver, innescando interazioni dinamiche e complesse all’interno delle relazioni familiari. Gli studi scientifici hanno abbondantemente dimostrato quanto un’alterazione dei processi di regolazione neurosensoriale alla nascita possa incidere sui futuri processi maturativi dello stato emotivo, attentivo e comportamentale del bambino nei primi anni di vita e sulla maturazione delle future funzioni esecutive, adattive e comportamentali in epoca prescolare e scolare (Feldman, 2009).

L’intervento precoce: dalla CARE al trattamento riabilitativo

Il tema della prevenzione e dell’intervento precoce riveste a oggi moltissimo interesse nel campo delle neuroscienze e della neuroriabilitazione, per l’esigenza di generare evidenze scientifiche che possano orientare percorsi preventivi, abilitativi e riabilitativi mirati ed efficaci.

Percorsi di prevenzione precoce sono utili a condividere con i genitori le informazioni importanti per la salute del bambino nei primi anni di vita, a informare sull’assistenza sanitaria prevista, a condividere le azioni ritenute efficaci per garantire un adeguato sviluppo cognitivo e affettivo del bambino, prevenendo possibili cause di morbosità e mortalità.

L’intervento precoce, invece, deve essere attuato quando sono presenti i primi segnali di sviluppo atipico o quando ci sono dei fattori di rischio noti, anche qualora non siano ancora manifeste specifiche atipie di sviluppo. L’obiettivo principale è quello di sfruttare la massima potenzialità della plasticità cerebrale per favorire il recupero funzionale e ridurre il rischio di sviluppo atipico (Chorna, Cioni e Tinelli, 2020).

Sappiamo che il periodo che va dalle 28 alle 40 settimane di età post mestruale (EPM) è un periodo critico per la crescita del cervello; in questa fase le influenze extrauterine hanno un effetto significativo sul mapping neurologico e queste esperienze si traducono in vie biofisiche o biochimiche nel cervello (Provenzi e Montirosso, 2015; Legendre et al., 2022; Artese e Blanchi, 2011). È noto quanto influenze endogene ed esogene possano avere un impatto negativo sulle traiettorie di sviluppo in termini di ritardata maturazione o di lesioni specifiche (Fanaroff e Faranoff, 2020). Per proteggere il neonato da un’iperstimolazione ma anche da un’ipostimolazione in questo periodo di grande cambiamento cerebrale, è possibile attivare interventi neuroprotetettivi che vanno dalla protezione del sonno al coinvolgimento della famiglia, dalla cura posturale all’intervento di facilitazione sensoriale.

Nell’ambiente della TIN il rischio di sovrastimolazione è alto; il neonato spesso è instabile, e la famiglia in comprensibile difficoltà. La capacità di inserirsi con la propria professionalità al momento dell’incontro tra il bambino e la sua famiglia, accompagnandoli nel loro percorso, è emblematica della complessità della formazione e dell’esperienza necessarie per il terapista che opera in ambito neonatale.

È proprio in un ambiente come quello della TIN che si esprime al meglio la formazione del TNPEE, professionista capace di spaziare in diverse aree di intervento senza frammentarietà ma con una visione integrata, rimanendo saldo sulla sua identità professionale pur esplorando diversi ambiti di studio e analisi, dalla neurobiologia alla psicologia, consapevole dell’interdipendenza tra le singole aree di sviluppo.

Il TNPEE è il terapista dell’integrazione, dell’inscindibilità tra corpo-mente-ambiente. Nell’applicazione di una pratica terapeutica quale ad esempio una tecnica respiratoria o motoria, tiene conto non solo della tecnica, ma anche di come adattarla al bambino rispetto alla complessità degli interventi ricevuti, per fare in modo che siano integrati tra loro. Qualsiasi intervento svolga in TIN è frutto di una formazione e di un’esperienza educate all’integrazione. Il TNPEE è consapevole che anche il più semplice gesto, come ad esempio «posturare» correttamente un neonato in un nidino avvolto nel suo lenzuolo, può assicurare una serie di benefici a cascata.

A partire dalle prime valutazioni fino alla dimissione, il TNPEE in collaborazione con l’équipe multiprofessionale avrà cura di definire un programma di intervento preventivo, abilitativo e/o riabilitativo precoce e individualizzato, finalizzato alla maturazione delle competenze neonatali o alla presa in carico tempestiva nei casi di patologia o di rischio neuroevolutivo, prevedendo il coinvolgimento attivo della famiglia. L’intervento sarà quotidianamente monitorato e modulato sulle esigenze del bambino, sulle risorse o difficoltà della famiglia; basato sull’integrazione multidisciplinare e orientato ad agire sull’ambiente (developmental care), sul bambino (intervento sensoriale, intervento riabilitativo) e con la famiglia (intervento abilitativo guidato).

Il modello della developmental care

Il programma abilitativo definito Individualized Infant and Family-Centred Developmental Care si riferisce a un insieme di interventi il cui obiettivo primario è quello di ridurre lo stress del neonato ricoverato, in particolare del neonato prematuro, per promuovere il suo stato di salute e di benessere, durante il periodo di degenza in TIN. L’intervento di care individualizzata prevede la regolazione del macro e del micro-ambiente (la modulazione della luce, la riduzione del rumore, la cura posturale); la riduzione dello stress (il rispetto del ritmo sonno-veglia, la prevenzione del dolore); il coinvolgimento dei genitori nell’assistenza e nell’accudimento quotidiano (nel cambio del pannolino, nell’alimentazione, nell’igiene posturale); la costruzione di spazi di intimità genitore-bambino, non sempre di semplice realizzazione in un ambiente affollato come quello della TIN, presentando le azioni protettive di comprovata efficacia da trasferire ai genitori, quali la lettura ad alta voce, la musicoterapia, l’allattamento al seno, la marsupioterapia e l’intervento abilitativo guidato, quando necessario.

L’intervento sensoriale

L’’intervento sensoriale è un programma semistrutturato di facilitazioni vestibolari, propriocettive, motorie, uditive, visive, orobuccali, modulate a seconda del livello maturativo raggiunto dal bambino.

iConsiste in un z i e singole, uditive e visive, atte a favorire la percezione di un’unità orporea e di un proto-dialogo, composto anche di pause, di ascolto reciproco, di percezione del bambino e della sua espressività in diverse situazioni; nel suo nidino, tra le mani dell’adulto nell’ambiene.

L’intervento sensoriale diretto al neonato avviene con una frequenza bisettimanale e con una durata che varia da pochi secondi a un massimo di 10-15 minuti. È strutturato tenendo conto di quali sarebbero state potenzialmente le stimolazioni sensoriali ricevute nel grembo materno o dopo la nascita a seconda dell’età gestazionale e dello stato di maturità neurologica raggiunta. L’intervento si modula nel momento presente sulle risposte del neonato e in base alle valutazioni dell’équipe rispetto all’andamento clinico, alle criticità riscontrate e alla performance generale rilevata dalla valutazione neurocomportamentale. L’intervento sensoriale prevede la partecipazione dei genitori poiché rappresenta un momento privilegiato per favorire il recupero della funzione genitoriale nella dimensione dell’attaccamento e della rassicurazione, attraverso il coinvolgimento nei primi gesti di accudimento e di gestione del bambino, sostenuti e promossi dall’operatore.

Durante il periodo di ricovero i genitori hanno bisogno di una guida che fornisca loro le informazioni necessarie per sentirsi efficaci nella comprensione del neonato, competenti nell’accudimento quotidiano e spontanei nella relazione con il loro bambino. È necessario trasferire loro capacità osservative e conoscenze utili ad apprezzare gli aspetti maturativi ed evolutivi del bambino, le vulnerabilità ma anche i punti di forza, affinché diventino loro stessi promotori del suo sviluppo. I genitori in un primo momento sono presenti come spettatori, per poi essere accompagnati a divenire gradualmente gli attori protagonisti nell’intervento: favorendo la maturazione graduale di un sentimento di autoefficacia nel prendersi cura del proprio figlio, sperimentando le emozioni di intimità e appartenenza tipiche del nucleo parentale, che sappiamo incidere imponentemente sui processi e sui modelli di attaccamento, anche nella vita adulta. L’obiettivo primario è permettere il recupero di un’esperienza positiva della genitorialità, che in situazioni di normalità è supportata da condizioni che permettono azioni impregnate di conoscenza, relazione e gioco, ritmi lenti e ripetizioni dei gesti quotidiani. Nell’ambiente della TIN il genitore può essere in difficoltà nell’avviare con spontaneità questo processo di conoscenza con il proprio bambino e la mediazione del terapista facilita l’adattamento e la relazione del nucleo familiare.

L’intervento sensoriale può aiutare il neonato a costruire nel tempo un bagaglio di esperienze facilitanti la corretta maturazione dello sviluppo neurocomportamentale e a prevenire l’instaurarsi di anomalie.

Se da una parte in TIN c’è una sovrastimolazione sensoriale di rumori a frequenze anche maggiori di quelle tollerabili dai neonati (> 45 dB), dall’altra il rischio è di incorrere in un’ipostimolazione sensoriale. È noto come input acustici significativi durante un periodo critico di sviluppo cerebrale come quello del ricovero in TIN possano influire sulle dimensioni della corteccia uditiva e sulla futura organizzazione funzionale della processazione uditiva e verbale (Webb et al., 2015).

Le conoscenze attuali hanno confermato la sinergia esistente tra l’intervento sensoriale e la musicoterapia. L’intervento congiunto assieme al musicoterapeuta permette di stabilire come e quali facilitazioni dosare per favorire l’integrazione sensoriale. La partecipazione dei genitori a questo tipo di interventi favorisce un approccio al bambino più spontaneo, riducendo il livello di stress genitoriale, con dimostrati benefici per gli outcome neurocomportamentali del neonato (Pineda 2018, 2020, 2021).

L’Intervento Abilitativo Guidato (IAG)

In un recente lavoro, R. Montirosso e colleghi (2020) definiscono la funzione mediatrice della madre e in generale dell’adulto come modulatore dell’esperienza del bambino. In quest’ottica la sensibilità del caregiver, nel comprendere e dare significato ai comportamenti del bambino generando delle risposte adeguate, si pone alla base di un complesso processo di rispecchiamento imperfetto, estremamente importante per la formazione di un attaccamento sicuro e per la promozione dello sviluppo psichico, sociale e motorio del bambino stesso, che risulta particolarmente minato in situazioni di stress genitoriale. È comprensibile quanto per il genitore il periodo del ricovero del proprio bambino sia un momento di forte stress emotivo. La separazione repentina e spesso inaspettata dal bambino e l’impossibilità di occuparsene in prima persona alimentano i sentimenti di inadeguatezza. Il terapista, con lo psicologo e l’infermiere, svolge una funzione «ponte» tra il bambino e i suoi genitori, guidando questi ultimi nella comprensione dei messaggi comunicativi del proprio figlio, sostenendo la formulazione di adeguate e personali risposte alle esigenze espresse dal bambino, restituendo al genitore il naturale ruolo di caregiver.

L’intervento abilitativo guidato si articola in incontri a frequenza mono o bisettimanale della durata di circa 20 minuti con entrambi i genitori. Le tematiche principali affrontate con i genitori vanno dall’osservazione congiunta del bambino al controllo sul micro e macro ambiente della TIN, dalle modalità per promuovere il contatto e il dialogo genitore-bambino, all’osservazione delle competenze neuropsicomotorie emergenti fino alla preparazione per il rientro a casa. Durante l’intervento abilitativo guidato è importante sostenere il dialogo del genitore con il proprio bambino, supportandone le capacità di osservazione e di adattamento reciproco, contribuendo alla costruzione di un’alternanza duale. Ad esempio, può essere utile invitare i genitori a cantare o a leggere delle filastrocche, favorendone il coinvolgimento attraverso l’allestimento di una piccola biblioteca di reparto.

Tra gli effetti positivi di un modello operativo di IAG adottato presso l’UTIN dell’Ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina-Gemelli Isola di Roma, è stato possibile evidenziare livelli di stress significativamente più bassi per le aree relative all’aspetto e al comportamento del bambino e all’alterazione del ruolo genitoriale rispetto a un gruppo di genitori coinvolti esclusivamente negli interventi care di routine (Matricardi et al., 2013). I risultati di questo studio hanno dimostrato la correlazione tra l’IAG e la prevenzione dei disturbi di coregolazione genitori-bambino; inoltre diversi studi scientifici hanno dimostrato la bontà di questi interventi nella promozione di una maggiore stabilità clinica e di una migliore organizzazione dello sviluppo neonatale (Montirosso et al., 2015). Gli interventi basati su una presa in carico globale, che hanno cura dell’intero sistema famigliare, migliorano gli outcome neurocomportamentali; in particolare in letteratura vengono associati a minori emorragie cerebrali, migliore capacità respiratoria e più rapido aumento del peso, miglioramento nei punteggi delle scale di sviluppo cognitivo e psicomotorio a 3, 5 e 9 mesi di età corretta, migliori capacità interattive e di regolazione affettiva, minori livelli di stress genitoriale, riduzione dei giorni di ospedalizzazione.

La dimissione, il rientro a casa e il follow-up

In TIN vengono ricoverati neonati esposti a rischi o a problematiche infettive, a complicanze perinatali durante il parto o affetti da patologie congenite. Altre cause possono essere determinate da condizioni di significativa depressione alla nascita in associazione a importante patologia materna, insulti neurologici, sindrome da astinenza da farmaci, grave displasia broncopolmonare. Clinicamente questi bambini presentano spesso difficoltà di alimentazione, anomalie sensoriali, tono muscolare e pattern di movimento atipici, disturbi del sonno, degli stati interni e dell’autoregolazione, manifestati da reazioni scarsamente modulate.

La presa in carico dei bisogni rilevati nel periodo di degenza non si interrompe con la dimissione ma continua nel percorso di follow-up dove sarà possibile individuare percorsi differenziati di assistenza al neonato a rischio e alla sua famiglia, con l’obiettivo di orientare e sostenere i genitori nelle scelte terapeutiche, definire gli interventi precoci, programmare l’invio ai servizi territoriali per i bambini a rischio di disabilità o disordini dello sviluppo. Le azioni di prevenzione primaria, secondaria e terziaria di cui necessita il neonato a rischio neuroevolutivo costituiscono un lungo percorso, complesso e articolato, di cui a oggi sono state scritte solo le prime tracce, in quanto campo di indagine e di pratica clinica ancora estremamente eterogeneo e poco strutturato nell’organizzazione dei percorsi diagnostico-terapeutico assistenziali (PDTA). Sebbene non esistano soluzioni predefinite e specifiche, fortunatamente i percorsi di intervento precoce, organizzati in équipe multidisciplinari, risultano in costante espansione e appaiono sempre più utili a fornire informazioni chiave che possano contribuire a chiarire l’eziologia dei disturbi e le manifestazioni precoci, con particolare attenzione ai segni premonitori o «latenti», guidando il riabilitatore nel rispondere a domande cliniche su quando (timing) e come (tecniche) intervenire.

Sempre più spesso la consulenza del TNPEE è richiesta anche nelle situazioni parafisiologiche o di evidente stress genitoriale, in cui è utile un percorso informativo di supporto alle competenze genitoriali per la promozione della salute e del benessere del neonato. Infatti, oltre ai bambini ricoverati per motivi gravi, il ricovero in un reparto di patologia neonatale può avvenire anche per situazioni che di per sé non rappresentano un indice di rischio neuroevolutivo, quali ad esempio ittero, difficoltà ad avviare una valida suzione per l’alimentazione, difficoltà di adattamento alla vita extrauterina. In queste situazioni un semplice colloquio pre-dimissione tra il terapista e la famiglia è considerato utile per fornire consigli sulla corretta igiene posturale, promuovere modalità di accudimento adeguate, corrette stimolazioni sensoriali, informare sulle determinanti di salute e i benefici della lettura ad alta voce, sostenere e rassicurare la famiglia nella costruzione della relazione diadica con il bambino. Il terapista non solo è coinvolto nei percorsi di cura ma in molti contesti progetta, promuove e realizza interventi di promozione e sostegno della salute e del benessere del bambino e della sua famiglia, costruendo attivamente sinergie con altri professionisti, altri servizi e i principali stakeholder dell’area neonatale e pediatrica.

Competenze core del Terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva e formazione post base: dall’assistenza ospedaliera all’intervento sul territorio nei primi mille giorni di vita

La complessa espressività delle condizioni di fragilità in età evolutiva necessita di modelli interpretativi multidimensionali e multiassiali, sensibili alla dinamica dello sviluppo. In quest’ottica l’approccio metodologico del TNPEE combina interventi dominio-specifici — quantitativi e qualitativi — e interventi funzione-specifici che necessitano di un’elevata integrazione delle competenze e di costante formazione. La metodologia di intervento del TNPEE è caratterizzata dall’integrazione di tecniche di valutazione e trattamento specifiche per fascia d’età e per singoli stadi di sviluppo, integrazione che permette di disegnare un intervento complesso e globale in risposta alle interrelazioni esistenti tra lo sviluppo delle singole funzioni (affettive, cognitive, comunicative e motorie) e il profilo di funzionamento del singolo disturbo neurologico, neuropsicologico o psicopatologico (Proia, 2021).

All’interno di un ambiente complesso quale quello della Terapia Intensiva Neonatale, la figura del TNPEE è di elezione, non solo per la valutazione e l’intervento nel «qui ed ora» delle funzioni emergenti del neonato, nelle scelte sul tipo d’intervento tempestivo riguardo alle difficoltà riscontrate e nella promozione del suo sviluppo, ma ancor più per la capacità di saper rintracciare gli indicatori precoci di un’atipia dello sviluppo neuroevolutivo, valutandone il possibile impatto sulla maturazione e la crescita, collaborando con l’équipe multidisciplinare sin da subito per l’avvio precocissimo degli interventi protettivi di prevenzione primaria, secondaria e terziaria.

Gli strumenti di osservazione e valutazione del neonato e gli interventi abilitativi e riabilitativi precocissimi rappresentano uno specifico campo di indagine, che necessita di precisi requisiti formativi oltre che di setting fisici e ambientali condivisi, elementi ancora poco sistematizzati e fortemente disomogenei nell’ambito dei diversi contesti operativi in cui i profili della riabilitazione conseguono la formazione identitaria della professione. Per intraprendere un percorso lavorativo in TIN è quindi fondamentale approfondire conoscenze e competenze di base con percorsi di formazione post base sulle moderne neuroscienze, sullo sviluppo fetale e neonatale fisiologico o in caso di patologia e rischio neuroevolutivo, sulle competenze di counselling e sulle tecniche di comunicazione con la famiglia, sull’apprendimento di tecniche abilitative e riabilitative dolci, non invasive ma efficaci, sulle tecniche di ascolto, decentramento, osservazione e interpretazione dei differenti ambienti della pratica professionale, quale l’ambiente TIN o l’Unità Operativa, dei comportamenti e dei sentimenti espressi dal bambino e dalla famiglia.

All’interno della TIN, in considerazione delle ampie e complesse aree di intervento, il TNPEE effettua valutazioni dello sviluppo neuro e psicomotorio del neonato e del bambino con sviluppo tipico, atipico e patologico, che permettono in seguito l’individuazione e l’applicazione di tecniche di intervento specifiche per fascia d’età e fase di sviluppo, in accordo con l’approccio life-span.

La metodologia valutativa, che integra tecniche di osservazione (approccio qualitativo) e somministrazione di strumenti standardizzati (approccio quantitativo), consente al TNPEE di rintracciare i segni premonitori di una possibile alterazione del neurosviluppo nei bambini a basso e alto rischio neuroevolutivo, oltreché di intervenire precocemente in situazioni francamente patologiche. Come descritto, la necessità di definire il tipo di intervento durante il ricovero e dopo la dimissione richiede un’accurata anamnesi del bambino e della famiglia, valutazioni neurocomportamentali sequenziali integrate con le informazioni rilevate dagli esami strumentali (EEG, ECO cerebrale, RMN) e la valutazione delle risorse famigliari e territoriali.

Oltre alla definizione del percorso di assistenza individualizzato più idoneo durante il ricovero, il TNPEE definisce in équipe i percorsi di follow-up ospedaliero e si occupa di coordinare la transizione dall’ospedale al territorio per l’intervento abilitativo o riabilitativo ambulatoriale. Il coordinamento con le risorse del territorio è parte integrante del lavoro del terapista che pianifica il passaggio di consegne prima della dimissione del bambino, in particolare con il pediatra di base e quando necessario con i servizi riabilitativi o sociali del territorio di appartenenza della famiglia.

Nel contesto territoriale il TNPEE individua ed elabora l’intervento terapeutico-abilitativo definendo percorsi di valutazione e trattamento finalizzati alla corretta maturazione delle competenze neuropsicomotorie del neonato prematuro e del lattante, operando il costante coinvolgimento della famiglia secondo il modello della Developmental Care e della Family Centered Therapy.

Gli obiettivi e la metodologia dell’intervento riabilitativo sono concordati e condivisi con la famiglia e con l’équipe multiprofessionale attraverso il Progetto Riabilitativo Individualizzato (PRI) che si avvale dell’utilizzo di specifici protocolli di valutazione e trattamento nei casi in cui si riscontrino patologie di natura respiratoria, visiva, neurologica o muscolo-scheletrica e in presenza di conclamate disabilità neuropsicomotorie, neurosensoriali, psicomotorie e neuropsicologiche dell’età evolutiva (Core Competence TNPEE, 2012). Un atteggiamento aperto all’osservazione e alla comprensione permetterà al TNPEE quindi di tracciare per ogni singola situazione percorsi abilitativi e riabilitativi caratterizzati dalla costante revisione, orientata a riformulare e modellare l’intervento in base alle esigenze evolutive del bambino e della sua famiglia.

Inoltre il terapista dell’età evolutiva, in collaborazione con l’équipe multidisciplinare, promuove e partecipa alle iniziative orientate alla promozione e alla prevenzione della salute, contribuendo all’organizzazione di specifici PDTA per le popolazioni interessate da vulnerabilità o disturbi nell’area neonatale e pediatrica, in virtù delle sue competenze specialistiche sull’età evolutiva, connotate da una visione integrata dello sviluppo, particolarmente efficace a sostenere una reale integrazione delle attività di promozione del benessere e dello sviluppo neuropsicomotorio del neonato a sviluppo tipico, atipico e patologico, erogate a diversi livelli dei Servizi Sanitari e in diversi momenti del percorso di crescita.

All’interno della TIN, il TNPEE avvia una presa in carico precoce, unitaria e globale del bambino e della sua famiglia, finalizzata a favorire un parenting positivo sin dai primi giorni di vita. Questo appare rilevante soprattutto in condizioni di vulnerabilità. È qui che il terapista deve padroneggiare le tecniche di counselling acquisite nella formazione di base e approfondite nel post lauream, perseguendo l’integrazione dei curricula provenienti dai differenti settori scientifico-disciplinari connessi all’area materno-infantile, in particolar modo per l’area critica neonatale e pediatrica. Adeguate abilità di ascolto e comunicazione sono fondamentali per la promozione delle competenze genitoriali e l’esercizio delle pratiche di assistenza neonatale e pediatrica. Tali tecniche appaiono utili sia a sostenere i genitori nella graduale comprensione dei bisogni specifici di ogni età, al fine di sviluppare le modalità di accudimento ottimali e di adattarle con sensibilità alle risposte del bambino, sia a guidare il genitore nella conquista della funzione mediatrice del caregiver, organizzatore e filtro essenziale delle stimolazioni provenienti dall’ambiente, in grado di proteggere il piccolo in caso di sovra-stimolazione o di promuoverne l’attivazione in caso di ipo-reattività. Per queste ragioni l’attività di counselling e di sostegno alla genitorialità abbraccia l’intero percorso della presa in carico neuropsicomotoria del bambino e della sua famiglia a tutti i livelli di cura, poiché il TNPEE è costantemente impegnato nella promozione dell’empowerment genitoriale e nel trasferimento delle conoscenze necessarie a predisporre le condizioni di salute ottimali per l’intero nucleo famigliare all’interno dei principali contesti di vita.

Accanto all’approfondimento delle tecniche di counselling per il sostegno e la promozione delle competenze genitoriali, è necessario coltivare anche l’insieme di tutte quelle competenze trasversali che favoriscono il professionista nella pratica dell’attività clinica, specialmente in contesti di elevata emotività, multidisciplinarietà e interprofessionalità, esercitando le attitudini che permettono di rispondere positivamente in situazioni di problem solving, empatia, team working, conflict management e comunicazione complessa. L’affinamento di queste abilità permette, infatti, di aumentare la consapevolezza del proprio ruolo e di quello altrui, favorendo da un lato la progressione del sapere e del saper fare nel proprio campo professionale, dall’altro la progressione del saper essere realizzando un’interazione efficace nella relazione con l’utenza e le altre figure professionali.

Considerando la complessità delle situazioni in cui possono trovarsi le famiglie nel periodo neonatale e nella prima infanzia, momento di estrema criticità per l’equilibrio del nuovo nucleo familiare, è evidente quanto la formazione universitaria del TNPEE rappresenti un’eccellenza italiana da valorizzare anche nei contesti internazionali della ricerca clinica sulla prima infanzia, soprattutto al fine di implementare le evidenze disponibili non solo sugli effetti degli interventi precoci, ma anche sull’efficacia e sulla possibilità di integrazione di differenti tecniche e diversi protocolli, recuperando il paradigma di una visione unitaria e integrata, in cui diversi modelli e diversi orientamenti clinico-diagnostici e terapeutico-abilitativi possono e devono coesistere e tornare a dialogare in ambito clinico, con l’obiettivo di arricchire le evidenze generate da nuovi quesiti nell’interesse dei bambini, superando il dogamatismo ipersettoriale e le eccessive fidelizzazioni.

L’implementazione dei percorsi formativi di settore troverà spazio con la prossima attivazione del primo Master Specialistico in «Riabilitazione neuromotoria e neurosensoriale del neonato a rischio neuroevolutivo in TIN», istituito presso l’Università La Sapienza di Roma, che vedrà la sua prima edizione a febbraio 2023, e che permetterà di formare terapisti con diversi profili professionali, interessati a maturare le competenze necessarie per l’assistenza in ambito neonatale e l’attitudine al lavoro d’équipe. È nostra profonda convinzione che la condivisione delle diverse competenze professionali e operative possa fornire grandi opportunità di riflessione sui bisogni di salute in questo ambito disciplinare, integrando e rafforzando i benefici dei vari contributi tipici, apportati da ciascun professionista.

Ospedale e territorio: promozione e tutela della salute nell’area materno-infantile

La tutela della salute in ambito materno-infantile costituisce un impegno di valenza strategica per i sistemi socio-sanitari in considerazione del riflesso che gli interventi di promozione della salute, di cura e riabilitazione hanno sulla qualità del benessere psico-fisico nella popolazione generale, attuale e futura.

Attualmente l’assetto dei bisogni di salute della popolazione assistita in area materno-infantile è profondamente mutato: malattie respiratorie e malattie infettive non sono più cause primarie di mortalità, mentre compaiono ai primi posti, accanto alle cause perinatali, le malattie genetiche, le malformazioni, i disturbi del neurosviluppo, i traumi, i tumori.

Le analisi dei dati riportate nel documento Ministeriale «Progetto obiettivo materno-infantile relativo al Piano Sanitario Nazionale (PSN) triennio 1998-2000» del MdS registrano proprio in epoca neonatale e infantile — da 0 a 1 anno — e nei primi anni dell’infanzia — da 1 a 4 anni — i valori più elevati del tasso di ospedalizzazione in età pediatrica. Per queste ragioni sin dal 1998 il PSN, sulla base dell’analisi del quadro epidemiologico del Paese, ha individuato l’area materno-infantile come area prioritaria per gli obiettivi di salute del Paese.

Il Consultorio familiare, la Pediatria di Libera Scelta e la Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza rappresentano i principali Servizi Sanitari per l’assistenza primaria della donna e del bambino, tuttavia ancora oggi si assiste a un’elevata difficoltà nell’attuare azioni unitarie (nazionali) di programmazione e di gestione integrata; situazione che continua a rinviare l’aggiornamento e l’adozione di modelli organizzativi più efficienti ed efficaci, orientati all’integrazione e alla cooperazione tra i Servizi e le Risorse delle varie Istituzioni coinvolte nei progetti di salute per l’infanzia, riducendo la possibilità di modulare le pressioni relative ai flussi di accesso, pur conservando la capacità di risposta dei Servizi.

Attualmente il processo di Riforma del SSN introdotto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), in particolare nella «Missione 6 Salute, Component 1: Reti di prossimità, strutture e tele-medicina per l’assistenza sanitaria territoriale», che ha l’obiettivo di definire nuovi modelli organizzativi della rete di assistenza sanitaria territoriale, rappresenta un momento ideale e probabilmente irripetibile per pianificare e concretizzare una reale capillarità tra questi servizi, prevedendo e potenziando programmi inter-dipartimentali ed équipe multiprofessionali, analogamente al modello organizzativo individuato dal «Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale» (DM 77 del 23 maggio 2022), che introduce l’istituzione e il ruolo della Centrale Operativa Territoriale (COT) come luogo di progettualità e vettore di coordinamento e di raccordo tra i nodi e i professionisti delle diverse reti nei contesti di prossimità, collegando e integrando le attività dei vari ambulatori dipartimentali, facilitando la distribuzione del lavoro in équipe multiprofessionali, migliorando l’efficienza organizzativa e di risultati.

In un’ottica preventiva e sintonica con «One Health» (OMS, 2017), modello sanitario basato sull’integrazione di diverse discipline, con particolare attenzione al rapporto salute/ambiente, il Consultorio Familiare, a cui sono affidati gli interventi di tutela della salute della donna, del bambino, dell’adolescente e delle relazioni di coppia e familiari nell’arco dell’intero ciclo di vita, rappresenta un elemento chiave dell’offerta sanitaria, che potrebbe apportare un valido contributo nella prevenzione del neonato a rischio neuroevolutivo, in stretta sinergia con i diversi servizi della rete.

Sebbene questo Servizio possa rappresentare un luogo elettivo in cui privilegiare gli interventi di prevenzione primaria e diagnosi precoce, ancora oggi i Consultori non presentano un regime di attività omogeneo sull’intero territorio nazionale, e la stessa riforma avviata dal DM 77 non sembra intervenire in modo incisivo sulla carenza di misure organizzative, programmatiche e previsionali, oltre che sulle criticità connesse alla disponibilità di dati certi e condivisi sui percorsi diagnostico-assistenziali e terapeutico-abilitativi in età evolutiva (Figura 2).

La Pediatria di Libera Scelta rappresenta un’altra area evidentemente strategica. Ai Pediatri di Libera Scelta (PLS) sono affidati compiti di prevenzione, educazione sanitaria, diagnosi e cura a livello dell’individuo-bambino (DM 24 aprile 2000).

Il PLS in occasione dei bilanci di salute è chiamato a indagare e confermare lo stato di salute del nuovo nato e a evidenziare qualsiasi segnale d’allarme, intercettando tempestivamente i disturbi della vista, dell’udito e le condizioni che possano richiedere accertamenti specifici anche al fine di avviare precocemente i percorsi di promozione o abilitazione precoce.

Fig. 2 Servizi previsti da Standard nelle Case della Comunità (pg 29; DM 77).

Il TNPEE rappresenta un valido supporto per gli specialisti dell’area pediatrica, infatti grazie alle sue conoscenze specifiche sullo sviluppo tipico e atipico è in grado di contribuire ai test di screening e alla diagnostica di base, inoltre partecipa al percorso di presa in carico del bambino e della sua famiglia rispondendo a bisogni che possono manifestarsi nei vari momenti del percorso di crescita. Il TNPEE è in grado di facilitare l’attività del pediatra nel campo della prevenzione e dell’individuazione precoce dei disturbi del neurosviluppo, fornendo la propria professionalità per le osservazioni e le iniziative periodiche a sostegno del bambino e della famiglia e per l’avviamento precoce dell’intervento abilitativo e riabilitativo in caso di fragilità. Inoltre, assieme al pediatra, contribuisce all’opera di educazione sanitaria e di informazione sui comportamenti dei bambini e sui loro bisogni più elementari, promuovendo le determinanti di salute nella prima infanzia e contrastando i fattori di rischio per lo sviluppo anche attraverso l’informazione e la diffusione dei dati emersi dai progetti di sorveglianza, supportando la coppia e la famiglia nelle situazioni di difficoltà connesse alla quotidianità.

Il TNPEE all’interno del multidisciplinare collabora con il pediatra, coadiuvando la presa in carico del neonato nei casi in cui questo presenti patologie ad andamento cronico-disabilitante che richiedano una strategia assistenziale e di follow-up specifica e integrata con la struttura che ha trattato la patologia neonatale o in quei casi in cui i neonati presentino patologie non del tutto risolte al momento della dimissione, permettendo alle famiglie di beneficiare di consigli specifici e mirati anche mediante l’attivazione di interventi a domicilio e percorsi di home visiting post dimissione, finalizzati a migliorare gli esiti nel tempo longitudinale, intervenendo direttamente nel contesto di vita, ambiente ideale in cui organizzare esperienze e opportunità di crescita, concretizzando il trasferimento delle competenze ai genitori.

Bambini e ragazzi interessati da vulnerabilità o affetti da malattie croniche spesso non trovano risposte assistenziali integrate e idonei percorsi di assistenza. In quest’ambito, le future Case della comunità introdotte nel PNRR potrebbero rappresentare il luogo ideale per favorire una maggiore collaborazione interdisciplinare. Solo attraverso una valida integrazione tra i vari livelli di cura e interazioni frequenti tra gli operatori delle diverse strutture, specialmente nelle fasi di accoglimento e transizione da un servizio all’altro o al momento della dimissione, sarà possibile realizzare percorsi assistenziali preventivi o specifici per i minori con particolari vulnerabilità, riducendo gli interventi impropri, non necessari e dissinergici, che costituiscono una perdita rilevante in termini di costi e di efficacia socio-sanitaria.

Conclusioni

I cambiamenti demografici della popolazione italiana, caratterizzati da una parte dall’invecchiamento della popolazione, dall’altra dalla sopravvivenza di neonati a basse età gestazionali o in condizioni di vulnerabilità o patologia, hanno determinato un incremento delle condizioni di cronicità e/o di alta complessità assistenziale.

Il PNRR e il successivo DM 77 hanno riportato al centro dell’offerta sanitaria due temi fondamentali per la riorganizzazione del sistema salute tra cui il tema della programmazione sanitaria e della riorganizzazione dei servizi territoriali.

Nell’ambito degli interventi rivolti all’età neonatale e pediatrica, la sofferenza denunciata negli ultimi decenni dai Servizi Territoriali di Neuropsichiatria Infantile e Riabilitazione dell’Età Evolutiva, impegnati nell’assistenza a neonati, bambini e adolescenti in differenti fasce d’età e con bisogni assistenziali estremamente differenti — come è naturale che accada in un’età così estesa e così eterogenea che va da 0 mesi a 18 anni — non ha fatto altro che ridurre la capacità di offerta e di risposta alle esigenze di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione presentate nella prima infanzia.

I servizi per la riabilitazione dell’età evolutiva rappresentano oggi una delle maggiori criticità nell’ambito dell’assistenza territoriale, in quanto a fronte di una diminuzione della natalità si è assistito negli anni al raddoppiamento degli utenti che accedono ai servizi di diagnosi e cura, rilevando una crescita esponenziale delle manifestazioni acute e croniche nell’epoca dello sviluppo; scenario ulteriormente aggravato dalla pandemia e dalla prevalenza di risposte riparative, dettate da eccessivi tempi di attesa per l’accesso alla presa in carico e conseguente riduzione dell’efficacia o dei benefici protettivi di un intervento out of time.

In questo contesto le opportunità del PNRR, assieme alla recente normativa attuativa, rappresentano un apporto linfatico che potrebbe dar vita a una nuova configurazione dei Servizi, nell’ambito dei quali lo Stato e le Regioni potrebbero dare seguito al processo di valorizzazione e diretta responsabilità dei Professionisti Sanitari, introdotto dalla Legge n. 251 del 10 agosto 2000, ma nella pratica ostacolato dai vincoli connessi a modelli organizzativi obsoleti e ingiustificati alla luce dell’attuale normativa di settore e delle modifiche apportate in tema di Responsabilità Professionale.

Tra gli obiettivi di rafforzamento dell’assistenza sanitaria, la componente 6 della Missione Salute introduce l’investimento sulla Casa come primo luogo di cura, adottato nel DM 77 con il potenziamento dell’assistenza domiciliare. Sebbene l’investimento consideri esclusivamente la popolazione in età geriatrica, dal nostro punto di vista, il potenziamento degli interventi a domicilio nella prima infanzia permetterebbe di intervenire con maggiore incisività sui contesti di vita, allargati e integrati nelle epoche successive, per mezzo di interventi finalizzati a una reale inclusione scolastica e sociale. Per molti disturbi neuro-evolutivi è necessario prevedere interventi di sensibilizzazione, formazione, consulenza e training all’interno dei diversi contesti, i quali devono essere coordinati per perseguire la realizzazione del progetto di salute individuale e nella comunità.

In tema di programmazione sanitaria, la riforma del Sistema Salute dovrà avvalersi di modelli organizzativi basati da una parte su modelli predittivi, dall’altra su modelli previsionali che permettono reciprocamente di anticipare i bisogni clinici e sociali che la persona può presentare nel corso dell’intero ciclo di vita e di stilare la mappatura dell’offerta dei profili e delle prestazioni sanitarie garantite.

La ridotta disponibilità di dati sull’’attivazione e sull’’erogazione di interventi precoci e precocissimi, o sulla dotazione umana dei professionisti rappresentati all’’interno delle équipe multidisciplinari, impedisce una corretta tracciabilità delle informazioni connesse a quali e quanti bambini riescono ad accedere agli interventi abilitativi precoci, oltre che la precisa codificazione dei professionisti coinvolti nella presa in carico.

ctpMultipofessionalità e interprofessionalità caratterizzano la maggior parte degli interventi in età pediatrica e adolescenziale, proprio in ragione della complementarità esistente tra i diversi ambiti di specialità. L’interdisciplinarietà è indispensabile soprattutto in quelle condizioni che richiedono interventi complessi in più dimensioni e in diversi momenti dello sviluppo. Appare dunque necessario prevedere per l’area materno-infantile l’attuazione di un modello dipartimentale, che possa rappresentare un centro di coordinamento delle attività a favore del benessere e della salute del bambino, della donna e della coppia, permettendo una pianificazione integrata degli interventi di tipo preventivo, curativo, riabilitativo e educativo, tutelandone l’unitarietà.

Nell’area materno-infantile la Riforma dell’Assistenza Territoriale potrà concretizzarsi solo attraverso la realizzazione di una vera sinergia tra i Servizi Sanitari (SS) delle Aziende Territoriali e Ospedaliere.

La valorizzazione delle interdipendenze esistenti tra i diversi momenti e i diversi livelli dei percorsi di cura permette di potenziare l’efficacia degli investimenti sanitari, contenendo l’impatto economico dovuto a outcome di salute sfavorevoli, che sappiamo insorgere in fasi diverse lungo il corso della vita.

Tra i principali obiettivi futuri nel campo degli interventi precoci, gli operatori e i servizi coinvolti nei percorsi socio-sanitari per la prima infanzia dovranno sollecitare un maggiore impegno delle Istituzioni governative, al fine di dare una reale applicazione alle raccomandazioni ridondanti nei principali documenti di indirizzo, ma che a oggi non riescono a trovare un concreto contesto attuativo.

È tempo di ripensare il modello classico dell’assistenza neonatale e pediatrica perseguendo una maggiore corrispondenza con le necessità assistenziali attuali, che richiedono una valida integrazione tra l’équipe medico-infermieristica e l’équipe terapeutico-riabilitativa, perseguendo in sinergia la promozione dello sviluppo, garantendo percorsi di cura e abilitazione basati sulle evidenze e sulle migliori raccomandazioni.

Una reale integrazione tra i diversi servizi presenti in Ospedale e sul Territorio, richiede la pianificazione di programmi e intese inter-istituzionali, in grado di attivare dei percorsi preferenziali che facilitino l’accesso ai servizi sanitari e socio-assistenziali per i soggetti affetti da vulnerabilità, malattie ad andamento cronico e/o disabilità, malattie rare, malattie genetiche; senza tralasciare le condizioni transitorie, caratterizzate da un potenziale di salute perseguibile in tempi brevi e in maniera stabile a patto di consentire l’accessibilità immediata ai servizi dedicati. Sono ancora troppi i bambini e gli adolescenti che non riescono ad accedere agli interventi di promozione, terapia, abilitazione e educazione nei periodi di maggiore sensibilità. Incrementare la percentuale di neonati e bambini adeguatamente e precocemente assistiti significa un guadagno complessivo del budget di salute individuale e della comunità.

Abstract

The article examines current knowledge regarding what determines health in early infancy, and on the different early intervention programs in the neonatal period. It integrates current good practices in health promotion for the infant and family with the recommendations contained in the 2019 publication of the Italian Ministero della Salute «Investing early in health: actions and strategies for the first 1000 days of life». The government publication identifies the principal risk factors and protective measures during early infancy.

The article introduces the main observational and evaluation techniques of the newborn. It focuses on the variability of needs, especially when connected to neural developmental risk and conditions such as premature birth, congenital anomalies or disorders that require an adequate planning for individualized care able to positively effect developmental outcomes. It therefore represents an important approach in primary, secondary and tertiary prevention. The text discusses the delicate issue of specialized training for intervention in the neonatal and pediatric area, and explores the contributions that a TNPEE can offer in a multi disciplinary team.

Lastly, an analysis is done on the actual organization of Health Services dedicated to the pediatric area – infants and their mothers. The analysis mentions the critical areas such as access to services and the program heterogeneity for promotion-facilitation and early rehabilitation. It identifies actions and solutions that could be undertaken and favoured in the health reform project introduced by PNRR to better the project.

Keywords

The first thousand days, Parenthood, Neonatal intensive therapy, Neural developmental disorders, Early intervention, TNPEE, Multidisciplinary team, Prevention.

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1 La sorveglianza in sanità pubblica è la sistematica raccolta, archiviazione, analisi e interpretazione dei dati, seguita da una diffusione delle informazioni a tutte le persone che le hanno fornite e a coloro che devono decidere di intraprendere eventuali interventi. Questa attività risulta indispensabile per migliorare le conoscenze sulla storia naturale e sull’epidemiologia delle malattie. I sistemi di sorveglianza portano all’attenzione degli operatori e dei decisori informazioni strategiche su fattori protettivi e preventivi per la salute con particolare attenzione ai gruppi di popolazioni più fragili o a rischio (https://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=2950&area=stiliVita&menu=sorveglianza).

2 Età Post-Mestruale (EPM): somma dell’età gestazionale più l’età post-natale (il numero di settimane intercorse dalla nascita al momento della valutazione.

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