Il TNPEE
Erickson
Vol. 1, n. 2, novembre 2019
(pp. 4-17)
MOTRICITÀ, SCHEMI D’AZIONE E SVILUPPO COGNITIVO: CORRELAZIONI NELLA FASCIA D’ETÀ 0-24 MESI
Simone Fiore TNPEE, Fondazione Don Carlo Gnocchi ONLUS, Varese
Sommario
Gli obiettivi del presente lavoro sono: indagare la presenza di correlazioni tra lo sviluppo della motricità, degli schemi d’azione e lo sviluppo cognitivo; costruire una metodologia di lavoro valida negli ambiti di intervento propri del terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, clinico e preventivo. Sono stati impiegati due strumenti: l’osservazione psicomotoria del comportamento spontaneo e le scale ordinali di sviluppo psicologico Uzgiris-Hunt. La loro scelta è da ricondurre alla base teorica condivisa, ovvero le tesi sullo sviluppo di Jean Piaget. Il campione è così costituito: 30 bambini con sviluppo tipico di età compresa tra i 14 e i 24 mesi, valutati all’interno delle scuole dell’infanzia frequentate; 4 bambini con diagnosi e atipie nello sviluppo, di età compresa tra i 14 e i 36 mesi, valutati durante le sedute di terapia neuropsicomotoria. I dati raccolti sono stati confrontati tra loro. Per quanto riguarda il gruppo con sviluppo tipico, ciò che è emerso è stata una sostanziale correlazione diretta tra il livello di sviluppo cognitivo e motorio. Tra i 30 bambini ne sono stati inoltre individuati 2, definiti «a rischio». I profili dei bambini del secondo campione sono stati messi a confronto con quelli del primo della stessa età, in modo da approfondire quali aspetti dello sviluppo della motricità risultassero direttamente collegabili con lo sviluppo cognitivo raggiunto.
Parole chiave
Motricità, schemi d’azione, sviluppo cognitivo, valutazione, prevenzione, Uzgiris-Hunt.
Introduzione
Motricità, schemi d’azione e funzionamento cognitivo sono tre aspetti fondamentali dello sviluppo psicomotorio del bambino, reciprocamente influenzabili e prerogativa di analisi nella valutazione eseguita dal terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva. L’evoluzione del bambino è argomento complesso e molto ampio; per queste caratteristiche viene affrontato suddiviso: si distinguono gli sviluppi fisico e motorio, percettivo, cognitivo, sociale ed emotivo.
Una finalità di questo lavoro è stata elaborare un approccio per un risultato quanto più possibile comparabile ed esaustivo rispetto allo sviluppo nella sua interezza, indagando le correlazioni possibili tra motricità, schemi d’azione e sviluppo cognitivo, in situazioni sia di tipicità sia di anomalie.
Un altro obiettivo è stato costruire un impianto metodologico che risulti essere valido sia per l’ambito preventivo sia per quello terapeutico.
Si tratta di un lavoro originale in quanto non sono presenti in letteratura indagini di questo tipo.
L’orientamento concettuale sul quale si basa il lavoro è la teoria di Jean Piaget quindi l’impostazione organismica, rispetto all’individuazione dei diversi approcci che si ritrova in letteratura (Uzgiris e Hunt, 1979; Camaioni e Di Blasio, 2007). Si fonda sul presupposto che la natura del cambiamento viene intesa di tipo qualitativo e che lo sviluppo sia frutto dell’interazione tra un organismo dotato di determinate competenze e particolari condizioni ambientali. Inoltre, si considerano funzioni che rimangono invarianti nel corso dell’evoluzione(continuità), mentre altre, come le strutture cognitive, cambiano tra uno stadio e l’altro (discontinuità).
Il campione
Il campione di bambini scelto per questo lavoro è composto da 34 bambini, suddivisi in due gruppi: 30 bambini di età compresa tra i 14 e i 24 mesi, senza alcuna segnalazione di anomalie nello sviluppo (a loro volta suddivisi in: sottogruppo A=14 mesi; B=16 mesi; C=18 mesi; D=20 mesi; E=24 mesi); 4 bambini di età compresa tra 14 e 36 mesi, con uno sviluppo atipico diagnosticato, inseriti all’interno di servizi riabilitativi di neuropsicomotricità. Questo secondo gruppo è volutamente eterogeneo: è stato adottato come criterio di esclusione la diagnosi di disturbo dello spettro autistico.
Inoltre, dopo una prima osservazione dei bambini con disabilità, una bambina è stata esclusa perché la gravità della condizione patologica presentata non permetteva di valutare i parametri previsti dall’osservazione psicomotoria del comportamento spontaneo, né tantomeno la presentazione delle situazioni stimolo delle scale ordinali.
Si tratta quindi di un campione ridotto poiché l’interesse è stato quello di sperimentare questa metodologia, al fine di coglierne punti di forza e criticità, auspicandone un impiego futuro come punto di partenza per ricerche che contemplino un’estensione del campione.
Segue una sintetica presentazione degli aspetti clinici significativi per ciascun bambino del secondo campione.
F. è una bambina nata prematura con un’età cronologica, al 20/06/2018, di 1 anno, 4 mesi e 20 giorni e un’età corretta di 1 anno, 1 mese e 5 giorni. Nasce, infatti, il 28/01/2017 da taglio urgente per alterazione del tracciato. Il peso alla nascita è di 710 g e gli indici Apgar 5/7. Presenta un importante deficit visivo caratterizzato da esotropia e astigmatismo ipermetropico corretto con lenti. Alla valutazione psicometrica con Griffiths III presenta un QG 69/100.
B. è un bambino di 24 mesi cui è stata diagnosticata la sindrome di Down. Nasce il 27/04/2016, primogenito, a 34 settimane di gestazione per rottura prematura delle membrane. Sottoposto a follow-up cardiologico, non vi è riscontro di anomalie severe. Presenta in generale un buon accrescimento staturo-ponderale e uno sviluppo psicomotorio in linea con i tempi previsti dalla patologia.
S. è un bambino di 36 mesi con diagnosi di ritardo generale dello sviluppo in sindrome non diagnosticata. Nasce il 03/05/2018 da gravidanza decorsa regolarmente, con indici Apgar 9/10. A 7 mesi compare microcefalia. È stato sottoposto a diverse indagini genetiche senza esito positivo; si registra un generale ritardo nell’acquisizione delle tappe psicomotorie. Alla valutazione con Griffiths III del novembre 2017 ottiene GC=71.
Materiali e metodi
Gli strumenti impiegati sono due: l’osservazione psicomotoria del comportamento spontaneo (OPMS) (Wille e Ambrosini, 2010) e le scale ordinali Uzgiris-Hunt. Si tratta di 6 scale che indagano sei differenti settori dello sviluppo psicologico in bambini di età compresa tra 0 e 24 mesi. Di seguito sono indicate le caratteristiche principali di ciascuna.
- Scala I: capacità di seguire con lo sguardo oggetti in movimento e permanenza dell’oggetto.
È composta da una serie di situazioni che indagano lo sviluppo di quella che Piaget definisce permanenza dell’oggetto. Considera di base uno schema precostituito, ossia quello del guardare e da questo inserisce cambiamenti accomodativi rispetto a: movimento dello sguardo, ampiezza e velocità di tale movimento, coordinazione della vista con la prensione. I passaggi successivi prevedono la scomparsa degli oggetti: dapprima parziale, poi totale, con più schermi, con spostamenti visibili e infine invisibili. La ricerca dell’oggetto desiderato e la rimozione dello schermo che lo sottrae completamente alla vista indicano l’inizio della permanenza dell’oggetto nel bambino.
- Scala II: sviluppo dei mezzi per ottenere eventi ambientali desiderati.
Le situazioni raccolte in questa scala si riconducono al binomio mezzo-fine e alla differenziazione che il bambino inizia a compiere tra i due. Una delle attività più primitive è il guardarsi le mani. In seguito, impiegherà schemi d’azione ben sviluppati per mantenere il contatto percettivo con eventi interessanti, per poi applicarli anche in circostanze nuove che richiedono modificazioni accomodative degli schemi stessi. I tentativi accomodativi divengono poi impliciti con la comparsa dell’anticipazione.
- Scala III: sviluppo dell’imitazione.
Questa scala è suddivisa in due serie: una relativa all’imitazione vocale (IIIa), l’altra all’imitazione gestuale (IIIb). La scala IIIa inizia con uno schema precostituito, quello della vocalizzazione; la ripetizione, da parte del bambino stesso o di altri, porta questi modelli di vocalizzazione a diventare famigliari e riconoscibili e di conseguenza interessanti per il soggetto (ad esempio, quando l’adulto imita le vocalizzazioni del bambino a specchio, azione che innesca nel piccolo una risposta imitativa). In seguito, i bambini imitano anche modelli sonori meno noti, dapprima con approssimazione graduale, poi direttamente fino ad arrivare a produrre parole e frasi. Ad esempio, l’iniziale suono «a» evolverà poi in «ua» e successivamente in «acqua», progredendo dall’imitazione di ciò che ha udito ripetutamente, e che rientra nel suo vocabolario disponibile, fino a ripetere le parole nuove complete.
Simile è la sequenza con cui si sviluppa l’imitazione gestuale. I bambini imitano inizialmente gesti semplici, che fanno parte dei loro schemi motori più primitivi, per poi passare alle azioni più complesse che richiedono una qualche modificazione accomodativa. La tappa successiva è l’imitazione di gesti che vengono visti eseguire e infine digesti facciali non visibili che richiedono una certa capacità di rappresentazione del viso e dei suoi lineamenti.
- Scala IV: lo sviluppo della causalità operazionale.
«Con l’inizio del comportamento di guardarsi le mani e dell’afferrare oggetti interessanti, i bambini cominciano a manifestare un certo controllo, mediante i movimenti delle loro mani, di ciò che vedono con gli occhi» (Uzgiris e Hunt, 1979, p. 72). Il passaggio successivo consiste in quelle che Piaget (1968) ha denominato procedure, ossia delle generalizzazioni di alcune azioni a circostanze diverse. Si tratta di causalità ancora interne al bambino che anticipano l’azione diretta sulla fonte dell’evento interessante o la richiesta di intervento di un’altra persona. Ciò che considera importante questa scala è il tentativo di trovare cause obiettive e non l’appropriatezza o la quantità dei tentativi stessi.
- Scala V: la costruzione di relazioni spaziali tra gli oggetti.
Le situazioni raccolte in questa scala iniziano con l’osservazione da parte del bambino di due oggetti alternativamente; in seguito, la vista si coordina prima con l’udito e guida il bambino nella localizzazione di un oggetto sonoro, a cui consegue l’afferramento. Le tappe successive analizzano la ricostruzione di traiettorie di oggetti, anche quando è visibile solo una parte di esse.
- Scala VI: lo sviluppo di schemi di relazione con gli oggetti.
Nelle prime fasi dello sviluppo i bambini si dedicano all’esercizio di schemi noti, indipendentemente dalle caratteristiche degli oggetti che li evocano. Gradualmente avviene un accomodamento che contribuisce allo sviluppo di schemi nuovi e all’interesse per gli oggetti stessi. Da questo deriva dapprima lo schema dell’esaminare gli oggetti, poi la considerazione del loro significato sociale che porta agli schemi del mostrare e del nominare.
Per ciascuna scala sono previste alcune situazioni da presentare al bambino in esame; il numero di situazioni varia secondo la scala.
Per ciascun bambino sono state condotte un’osservazione e una somministrazione delle scale ordinali Uzgiris-Hunt.
Le osservazioni e le somministrazioni delle scale Uzgiris-Hunt sono avvenute in cinque differenti servizi, tra clinici e educativi: Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus (ambulatorio di Nerviano) e Consorzio SIR di Milano per quanto riguarda i primi; gli asili nido Fantanido (Fagnano Olona), Il Grillo Parlante (Busto Arsizio) e Camminiamo Insieme a Piccoli Passi (Busto Arsizio) per i secondi. Posta come premessa la peculiarità di ciascuno di questi ambienti, dovuta alla funzione e alla cultura dei servizi in cui si trovano, è stato possibile individuare 3 macroambienti:
- gli spazi esterni degli asili nido: ambienti poco strutturati, caratterizzati dalla presenza di non molti oggetti e nei quali viene lasciato spazio al gioco libero. Per queste caratteristiche gli spazi esterni si sono rivelati ottimali per l’osservazione psicomotoria del comportamento spontaneo;
- gli spazi interni degli asili nido: stanze sgombre da ogni materiale che non fosse utile per le prove, mentre quello necessario è stato posto in spazi sopraelevati e lungo le pareti;
- la stanza di neuropsicomotricità.
Una volta raccolti i dati per ciascuno dei due gruppi, essi sono stati elaborati nei seguenti modi. Per le scale ordinali di sviluppo psicologico Uzgiris-Hunt si è fatto riferimento alle tabelle inserite dagli stessi autori delle scale nel manuale e dalle quali è possibile ricavare due dati:
- una tappa di sviluppo rispetto alla prestazione migliore ottenuta dal bambino;
- un’età corrispondente alla tappa di sviluppo.
Per quanto riguarda le annotazioni delle osservazioni, sono state confrontate con i marcatori dello sviluppo psicomotorio (Wille e Ambrosini, 2010); si tratta di 4 categorie di marcatori per l’età d’interesse: I) postura e dinamicità posturale; II) cambi posturali e spostamenti; III) coordinazioni oculo-manuali e altre funzioni motorio-percettive; IV) espressione corporea.
Confrontando le età di sviluppo ottenute, si è cercato di individuare particolari aspetti emersi dall’osservazione psicomotoria del comportamento spontaneo, che potessero suggerire un approfondimento con uno strumento di valutazione cognitiva e che fosse in stretta relazione con lo sviluppo degli schemi d’azione e della motricità. I dati sono stati elaborati e presentati anche in forma grafica al fine di fornire un confronto immediato e chiaro.
Risultati
Per quanto riguarda i risultati ottenuti dal gruppo di bambini con sviluppo tipico, essi sono utili a confermare la validità degli strumenti utilizzati e a fornire un campione con cui confrontare il gruppo di bambini con atipie. Vengono raccolti e messi a confronto nella figura 1 la fascia d’età relativa ai marcatori psicomotori e il range dei valori minimi e massimi ottenuti dalla conversione dei risultati delle situazioni stimolo delle scale ordinali.
Fascia d’età ricavata dall’OPMS |
Range di età ricavate dalle scale ordinali |
|
Sottogruppo A |
13-18 mesi |
12-15 mesi |
Sottogruppo B |
13-18 mesi |
14-18 mesi |
Sottogruppo C |
13-18 mesi |
14-18 mesi |
Sottogruppo D |
18-24 mesi |
17-22 mesi |
Sottogruppo E |
18-24 mesi |
17-22 mesi |
S., 14 mesi |
13-18 mesi |
9-15 mesi |
A., 20 mesi |
13-18 mesi |
12-15 mesi |
È stato possibile individuare, attraverso la metodologia di lavoro impiegata, dei profili «a rischio», risultato che apre la strada a possibili futuri approfondimenti per l’impiego di questi strumenti in ambito preventivo. Si tratta di due bambini che non presentavano alcuna segnalazione o diagnosi. Entrambi hanno ricevuto un occhio di riguardo da parte delle educatrici degli asili nido poiché manifestavano, in alcune occasioni, delle difficoltà a livello motorio e/o linguistico.
La figura 2 illustra l’unica situazione in cui non si è verificata una coincidenza tra fascia d’età ricavata dai marcatori psicomotori dello sviluppo e range d’età dei risultati delle scale ordinali. Con la linea blu sono indicati i risultati ottenuti dal primo campione mentre con la linea arancione quelli di S.; è stata poi evidenziata in azzurro la fascia in cui rientrano le abilità previste per età anagrafica, ricavate dai marcatori dello sviluppo psicomotorio, e in arancione la fascia dove S. si è collocato.
Un esito di questo tipo è indicativo di un profilo poco armonico; tuttavia, è importante ricordare che i 14 mesi rientrano in una fascia d’età psicomotoria compresa tra i 12 e i 18: si collocano quindi all’inizio di un range ampio 6 mesi. S. ottiene comunque dei risultati nelle scale ordinali molto vicini alla fascia d’età in cui si colloca per competenze psicomotorie.
Questa considerazione si può estendere anche all’analisi del profilo di A., come si evidenzia nella figura 3: la differenza più importante rispetto ai bambini con un ritardo diagnosticato è lo scostamento lieve dai valori attesi per età anagrafica. Un risultato coerente con la realtà delle situazioni, poiché si tratta di bambini senza alcuna segnalazione.
Nella figura 4 sono riportati i risultati del secondo gruppo di bambini. Dal confronto dei risultati di ciascun bambino del secondo campione con i risultati del gruppo di bambini del primo campione con la stessa età anagrafica, emerge quanto mostrato nelle figure 5, 6 e7.
Fascia d’età ricavata dall’OPMS |
Range di età ricavato dalle scale ordinali |
|
F., 17 mesi |
9-11 mesi |
4-12/15 mesi |
B., 24 mesi |
12/13-18 mesi |
10-15 mesi |
S., 36 mesi |
12/13-18 mesi |
9-20 mesi |
Discussione
Sono diverse le considerazioni che derivano dai dati esposti sopra.
Per quanto riguarda il gruppo dei bambini con sviluppo tipico, emerge la concordanza di risultati ottenuti dai due strumenti; elemento questo importante perché utile a confermare la validità di uno strumento non standardizzato e scarsamente impiegato nei servizi. Non solo, la concordanza degli esiti ottenuti con i due strumenti conduce alla seguente considerazione: per il campione di bambini con sviluppo tipico è diretta la correlazione tra sviluppo della motricità, degli schemi d’azione e sviluppo cognitivo. La metodologia di lavoro adottata ha permesso inoltre di individuare due «profili a rischio»: bambini senza alcuna segnalazione di atipie o ritardi nello sviluppo, per i quali è stato possibile evidenziare alcuni punti di debolezza.
Per quanto riguarda il secondo campione invece, la correlazione evidenzia delle differenze; in particolare, rispetto ai limiti inferiori dei range d’età considerati, si trovano le principali discordanze: i risultati sono infatti molto più bassi per il range d’età ricavato dalle scale ordinali. Questo si è verificato in parte per le caratteristiche di uno strumento non sufficientemente preciso, in parte per le caratteristiche peculiari della competenza indagata dalla scala, in cui il risultato è più basso: lo sviluppo dell’imitazione verbale.
Entrando nello specifico dei singoli casi è opportuno fare le seguenti considerazioni: per quanto riguarda la figura 5, il confronto dei risultati di F. è avvenuto con quello dei bambini di 16 mesi del campione 1 in quanto la sua età cronologica, all’inizio delle osservazioni, era di 16 mesi e 20 giorni. Si è pensato di rappresentare graficamente anche un confronto con il campione di bambini a 14 mesi, che si avvicinava maggiormente all’età corretta di F. È stata così osservata una riduzione dello scarto tra i due risultati; tuttavia, non si tratta di una riduzione significativa, soprattutto per quanto riguarda i punti di forza e di debolezza nel profilo di F., ossia le abilità in quelle scale in cui sono stati ottenuti i punteggi migliori e peggiori: la scala IV, per i primi, mostra una perfetta coincidenza con entrambi i gruppi del campione 1; la scala III, per i secondi, presenta lo scarto più significativo.
Considerando invece la figura 6, il profilo di B. risulta più armonico, sia per quanto riguarda la corrispondenza tra i risultati dell’osservazione e delle scale ordinali, sia rispetto all’omogeneità di risultati delle scale. È interessante inoltre fare alcune riflessioni in considerazione della sindrome di cui B. è affetto; i livelli ottenuti sono in linea con quelle che sono le caratteristiche dello sviluppo della sindrome di Down.
È stato possibile individuare due parametri motori, peraltro interconnessi tra loro e indicativi del funzionamento cognitivo: schemi d’azione manuale e motricità fine.
I primi sono da considerare in termini sia quantitativi sia qualitativi. Una costante comune ai bambini del secondo campione e ai due bambini a rischio del primo gruppo è stata la rilevazione di schemi d’azione ripetitivi e poco aperti alle variabili. Il repertorio risulta costituito principalmente da azioni semplici, con un accesso minimo o assente a coordinazioni complesse o socialmente motivate. La definizione di ripetitivi si riferisce sia alla dimensione temporale (lo stesso schema d’azione ripetuto più volte sullo stesso oggetto), sia a quella spaziale (lo stesso schema con oggetti differenti). Questo parametro trova una corrispondenza diretta con le competenze indagate dalle scale ordinali: la scala VI, cioè lo sviluppo di schemi di relazione con gli oggetti, approfondisce questo aspetto dello sviluppo. Risultano infatti inferiori, rispetto a quelle previste per età cronologica, le competenze rilevate dalle situazioni stimolo. La riproposizione degli stessi schemi d’azione su vari oggetti è un comportamento tipico della prima infanzia, quando i bambini sembrano dedicarsi all’esercizio di schemi famigliari senza una connessione con le caratteristiche degli oggetti che li hanno evocati. Al contrario, un graduale accomodamento dell’azione alle caratteristiche peculiari dei vari oggetti contribuisce allo sviluppo di schemi nuovi e a un interesse per gli oggetti in se stessi.
La quantità e la qualità degli schemi d’azione sono un importante indice delle competenze cognitive del bambino: permettono un’interazione con l’ambiente e un adattamento dell’organismo. Piaget definisce il comportamento intelligente come una forma di adattamento all’ambiente fisico o sociale, dove per adattamento si intende la capacità dell’organismo di modificare l’ambiente stesso, o i propri rapporti con quest’ultimo, in modo favorevole per lui. Un repertorio il più ampio possibile permette una maggiore varietà di modificazioni e quindi un migliore adattamento.
Il secondo parametro emerso è la motricità fine; si tratta di un parametro risultato non adeguato all’età cronologica sia nei bambini del secondo campione sia nei due bambini del primo. In particolare, quello che è stato possibile rilevare dall’osservazione psicomotoria è un livello di immaturità generale. La motricità fine riguarda i movimenti digitali necessari alle attività manuali e richiede precisione e rapidità; al riguardo, sono stati esaminati due atti svolti: la prensione e la manipolazione. L’immaturità con cui è stato descritto questo parametro nei bambini considerati è costituita da: un avvicinamento all’oggetto (il trasporto del braccio della fase visiva) spesso scarsamente regolato in termini di velocità e, nello specifico, di decelerazione quando la mano è nelle vicinanze dell’oggetto; una prensione scorretta in termini di funzionalità rispetto all’oggetto afferrato, parametro questo che si ricollega anche alla povertà di schemi d’azione manuali e al tema dell’adattamento alle caratteristiche dell’ambiente; una scarsa regolazione della forza, anche in considerazione della regolazione tonica di base che presenta anomalie, come nella Sindrome di Down.
Come per gli schemi d’azione manuali, si tratta anche in questo caso di un’immaturità nello sviluppo di un’abilità che comporta una ridotta possibilità di adattamento all’ambiente. Mentre i primi sono strettamente connessi con lo sviluppo di schemi di relazione con gli oggetti, la motricità non ha una corrispondenza diretta con una delle scale ordinali. Vero è però che una difficoltà nel regolare l’approccio all’oggetto, in base alle caratteristiche di quest’ultimo, ha delle conseguenze.
Una delle più frequenti, riscontrate durante lo svolgimento di questa indagine, riguarda lo sviluppo della permanenza dell’oggetto; a titolo esemplificativo viene riportata l’esperienza avuta con B., in quanto è la più significativa, ma si tratta di una situazione che si è declinata in maniera simile per tutti i bambini considerati nel secondo campione. La prima presentazione delle situazioni stimolo al bambino ha avuto un risultato nettamente inferiore rispetto a quello che si è poi rivelato essere il livello di sviluppo registrato: si collocava infatti alla sesta tappa di sviluppo, corrispondente a un’età di 7 mesi, in quanto non concludeva con successo la ricerca di un oggetto sotto più schermi sovrapposti. Le descrizioni raccolte rispetto al parametro della motricità fine, e in particolare le difficoltà che mostrava nell’avvicinamento all’oggetto e nella dissociazione delle dita per adattare la prensione alle caratteristiche fisiche, hanno permesso di ipotizzare che il risultato ottenuto in questa scala fosse certamente legato al deficit dello sviluppo cognitivo, ma aggravato dalla componente motoria specifica. Questa ipotesi, poi confermata dai risultati, ha condotto a una modifica del setting in cui la situazione stimolo veniva presentata. È stato quindi progettato un modo differente di nascondere l’oggetto: non più coperto da schermi che necessitassero una buona regolazione della motricità fine con dissociazione delle dita (es. un fazzoletto di stoffa), ma inserito all’interno di un contenitore chiuso da un solido che potesse essere spostato con il semplice schema d’azione manuale del colpire.
Sono quindi gli schemi d’azione manuali e la motricità fine i due parametri che al termine delle osservazioni sono stati individuati come maggiormente rappresentativi di una correlazione con lo sviluppo cognitivo.
Conclusioni
Gli obiettivi fissati inizialmente sono stati raggiunti. L’obiettivo primario è stato quello di indagare lo sviluppo della motricità, degli schemi d’azione e lo sviluppo cognitivo nella fascia d’età 0-24 mesi individuando le possibili correlazioni tra questi settori; il risultato è stato l’identificazione di una correlazione diretta tra sviluppo motorio e cognitivo, per i parametri considerati. Si parla di relazione diretta nel senso che a un certo livello di sviluppo motorio, definito dalla fascia d’età per la quale le competenze mostrate sono tipiche, corrisponde un livello cognitivo per lo più sovrapponibile. Non solo, sono stati individuati anche due parametri dello sviluppo psicomotorio, gli schemi d’azione manuali e la motricità fine, particolarmente indicativi delle possibilità e dello stato dello sviluppo cognitivo. È bene specificare, tuttavia, che soprattutto per quanto riguarda il secondo campione, questo lavoro si presenta solamente come un punto d’inizio per chi intendesse approfondire il tema delle correlazioni tra sviluppo motorio e cognitivo. La casistica cui si è fatto riferimento è, infatti, esigua e non specifica in quanto si è scelto di non indagare le funzioni di una condizione clinica in particolare, quanto piuttosto di approfondire questi due aspetti dello sviluppo in condizioni più generali di ritardo.
È stato raggiunto anche il secondo obiettivo che questo lavoro si era posto, ossia costruire un impianto metodologico di lavoro che utilizzasse lo strumento tipico del terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, l’osservazione, insieme a una scala di sviluppo cognitivo in stretta relazione con gli schemi d’azione manuali e la motricità. Si tratta di una metodologia di lavoro spendibile in due ambiti propri della figura professionale: quello terapeutico, come strumento di osservazione e valutazione; quello educativo, come strumento di osservazione e prevenzione.
Non c’è la pretesa di voler presentare un lavoro finito, ma solo un riferimento da cui partire; innanzitutto intervenendo sui punti di criticità che l’impiego della metodologia ha evidenziato e, successivamente, estendendo il campione specie in ambito terapeutico e approfondendo le potenzialità dello strumento in ottica preventiva.
Alla luce dei risultati ottenuti e tenendo conto dei limiti esposti, è ipotizzabile anche un approfondimento rispetto al linguaggio espressivo comunicativo. Quello che è emerso nei tre bambini con sviluppo atipico è che il linguaggio sia uno dei settori più compromessi in termini di risultati ottenuti. Si tratta di una considerazione interessante poiché la parola rappresenta, da una parte, un mezzo importante nello sviluppo delle autonomie dei bambini, permettendo loro di fare richieste e di confrontarsi con gli altri; dall’altra, il linguaggio si pone al confine esatto tra lo stadio di sviluppo piagetiano sensomotorio e quello preoperatorio. Confine che rappresenta il limite cognitivo di questi bambini e che trova riscontro, oltre che nelle competenze linguistiche, anche nell’assenza di un gioco simbolico e di competenze relative all’imitazione differita. Da questa analisi risulterebbe interessante un ulteriore approfondimento sulle capacità combinatorie dei segnali comunicativi come base e premessa nello sviluppo del linguaggio di bambini con disabilità. Sappiamo che il linguaggio espressivo intenzionale, pone le sue origini nei gesti deittici e la loro maturazione sostiene l’inscindibilità fra lo sviluppo comunicativo e quello cognitivo.
Risulta interessante pensare inoltre a un prosieguo dell’utilizzo del modello, mettendolo a confronto con un Test standardizzato di sviluppo (es. le scale Griffiths), proprio a sostegno e conferma delle correlazioni evolutive, soprattutto in ambito clinico/abilitativo.
Abstract
The objectives of this article are 1) investigating correlations between motor development, action schemes and cognitive development 2) constructing a valid methodology for specific neuro and psychomotor intervention areas, both clinical and preventive. Two tools were used 1) the psychomotor observation of spontaneous behavior and 2) the Uzgiris-Hunt ordinal scales of psychological development. These choices were based on a shared theoretical basis, namely, Jean Piaget’s theses on development. The sample was made up of 30 children between 14 and 24 months having typical development who were evaluated in the day-care center they attended, and four children between 14 and 36 months with a diagnosis and atypical development who were evaluated during psychomotor therapy sessions. Data was compared between the two samples. In the group having typical development, levels in cognitive and motor development were substantially correlated. Two children in the group of 30 were considered «at risk». Profiles of the children in the second group were compared to children having the same age in the first group, in order to better understand which aspects of motor development could be related to the cognitive level achieved.
Keywords
Motor activity, action schemes, cognitive development, evaluation, prevention, Uzgiris-Hunt
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