Il TNPEE

Erickson

Vol. 1, n. 2, novembre 2019

(pp. 18-46)

LA COMUNICAZIONE AUMENTATIVA ALTERNATIVA IN CHIAVE EVOLUTIVA: UN APPROCCIO INTEGRATO PER LA CONQUISTA DELL’INTENZIONALITÀ

Jenny De Carolis Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva NPIA ASL Bari

Tiziana Balascio Logopedista NPIA AUSL Parma

Sommario

L’articolo propone un modello di intervento teorico-pratico che ha lo scopo di supportare lo slancio evolutivo promuovendo il comportamento intenzionale e la partecipazione, attraverso attività mirate e coadiuvate da adeguati strumenti di Comunicazione Aumentativa Alternativa. Nella cornice teorica vengono approfondite le teorie di riferimento che esplicitano gli stadi evolutivi del bambino, nell’esposizione del modello pratico vengono identificati una valutazione dinamica e un intervento integrato caratterizzato da quattro fasi successive e consequenziali (sensoriale, esplorativa/richiestiva, rappresentativa e dichiarativa). Inoltre l’intervento è approfondito con la presentazione di un caso clinico che vuole fornire un feedback sulla metodologia, identificando i segnali di efficacia nei percorsi di Comunicazione Aumentativa Alternativa al fine di indirizzare al meglio la pratica clinica degli operatori.

Parole chiave

Comunicazione Aumentativa Alternativa, Integrazione Interprofessionale, Sviluppo della Conoscenza, Comportamento Intenzionale, Riabilitazione dell’Età Evolutiva

Introduzione

Nei percorsi di accoglienza, valutazione e diagnosi dedicati alla popolazione che afferisce ai servizi territoriali della Neuropsichiatria Infantile osserviamo spesso quadri clinici di grave disabilità e bisogni comunicativi complessi, caratterizzati da una restrizione della partecipazione determinata dalla compromissione in molteplici aree dello sviluppo. In molti di questi casi il processo evolutivo che caratterizza il passaggio dall’intelligenza sensomotoria al pensiero simbolico può subire un arresto o presentare delle disarmonie, determinando condizioni di debolezza nella consapevolezza del sé e nei comportamenti intenzionali. Questa limitazione si esprime in genere con un ritardo globale dello sviluppo psicomotorio, delle capacità comunicative e importanti limiti nella sfera delle attività e della partecipazione sociale. Nel percorso abilitativo/riabilitativo dei bambini con gravi disabilità e bisogni comunicativi complessi, il binomio terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva e logopedista si crea spontaneamente, dapprima per stilare una valutazione che definisca il livello di sviluppo nei vari domini di funzionamento, e successivamente per delineare gli obiettivi riabilitativi comuni, spesso complementari tra loro. Il lavoro svolto in équipe e l’analisi retrospettiva dei percorsi terapeutico-riabilitativi condotta sui casi clinici condivisi ha permesso di individuare la ricorsività di alcune proposte operative negli interventi che hanno mostrato efficacia per il raggiungimento degli obiettivi riabilitativi.

La cornice teorica proposta è quella evolutiva, che prende in considerazione le teorie di Piaget, la strutturazione della Coerenza Centrale, dei prerequisiti comunicativi e la conoscenza delle fasi evolutive nello sviluppo della comunicazione. Infatti, l’analisi di questi assunti teorici ci ha permesso di rispondere all’esigenza di utilizzare, con scelte mirate e consapevoli, gli strumenti di Comunicazione Aumentativa Alternativa (di seguito C.A.A.) per sostenere e facilitare l’evoluzione del bambino.

A partire da queste considerazioni è nostra intenzione proporre un modello teorico-pratico caratterizzato da un approccio integrato, che persegua la conquista dell’intenzionalità attraverso attività ludico/riabilitative mirate e coadiuvate da adeguati strumenti di C.A.A, che permettano l’attuazione di un percorso attraverso i diversi livelli di processazione della realtà, promuovendo un’architettura armonica del funzionamento adattivo del soggetto.

In questo articolo viene esplicitata la nostra metodologia di intervento con la presentazione di un case-report, che fa emergere la correlazione tra gli aspetti teorici e la scelta condivisa degli obiettivi d’intervento a breve, medio e lungo termine. La C.A.A. in quest’ottica si presenta come un’area di ricerca della pratica clinica, uno strumento terapeutico a servizio del bisogno evolutivo del bambino e non come una metodica riabilitativa. A partire dalle baseline dell’intervento, un setting dinamico supportato da strategie di C.A.A, permette di facilitare lo sviluppo del bambino, promuovendo una maggiore autodeterminazione sia sul versante del comportamento che della comunicazione intenzionale, implementando le possibilità di partecipazione attiva nei contesti di vita del paziente.

Il modello teorico

Nella teoria di Piaget lo sviluppo cognitivo è caratterizzato da tre diversi gradi di processazione della realtà che spiegano le differenze qualitative e quantitative tra attività sensomotoria, attività rappresentativa e attività operatoria.

Per la maggior parte del periodo sensomotorio il bambino agisce in funzione del suo sistema percettivo processando ciò che sente (piacere/dispiacere) e ciò che vede (oggetti concreti).

Inizialmente le sue azioni sono indotte da interazioni casuali con l’ambiente; solo con la strutturazione della capacità di anticipare e comprendere come risolvere un problema attraverso una strategia (esordio delle prime pianificazioni), le azioni presenteranno una finalità progettuale.

Il limite dell’attività sensomotoria è l’imprescindibilità dallo stimolo concreto. Sebbene nel periodo sensomotorio il bambino mostri già notevoli possibilità di ragionamento attraverso strategie di analisi «a priori», l’attivazione di questi processi è necessariamente evocata da oggetti o situazioni che inducono l’intuizione stessa. Per mezzo di queste elicitazioni il bambino sarà a lungo impegnato in una sperimentazione quotidiana, che gli permetterà di implementare e consolidare le relazioni mezzi/fini e di causalità, raggiungendo progressivamente l’acquisizione dell’intelligenza rappresentativa caratterizzata dall’attivazione di comportamenti intenzionali sulla base di esclusive immagini e azioni mentali.

Questo livello coincide con l’emergenza di abilità connesse ai processi di apprendimento quali: l’imitazione differita, il gioco simbolico e la produzione di prime parole che nel percorso evolutivo acquisiscono configurazioni sempre più sofisticate.

Nei primi mesi il bambino non possiede vere capacità imitative, ma assimila degli schemi indotti dalle sue percezioni (ad esempio, piange se sente piangere un altro bambino). Nei momenti di attività non esiste un vero e proprio gioco, piuttosto il bambino si intrattiene usando schemi in assenza di una vera finalità. Solo successivamente emergerà una maggiore iniziativa a riprodurre gli schemi osservati agiti dall’interlocutore.

Con l’esercizio di questi schemi pre-imitativi il bambino raggiunge progressivamente la capacità di imitare istantaneamente dei modelli nuovi (suoni o azioni osservate) riproponendoli sempre più frequentemente nei momenti di interazione. Si instaurano così i primi tentativi di gioco rituale. Di qui a breve, il bambino sarà in grado di interiorizzare dei comportamenti da poter riprodurre anche in assenza di un modello, attivando pienamente il gioco simbolico in cui potrà sperimentare le caratteristiche della realtà e le proprie «invenzioni».

La Teoria della Coerenza Centrale fornisce un modello interpretativo dei processi che permettono al bambino di raggruppare le percezioni ricevute dall’ambiente esterno costruendo sempre più alti livelli di contesto del significato. La coerenza centrale è da considerarsi come la capacità di integrare le informazioni sensoriali. Si sviluppa in modo innato e naturale procedendo per stadi successivi.

Il bambino attraverso l’esplorazione sensoriale degli oggetti, prima solo orale poi tattile, visiva e uditiva, giunge a identificare la «parte» del tutto. Riconoscere queste informazioni consente poi di strutturare un significato dell’oggetto stesso, prodotto dell’integrazione dei dati percettivi riguardanti le caratteristiche qualitative dell’oggetto con l’identificazione delle sue caratteristiche funzionali. Si giunge così alla «rappresentazione» mentale dell’oggetto, che viene interiorizzato e associato alla sua etichetta lessicale (es. le cose lisce che contengono liquidi sono bicchieri).

Una debolezza nell’elaborazione determina una visione frammentata dello stimolo sensoriale che porta a perpetuare attività senza senso, in cui il bambino è privo delle capacità necessarie per attivare un uso funzionale degli oggetti. In quest’ottica, la chiusura nei diversi contesti, le azioni stereotipate, l’uso atipico e afinalistico degli oggetti diventano espressione proprio di questa debolezza e spiegherebbero il conseguente deficit nella comunicazione intenzionale e nella reciprocità.

La comunicazione è strettamente correlata all’interazione con l’ambiente e con le persone. Il bambino è protagonista attivo delle relazioni prima ancora di poter condividere i contenuti specifici. Infatti, normalmente, fin dalle prime settimane di vita, il bambino risponde agli stimoli dati dall’ambiente: distingue il volto umano dagli altri stimoli visivi, discrimina e riconosce il tono della voce. L’esordio della reciprocità nasce proprio dall’alternanza dei comportamenti spontanei (pianto, sorriso, vocalizzi) in funzione dell’interpretazione che l’adulto ne fa, ma il bambino non ha ancora consapevolezza di comunicare. Questa fase, epoca di comparsa del «sorriso sociale», genera delle proto-conversazioni, fatte di sguardi, gorgheggi e smorfie. Solo intorno ai 6-8 mesi il bambino inizia a condividere con l’adulto l’interesse per qualcosa guardando in modo alternato oggetto e adulto. La triangolazione è il frutto della maturazione di diverse competenze (attenzione congiunta, permanenza dell’oggetto, primi schemi sensomotori). Questi comportamenti introducono il passaggio alla comunicazione intenzionale.

Intorno ai 12 mesi, il bambino inizia ad aspettare le reazioni dell’adulto e a compiere le prime richieste, come testimonianza dell’intenzionalità comunicativa. Tali richieste avvengono tramite gesti deittici con cui il bambino mostra, richiede, offre. Questo permette di sviluppare la reciprocità comunicativa e l’alternanza del turno. Seguiranno le prime parole, l’esplosione del vocabolario e le prime forme di combinazione frastica. Ricordiamo che nello sviluppo tipico l’emergere delle competenze comunicative precede sempre l’acquisizione e lo sviluppo linguistico (Camaioni e Di Blasio, 2007).

Nella specie umana quindi le competenze socio-comunicative si acquisiscono ontogeneticamente, ma in condizioni di patologia è frequente assistere a un’alterazione di questo processo evolutivo. Si può facilmente dedurre che la stimolazione sensoriale e percettiva nel primo anno di vita è la base per l’emergere dei prerequisiti comunicativi e permette la costruzione di significati e significanti, nonché la conoscenza dell’ambiente che circonda il bambino stesso e la strutturazione del sé. Recentemente le neuroscienze hanno evidenziato che gli aspetti esperienziali della vita di un bambino, le sue percezioni e azioni, contengono significati impliciti che divengono espliciti lessicali con lo sviluppo del linguaggio (Embodied Cognition).Lo stile percettivo e le prime azioni esplorative nella scoperta del mondo esterno rappresentano già una sorta di comunicazione non verbale che deve divenire esplicita.

Il modello pratico

La valutazione in C.A.A. costituisce un processo dinamico di lunga durata, basato su un’attenta osservazione/valutazione (costantemente revisionate in fasi successive), che tiene conto della variabilità e della modificabilità della realtà che il bambino con bisogni comunicativi complessi si trova a vivere.

All’interno del setting valutativo gli osservatori si avvalgono di particolari strategie interattive (Iacono, Carter e Hook, 1998; Snell, 2002) proponendo attività correlate agli interessi e alle abilità della persona che possano costituire valide opportunità comunicative. Al principio, vengono raccolte tutte le informazioni necessarie alla pianificazione dell’intervento, prendendo in considerazione non solo i bisogni e le abilità presentate dal bambino ma anche i bisogni e le caratteristiche del contesto e dei suoi principali comunicatori. Viene indagata l’interrelazione tra capacità sensoriali, motorie, cognitive, linguistiche, relazionali e il comportamento adattivo del bambino al fine di progettare gli ausili di supporto all’interazione e alla comunicazione nel più breve tempo possibile.

La valutazione del profilo funzionale del bambino prevede la combinazione di sedute di osservazione del comportamento spontaneo con sedute finalizzate alla somministrazione di test standardizzati. In considerazione dell’età e delle competenze iniziali vengono proposti test che indagano gli aspetti linguistici, in particolar modo la comprensione verbale, il vocabolario recettivo e le modalità comunicative emergenti (PVB, PING, AXIA, PPVT-R ecc.); test funzionali e/o psicometrici (Scale di sviluppo, PEP-3, Leiter-R, VABS ecc.) e il ComFor-Test che valuta i problemi di percezione nei soggetti con gravi disabilità, indicandone il livello sensoriale raggiunto (sensazione, presentazione, rappresentazione) e il relativo livello di simbolizzazione. Questi strumenti forniscono dati normativi di riferimento che aiutano a identificare i punti di forza, i punti di debolezza e le risorse individuali da valorizzare, orientando i riabilitatori nell’identificazione delle caratteristiche degli strumenti di C.A.A. più congruenti.

Nella valutazione del contesto ci si avvale dei principali modelli di riferimento per la valutazione dinamica, tra cui il Modello della Partecipazione (Beuckelman e Mirenda, 2014) e il modello del Social Network (Blackstone e Hunt Berg, 2005); quest’ultimo è progettato per aiutare il team di C.A.A. a raccogliere e interpretare informazioni utili per l’intervento. Entrambi i modelli prevedono incontri con i familiari al fine di raccogliere i dati con interviste e/o questionari semi-strutturati.

Conclusa la valutazione diretta, si discutono i dati emersi per identificare gli obiettivi, progettare l’intervento e calendarizzare gli incontri con la famiglia e i principali partner comunicativi, così da condividere obiettivi e strumenti.

L’Intervento Integrato

La metodologia di intervento da noi elaborata, nata dalla stretta collaborazione tra il terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva e il logopedista, ha avuto l’obiettivo di trasformare in azioni pratiche i concetti ricavati dall’approfondimento dei principi teorici che hanno ispirato il nostro operato.

L’intervento con bambini comunicatori iniziali al principio tiene conto delle prime competenze sensomotorie proponendo target riabilitativi specifici ma, nel prosieguo del trattamento, si presuppone l’uso di stimoli differenti correlati a strumenti di C.A.A. diversificati per provare, ove possibile, a raggiungere la massima competenza comunicativa e dichiarativa in contesti sempre più ampi.

Nel tentativo di rilevare la progressione evolutiva esistente tra le capacità acquisite e le capacità emergenti, nella nostra metodologia di intervento identifichiamo quattro fasi consequenziali che descrivono l’evoluzione del grado di processazione della realtà, espressa dalla progressiva evoluzione del comportamento e della comunicazione.

  • Fase sensoriale: è predominata da un’attività di tipo sensoriale, prevalentemente ricettiva, in cui il bambino inizia a elaborare gli input ricevuti a livello sensoriale.
  • Fase esplorativa/richiestiva: è predominata dalla sperimentazione attiva e dall’attivazione dell’iniziativa comunicativa, prima di tipo gestuale poi simbolico-comunicativa.
  • Fase rappresentativa: è caratterizzata dallo sviluppo di un sistema di processazione più organizzato, guidato dalle relazioni di causalità.
  • Fase dichiarativa: è caratterizzata dalla capacità di generalizzazione del comportamento e della comunicazione indipendentemente dal contesto.

Nella nostra esperienza clinica queste fasi si susseguono ma il passaggio da una fase all’altra non è considerato un’architettura rigida, al contrario rappresenta un’evoluzione che non esclude un lavoro simultaneo su più fasi.

Nella fase sensoriale, l’uso e la manipolazione di oggetti concreti e la sperimentazione delle loro funzioni hanno l’obiettivo di stimolare l’intenzionalità sia sul piano del comportamento sia della comunicazione favorendo simultaneamente sia l’ampliamento degli schemi d’azione con gli oggetti sia la comparsa dei prerequisiti comunicativi e della reciprocità, attraverso la ritualizzazione dei comportamenti di scambio, imitazione, aggancio di sguardo, triangolazione, alternanza del turno.

Le proposte di gioco, affiancate dalla C.A.A. in input, mirano a sviluppare nel bambino una sorta di consapevolezza del suo funzionamento sensoriale, attraverso attività che focalizzino l’attenzione del bambino sulla variabilità delle sensazioni, combinando in queste attività l’azione all’organo di senso correlato. Si tratta dunque di acuire l’intero sistema sensoriale. Una ridotta intenzionalità molto spesso è il frutto di un importante disturbo della processazione sensoriale, che impedisce al soggetto di utilizzare il suo sistema percettivo a livello multimodale. Implementare l’integrazione delle informazioni percettive provenienti dai diversi sensi permette al bambino di ricevere coordinate più chiare e di implementare la sua comprensione della realtà fisica e oggettuale. Un’ulteriore facilitazione consiste nel proporre giochi che strutturino un rituale richiestivo. I materiali iconici proposti possono essere di tipo fotografico o pittogrammi che enfatizzano azioni sensoriali (toccare, ascoltare, guardare ecc.) associati ai vari giochi di attivazione sensoriale.

Figura 1.a e 1.b – Giochi sensoriali intra-categoriali

Attraverso giochi vocalici, produzioni gutturali, giochi di luci, discriminazione e/o imitazione di suoni di diversa intensità/frequenza, giochi propriocettivi (in genere particolarmente graditi nei bambini in cui persiste un comportamento prevalentemente pulsionale), è possibile sostenere e amplificare le capacità di processazione sensoriale aumentando progressivamente il coinvolgimento e l’intenzionalità comunicativa del bambino. L’incremento di queste abilità coincide con una maggiore iniziativa comunicativa spesso espressa con l’azione.

Nella fase esplorativa/richiestiva ci si propone di incrementare il repertorio gestuale del bambino, modellando e facilitando l’emergere delle prime combinazioni di gesti, che vengono riprodotte anche in simboli e riproposte costantemente in input per consolidarne la valenza comunicativa. I gesti maggiormente elicitati sono l’indicarsi per intendere «io voglio», «aiutami», «ancora» e «basta», utilizzati per regolare attivamente le attività e tutti i gesti descrittivi o convenzionali ritenuti utili a potenziare l’efficacia comunicativa nell’immediato. In questa fase è frequente assistere a un rapido incremento del vocabolario recettivo, conquista testimoniata dalla crescita progressiva delle risposte immediate e appropriate a un sempre più alto numero di istruzioni semplici (quali «apri», «aspetta», «butta» ecc.). L’ampliamento del linguaggio recettivo favorisce una maggiore iniziativa espressiva.

In alcuni casi con l’aumentare dell’espressività è frequente osservare anche una maggiore iniziativa vocalica. Nella nostra esperienza in questa fase è utile programmare delle sedute congiunte in cui, a partire dalle iniziative verbali emergenti nei rispettivi setting, il logopedista fornisce anche stimoli propriocettivi sulla voce e input sensoriali alle strutture orali per far scoprire il meccanismo vocale, aumentare e/o far emergere la lallazione e i primi suoni. Se le risorse di base lo permettono, nel setting logopedico a lungo termine si potrà assistere a un graduale ampliamento dei suoni prodotti con l’esordio della lallazione variata, di alcuni suoni onomatopeici e poi di parole ad alto contenuto emotivo (mamma, papà, acqua…) coadiuvate dall’esposizione del bambino al vocabolario figurato.

Nella fase rappresentativa si passa a un lavoro orientato alla discriminazione percettiva degli oggetti e dei pittogrammi corrispondenti. Favorendo la processazione multimodale delle informazioni sensoriali all’interno di proposte ludiche mirate, si implementano le azioni con gli oggetti evocando schemi di imitazione (giochi di simulazione). L’uso operativo degli oggetti, attraverso la sperimentazione sistematica della loro funzione (giochi causa-effetto, stimolazione mezzi-fini) e delle diverse relazioni possibili, porta a identificare e gradualmente a interiorizzare gli oggetti prima nel repertorio semantico e con tempi variabili nel repertorio lessicale. In questa fase il simbolo è presentato dall’interlocutore come ridondanza all’informazione visiva, creando sull’oggetto stesso una vera etichettatura denominativa per identificarlo.

Aumentando il suo repertorio recettivo e semantico il bambino rinforza la velocità di processazione degli oggetti verso i quali maturerà comportamenti sempre più appropriati e intenzionali, conquistando un progressivo senso di efficacia sul mondo esterno.

Figura 2 – Etichettatura denominativa

Questa fase ha l’obiettivo di favorire un livello percettivo più organizzato e necessita di una maggiore strutturazione dell’ambiente. Dalla semplice esposizione al gioco esplorativo si passa a un setting specifico di giochi, caratterizzato da schemi di imitazione a cui fanno seguito strategie di generalizzazione simbolica. In pratica, l’obiettivo è quello di associare alla capacità di utilizzare funzionalmente l’oggetto una stimolazione multimodale (sistema uditivo-visivo-tattile ecc.) attraverso il supporto iconico e visivo realizzato con l’etichettatura degli oggetti e dell’ambiente. Si tratta di una vera e propria immersione nel sistema simbolico, attraverso attività di gioco guidate dall’adulto e un utilizzo pro-attivo prima dell’oggetto e successivamente del simbolo stesso.

Figura 3.a e 3.b – Setting di gioco

Il gioco di imitazione e/o finzione rappresenta la risorsa conoscitiva principale. L’obiettivo è quello di facilitare l’acquisizione di sistemi di simboli sempre più articolati nelle relazioni concettuali (tabelle tematiche; striscia attività, drammatizzazione di storie e trascrizione in simboli) potenziando le rappresentazioni attraverso giochi che elicitino non solo l’appaiamento oggetto-immagine ma anche lo sviluppo di un’attività sequenziale, che metta in evidenza il «tema» dell’attività favorendo la mentalizzazione dell’esperienza simulata nel gioco per generalizzarne il significato nella realtà. In questa fase i pittogrammi vengono utilizzati in una modalità più strutturata. In genere sono organizzati in tabelle tematiche removibili o fisse che siano in grado di sostenere il gioco, di esplicitare in input le informazioni che arrivano al bambino e di permettergli in output di rispondere all’adulto o realizzare le prime richieste spontanee.

Figura 4 – Tabella tematica gioco del dottore

Per facilitare l’iniziativa comunicativa è opportuno scegliere simboli che rappresentano risposte funzionali rapide (sì, no, basta, ancora…) e lessico ad alta frequenza d’uso (latte, acqua, sapone, mamma, papà, bebè, pappa, pipì…) che, ripercorrendo anche le prime produzioni dello sviluppo linguistico tipico (prima sostantivi, poi verbi e aggettivi), permettono di essere più facilmente collocati nei contesti di vita.

Figura 5 – Indicatori funzionali alla comunicazione

In questa fase espositiva sono molto importanti l’etichettatura dell’ambiente, le agende visive, le sequenze delle autonomie e l’uso delle prime tabelle tematiche contestuali, rilevanti strumenti di promozione sia per la ridondanza del simbolo sia per le informazioni trasmesse attraverso l’organizzazione visiva dell’ambiente. La strutturazione in simboli dell’ambiente in ogni contesto di vita permette di mettere in relazione sistemi di simboli in modo più articolato e logico, facilitando l’acquisizione dei concetti di categorizzazione e sequenzialità.

Figura 6 – Etichettatura ambiente

Figura 7.a, 7.b e 7.c – Esempi di Agende Visive

Figura 8a – Tabella tematicha «A scuola»
Figura 8b – Tabella tematicha «In bagno»

L’immersione in un ambiente con simboli ridondanti è importantissima. Per questa ragione è utile favorire la lettura di libri in simboli o personalizzati, fornire agende visive, strisce delle attività e soprattutto uno strumento di comunicazione aumentativa alternativa, personale e personalizzato. Tale strumento, cucito sul bambino, rappresenterà la sua comunicazione, la sua voce, una parte integrante di lui per garantirgli l’opportunità di interagire con il mondo affermando in autonomia la sua identità.

Figura 9 – Strumento con pittogrammi removibili
Figura 10 – Quaderno di comunicazione
Figura 11.a e 11.b – Iniziale tabella di comunicazione

Il bambino con bisogni comunicativi complessi non è in grado di padroneggiare tutti i domini linguistici (fonetica, fonologia, morfologia, sintassi, semantica...); le maggiori fragilità interessano il dominio fonetico-fonologico che non supporta la produzione del linguaggio orale e la morfosintassi in espressione che è difficile da acquisire. Una volta emerse le prime produzioni in output, si potrà procedere con un lavoro specifico in categorie semantiche stimolando l’acquisizione di un nuovo lessico simbolico con l’obiettivo parallelo di ampliare la comunicazione in dichiarazione e poi svilupparla a livello morfosintattico.

La fase dichiarativa si raggiunge quando il dominio di parole dichiarate in output diviene ampio a tal punto da permettere di stabilire relazioni comunicative frequenti. In genere in questa fase vi è il passaggio dalla parola-frase alla combinazione di due simboli. Dapprima vengono correlati sostantivi ad alta frequenza e aggettivi descrittivi di una qualità sensoriale (pappa-buona, cacca puzza…); poi parole funzionali e oggetti (es. basta bolle); poi soggetto-oggetto (es. mamma casa, io bolle); poi combinazioni in cui si inizia a riconoscere e selezionare il verbo (es. andare casa) e infine si giunge all’indicazione di brevi frasi complete come soggetto-verbo-oggetto. Spesso questo passaggio avviene per raccontare eventi pregnanti, di grande impatto emotivo, ma con la mediazione e il supporto dell’adulto potrebbe divenire una modalità propria di comunicare.

La morfologia libera (articoli, preposizioni, funtori…) viene acquisita quando vi sono le possibilità (risorse cognitive, sensoriali, psicologiche e strumentali) con un continuo modellamento da parte dell’adulto interlocutore, che in un primo momento introduce i simboli astratti con valenza meno esplicativa, in situazioni altamente contestuali, al fine di favorirne la comprensione. In questa fase di puro apprendimento, l’esperienza clinica evidenzia una buona acquisizione di tali elementi nelle situazioni di ottimale sinergia con l’équipe scolastica, che simultaneamente presenta e affianca i simboli anche in didattica, adattando una buona parte delle attività. La didattica in simboli ha un ruolo fondamentale nella strutturazione della morfosintassi. Non dimentichiamo però che ogni bambino è diverso, che ha il suo percorso individuale, le sue risorse e i suoi vincoli da considerare.

Durante il lavoro sulla rappresentazione e la dichiarazione attiviamo il prima possibile le figure che animano i diversi contesti del bambino. Nei comunicatori iniziali gli interlocutori privilegiati sono solitamente i genitori all’interno del contesto domestico e le insegnanti all’interno di quello scolastico; quest’ultimo è di fondamentale importanza per il supporto alla generalizzazione delle competenze in contesti extra-sanitari.

Di seguito si riporta un caso clinico ispirato al modello di intervento integrato proposto.

Caso clinico

B. è un bambino affetto da una sindrome genetica in fase di approfondimento diagnostico-strumentale. Il primo accesso al servizio territoriale di NPIA avviene all’età di 29 mesi, su invio del pediatra che riscontra un ritardo globale dello sviluppo e del linguaggio. L’organizzazione motorio-prassica presenta importanti difficoltà nella motricità globale e fine. La deambulazione avviene con base allargata e difficoltà di integrazione posturo-cinetica (controllo visivo dell’avanzamento assente; ridotta percezione ostacoli; deficitari i meccanismi di supervisione dell’azione in corso). L’assetto comportamentale è caratterizzato da una marcata impulsività. Lo sviluppo comunicativo-linguistico presenta un consistente ritardo in produzione (unica parola prodotta «mamma») ed evidenzia notevoli difficoltà prassiche.

Si configura un importante disturbo della coordinazione motoria associato a iperattività, impulsività e grave disprassia verbale.

La neuropsichiatra infantile (NPI) dapprima ha prescritto un intervento educativo finalizzato al miglioramento dell’assetto adattivo-comportamentale, per poi integrare con il trattamento logopedico. Il periodo di trattamento produce alcuni miglioramenti nelle modalità di interazione e di condivisione delle attività, sebbene persista un’instabilità comportamentale espressa da rigidità di interessi, scarsa modulazione del comportamento e difficoltà a ricorrere all’imitazione ai fini dell’apprendimento.

In risposta alle persistenti criticità, B. ha 4 anni e 3 mesi quando inizia il percorso abilitativo neuropsicomotorio.

Nell’Osservazione/Valutazione viene indagato lo stile di funzionamento del bambino e del suo contesto, con il duplice intento di identificare gli obiettivi dell’intervento terapeutico-riabilitativo a breve e medio termine e di raccogliere le informazioni necessarie per la progettazione degli strumenti individualizzati di C.A.A., prioritari per rispondere alle frequenti frustrazioni del bambino e della sua famiglia.

La valutazione funzionale ha previsto l’osservazione del comportamento spontaneo, l’esame delle capacità funzionali in risposta a compiti strutturati e/o test standardizzati e la compilazione dell’intervista VABS (VinelalandAdaptiveBehavior Scale) rivolta ai genitori. L’analisi delle informazioni raccolte descrive un profilo di funzionamento caratterizzato da una importante compromissione nell’area della comunicazione, nell’area delle autonomie quotidiane e nell’area della socializzazione con un’età equivalente di circa 24 mesi.

La tabella sottostante fornisce una sintesi dei principali test utilizzati:

Linguaggio recettivo

Età equivalente

Lessico:

Test PING

Punteggio grezzo:

nomi 16/20

predicati 13/20

Percentili

25° per 37 mesi

<5°per 37 mesi

PVB1

Comprensione di parole

n° parole 324

in norma per i 17 mesi

Comprensione con oggetti

Riconosce tutti gli oggetti

Linguaggio Espressivo

Età equivalente

PVB1

Produzione parole n3

Produzione gesti n° 33

11-12 mesi

13-14 mesi

Videoregistrazione interazione genitore/bambino in setting di gioco semistrutturato

Numero parole prodotte:

% parole corrette

% parole semplificate

Fonemi comparsi

Struttura sillabica

1 parola mamma

Averbale

0

n, m, p, d

Assente

ComForTest

Livello raggiunto: Presentazione

Modalità operativa

Capacità di matching, smistamento di materiale iconico, uso di foto e pittogrammi colorati

Leiter-R

Q.I.P. 84

Vabs

Area di comunicazione 70

Area di abilità quotidiane 72

Area di socializzazione 91

Area di abilità motorie 83

Età equivalente 1,9 anni

Età equivalente 2,1 anni

Età equivalente 2,7 anni

Età equivalente 2 anni

Tabella 1 – Sintesi Valutazione iniziale

Conclusa la fase osservativa/valutativa, all’interno dell’équipe multidisciplinare si discutono i dati emersi, si condividono le ipotesi per la realizzazione degli ausili in relazione alle caratteristiche più idonee e si definiscono gli obiettivi comuni del trattamento.

Le fasi dell'intervento

Nella fase esplorativa/richiestiva ci si è focalizzati sugli aspetti ricettivi e richiestivi della comunicazione, implementando in simultanea i prerequisiti comunicativi presenti. I principali obiettivi da perseguire sono stati i seguenti.

  • Presentazione degli strumenti di C.A.A. e consegna delle «istruzioni per l’uso» ai principali partner comunicativi. In questa delicata fase di partenza dell’intervento è stato necessario prevedere interventi diretti e indiretti. Gli interventi indiretti sono finalizzati alla condivisione con famiglia e scuola dei vantaggi forniti dagli strumenti visivi; le modalità d’uso; le modalità di aggiornamento e di implementazione e le modalità di modelling attraverso incontri di counseling e sedute di gioco congiunte. Gli interventi ambulatoriali diretti, invece, hanno avviato all’uso di strategie di C.A.A. e al modellamento in output, avvalendosi di vari ausili individualizzati, tra cui:
  1. Quaderno di comunicazione contenente le principali categorie lessicali di cui il bambino ha esperienza (Presentazione; Persone; Azioni; Cibi; Dolore; Giochi e Hobby; Tempo; Esperienze da Raccontare);
    Figura 12.a e 12.b – Pagine di categorie del Quaderno di comunicazione
  2. Diario delle esperienze in cui raccogliere fotografie inerenti le esperienze emotivamente più significative da descrivere in simboli e associare a un referente concreto (es. oggetto, ritaglio, materiale vario);

    Figura 13.a e 13.b – Esempio di Diario delle esperienze per il racconto giornaliero

  3. Pannello del tempo in cui inserire la pianificazione della giornata (agenda giornaliera), avvenimenti significativi e concetti temporali;

    Figura 14 – Tabellone del Tempo con Agenda Settimanale

  4. Singoli pittogrammi da introdurre all’interno dei vari contesti di vita per:
    1. fornire informazioni su spostamenti, impegni della giornata, richieste;
    2. proporre delle scelte o effettuare richieste (chiedere del cibo, chiedere un gioco ecc.);
    3. raccontare eventi accaduti nella giornata o eventi straordinari.

Acquisiti gli strumenti di C.A.A. ci si propone di promuovere l’evoluzione dell’intenzionalità comunicativa accompagnando i cambiamenti generati dalle nuove acquisizioni con l’evoluzione progressiva della strutturazione del setting e delle attività, rispettando i tempi di acquisizione del bambino per regolare l’avanzamento nelle singole fasi dell’intervento.

  • Ampliare l’intenzionalità comunicativa nei contesti ad alta frequentazione. Per promuovere e sostenere la comunicazione si valorizzano le iniziative richiestive. Per introdurre il concetto di volontà si concorda l’introduzione con «alta frequenza» dei primi simboli funzionali rappresentati dai pittogrammi di «io voglio»; «ancora» e «basta», modellandone la combinazione con altre etichette a disposizione (verbi; nomi; persone ecc.). Il contesto scolastico è il più motivante per la generalizzazione dell’intenzionalità comunicativa per cui si propongono alle insegnanti alcune semplici attività di socializzazione in piccolo gruppo realizzate con strategie di C.A.A. Tuttavia la scuola mostra importanti difficoltà nell’uso degli ausili comunicativi, a causa di varie criticità presenti all’interno dell’équipe scolastica. Al contrario il contesto familiare alimenta l’efficacia degli strumenti di C.A.A., mostrando un’elevata capacità d’uso e di modelling per B., tuttavia il processo di generalizzazione di queste abilità risente della mancanza di opportunità comunicative con i pari all’interno del contesto scolastico.
  • Regolare lo scambio nell’interazione aumentando i circoli di comunicazione. La capacità di padroneggiare un livello rappresentativo più articolato nelle relazioni logiche è elicitata proponendo al bambino un setting di gioco caratterizzato da sistemi di simboli sempre più articolati, che attivi un comportamento comunicativo sempre più contestuale in proporzione all’ampliamento degli aspetti ricettivi, gestuali ed espressivi favoriti dagli strumenti di C.A.A.

Nella fase rappresentativa si implementano il registro simbolico, le relazioni concettuali e la coerenza comunicativa. Il miglioramento della regolazione nel comportamento fa evolvere la reciprocità permettendo proposte di gioco più articolate. Tra i principali obiettivi vi sono i seguenti.

  • Consolidare il comportamento intenzionale e le relazioni concettuali esperite nelle diverse attività.

    Una volta acquisita familiarità con gli strumenti di C.A.A. ci si propone di consolidare il comportamento intenzionale, proponendo un setting caratterizzato da un’immersione intensiva nel registro simbolico attraverso il coinvolgimento pro-attivo in giochi di imitazione delle routine quotidiane, semplici drammatizzazioni di storie con personaggi preferiti, inserendo target coerenti con gli interessi spontanei del bambino all’interno di attività strutturate con la finalità di promuovere l’evoluzione del comportamento impulsivo, dominato dal canale visuo-percettivo, sviluppando una maggiore mediazione delle interazioni con l’ambiente fisico e oggettuale, attraverso l’acquisizione di strategie analitiche che implementino un pensiero logico e dialogico.

  • Consolidare la coerenza comunicativa e la sequenzialità tematica inserendo le strategie di C.A.A. a supporto degli aspetti sequenziali nelle attività. In accordo con la famiglia si realizzano degli strumenti finalizzati a sostenere il coinvolgimento e la partecipazione attiva nell’organizzazione delle attività domestiche, attraverso l’uso di pannelli tematici raffiguranti la scomposizione delle attività delle principali routine, con lo scopo di elicitare strategie di supervisione nello svolgimento delle autonomie personali (igiene, vestizione, alimentazione ecc.) e di consolidare gli aspetti spazio-temporali attraverso attività di pianificazione della giornata con la compilazione dell’agenda giornaliera.

Fase di verifica intermedia e riformulazione dell’intervento

All’età di 5 anni e 7 mesi si effettua un aggiornamento del profilo raggiunto a livello comunicativo-linguistico, cognitivo e neuropsicomotorio. La valutazione linguistica basata sull’osservazione del comportamento comunicativo spontaneo associata a strumenti standardizzati riporta un’esponenziale evoluzione degli aspetti ricettivi del linguaggio e delle capacità comunicative attraverso le strategie di C.A.A. (progressione competenze ed esordio costruzione di semplici enunciati frastici modellati dall’adulto di riferimento). Allo stesso modo si osserva un’evoluzione delle capacità di analisi e risoluzione di problemi in compiti strutturati; dell’organizzazione sequenziale nelle attività ludiche e dell’accesso spontaneo agli strumenti di comunicazione in assenza di stimoli concreti, seppure persista costantemente la necessità di supportare e modellare la comunicazione da parte dell’adulto di riferimento. Persiste invece un’importante compromissione delle abilità motorio-prassiche, oggetto di proposte specifiche.

(continua)

Linguaggio recettivo

Età equivalente

Lessico:

test PING

PPVT-R

Punteggio grezzo:

nomi 20/20

predicati 17/20

non somministrabile

Percentili

50° per 37m

25° per 37m età eq. 25 mesi

PVB1

Comprensione di parole

n° parole 408

Saturo

Morfosintassi:

Test TCGB

Punteggio Non attendibile

Risente delle difficoltà attentive

Comprensione con oggetti

Riconosce tutti gli oggetti

Linguaggio Espressivo

Età equivalente

PVB1

Produzione parole n° 5

Produzione gesti n° 62

età eq. 11-12 mesi

Saturo

Videoregistrazione interazione genitore/bambino in setting di gioco semistrutturato

Numero parole prodotte:

% parole corrette

% parole semplificate

Fonemi comparsi

Struttura sillabica

5 parole

mamma, papa

0

n, m, p, b, t, d

vocalizzi /a/- /i/e bisillabi occ.

ComForTest

Livello raggiunto: rappresentazione con iniziale riconoscimento del codice scritto

Modalità Operativa Consigliata

Utilizzo di foto, immagini; utile introduzione del codice alfa-numerico e potenziare la modalità richiestiva (2-3 items riconosciuti )

Leiter-r performance

Q.I.P. 77

Tabella 2 – Dati rilevati alla valutazione intermedia

Nella fase dichiarativa: si implementa la comunicazione favorendo una maggiore indipendenza comunicativa. Tra i principali obiettivi vi sono i seguenti.

  • Potenziare la contestualità del comportamento, consolidando le relazioni di causalità nello scambio comunicativo (scelta intenzionale, capacità dialogiche, attendibilità della risposta ecc.).

    Si introducono con maggiore frequenza delle brevi conversazioni sostenute da semplici combinazioni di simboli, con lo scopo di promuovere una primordiale costruzione frastica spontanea. Contemporaneamente si programmano nuovi interventi di counseling rivolto a famiglia e scuola per risintonizzare i vari contesti del bambino sulle modalità e le strategie più utili in questa fase evolutiva e per ridurre al minimo le cadute comunicative. Il quaderno di comunicazione viene aggiornato e allineato alle competenze lessicali acquisite. Si incrementano il lessico e le categorie lessicali in relazione all’ampliamento dei nuovi interessi del bambino, da sostenere nell’intenzionalità comunicativa. La struttura frasale si presenta in modalità dinamica con azioni riferite alle varie categorie (es. categoria «cibo» con relative «azioni» come mangiare, cucinare, bere, prendere relativi «aggettivi» come molto, poco, buono, cattivo sapore...). Si realizza una colonna esterna per l’inserimento dei pronomi (io, tu, noi) e di alcuni articoli per stimolare l’acquisizione della costruzione frastica caratterizzata da maggiori combinazioni morfosintattiche (soggetto-verbo-oggetto). Oltre ai simboli funzionali «ancora», «basta», «voglio» si inseriscono degli starter comunicativi (con?, chi?, cosa vuoi fare?, dove vuoi andare?) proposti con alta frequenza d’uso, e viene implementato l’uso dei verbi inseriti in modalità ridondante e dinamica in base alle pagine dello strumento. La famiglia riesce da subito a guidare il bambino modellando l’uso del nuovo strumento, continuando a integrarlo e ampliarlo costantemente. La padronanza del nuovo strumento e l’iniziativa nella sperimentazione autonoma delle prime combinazioni frastiche sono favorite dalla combinazione tra il quaderno di comunicazione che facilita lo scambio comunicativo, il diario delle esperienze che facilita il racconto e i libri in simboli che facilitano l’esposizione a enunciati strutturati in simboli.

  • Ampliamento delle capacità comunicative in un contesto di piccolo gruppo per avviare la preparazione all’inserimento scolastico.

    Approfittando del periodo estivo si propongono alla famiglia diverse tabelle tematiche utilizzabili in piccolo gruppo da proporre a B. inizialmente con i pari del nucleo familiare, come fratello e cugini, e successivamente con gli altri bambini.

  • Facilitare l’autonomia comunicativa e favorire integrazione inclusiva nel contesto classe.

    In vista dell’inserimento nella scuola primaria si costruisce con B. e la sua famiglia un «passaporto» per la presentazione ai nuovi compagni di classe, con l’idea di incrementare l’autonomia nell’utilizzo degli strumenti con i pari e di incentivare la capacità di fornire informazioni su di sé, raccontando autonomamente le sue caratteristiche identitarie.

Figura 15.a e 15.b – Esempio di Passaporto
  • Consegnare alla nuova équipe scolastica le informazioni necessarie per generalizzare al contesto classe il repertorio comunicativo del bambino. L’adattamento al nuovo ambiente e alle nuove regole della primaria inizialmente risulta difficile: appare prioritario ricostruire un ambiente prevedibile che permetta a B. di ritrovare la sua autonomia. Si presentano all’équipe scolastica i vari strumenti da generalizzare nel contesto classe:
    • introduzione dell’agenda visiva per le varie materie scolastiche;
    • costante reperibilità dello strumento di C.A.A. sempre indispensabile per comunicare con B.;
    • tabella a tema posizionata sul banco per la comunicazione veloce nelle attività didattiche;
    • introduzione di consegne in simboli nelle varie attività.
  • Facilitare gli apprendimenti attraverso la didattica adattata con strategie di C.A.A. L’inserimento degli ausili nel contesto scolastico e le condizioni altamente inclusive fanno evolvere consistentemente l’intenzionalità comunicativa e l’appropriatezza del comportamento nell’interazione, implementando la consapevolezza del sé e l’autocontrollo. B. mostra un forte interesse per il programma didattico e per la letto-scrittura e questo rappresenta l’apertura di un nuovo scenario per l’adattamento della didattica attraverso strategie di C.A.A.

Valutazione finale

Alla fine dell’anno scolastico la situazione comunicativa di B. è migliorata notevolmente.

Linguaggio recettivo

Età equivalente

Lessico:

test PING

PPVT-R

Punteggio grezzo:

nomi 20/20

predicati 19/20

punteggio 67

Percentili

50° per 37m

25° pe Percentili

50° per 37 m

75° per 37 m età eq. 25 mesi

-1,89ds per età r 37m età eq. 25 mesi

PVB1

Comprensione di parole

n° parole 408/408

Saturo

non ri-somministrato

Morfosintassi:

Test TCGB

Punteggio

Prot. 26,5

Centili

<10° Risente delle difficoltà attentive

Comprensione con oggetti

Riconosce tutti gli oggetti

Linguaggio Espressivo

Età equivalente

PVB1

Produzione parole n° 5

Produzione gesti n° 62/62

Invariato

Saturo

Videoregistrazione interazione genitore/bambino in setting di gioco semistrutturato

Numero parole prodotte:

% parole corrette

% parole semplificate

Fonemi comparsi

Struttura sillabica(se presente)

5 parole

mamma, papa

0

n, m, p, b, t, d

vocalizzi /a/- /i/e bisillabi occ.

ComForTest

Livello raggiunto: rappresentazione con iniziale riconoscimento del codice scritto

Modalità operativa consigliata:

Utilizzo di foto, immagini, codice alfa-numerico come CVCV in modalità dichiarativa e richiestiva (2-3 espisodi)

Leiter-r performance

Q.I.P. 77

Vabs

Area di comunicazione 122

Area di abilità quotidiane 108

Area di socializzazione 106

Area di abilità motorie 104

Età equivalente 3 anni

Età equivalente 2,9 anni

Età equivalente 3,1 anni

Età equivalente 2,1 anni

Tabella 3 – Ultima Valutazione Finale

Lo scambio comunicativo risulta efficace, presente in tutti i contesti e ha esordio la combinazione di simboli soggetto-oggetto e soggetto-verbo.

B. riconosce con uso attivo pronomi e articoli, utilizzati principalmente nella costruzione didattica delle frasi o nel racconto delle esperienze. Se da un lato si ritiene utile favorire l’acquisizione degli aspetti formali del linguaggio, dall’altro nella comunicazione dialogica appare prioritario favorire l’istantaneità della comunicazione, in particolare nel caso in cui il bambino presenti abbondante ricchezza di pensiero e/o di repertorio comunicativo e/o di intenzionalità dialogica.

Figura 16.a, 16.b e 16.c – Tabelle di comunicazione estratte dall’ausilio comunicativo

Attualmente B. sta sperimentando un software comunicativo-didattico sul PC associato a un mouse con lo scopo di velocizzare la produzione in didattica e di aggiornare rapidamente lo strumento comunicativo. Per rispondere a questa nuova sfida è in corso una fase di training volto a identificare l’ausilio più adatto alle esigenze comunicative di B.

Discussioni

Al momento della presa in carico B. ha già superato la fase sensoriale sia per età sia per profilo di funzionamento. Il bambino ha sviluppato parzialmente un vocabolario ricettivo, tuttavia l’assenza di linguaggio determina la persistenza di uno stile comportamentale regressivo, in cui l’azione sovrasta e inibisce la comunicazione. In équipe si decide di fornire sin da subito gli strumenti di C.A.A. Nell’ambito del setting lo stile comportamentale risulta impulsivo e dominato dal canale visuo-percettivo. L’oggetto concreto, in un primo momento, è determinante per evocare la comunicazione richiestiva e alimentare la motivazione nelle proposte di gioco condiviso.

L’uso degli strumenti di C.A.A. nel contesto ludico ha permesso un ampliamento in input della comprensione linguistica e una maggiore organizzazione nell’integrazione delle informazioni percettive provenienti dall’ambiente.

L’intervento integrato di potenziamento dei prerequisiti comunicativi e della reciprocità attraverso le strategie di C.A.A. ha permesso a B. di migliorare velocemente gli aspetti di regolazione nel comportamento e nella comunicazione.

Il coinvolgimento pro-attivo nei vari contesti di vita ha permesso di migliorare la consapevolezza degli aspetti caratterizzanti la realtà fisica e oggettuale, sostenendo il pensiero logico e una progressiva interiorizzazione simbolica dei concetti esperiti nelle attività.

La progressiva strutturazione logica delle attività, per mezzo degli ausili introdotti nei diversi contesti di vita, ha favorito lo sviluppo delle capacità di anticipazione e pianificazione sostenendo il bambino anche nelle difficoltà di sequenzialità presenti nelle attività prassiche.

I notevoli progressi raggiunti con l’intervento riabilitativo hanno aumentato la frequenza dei circoli comunicativi spontanei, seppure inizialmente le capacità emerse hanno presentato una forte dipendenza dal contesto, scatenando reazioni di difficile modulazione in situazioni di frustrazione, generate dall’inintelligibilità del messaggio comunicativo espresso.

La buona evoluzione delle competenze simbolico-comunicative ha orientato l’intervento sulla strutturazione dell’enunciato in simboli.

Il miglioramento della contestualità comunicativa e del comportamento ha permesso di implementare i contesti di generalizzazione delle competenze acquisite in ambulatorio attraverso l’organizzazione di uscite tematiche (ad esempio «in gelateria», «al centro commerciale», «in biblioteca»…), inoltre l’ampliamento delle opportunità di socializzazione ha promosso l’acquisizione di alcune abilità sociali e l’apprendimento delle regole della comunità.

La valutazione dinamica ha permesso di adeguare sempre di più gli strumenti arrivando al quaderno di comunicazione personalizzato che ha favorito la comunicazione con partner sempre più distanti dalla cerchia familiare. Nell’ottica dinamica evolutiva il percorso è tuttora in evoluzione con l’integrazione di software specifici per la scrittura in simboli e un iniziale training con software comunicativo per adeguarsi ai bisogni comunicativi e avere un repertorio lessicale ancora più ampio. Gli strumenti di C.A.A. hanno fatto emergere anche più suoni linguistici che ora accompagnano la comunicazione stessa.

La motivazione del bambino e della sua famiglia ha permesso di compensare il ritardo nella presa in carico e nell’introduzione degli strumenti di C.A.A., tuttavia un intervento precoce avrebbe permesso di supportare l’emergere dei prerequisiti e delle competenze comunicative attraverso una metodologia più appropriata e in tempi più rapidi con conseguenti effetti positivi sulla riduzione dell’impulsività.

Tra le maggiori criticità spesso incontrate vi è proprio la difficoltà di ripristinare il più possibile lo sfasamento tra le capacità simbolico-rappresentative e le capacità comunicative, inizialmente fragili negli aspetti di reciprocità e causalità. Altra criticità, correlata anche alle risorse e alla dotazione dei servizi, è la velocità nella fornitura degli strumenti di C.A.A., che presuppongono continui adeguamenti all’evoluzione lessicale e alle esperienze di vita del bambino. La dilatazione dei tempi nella fornitura e nell’aggiornamento può comportare un rallentamento nel perseguire gli obiettivi di lavoro ma anche il rischio di cadute comunicative e frustrazioni reattive. Ulteriore criticità spesso riscontrata è la difficoltà di divulgazione/esportazione della C.A.A. negli ambienti di vita. Nel caso di B., la scuola dell’infanzia ha mostrato molta reticenza a strutturare adeguatamente l’ambiente e ad attivare un modelling appropriato durante le attività. Le barriere comunicative nei vari contesti hanno generato importanti episodi di frustrazione, con possibile risoluzione nel momento in cui tutti i partner comunicativi hanno attuato un uso attivo degli strumenti di C.A.A. in sintonia con le consegne terapeutiche. Solamente contrastando queste difficoltà i bambini con bisogni comunicativi complessi potranno progredire dallo stadio di «comunicatori emergenti» (al momento della presa in carico) a «comunicatori contesto-dipendente» (limitato a un’attività, partner o contesto) fino a divenire «comunicatori contesto-indipendente» in grado di interagire con nuovi messaggi e/o argomenti.

Conclusioni

Nella costruzione della comprensione logica della realtà il terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva può supportare il logopedista nell’adattamento degli obiettivi comunicativo-linguistici a un setting di gioco adeguato all’età e all’integrazione delle singole abilità, mentre nell’implementazione della padronanza degli aspetti dialogici e costruttivi del linguaggio il logopedista può guidare e istruire il terapista della neuro e psicomotricità sulle modalità di facilitazione degli aspetti costruttivi del linguaggio in simboli all’interno delle attività di gioco. Attraverso una modalità di lavoro interprofessionale è possibile agire seguendo una metodologia che tenga conto dei diversi saperi sullo sviluppo tipico e atipico nei vari domini di funzionamento, una metodologia che possa guidare i professionisti nell’identificazione dei percorsi e delle strategie più coerenti per raggiungere gli obiettivi comuni in funzione dei complessi bisogni abilitativi del bambino. L’approccio integrato in C.A.A. permette di rispondere ai bisogni del bambino considerandolo nella sua globalità.

L’analisi condotta sui casi clinici ha messo in evidenza le variabili che maggiormente influiscono sull’efficacia dell’intervento, tra cui:

  • la precocità della presa in carico;
  • l’appropriatezza delle proposte in funzione dell’età e del livello di sviluppo raggiunto;
  • la disponibilità di spazi adeguati per integrare interventi multidimensionali;
  • la possibilità di realizzazione di un setting semi-strutturato e dinamico, che motivi e sostenga le iniziative del bambino, facilitando le opportunità comunicative a partire dagli interessi spontanei;
  • la generalizzazione del coinvolgimento operativo del bambino nei vari contesti di vita (motiva, facilita la comunicazione referenziale e instaura la condivisione);
  • la costante integrazione degli strumenti comunicativi interattivi con strumenti narrativi dinamici come il racconto delle esperienze e la lettura dei libri in simboli che forniscono una spinta motivazionale correlata alla novità e permettono di acquisire una struttura temporale necessaria per l’organizzazione del pensiero narrativo;
  • la capacità di garantire sempre e in tempi brevi un allineamento dello strumento comunicativo con le competenze lessicali e gli interessi del bambino;
  • le opportunità di generalizzazione delle capacità acquisite in contesti di socializzazione;
  • la capacità di bilanciare le strategie mirate a favorire l’acquisizione degli aspetti formali del linguaggio con la contingenza dell’istantaneità comunicativa in situazioni dialogiche di impatto emotivo.

È nostro parere che l’evoluzione delle caratteristiche qualitative del pensiero e della comunicazione debba riflettersi con coerenza nelle opportunità di autonomia offerte al piccolo paziente a partire dall’organizzazione pratica delle attività di vita quotidiana in ambito domestico, per proseguire nelle opportunità di inclusione e partecipazione in ambito scolastico e comunitario. Tutti gli attori coinvolti nel percorso di crescita del bambino devono farsi carico del processo di individuazione e superamento delle barriere comunicative per garantire la possibilità di generalizzare le capacità comunicative nei contesti di socializzazione.

Ricordiamo inoltre che l’utilizzo delle strategie di C.A.A. non rappresentano l’obiettivo dell’intervento, ma lo strumento che permette al piccolo paziente di compensare l’handicap comunicativo per realizzare il suo potenziale di sviluppo, consentendo l’accesso a livelli sempre più complessi di integrazione tra le diverse funzioni adattive (sensoriale, motoria, cognitiva e relazionale).

Abstract

This article describes a theoretical and practical intervention model using focused activities and appropriate tools belonging to Augmented and Alternative Communication. It supports motivation for growth by promoting intentional behaviour and participation. The theoretical framework explores referral theories that clarify a child’s different developmental stages. The practical model also presents a dynamic evaluation and integrated intervention that consists in four successive phases (sensory, exploratory/request, representative and declarative). The article includes a clinical case study that allows for some feedback on the CAA method including signals that can indicate its efficiency in order to improve clinical practice.

Keywords

Augmentative and Alternative Communication, inter-professional integration, knowledge development, intentional behavior, pediatric rehabilitation.

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