Il TNPEE

© 2020 Erickson

Vol. 2, n. 1, maggio 2020

(pp. 1-2)

I bambini: le vittime nascoste della pandemia che stiamo attraversando

Patrizia Faustini

Patrizia Faustini è una giornalista professionista, con 30 anni di esperienza internazionale nel campo dell’infanzia e dei diritti umani. Scrive e cura i contenuti del sito web del centro di ricerca UNICEF dove lavora. Ha curato la pubblicazione di due rapporti sull’impatto dei cambiamenti climatici sui bambini e sulle potenzialità dell’innovazione tecnologica per l’infanzia. È laureata in filosofia e ha frequentato corsi di specializzazione in diritti umani e dell’infanzia in Italia e all’estero. Ha accettato l’incarico di direttrice responsabile a titolo personale. Le opinioni espresse su questa rivista sono sue proprie e non rappresentano quelle dell’UNICEF.

La pandemia dalla quale stiamo faticosamente cercando di uscire ha molti aspetti ancora sconosciuti, ma dai dati finora disponibili e dall’evidenza clinica fin qui raggiunta sembra che si possa dire che gli adulti sopra i 65 anni e le persone di tutte le età ma con severe condizioni mediche di partenza siano più a rischio di ammalarsi gravemente di COVID-19. Per ragioni non ancora del tutto comprensibili sembra invece che i bambini in buona salute non vengano attaccati dal virus.

Questo stato di cose potrebbe indurci a credere che le conseguenze dirette dell’emergenza sanitaria sui bambini siano poche o nessuna. In realtà i bambini rischiano di essere le vittime nascoste di questa crisi, proprio perché, non toccati direttamente dal virus, non occupano la scena e tendono a essere in qualche modo dimenticati.

Molte organizzazioni che si occupano di infanzia, tra cui l’UNICEF, stanno infatti richiamando l’attenzione dei governi proprio sugli effetti indiretti della crisi sociale ed economica sui bambini e sulle sue conseguenze di lungo termine. La crisi economica e sociale che seguirà la crisi sanitaria colpirà innanzitutto le famiglie già più povere e vulnerabili; la chiusura delle scuole amplierà le disuguaglianze proprio riguardo ai bambini più fragili e si tradurrà in un ritardo nell’apprendimento che avrà conseguenze nell’età adulta.

Questo significa che i costi della pandemia non saranno distribuiti in modo uguale fra i bambini, ma ce ne saranno alcuni che pagheranno un prezzo più alto, soprattutto quelli più poveri e vulnerabili. Molto dipenderà dalle risposte che i governi riusciranno a mettere in campo nei confronti dell’epidemia e dalle politiche e i programmi che gli Stati saranno in grado di attuare per sostenere i bisogni dei bambini.

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha pubblicato un documento nel quale richiama i governi di tutto il mondo a mettere in atto una serie di misure che possano mitigare gli effetti della pandemia sui bambini. Tra queste egli indica la continuità dei servizi ai minori che garantisca pari accesso per tutti; la messa in atto di misure di protezione per i più vulnerabili; e infine il supporto pratico ai genitori e tutori in genere.

A Bergamo un gruppo di neuropsichiatri infantili, che si è trovato in prima linea nel fronteggiare la crisi dovuta al COVID-19, ha provato a dare una risposta proponendo un modello ecologico per promuovere e supportare fattori di protezione nei confronti dell’infanzia, basato su tre componenti principali: la famiglia, la comunità e la scuola.

L’assunto su cui si fonda questa proposta è che gli adulti siano in questo momento il canale principale per raggiungere i bambini, non solo quelli già inseriti in un percorso terapeutico, ma anche quelli che non lo sono e che, in questa emergenza, potrebbero manifestare segnali di disagio e dunque necessitare un sostegno.

Gli adulti sono chiamati in questo momento a confrontarsi con problemi sia emotivi sia sociali ed economici, e ad assumersi molte di più delle loro normali responsabilità. Inoltre, in molti casi i bisogni emotivi dei più piccoli possono essere ignorati e venire sopraffatti dalla drammaticità della situazione che li circonda. I bambini possono non porre domande o non esprimere le loro angosce per non sovraccaricare gli adulti già molto preoccupati. In un contesto di crisi come quello di Bergamo, dicono i neuropsichiatri, è perciò fondamentale che l’intervento non si concentri soltanto sui bambini, ma anche sugli adulti che se ne prendono cura; che capisca la sofferenza delle famiglie che devono talvolta convivere con bambini con patologie gravi, attraverso la creazione di reti di sostegno tra le famiglie, le istituzioni locali, gli assistenti sociali e gli operatori delle professioni sanitarie impegnati nei percorsi di cura e ri-abilitazione.

A questo riguardo, il terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva il cui intervento, ispirato al modello Bio-Psico-Sociale della salute, ha per obiettivo non solo il bambino, ma il suo intero ambiente di vita e sistema di relazioni al fine di renderlo ecologicamente sostenibile per lo sviluppo dei processi adattivi, può inserirsi perfettamente in questa proposta

Inoltre, il team di Bergamo ha pensato alla preparazione di una «Carta della famiglia», in collaborazione con le istituzioni locali e le associazioni, per individuare e identificare famiglie e genitori fragili e aiutarli con suggerimenti concreti su come sostenere i propri figli, mantenere le routine e organizzare insieme momenti di leggerezza. Con questo intervento i genitori e i tutori in genere potrebbero acquisire le capacità necessarie per riconoscere i segnali di sofferenza nei bambini che richiederebbero un supporto di tipo terapeutico e comunicarli.

Lo stesso sostegno deve essere fornito anche agli insegnanti, in quanto alla riapertura delle scuole essi dovranno mettere in campo competenze e tecniche per elaborare il trauma emotivo e sociale vissuto dai bambini durante la quarantena.

Per molti bambini, specialmente per i più vulnerabili e fragili, le scuole rappresentano uno spazio continuativo per il supporto sociale ed emotivo. Pianificare un momento condiviso comune all’inizio del prossimo anno scolastico può offrire l’opportunità di parlare di ciò che è accaduto e di ascoltare empaticamente le storie di tutti.

È difficile e prematuro al momento capire la reale portata sui bambini della crisi in cui ci troviamo. Quello che è certo, tuttavia, è che non si tratta di qualcosa di passeggero. Il tipo di emergenza sanitaria e le dinamiche sociali innescate dalla pandemia richiedono una risposta multi-disciplinare e su livelli diversi, prolungata nel tempo e abbastanza flessibile da poter fronteggiare le troppe cose che ancora non sappiamo di questa pandemia e che scopriremo strada facendo.

Indietro