Il TNPEE

© 2021 Erickson

Vol. 3, n. 2, novembre 2021

(pp. 68-77)

Corpo e movimento nella formazione universitaria del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva

Luca Tagliabue

TNPEE, UONPIA di Monza, Direttore Didattico del Corso di laurea in Terapia della Neuro e Psicomotricità dell’età evolutiva dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca

Giulia Purpura

TNPEE, PhD, Ricercatore MED/48 presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca

Sommario

Il corpo e il movimento sono al centro dell’attività scientifico-professionale del TNPEE, proprio per i ruoli chiave che questi assumono durante l’intervento neuro e psicomotorio. Infatti, attraverso il movimento, nei primi anni di vita il bambino esplora e impara a conoscere prima il proprio corpo e successivamente l’ambiente che lo circonda, e ad agire con il corpo su di esso. Per questo motivo, oltre alle conoscenze neuroscientifiche e relative alle patologie dell’età evolutiva, il Core Curriculum formativo del TNPEE dovrebbe integrare un percorso di formazione corporea, volto a una graduale acquisizione di competenze comunicative, verbali e non verbali, e di una maggiore consapevolezza delle proprie percezioni interiori e della propria corporeità, per potersi mettere in gioco in maniera appropriata nella relazione con il piccolo paziente. Nel presente articolo gli autori cercano di riportare l’esperienza maturata con gli studenti del Corso di Laurea Triennale dell’Università di Milano-Bicocca.

Parole chiave

Corpo, Movimento, Formazione corporea, Terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, Formazione personale.

Introduzione

La figura del terapista ha subito negli ultimi quarant’anni innumerevoli cambiamenti che hanno portato a un inquadramento scientifico-professionale specifico e altamente specializzato, di cui la conquista fondamentale è stata sicuramente l’istituzione dei percorsi di laurea triennale (DM 509/1999 e Legge 10-8-2000 n. 251) e di laurea magistrale in base alla classe di appartenenza (DM del 2-4-2001 e DM del 22-10-2004 n. 270), all’interno delle facoltà o dei dipartimenti universitari di Medicina e Chirurgia.

Seppure sia ancora lunga la strada da fare per assicurare realmente su tutto il territorio nazionale l’effettiva autonomia culturale e professionale dei terapisti, le più alte competenze che questi attualmente possiedono hanno dato un importante contributo nell’estensione e nell’approfondimento delle possibili applicazioni della riabilitazione all’interno del panorama della ricerca scientifica, focalizzando l’attenzione sull’importanza che questa può avere da un punto di vista socio-economico per i vari Paesi. Per il raggiungimento di tali competenze, anche la formazione accademica dei terapisti negli anni è quindi profondamente cambiata, privilegiando un approccio più vicino al metodo scientifico e alla Medicina Basata sulle Evidenze, all’interno del quale la scienza della riabilitazione svolge un suo ruolo e ha una sua precisa identità.

Nel caso della formazione specifica del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (TNPEE), tale evoluzione in molti casi ha, però, privato i corsi di studio (e quindi gli studenti) di percorsi dedicati alla formazione personale al corpo e al movimento in termini psicoaffettivi ed espressivi. Infatti, più che in altre professioni sanitarie della riabilitazione, soprattutto per la tipologia di pazienti e di problematiche trattate, il TNPEE si trova a operare in un setting terapeutico in cui lo spazio della comunicazione è basato principalmente su un linguaggio non verbale a mediazione corporea, orientato all’ascolto attivo.

Data la complessità della disciplina all’interno della quale il TNPEE svolge il suo operato, ogni studente dovrebbe quindi essere formato, durante il percorso universitario, non solo alla conoscenza delle principali patologie di interesse neuropsichiatrico e delle più efficaci e aggiornate metodologie di intervento, ma anche a riconoscere sul piano emozionale e sensoriale i linguaggi non verbali che sono i canali più diretti nell’interazione con il bambino: lo sguardo, la mimica, la postura, il gesto, il tono, la voce. Tutto questo è necessario per capire l’espressività del bambino e aiutarlo, sentirlo, comunicare con lui e dare un senso al suo agire, ma anche per dare al terapista gli strumenti necessari a comprendere maggiormente le potenzialità e i limiti del proprio operato. L’acquisizione di una maggiore consapevolezza di sé e della propria corporeità, per potersi mettere in gioco nella relazione, dovrebbe essere sempre presente all’interno degli obiettivi formativi del Corso di Laurea, per mettere il futuro TNPEE in condizione di far bene e con sicurezza ciò che sa, di sapersi esprimere attraverso tutti i linguaggi, verbale e non verbali, per potere facilitare il bambino nel processo evolutivo durante il percorso riabilitativo (Broggi, 2008).

L’importanza del corpo e del movimento nell’intervento neuro e psicomotorio

Il ruolo del corpo nell’intervento neuropsicomotorio è evidenziato anche nel profilo professionale che indica il TNPEE come il professionista che «utilizza la dinamica corporea come integrazione delle funzioni mentali e delle relazioni interpersonali» (DM n. 56/97).

L’educazione attraverso il movimento, pertanto, in condizioni di sviluppo sia tipico sia atipico, non può essere ridotta a un insieme di esercizi fisici o di attività di moto standardizzate e tecnicistiche che valorizzano solo risultati ed effetti di tipo esclusivamente fisico-motorio ma deve, al contrario, essere rivolta a un’attenta valutazione degli effetti sulla globalità della persona.

In ambito terapeutico, il movimento funge da mediatore nel dialogo tra il corpo del terapista e il corpo del paziente e in questo dialogo il corpo del terapista è messo in gioco non solo nelle sue componenti motorie e percettive, ma anche in quelle espressive non verbali che trasmettono messaggi emotivi e affettivi della massima importanza nella comunicazione con il bambino con disabilità. È un corpo che mette in gioco la globalità della persona e la rende presente con la propria unicità nell’incontro con l’altro. In questo senso il terapista non ha un corpo, ma è un corpo che si esprime e che comunica e, nella stanza di terapia, interagisce con un altro corpo che è presente, anch’esso, con tutti i propri limiti e potenzialità.

Inoltre, funzione fondamentale del movimento è permettere un’interazione attiva ed efficiente con l’ambiente; attraverso il movimento, difatti, ci spostiamo nel mondo e, soprattutto nei primi anni di vita, questo rappresenta l’unica modalità attraverso cui il bambino esplora e impara a conoscere prima il proprio corpo e successivamente l’ambiente che lo circonda (Camaioni e Di Blasio, 2002). Von Hofsten (2009) suggerisce come i movimenti degli organismi biologici siano organizzati, fin dalle prime fasi della vita, come azioni, cioè sono definiti da obiettivi e guidati da possibili informazioni provenienti dall’ambiente, e come la percezione sia necessaria sia per pianificare le azioni sia per guidarle verso l’obiettivo finale.

Già alla nascita, il nostro cervello è predisposto a riconoscere il movimento umano, integrando informazioni motorie e sensoriali di vario genere (visive, cinestesiche, propriocettive ecc.) e a rilevare gli stimoli sociali sulla base delle loro proprietà come la presenza di un moto semirigido chiamato biological motion, che può essere distinto da un movimento casuale non «vitale» (Simion, Di Giorgio, Leo e Bardi, 2011). Tale predisposizione ci permette progressivamente di interpretare e dare un significato sociale al movimento, immettendoci nella relazione con l’altro, e permettendoci di distinguere le emozioni dell’altro attraverso le modalità di utilizzo del corpo nella relazione.

Per questi motivi, nei primi anni di vita lo sviluppo delle funzioni percettivo-motorie e lo sviluppo delle funzioni mentali sono estremamente compenetrati, si influenzano reciprocamente ed evolvono in stretta interdipendenza, mantenendo anche in epoche successive connessioni e legami profondi.

In questo senso, il corpo va quindi interpretato come corpo che «interagisce» con il mondo e che «parla» attraverso un linguaggio non verbale (sguardo, postura, gesto, espressioni), e che «segnala» all’esterno conflitti e frustrazioni (per esempio attraverso il pianto e il tono muscolare).

Tali assunti permettono di inquadrare il ruolo chiave del corpo e del movimento all’interno dell’intervento neuro e psicomotorio per il bambino con disabilità, non solo in quanto questo è spesso l’unico mezzo attraverso cui il bambino può comunicare le proprie emozioni e i propri vissuti, ma anche perché un utilizzo consapevole del proprio corpo e del proprio movimento da parte del terapista può consentire un flusso di informazioni più fluido tra i due attori del trattamento, permettendo a entrambi di rilevare più facilmente i vari segnali comunicativi dell’altro e di parlare lo stesso linguaggio.

Il ruolo della formazione corporea nel corso di laurea in TNPEE: l’esperienza del cdl dell’Università di Milano-Bicocca

La formazione corporea del Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva dovrebbe essere uno dei percorsi indispensabili per affrontare una professione che si fonda sul dialogo continuo tra terapista e paziente: un dialogo che permette di modulare costantemente la metodologia di intervento, adattandola ai bisogni del bambino con disabilità dello sviluppo. In quest’ambito, allo studente non si richiede solo di riconoscere e sperimentare le proprie capacità motorie e percettive, ma soprattutto di essere consapevole del proprio potenziale espressivo, comunicativo e della propria esperienza emotiva nell’incontro con gli altri. Per questo motivo, è indispensabile favorire un percorso esperienziale che permetta allo studente di vivere e sperimentare il proprio corpo, imparando a riconoscere i propri limiti e le proprie potenzialità, scoprendo e accettando aspetti di sé non sempre riconosciuti, al fine di mettere il proprio corpo e il proprio movimento al servizio dell’intervento professionale e quindi del piccolo paziente. Il processo di acquisizione della consapevolezza del proprio corpo e del proprio movimento avviene, pertanto, molto lentamente e richiede delle esperienze formative adeguate che andrebbero proposte in maniera graduale durante i tre anni di corso (Broggi et al., 2019).

Lo scopo finale dei laboratori esperienziali di formazione corporea effettuati all’interno del CdL in TNPEE presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca è, quindi, quello di orientare gli studenti soprattutto all’utilizzo dei canali comunicativi non verbali, mirati alla relazione con il bambino, ma anche alla riflessione rispetto all’uso della comunicazione verbale, in quanto essa, per essere utilizzata in maniera efficace, ha bisogno di una maggiore capacità di rappresentazione mentale dell’esperienza vissuta e, dunque, di un maggior grado di autoconsapevolezza.

Metodologia e ruolo del tutor

L’impianto metodologico delle attività formative corporee è strutturato in modo da permettere allo studente di sperimentare, riconoscere e quindi prendere coscienza della propria modalità di essere presente nel mondo, integrando gli aspetti motori, cognitivi e affettivo-relazionali.

I percorsi formativi esperienziali sono, quindi, strutturati in laboratori in cui si alternano momenti di vissuto corporeo (esperienza pratica) e momenti di verbalizzazione (riflessioni in gruppo a partire dalla propria esperienza).

È importante evidenziare come queste sessioni pratiche e i relativi vissuti siano diversi per ogni individuo, poiché si fondano sulle esperienze di sé e del mondo che ognuno ha costruito nel proprio percorso di vita. Sono laboratori esperienziali che consentono di evolversi in modi e tempi differenti per ciascuno; i contenuti che emergono, la capacità di mettersi in gioco, le considerazioni personali e le criticità faranno parte della storia individuale di questa formazione.

Le esperienze pratiche previste sono molto diversificate e si articolano in attività individuali, di coppia, in piccolo gruppo o in maniera collettiva integrando l’intero gruppo-classe, con o senza oggetti, in cui il vissuto corporeo è sollecitato da specifiche consegne verbali del tutor, finalizzate a stimolare l’attivazione di tutti gli studenti. La formulazione delle consegne da parte del tutor viene particolarmente curata per fornire una traccia di lavoro ma, nello stesso tempo, per permettere a ognuno di sperimentarsi ed esprimersi attraverso la propria individualità.

Infatti, tale situazione formativa deve consentire a ogni studente di agire liberamente; è importante, per questo, che il tutor sottolinei agli studenti che non esiste un modo giusto per rispondere a una consegna, ma esiste un proprio modo, unico e personale, che deve riflettere le proprie sensazioni legate al corpo.

Proprio per questi motivi, nell’esperienza corporea, lo studente è sollecitato a essere costantemente disponibile, senza porsi come osservatore esterno o distaccato, ma piuttosto a mantenere una presenza attiva e un’effettiva messa in gioco nell’interazione con l’ambiente e gli altri; ciò non prevede necessariamente un continuo agire, ma implica la necessità che questa presenza sia interattiva in relazione al contesto, in cui bisogna alternare momenti di ascolto attivo del proprio corpo e del proprio movimento, a momenti in cui è necessario ascoltare attivamente il corpo e il movimento del compagno.

Il tutor deve sollecitare lo studente ad agire con spontaneità e, di conseguenza, a rispondere in modo personale alle proposte esterne tenendo conto delle proprie reazioni interne.

Un elemento fondamentale che rende possibile l’esperienza del vissuto corporeo è l’eliminazione del linguaggio; durante le sedute pratiche, infatti, in molte occasioni non viene utilizzato il canale verbale. In questo modo si favoriscono l’attivazione dei canali comunicativi non verbali e lo spostamento dell’attenzione su di sé e sull’altro, approfondendo la concentrazione sul «qui e ora» e aumentando la genuinità del gesto e del movimento. Il significato di questo setting è quello di lasciare la parola al corpo, permettendo una ricerca su registri espressivi e comunicativi spesso poco considerati.

Le fasi di attività pratica esperienziale sono seguite da momenti di verbalizzazione, che consistono in una riflessione comune sulle esperienze vissute. In questi momenti ognuno esprime le proprie considerazioni a partire dal dato reale e concreto e dalla descrizione di ciò che ha sperimentato. L’esperienza di verbalizzazione in gruppo rappresenta un momento indispensabile, in quanto esporre il proprio vissuto agli altri presuppone e sviluppa una consapevolezza più chiara di ciò che si è provato personalmente. Inoltre, l’intervento di ognuno suscita negli altri riflessioni e pensieri rispetto ai propri vissuti, che possono aiutare chi ascolta a cogliere anche sfumature della propria esperienza più difficili da rilevare.

Parlare di sé di fronte al gruppo però risulta spesso molto difficile, in particolare nel primo anno di formazione. Per questo, il ruolo chiave del tutor è quello di fungere da mediatore, incoraggiando e facilitando lo studente a verbalizzare il proprio vissuto corporeo-emozionale, partendo innanzitutto dalla creazione di un clima accogliente, non giudicante e favorevole alla condivisione. Oltre a questo livello verbale di elaborazione, il tutor incoraggia ogni studente a lasciare traccia scritta delle proprie esperienze e riflessioni, in modo da non dimenticare e poter verificare in seguito l’evoluzione personale e il livello di crescita raggiunto.

Al fine di permettere una maggiore generalizzazione dell’esperienza di formazione corporea e una migliore integrazione tra le competenze tecnico-scientifiche e quelle di formazione personale, nel secondo anno vengono aggiunti, all’interno di questo percorso, anche laboratori di «role play prescrittivi» (facilitatori dell’apprendimento di competenze relazionali con l’obiettivo di insegnare comportamenti circoscritti e predefiniti) e nel terzo anno laboratori di «role play (semi)strutturati» (per la formazione di abilità di comunicazione attraverso il gioco dei ruoli, per apprendere come rapportarsi con pazienti, genitori e colleghi in un ambiente protetto, diventando progressivamente più consapevoli del proprio stile di comunicazione).

I role play prescrittivi prevedono un copione o canovaccio da seguire con l’obiettivo di insegnare comportamenti, ricreando «situazioni tipo» nell’ambito dell’assistenza sanitaria. Si utilizzano simulazioni (meccanismo del modeling, imitazione) e successivamente vengono discusse con gli allievi le dinamiche interpersonali emerse e vengono suggerite indicazioni rispetto ai comportamenti corretti.

Successivamente, all’interno della formazione del terzo anno, vengono proposti anche role play semistrutturati, che prevedono un copione circa le dinamiche terapista-paziente, in cui vengono fornite indicazioni di massima riguardanti l’interlocutore (il paziente), mentre chi gioca il ruolo del terapista ha un copione cui ispirarsi, ma con la possibilità di esprimere in libertà il suo personaggio. Nel role play strutturato occorre specificare anche il luogo in cui si giocherà la scena, indicare il motivo dell’incontro, fornire informazioni all’attore riguardo ai contenuti da portare durante il colloquio, lo stato d’animo e lo stile da adottare.

Prima e dopo i laboratori di role play vengono tenuti dei momenti di briefing supervisionati dal Coordinatore del Corso di Laurea e dal tutor, per ricevere informazioni e riflettere anticipatamente sull’esperienza che l’allievo sta per compiere o per analizzare i vissuti dopo che l’esperienza è stata svolta.

Obiettivi del percorso di formazione corporea

È importante che il tutor esponga agli studenti il significato e lo scopo della formazione corporea nel Corso di Laurea e che condivida con il gruppo gli obiettivi del percorso. Tale aspetto sarà importante anche per facilitare lo studente a trovare legami e connessioni tra i laboratori esperienziali di formazione corporea e lo studio scientifico del neurosviluppo e delle sue atipicità.

Questi obiettivi, quindi, vengono modulati a seconda dell’anno di corso frequentato dagli studenti.

Per il primo anno, si prendono in considerazione i seguenti obiettivi:

  • migliorare la conoscenza del proprio corpo, del suo potenziale dinamico, energetico, espressivo ed emozionale;
  • sviluppare la capacità di mettersi in gioco nel contesto formativo;
  • sperimentare i vari registri comunicativi con l’altro e nel gruppo, in particolare la comunicazione non verbale;
  • attivare la capacità di ascolto dello stile espressivo personale e dell’altro;
  • favorire l’espressività personale, il movimento e l’arricchimento del proprio bagaglio di mezzi e strumenti;
  • imparare a fidarsi di se stessi, degli altri e a prendersi carico del corpo dell’altro.

Per favorire il raggiungimento di questi obiettivi, il tutor propone attività pratiche centrate sul corpo in movimento, con particolare attenzione alle funzioni di controllo motorio, aggiustamento posturale, percezione e alla dimensione del gioco, che risulta essere fondamentale nella pratica neuropsicomotoria. Le attività con gli oggetti vengono proposte per favorirne l’uso funzionale e simbolico e per sperimentarne la funzione di mediatori della relazione. Durante l’esperienza pratica gli studenti vengono stimolati a sperimentare l’uso differenziato dei canali della comunicazione, in particolare quella non verbale, attraverso l’investimento della gestualità, della mimica, dello sguardo e del dialogo tonico-posturale.

In alcune occasioni le esperienze corporee (sia statiche sia in movimento) vengono proposte dal tutor attraverso la sperimentazione a occhi chiusi: questo per facilitare l’ascolto delle sensazioni relative al proprio corpo, al movimento e alla relazione con se stessi e con il gruppo.

Come metodologia di lavoro il tutor, in particolar modo al primo anno di corso, si pone come facilitatore, atto a guidare l’esperienza attraverso la presentazione delle attività, inserendo gradualmente le consegne in modo da permettere al singolo e al gruppo di mettere in gioco la propria creatività ed espressività.

Per quanto riguarda il secondo anno vengono proposte maggiormente attività di respirazione e rilassamento per favorire la percezione del corpo e i vissuti di ruolo attivo e passivo nella comunicazione non verbale. Gli obiettivi che vengono prefissati sono:

  • favorire esperienze di rilassamento corporeo e concentrazione;
  • approfondire le competenze nell’uso della comunicazione non verbale (controllo del gesto, della postura, della voce, ecc.);
  • affinare la capacità di ascolto verso l’interno (di sé) e verso l’esterno;
  • coordinare l’utilizzo della voce e del proprio movimento durante la relazione con l’altro;
  • sincronizzare il proprio movimento al movimento dell’altro.

Le proposte effettuate cercano di favorire l’espressività nella relazione approfondendo la conoscenza del proprio corpo, del gesto, della postura e della voce in relazione a se stessi e al gruppo.

Infine, al terzo anno, quello che viene richiesto agli studenti è di potere utilizzare la formazione corporea e l’esperienza pratica come strumenti privilegiati nell’intervento della terapia neuro e psicomotoria.

Le competenze terapeutiche sulle quali si porta lo studente a lavorare e riflettere sono:

  • il dialogo tonico e posturale, la sintonia, la sincronizzazione, il distanziamento, l’attesa, i contrasti e le modulazioni nell’interazione;
  • il perfezionamento dell’utilizzo del corpo come mezzo di comunicazione con l’altro e la maggiore consapevolezza delle potenzialità dei propri canali percettivi;
  • l’intersoggettività e l’affinamento di competenze non verbali, verbali, di rispecchiamento, amplificazione e/o contenimento dell’agito;
  • il rilassamento e la concentrazione come mezzo riabilitativo;
  • la percezione dello spazio interno e dello spazio esterno come luogo di interazione ed espressione.

Le attività sperimentate con gli allievi del terzo anno favoriscono la possibilità di utilizzare la creatività e la potenzialità espressiva del singolo all’interno del gruppo in una relazione di aiuto e di cura, e quindi di traslare l’esperienza corporea vissuta con i pari nella potenziale esperienza da vivere in terapia con il paziente.

In sostanza, la formazione personale a mediazione corporea è intesa quindi come la possibilità di dare spazio e tempo al proprio corpo, di trovare un luogo di ascolto e di ricerca di senso del proprio sentire. Sperimentare il corpo in relazione, all’interno di un setting strutturato e finalizzato agli obiettivi già descritti, può permettere agli adulti che si affacciano a lavorare come professionisti nell’ambito della relazione d’aiuto di sviluppare e ampliare la consapevolezza di sé, di riconoscere le risorse e i limiti personali e di stimolare la propria creatività in un processo che produce cambiamento.

Conclusioni

L’intervento neuro e psicomotorio richiede conoscenze e competenze tecniche specifiche per tutte le aree neuromotorie e psicobiologiche, neurosensoriali, fisiopatologiche e dell’assistenza/cura in età evolutiva, nonché la conoscenza teorica e pratica specifica dello sviluppo fisiologico del bambino e del ruolo che gioca la motricità in tale sviluppo.

Il TNPEE deve pertanto possedere conoscenze metodologiche specifiche per la valutazione dell’interrelazione tra funzioni affettive, cognitive, sensoriali e motorie per ogni singolo disturbo neurologico, neuropsicologico, neurosensoriale e psicopatologico dell’età evolutiva e per il loro recupero funzionale; deve inoltre possedere le conoscenze delle caratteristiche proprie delle patologie, che si modificano in rapporto allo sviluppo, nonché il possibile intreccio tra le diverse funzioni cognitive, tipiche o alterate, nel corso dello sviluppo stesso e le modificazioni dei quadri clinici e delle necessità di intervento nelle diverse fasce d’età.

Tali conoscenze tecniche devono però integrarsi con l’attitudine a utilizzare il corpo e il movimento in maniera consapevole, in quanto la relazione terapeutico-riabilitativa con un paziente in età evolutiva e con la sua famiglia necessita anche di un approccio empatico e ben modulato, che richiede una formazione personale e competenze di tipo trasversale e sistemico che vadano oltre il conoscere e padroneggiare le tecniche riabilitative specifiche per i vari disordini. Inoltre, sia la comunicazione verbale sia quella non verbale devono essere intese, in quest’ambito, come modalità di espressione, di uno stile e di una capacità più ampia di relazionarsi all’ambiente, che il percorso formativo può guidare per favorire un processo armonico di crescita tra esse.

Strumenti formativi, come i laboratori esperienziali di formazione corporea, risultano fondamentali al fine di migliorare le competenze comunicative degli studenti, necessarie alla pratica terapeutico-riabilitativa e al fine di favorire l’acquisizione di una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie esperienze, le quali comprendono sensazioni, percezioni, impulsi, emozioni, pensieri, azioni e relazioni.

In conclusione, il percorso di formazione corporea del TNPEE non è semplicemente da considerarsi come parte integrante del Core Curriculum formativo, ma diviene così una vera e propria esperienza di crescita che lo studente può vivere con il proprio corpo e che entra a far parte del suo bagaglio professionale e personale, per affrontare in maniera più serena e consapevole la propria esperienza con la disabilità.

Abstract

Body and movement are the heart of the scientific-professional activity of the TNPEE, because of the key roles they assume during the neuro and psychomotor intervention. During the first years of life the child explores and learns to know his own body through movement, then the environment that surrounds it, and how to act with the body on it. For this reason, in addition to the neuroscientific knowledge and related to the pathologies of the developmental age, the Core Curriculum formative of the TNPEE should integrate a body training course, aimed at a gradual acquisition of communication skills, verbal and non-verbal, and a greater awareness of his own inner perceptions and of his own corporeality, in order to be able to put himself into play in an appropriate way in the relationship with the little patient. In this article, the authors try to report the experience gained with the students of the University of Milan-Bicocca.

Keywords

Body, Movement, Body training, Developmental neuro and psychomotor therapist, Personal training.

Bibliografia

Binetti P. e Valente D. (1993), Tradizione e innovazione nella formazione Universitaria delle Professioni Sanitarie: Il Core Curriculum, dal core contents al core competence, Roma, Società Editrice Universo.

Broggi F. (2008), Il setting pedagogico: la costruzione del progetto formativo nel Corso di Laurea della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva, «Psicomotricità», anno XII, n. 33, Trento, Erickson.

Broggi F., Tagliabue L., Ricci C., Nacinovich R. e Monaco E. (2019), La formazione personale del terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva nel corso di laurea dell’università di Milano-Bicocca: strumento di osservazione e valutazione, «Il Tnpee», vol. 1, n. 1, Trento, Erickson,

Camaioni L. e Di Blasio P. (2002), Psicologia dello sviluppo, Bologna, il Mulino.

Simion F., Di Giorgio E., Leo I. e Bardi L. (2011), The processing of social stimuli in early infancy: from faces to biological motion perception, Prog Brain Res.189:173-93, doi: 10.1016/B978-0-444-53884-0.00024-5, PMID: 21489389.

Von Hofsten C. (2009), Action, the foundation for cognitive development, Scand J Psychol. Dec; 50(6):617-23, doi: 10.1111/j.1467-9450.2009.00780.x, PMID: 19930261.

Indietro