La trasformazione in senso multiculturale delle società attuali è ormai un dato di fatto che negli ultimi decenni ha imposto di ripensare la «contemporaneità» come luogo dell’alterità e dell’incontro tra diversità. Di qui il bisogno di comprendere la complessità e le prospettive delle famiglie dell’immigrazione e delle «seconde generazioni». L’attenzione verso i nuclei familiari di origine immigrata e i loro membri si configura oggi come una dimensione importante e urgente per la ricerca pedagogica. Il volume curato da Simonetta Ulivieri si inserisce a pieno titolo nel filone di studi sulle seconde generazioni dell’immigrazione. Il lavoro è frutto di un Progetto Strategico di Ateneo 2014/2017 vinto a Firenze dal gruppo di ricerca su «Intercultura e ruolo delle istituzioni educative per la crescita umana. Dal modello compensativo alla scuola inclusiva». Il libro nasce da un continuo interesse che la curatrice da anni rivolge alle tematiche della costruzione identitaria intesa come «riconoscimento dell’altro, per quanto diverso da sé» (Ulivieri S., 2017, Dalla differenza come valore e diritto, alla relazione di «cura» e accoglienza dell’altro da sé. In I. Loiodice e S. Ulivieri, Per un nuovo patto di solidarietà. Il ruolo della pedagogia nella costruzione di percorsi identitari, spazi di cittadinanza e dialoghi interculturali, Bari, Progredit, p. 9). Simonetta Ulivieri, da sempre attenta alle dimensioni di genere e alla ricerca storico-educativa, in questo volume si sofferma a riflettere sui giovani dell’immigrazione e sul ruolo delle istituzioni educative, passando dal generale al particolare, dalla dimensione internazionale a quella locale. E lo fa partendo dai banchi di scuola, luogo privilegiato in cui sperimentare l’intercultura e in cui confrontarsi con i processi di inclusione attuati con le nuove generazioni di migranti. Il volume qui presentato si suddivide in tre parti arricchite da un’appendice finale (in CD-ROM) in cui sono riportate le trascrizioni di 120 interviste realizzate con i ragazzi dell’immigrazione residenti a Firenze, Prato, Livorno e Lucca.
La prima parte, suddivisa in tre saggi, si apre con un’incisiva analisi storico-sociale da parte della curatrice sull’infanzia migrante. Qui, ben si descrive come tale fenomeno avesse già le sue radici ottocentesche manifestatesi anche nel terribile capitolo della «tratta dei fanciulli», spiegando le dinamiche che portarono in Italia alle discussioni parlamentari e, all’inizio del Novecento, alla diffusione di «una saggistica che denuncia abusi e maltrattamenti dell’infanzia indagando le cause di tale sfruttamento, ma anche le modalità brutali» (p. 26). Eppure, se almeno fino agli anni Settanta l’Italia era un Paese d’«emigrazione infantile», al contrario, con l’ultimo quarto del XX secolo la Penisola diviene un Paese ad alta ricettività di minori migranti. Ulivieri ne mette ben in luce i casi (da i bambini arrivati assieme ai familiari, ai minori ricongiunti con i genitori, fino ai profughi di guerra o ai figli di coppie miste), spiegandone gli interventi a favore di questa «infanzia mobile», chiarendo il significato di «minore straniero non accompagnato» e illustrando le diverse fasi dei percorsi dei minori stranieri in Europa.
José González Monteagudo (Università di Siviglia) ed Emiliano Macinai (Università di Firenze) riprendono tali suggestioni storico-pedagogiche nei loro saggi. Il primo sottolinea la necessità di comprendere i cambiamenti determinati dalla migrazione, di per sé formativi dell’identità. Lo studioso spagnolo individua nel paradigma biografico-narrativo (legato a doppio filo al concetto di identità narrativa) la metodologia più adeguata per questo tipo di indagini e nell’intervista biografica il suo strumento costitutivo. Infatti, «l’intervista biografica è un incontro interpersonale e coinvolge la complessità insita nella comunicazione umana» (p. 43). Parallelamente, il secondo sottolinea come il fenomeno dei minori con background migrante imponga un ripensamento dei concetti di «appartenenza» e «cittadinanza». Oggi è necessario separare i due concetti da quello di nazione etnicamente intesa e da quello di territorialità legata al «sangue» (ius sanguinis). Infatti il rischio è quello di trasformare questi ragazzi in individui «stranieri in patria». In tale prospettiva, i metodi biografico-narrativi divengono un filo conduttore secondo cui «l’oralità diventa canale di trasmissione culturale […] E in questa circolarità ha luogo la formazione di culture più ampie, condivise, intersoggettive» (p. 58). Nella seconda parte sono illustrati i modelli e i sistemi scolastici di Inghilterra, Portogallo, Svezia, Canada e Spagna, a ciascuno dei quali è dedicato un saggio relativo al rapporto tra intercultura e ruolo delle istituzioni educative.
Davide Capperucci (Università di Firenze) ci informa delle dinamiche del Race Relations Act e dell’importanza del concetto di «etnicità», inteso come fattore aggregante. In Inghilterra, la scuola è da tempo considerata come luogo multietnico e canale privilegiato di dialogo e di formazione, pur permanendo anche in essa, criticità che la stessa Brexit ha amplificato. Clara Silva (Università di Firenze) invece mette in evidenza una situazione assai diversa presente in Portogallo dove la prima vera ondata migratoria si verificò alla fine degli anni Settanta dopo la caduta della dittatura salazarista. Da allora sono state approntate misure verso i migranti che hanno teso alla loro inclusione e che sono coronate nell’istituzione dell’Alto Commissariado para Imigraçao e Minorias Étnicas (2002). Le misure si sono particolarmente concentrate sull’apprendimento del portoghese come veicolo di scambio e dialogo.
Alessandro Vaccarelli (Università dell’Aquila) illustra il caso particolarmente felice della Svezia, laddove la promozione del bilinguismo in ambito scolastico si è sovrapposta a una complessiva impostazione multi e interculturale. Eppure, anche in questo caso, stanno affiorando alcune criticità dovute essenzialmente al recente decentramento del sistema d’istruzione. Bilinguismo e multiculturalismo caratterizzano anche il sistema d’istruzione canadese, descritto da Maria Grasso, con particolare riferimento alla provincia francofona del Québec. Qui, infatti, vige una concezione di convergenza culturale (1978) e un sistema etnoculturale composito, aperto al dialogo e al confronto. Infine, Carmen Petruzzi esamina il contesto spagnolo, dove la Ley Orgánica de Educación ha impostato su criteri di equità e qualità il rapporto tra discenti e struttura organizzativa, indipendentemente da religione, lingua e cultura. Una simile impostazione è inoltre avvenuta, rispettando comunque le peculiarità culturali delle diverse regioni spagnole, in un duplice processo di inclusione. La terza parte del volume, composta da sette contributi, si concentra poi sulla ricerca empirica e sui risultati emersi dal lavoro sul campo svolto nelle principali città toscane con le seconde generazioni dell’immigrazione. Raffaella Biagioli (Università di Firenze) riflette sul paradigma identitario dei giovani di origine immigrata. Giovani che si trovano a dover costruire il proprio sé tra più culture, tra le richieste avanzate dal contesto d’arrivo e le aspirazioni dettate dall’ambito familiare. Da ciò si originano «inedite identità culturali, fluide, composite, negoziate quotidianamente, in un incessante bricolage di antico e recente, di tradizionale e moderno, di ascritto e acquisito» (p. 171).
È questo un tema ripreso anche da Alessandro Vaccarelli (Università dell’Aquila), il quale si sofferma sulle strategie adottate dalle ragazze e dai ragazzi di origine immigrata per definire la loro identità in spazi trans-culturali, in perenne bilico tra differenti contesti di riferimento. Strategie che oscillano tra la resilienza, l’analisi, il fronteggiamento e l’ironia e che ben ci fanno comprendere come «spazi e tempi dell’adolescenza, considerati in prospettiva individuale, si incrociano con gli spazi e i tempi che la società (le società), la cultura (le culture) destinano a questa fase della vita e della crescita» (p. 175). Di tale fase, Ivana Bolognesi (Università di Bologna) analizza in maniera molto approfondita uno degli ambiti più importanti: il percorso scolastico. L’autrice legge il rapporto tra mondo dell’istruzione ed esperienza migratoria dal punto di vista dei ragazzi di origine straniera, laddove il successo scolastico diviene fulcro di dialogo ed empatia con il contesto. Infatti, la scuola ha un ruolo importante «non solo per i suoi programmi e scelte didattiche, ma per tutto ciò che attiene il “clima relazionale” della classe tra compagni e tra insegnante e alunni» (p. 194). L’opera prosegue con quattro contributi riservati alle specificità dei vari contesti presi in esame. Partendo dalle parole delle intervistate e degli intervistati, vengono indagati: la realtà multiculturale del Porto Franco e del senso libertario di Livorno (G. Ammannati); la coscienza delle mura lucchesi testimoni una volta dell’emigrazione italiana e adesso tutrici delle migrazioni dall’esterno (F. Dello Preite); la centrale situazione di Firenze (V. Guerrini) e la particolare situazione di Prato, vero multiverso culturale con circa un quinto della popolazione composta da immigrati (L. Miniati e C. Petruzzi). Chiude il volume una bibliografia ragionata (curata da D. Forni), un utile strumento di consultazione per orientarsi nella vasta letteratura presente sul tema delle figlie e dei figli dell’immigrazione. In questo ricchissimo panorama di studio presentato all’interno della pubblicazione, uno degli aspetti più significativi è sicuramente il dialogo costante tra teoria e pratica. Ai saggi curati da autorevoli pedagogisti, sono affiancate le parole e i vissuti dei giovani di origine straniera che oggi vivono gli spazi scolastici delle nostre società, prefigurando un continuo rimando tra dimensione teoretica e dimensione empirica, in grado di cogliere l’eterogeneità e il dinamismo del mondo dei giovani di origine immigrata. Infatti, ogni contributo affronta un tema specifico assumendo uno sguardo particolare, tentando di restituire al lettore la complessità del fenomeno indagato: dal tema dell’infanzia, al tema dell’adolescenza che si intreccia a sua volta con quello della questione identitaria, della costruzione dell’appartenenza, fino ad arrivare alla pratica della narrazione e al tema della resilienza. È questa un’ulteriore, definitiva testimonianza di quanto la vastità del materiale raccolto permetta sicuramente di dare contezza del quadro scientifico di riferimento e di suggerire validi approcci alla questione delle ragazze e dei ragazzi di origine straniera.