Agostino Portera
Manuale di pedagogia interculturale
Roma-Bari, Laterza, 2013
In un momento storico in cui lo straniero diviene anche troppo facilmente il perfetto capro espiatorio di tutti i mali e le insicurezze della nostra società in crisi, trovo quanto mai attuale la riflessione proposta da Portera nel suo Manuale di pedagogia interculturale. Per capire cosa sta succedendo nelle nostre città, nelle nostre classi e nelle nostre famiglie, sempre più multi-culturali ma non ancora inter-culturali, l’autore ci invita ad alzare lo sguardo, ad allargare la visuale al mondo interconnesso dalla globalizzazione. Un mondo in cui tutto (merci, capitali, persone, idee) è in rapido movimento grazie alle possibilità di scambio e di comunicazione permesse dalle nuove tecnologie. Un mondo sempre più ricco, più democratico e più in salute, ma allo stesso tempo segnato da profonde contraddizioni e diseguaglianze: la globalizzazione ha infatti anche un volto scuro, ci ricorda Portera, fatto di precarietà, flessibilità, dominio del mercato, consumismo, competizione esasperata, individualismo, edonismo, relativismo assiologico...
In questa realtà complessa e contraddittoria una parola emerge come leitmotiv, come denominatore comune: crisi. Economia, ambiente, politica, società, cultura, relazioni, perfino l’identità oggi sono in crisi. Ogni giorno possiamo sperimentare come fattori macro-economici e sociali presenti a livello globale abbiano effetti pervasivi nelle nostre vite locali: ne troviamo i riflessi nel senso di insicurezza e di precarietà che sperimentiamo non solo nel mondo del lavoro, ma anche nell’intimità delle relazioni e nel cambiamento del modo in cui guardiamo al futuro, da promessa a minaccia. La principale vittima di questo passaggio concettuale sembra essere la solidarietà che ha poche speranze di mettere radici in un mondo in cui le relazioni sono a breve termine (Bauman, 1999) e dominano le passioni tristi (Benasayag e Smith, 2004) che ci portano a vedere nell’altro – soprattutto nel diverso – un nemico, una minaccia.
Portera ci aiuta a capire quali importanti conseguenze queste trasformazioni abbiano anche sul piano educativo: da un lato gli adulti, in particolare genitori e insegnanti, non rappresentano più punti di riferimento, autorità rassicuranti capaci di guidare nella complessità del mondo, di contenere le ansie e le paure delle nuove generazioni, di indirizzare le loro energie trasformative, e dall’altro “le scuole di tutto il mondo si trovano a sottostare a logiche di mercato e a manifestazioni di conformismo politico-culturale, rischiando di perdere il ruolo centrale nel formare al pensiero critico e promuovere società eque, a misura d’uomo” (Portera, 2013, p. 8).
Come la pedagogia, anch’essa scienza in crisi, può rispondere a queste sfide educative? Come può aiutare gli insegnanti a evitare il rischio di vendere il sapere come merce e di trattare gli alunni come consumatori da sedurre o come competitori da armare nella corsa al successo, alla ricchezza, al potere? Come può aiutare i genitori a non rinunciare al loro ruolo educativo nella frammentarietà dell’esistenza e nella polifonia dei messaggi valoriali, amplificate in un contesto multiculturale? Nella prima parte del manuale, l’autore presenta le crisi della società globale, cercando di sollevare nuovi interrogativi piuttosto che di dare ricette; non manca però di tracciare specifiche piste di riflessione, ad esempio quando sottolinea: “nel tempo della globalizzazione, del pluralismo e della complessità linguistica, etnica e culturale, per uscire dalle gravi crisi è indispensabile investire sull’educazione e sulla pedagogia, coniugandole in maniera interculturale” (Portera, 2013, p. VII). Secondo il professore possiamo trovare risposte alle sfide che abbiamo dinnanzi non affidandoci a metodi rigidi e autoritari, che prevedono l’assimilazione acritica di idee e fatti e sono finalizzati a manipolare-condizionare, bensì lavorando per la formazione di cittadini attivi e consapevoli, protagonisti della complessità in cui vivono.
Dopo avere ricordato il bisogno di ogni essere umano in ogni tempo e in ogni società di essere educato, nel senso di educere (tirar fuori il meglio dell’educando) e di edere (renderlo partecipe del meglio di quanto ha prodotto la società), l’autore ci aiuta a riflettere sull'odierno bisogno di pedagogia, scienza intrinsecamente interdisciplinare in quanto integra i diversi saperi sull’educazione per rispondere alla domanda: chi è l’uomo, chi deve essere e quale strada deve percorrere per diventare tale? In particolare Portera presenta il modello di pedagogia interculturale come autentica rivoluzione pedagogica, una nuova forma mentis, in grado di rispondere alle sfide del contesto in cui viviamo, educhiamo, insegniamo attraverso la centralità dello scambio e il riconoscimento dell’altro (lo straniero, il diverso) come risorsa. L’excursus di Portera sullo sviluppo della pedagogia interculturale termina con un’interessante riflessione critica sui limiti di questo approccio e sulla necessità di estendere il carattere interculturale a tutta la pedagogia.
Nella seconda parte l’autore si concentra sul fare educazione interculturale, dando indicazioni operative utilizzabili in diversi contesti: la famiglia, sempre più colorata (famiglie miste, adozioni internazionali, migrazione di nuclei familiari), a cui spettano importantissimi compiti come dare sicurezza sul piano dell’identità e consapevolezza delle proprie radici, educare ai sentimenti, alla legalità, al dialogo e alla gestione non violenta dei conflitti. E poi la scuola: il nostro sistema scolastico è fra i pochi ad avere un carattere “strutturalmente inclusivo” (Portera, p. 64), eppure anche in Italia lo scarso rendimento degli studenti stranieri e il loro tasso di abbandono sono dati preoccupanti su cui l’autore invita a interrogarsi. La didattica interculturale, cioè l’adottare la prospettiva interculturale in ogni disciplina, potrebbe essere un efficace strumento per educare tutti gli alunni a essere cittadini consapevoli e partecipi nella società multiculturale. Ma anche il mondo del lavoro, i media e la società civile sono luoghi educativi in cui c’è spazio di azione per la pedagogia interculturale: la gestione dei conflitti in un’ottica interculturale in azienda, la comunicazione interculturale nei media, la già citata educazione alla cittadinanza democratica sono solo alcuni esempi portati dall’autore.
Portera non si prefigge lo scopo di rispondere in maniera esaustiva a tutte le domande sollevate, ma cerca di suscitare nuovi interrogativi a partire dall’analisi delle difficoltà presenti. In particolare nelle conclusioni ribadisce con forza la necessità che “laddove le differenze (lingua, religioni, abilità-disabilità, valori, comportamenti) costituiscono la norma, tutta la pedagogia e tutta l’educazione, senza bisogno di aggettivi, dovranno sostenere ogni persona e comunità, aiutandole a vivere nell’uguaglianza e valorizzando tutte le diversità quali risorse dell'esistenza umana” (ibidem, p. 159). Questa prospettiva di ampio respiro rende il manuale una lettura stimolante non solo per gli studenti di Pedagogia, ma anche per le persone che a vario titolo si sentono coinvolte nell’impegno di educare: genitori e insegnanti in primis, ma anche giornalisti, imprenditori, politici, perché i cambiamenti in atto e le responsabilità nei confronti delle nuove generazioni riguardano tutti noi.
a cura di Chiara Giustini
Riferimenti bibliografici
Bauman Z. (1988), Globalization. The human consequences, New York, Columbia Press, trad. it. Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, Roma-Bari, Laterza, 1999.
Benasayag M. e Schmit G. (2004), L’epoca delle passioni tristi, Milano, Feltrinelli.
Portera A. (2013), Manuale di pedagogia interculturale, Roma-Bari, Laterza.