Abstract

Accompanied and unaccompanied foreign minors enrolled in schools of all levels pose new organisational and educational challenges. As a result, even if the concept and educational practices of inclusion have so far targeted mainly disabled students, today the educational meaning of inclusion is widening and defines an approach that aims to integrate the multitude of diversities to be found in schools (Unesco, 2008; 2009). From this point of view, inclusion has taken on a more cross-cultural aspect. This article presents «Etna, a Volcano for Peace. An intercultural prayer from schools in Catania against war», an educational campaign that developed during the 2014/2015 school year thanks to the inspiration provided by the educationalist Giovanni Pampanini. The «Fontanarossa» unified institute in Catania provided institutional support for the initiative and the following academic year created the Global Teacher Centre, which organises cross-cultural and inclusion-oriented activities that have created a great stir both nationally and internationally.

 

Keywords: intercultural intelligence, orbital classroom, global teacher, global student, global citizenship.

Sommario

I minori stranieri, accompagnati e non, iscritti nelle scuole di ogni ordine e grado pongono nuove sfide organizzativo-didattiche. Di conseguenza, anche se in genere il concetto e le pratiche educative per l’inclusione hanno fatto riferimento principalmente agli alunni diversamente abili, oggi il significato pedagogico di inclusione si allarga sempre più per indicare un approccio che abbia la finalità di integrare le molteplici diversità presenti nella scuola (Unesco, 2008; 2009). Da questo punto di vista l’intercultura diventa un nuovo aspetto del tema inclusione. L’articolo presenta la Campagna educativa «Etna, Vulcano della Pace. Preghiera interculturale delle scuole di Catania contro la guerra», nata nell’anno scolastico 2014/2015 grazie all’ispirazione del pedagogista Giovanni Pampanini. L’Istituto comprensivo «Fontanarossa» di Catania ha dato forza istituzionale a questa iniziativa e nell’anno scolastico 2015/2016 ha creato il Polo catanese di Educazione interculturale - Global Teacher Centre - che organizza attività finalizzate all’intercultura e all’inclusione e che hanno avuto una risonanza nazionale e internazionale.

 

Parole chiave: intelligenza interculturale, classe globale, insegnante globale, studente globale, cittadinanza globale.

 

Introduzione

Nel mese di giugno 2014, mese e anno del centenario dalla Prima Guerra Mondiale, i quotidiani riportavano le notizie delle violenze perpetrate da gruppi di terroristi appartenenti al cosiddetto Stato Islamico. Fra gli altri conflitti di quel momento spiccava nella cronaca quello tra Russia e Ucraina. È stato in questo contesto che insieme a Giovanni Pampanini, pedagogista ispiratore di quella che è divenuta la Campagna educativa contro la guerra, si è cominciato a pensare a quali azioni educative mettere in atto affinché i fatti che stavano accadendo nel mondo fossero dibattuti all’interno della scuola. La prima azione che si è pensato di realizzare è stato un breve seminario sulla Geo-storia che Pampanini ha tenuto nell’Istituto «Fontanarossa». Ed è stato proprio durante il seminario che ha cominciato a maturare l’idea di una Campagna educativa contro la guerra che la preside, Concetta Tumminia, ha accolto con entusiasmo.

La Campagna educativa «Etna Vulcano della Pace. Preghiera interculturale delle scuole di Catania contro la guerra» è nata con la finalità di sviluppare l’Intelligenza Interculturale e le Competenze Globali negli studenti e nei docenti. I concetti di Intelligenza Interculturale e di Competenze Globali a cui si fa qui riferimento sono stati precisati dai seguenti autori: Pampanini (2011) e Boix Mansilla, Jackson (2011). La Campagna ha coinvolto diverse scuole di Catania e provincia, associazioni, comunità-alloggio per minori stranieri non accompagnati, l’Università, quella di Catania, e altre scuole e Università all’estero; infine, essa ha ricevuto il patrocinio morale e culturale della Fondazione Basso di Roma. Le attività promosse nel nome di questa Campagna hanno valso l’associazione dell’Istituto comprensivo «Fontanarossa» alla Rete Nazionale Scuole Unesco-Italia ASpNET.

 

Le prime classi coinvolte nella Campagna educativa contro la guerra sono state due terze di scuola primaria, ma pian piano sempre più gruppi di alunni e docenti di diverse classi hanno preso parte all’iniziativa. Gli alunni erano entusiasti all’idea di esserne i protagonisti; grazie alle loro azioni, il «loro» vulcano Etna, avrebbe inviato un messaggio di pace al mondo intero. Hanno così cominciato con la realizzazione di un video che, dietro suggerimento della preside è stato intitolato «E se scoppiasse la pace?». Questo video, un invito alle scuole di Catania ad aderire alla Campagna educativa, è stato messo sul sito della scuola e su YouTube. È importante sottolineare il fatto che questa Campagna educativa sia nata in Sicilia, terra di Mafia, e che «Fontanarossa» è una scuola considerata a rischio di emarginazione sociale, situata in un territorio in cui la popolazione è afflitta da una tradizionale e sostanziale presenza di attività mafiose. Ed è stato proprio da un luogo simbolico, di lotta alla Mafia, che Pampanini ha pensato di far cominciare le attività: il Parco Falcone di Catania, un luogo pubblico dedicato al giudice palermitano Giovanni Falcone ucciso dalla Mafia nel 1992.

 

Da questo luogo hanno preso forma le «Preghiere interculturali contro la guerra» con la partecipazione di insegnanti, studenti, genitori, educatori di comunità, minori stranieri non accompagnati, mediatori culturali musulmani, monaci buddisti e comuni cittadini. Ispirati dalla dimensione spirituale Gandhiana e dal discorso Deweyano sulla cittadinanza e sull’educazione cosmopolita, sono state organizzate una serie di «Preghiere interculturali contro la guerra». Preghiere nel senso, quindi, di un invito a meditare, piuttosto che di un invito a formulare una preghiera in senso religioso. Tutte le azioni educative che sono state messe in atto durante la Campagna educativa, sono state sempre guidate dalle parole scritte nel Preambolo dell’Atto Costitutivo dell’Unesco del 1945: «Dato che le guerre cominciano nella mente degli uomini, è nella mente degli uomini che devono essere costruite le difese della pace». In questo senso l’autrice di questo articolo si fa promotrice in Italia della diffusione della proposta di «Carta Mondiale della Pace» lanciata dal Professore Teruisha Horio, Emerito dell’Università di Tokyo.

 

Basi teoriche

Le basi teoriche della Campagna educativa «Etna, Vulcano della Pace. Preghiera interculturale delle scuole di Catania contro la guerra», sono state estrapolate dall’Illuminismo pedagogico di Pampanini (2006) che, come riportato sopra, ne è stato l’ispiratore. Si delineano di seguito brevemente le quattro teorie di cui è formato l’Illuminismo pedagogico

  1. La Pedagogia immaginale

La Pedagogia immaginale fa riferimento alle tradizioni, in materia di Educazione, sviluppate nel corso della storia da ogni civiltà. Queste tradizioni sono legate ad alcune figure-leader che hanno finito per assumere la posizione di archetipo. Ogni civiltà ha i suoi archetipi educativi che hanno continuato nel tempo ad ispirare i successivi educatori e hanno contribuito a dare una forma specifica ai modi di fare Educazione. Nell’ottica dell’Autore, la Pedagogia immaginale propone che ciascun insegnante, educatore o ricercatore nel campo dell’Educazione non solo dovrebbe frequentare la propria tradizione, ma anche quelle degli altri, per offrire ai suoi pubblici una versione illuminata degli archetipi educativi.

  1. La Teoria dell’Agire Educativo

Attraverso la Teoria dell’Agire Educativo, Pampanini, sensibile alle nuove acquisizioni delle neuro-scienze, enfatizza l’importanza del linguaggio e della cultura in Educazione e in particolare della retorica come «arte del persuadere e del convincere». L’uso esatto delle diverse figure retoriche pone l’educatore in condizione di precisare i vari modi in cui egli produce il suo discorso davanti ai suoi pubblici secondo le tradizioni retoriche dell’Educazione cui i suoi pubblici appartengono.

  1. La Teoria Politica dell’Istituzione Educativa

La Teoria Politica dell’Istituzione Educativa afferma il diritto/dovere di ciascun educatore a frequentare le diverse tradizioni educative al fine di favorire un’interpretazione illuminata di queste tradizioni alla luce del «dialogo fra civiltà», in cui la democrazia viene concepita come il risultato atteso da tale dialogo. Essa ritiene il lavoro professionale dell’educatore (qualunque ne sia la specialità) come un lavoro pubblico di qualità e sostiene che il lavoro dell’educatore debba essere seriamente accompagnato da un impegno intellettuale di alto livello.

  1. La Teoria Regionale dell’Educazione Comparata

La Teoria Regionale dell’Educazione Comparata offre una visione globale che aiuta ogni educatore ad identificare otto civiltà, ciascuna dotata dei propri archetipi educativi e della propria cultura educativa.

Queste quattro teorie non costituiscono una somma di quattro linee differenti di pensiero, piuttosto affinché si possa cogliere il senso dell’Illuminismo pedagogico, è bene guardarle nel loro insieme, in sinossi.

Da queste quattro teorie abbiamo estrapolato quattro assi tematici che costituiscono il nucleo fondante di «Etna, Vulcano della Pace». Essi sono:

Asse 1. L’Intelligenza interculturale: intesa come la capacità psicologica di superare le barriere che le differenze culturali possono talvolta rappresentare (Pampanini, 2011). Gli obiettivi che si sono delineati intorno a questo asse tematico sono: stimolare la consapevolezza dell’esistenza di diversi punti di vista e di differenti modalità di relazione; riconoscere la complessità delle problematiche che si sviluppano all’interno del fenomeno immigrazione attraverso la lettura di brani antologici, libri, articoli di giornali e testimonianze letterarie; avviare l’alunno, attraverso lo strumento linguistico, alla comprensione di altre culture e di altri popoli.

 

Asse 2. Il Dialogo fra Civiltà: inteso come il «contenitore» di attività educative e formative tese ad arricchire reciprocamente il patrimonio culturale degli studenti italiani e stranieri (Pampanini, 2012; 2013). Gli obiettivi che fanno riferimento a questo asse sono: valorizzare le culture di origine degli allievi immigrati; individuare aspetti comuni tra la propria e le culture altrui; analizzare i rapporti tra i diversi gruppi etnici e coglierne i punti di incontro; prendere coscienza di modalità diverse di utilizzare il proprio corpo nella relazione con gli altri e nella danza; riconoscere il valore del patrimonio artistico culturale di civiltà diverse dalla propria; conoscere tradizioni e usanze del proprio ambiente di vita e metterle a confronto con quelle di compagni provenienti da altri paesi, individuandone somiglianze e differenze.

 

Asse 3. La Democrazia Globale: intesa come la tendenza a democratizzare le relazioni internazionali (Pampanini, 2015). Obiettivi: mettere in atto comportamenti di accoglienza, disponibilità, rispetto e tolleranza verso chi è diverso per cultura, religione, provenienza e tradizioni; analizzare il ruolo dei media nel processo di formazione dell’opinione pubblica sugli immigrati; individuare gli aspetti di tipo storico-sociale, economico e geografico che caratterizzano le diverse aree colpite da fenomeni di emigrazione; riconsiderare e discutere il modello di sviluppo occidentale; valutare l’importanza dell’economia dell’ambiente; individuare i fattori di crescita e di sviluppo nell’economia mondiale; conoscere le diverse realtà che si occupano della tutela e dell’assistenza degli immigrati; conoscere le malattie del benessere e quelle del sottosviluppo.

 

Asse 4. Il Global Teacher. Si tratta di un insegnante che possiede Global Competences, cioè capace di affrontare tematiche globali, quali: migrazioni internazionali, pace, guerra, riscaldamento globale, razzismo, processi di democratizzazione, ineguaglianze sociali, redistribuzione del reddito, povertà, consumo responsabile di acqua e cibo, dialogo tra civiltà, inquinamento, etc. Strumento didattico privilegiato del Global Teacher è la «Orbital Classroom» (Cristaldi, 2015; Cristaldi e Pampanini, 2016) intesa come una classe aperta nel senso che è una classe che si collega via Skype con altre classi in altre parti del mondo scambiando opinioni e informazioni su un tema globale. Il Global Teacher è un insegnante sensibile alla nozione di Intelligenza interculturale, capace di usare strumenti tecnologici, di descrivere le tendenze di sviluppo del mondo contemporaneo, di ispirare gli studenti a formulare ipotesi per la soluzione di problemi globali e di entrare in contatto con insegnanti e studenti di altre parti del mondo (Orbital Classroom). 

Il Global Teacher è l’attore della Democrazia Globale. Di questa figura si parla da anni a livello internazionale in linea con la nascita della società globale che ha posto il problema di internazionalizzare la figura dell’insegnante per offrire agli studenti prospettive educative globali (Merryfield et al., 1997; Quezada e Reyes, 2012). Di conseguenza il Global Teacher delinea la figura del Global Student, vale a dire di uno studente che possiede a sua volta Competenze Globali. In particolare, gli studenti dimostrano di possedere competenze globali quando sono consapevoli e curiosi di come funziona il mondo, informati da approfondimenti disciplinari e interdisciplinari, quando è capace di indagare il mondo andando oltre lo spazio che lo circonda, quello che è il suo ambiente immediato, di inquadrare e affrontare problemi significativi, di fare ricerche appropriate, di riconoscere le prospettive degli altri oltre la propria, di essere capace di comunicare idee a un pubblico eterogeneo, di sormontare le barriere geografiche, linguistiche, ideologiche, culturali e di agire per migliorare le condizioni e di essere attori del mondo partecipando in maniera riflessiva (Boix Mansilla e Jackson, 2011).

Grazie a questo supporto teorico è stato creato a Catania il Polo catanese di Educazione interculturale Global Teacher Centre e «Etna, Vulcano della Pace. Preghiera interculturale delle scuole di Catania contro la guerra» nell’anno scolastico 2015-2016 ne è divenuto il progetto.

 

Attività

Pedagogicamente parlando, «Etna, Vulcano della Pace» è divenuto il filo rosso che ha accompagnato l’insegnamento della Geo-storia durante tutto l’anno scolastico 2014-2015. È stato ritenuto che la Geo-storia fosse di importanza fondamentale nel permettere agli studenti di comprendere che i fatti locali sono anche fatti globali e viceversa. Per questo motivo Pampanini ha attivato un laboratorio di Geo-storia interculturale con un gruppo misto di ragazzi italiani e stranieri di diverse scuole secondarie di I e II grado di Catania. A «Fontanarossa» è stata fatta la stessa cosa iniziando le attività con due classi di scuola primaria. Obiettivo prioritario dell’insegnante era di far comprendere agli alunni che ciò che stava accadendo nel mondo, in luoghi anche molto lontani, erano fatti che in qualche modo li interessavano e che anche per loro potevano avere delle conseguenze. È stato così analizzato l’aumento dei flussi migratori come una delle conseguenze della guerra. Gli alunni hanno riscontrato come la Sicilia, per motivi geografici, sia una delle regioni italiane con il più alto numero di sbarchi.

 

Per l’insegnante è stato molto incoraggiante constatare che, nonostante l’età, gli alunni non erano del tutto all'oscuro rispetto ai temi che si stavano trattando. Facevano molte domande e riportavano le discussioni fatte in casa con i loro genitori esprimendo poi anche i loro personali pareri. Con questi gruppi di alunni/studenti sono state organizzate una serie di Preghiere interculturali contro la guerra per tutto l’anno scolastico 2014-2015. L’adesione alla Campagna educativa da parte di altre scuole di Catania e provincia ha fatto sì che il numero dei partecipanti a questi incontri crescesse includendo anche minori stranieri non accompagnati che partecipavano insieme ai loro educatori di comunità. Al Parco Falcone gli studenti parlavano pubblicamente delle guerre in corso mostrando la rassegna stampa dei quotidiani nazionali che riportavano le notizie dei conflitti. I più piccoli, di scuola primaria, parlavano del valore della pace mostrando i lavori realizzati all’interno delle proprie classi a un pubblico costituito da genitori, mediatori culturali musulmani, monaci buddisti e comuni cittadini. Nell’ottica del Dialogo tra Civiltà, il monaco buddista ha raccontato a sua volta della guerra che in Sri Lanka per decenni ha opposto Tamil e Cingalesi. È stato durante questi incontri che si è pensato di raccogliere firme simboliche contro la guerra. A quel punto, si è pensato di socializzare le attività ai colleghi della rete internazionale di Educazione comparata di cui Pampanini e l’autrice fanno parte.

 

È così che la Campagna educativa comincia ad assumere anche una dimensione internazionale e anche in altre parti del mondo si cominciano a raccogliere firme simboliche contro la guerra, come infatti hanno fatto, tra gli altri, gli studenti dell’Università Pedagogica di Città del Messico. L’apertura internazionale ha permesso la sperimentazione di quelle che abbiamo chiamato le «Orbital Classroom», classi che si trovano in diverse parti del mondo e che si collegano via Skype. Durante il seminario di Geo-storia interculturale Pampanini con il suo gruppo di studenti si è collegato, tra gli altri, con docenti e studenti dell’Università di Panama e di Rabat e con il Ministero dell’Educazione del Senegal. Gli alunni di scuola primaria, a loro volta, hanno realizzato «Orbital Classroom» con altri alunni della loro stessa età della scuola primaria «Arthur Miranda de Carvalho» di Mirangaba, Bahia, in Brasile. Con questa scuola in particolare, che si trova in una zona rurale di Bahia in cui non c’è la possibilità di usare Skype, sono stati utilizzati i telefonini degli insegnanti e, attraverso foto e registrazioni realizzate con WhatsApp, i bambini hanno potuto relazionarsi tra loro.

Il 10 dicembre 2014 e il 3 giugno 2015 a «Fontanarossa» sono stati organizzati due eventi ai quali hanno partecipato tutti coloro che a livello locale e a livello internazionale sono stati coinvolti nella Campagna educativa contro la guerra. Questi due eventi sono stati chiamati GEM, Global Educational Manifestation. L’apertura internazionale ha richiamato l’attenzione di Michael Peters, Emeritus Professor dell’University of Illinois at Urbana-Champaign, all’epoca Editor di Policy Futures in Education, che ha chiesto un articolo sulle attività che si stavano realizzando con la Campagna educativa. Questo articolo in effetti è stato pubblicato nel 2016 dalla rivista Policy Futures in Education con il titolo «Research and activism about girl’s education for global democracy: The case of the Campaign “Etna, Volcano of Peace”, Catania, Italy». La prima GEM è stata realizzata grazie alla partecipazione di diverse scuole di Catania e estere. Il contributo delle studentesse della Scuola Superiore di Viana do Castelo, in Portogallo, merita un’attenzione particolare. Le studentesse di questa scuola hanno realizzato un video che mostrava la creazione di un murales con l’immagine dell’Etna.

 

Dal vulcano però fuoriuscivano al posto dei lapilli dei garofani rossi, il simbolo della lotta pacifica del popolo portoghese contro la dittatura di Salazar (Revolução dos Cravos) del 1974. Pedagogicamente parlando è stato molto interessante vedere come queste studentesse siano riuscite a mettere insieme simbologie appartenenti a culture diverse con lo scopo di inviare un messaggio di pace a tutto il mondo. All’interno di questa prima GEM è stata organizzata anche una Tavola rotonda e una Videoconferenza sul tema: «L’Educazione interculturale a Catania: Un contributo alla pace nel mondo». Alla Tavola rotonda sono intervenuti mediatori culturali e educatori di nazionalità non italiana che operano nel territorio siciliano. L’intera manifestazione è stata seguita via Skype dal Professor Zacharie Zachariev, ex direttore UNESCO, e dalla Dott.ssa La Salete Coelho, coordinatrice dei Progetti di Educazione per lo Sviluppo della Scuola Superiore di Viana do Castelo, in Portogallo. I lavori della giornata si sono conclusi con la «srotolata delle firme contro la guerra», raccolte a Catania e all’estero, intorno ad un vulcano in cartapesta realizzato dai bambini e i genitori degli alunni di scuola dell’infanzia di «Fontanarossa» in un’attività laboratoriale. Giorno 3 giugno 2015, a chiusura dell’anno scolastico, è stata organizzata la seconda GEM. Anche a questo secondo evento hanno partecipato gruppi di studenti e di docenti delle scuole che hanno aderito alla Campagna educativa. I lavori presentati dagli studenti hanno fatto focus su temi quali: i bambini-soldato, l’uso dei droni per la pace, la «matematica per lo sviluppo democratico», i fatti successi nella redazione del giornale di satira francese Charlie Hebdo. Tutte queste attività si sono poste, tra gli altri, l’obiettivo di saper dibattere su problematiche globali. L’Istituto Tecnico Nautico di Catania ha realizzato un video nel quale i ragazzi che si trovano su una barca a mare, di fronte la loro scuola, simulavano il salvataggio in mare di immigrati; gli studenti del Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti (CPIA) di Catania, hanno fatto riferimento alle attività seminariali, incluse di «Orbital Classroom», realizzate dai corsisti, tutti immigrati, che si sono incentrate sullo squilibrio Nord-Sud del Pianeta. L’intera manifestazione è stata seguita via Skype da insegnanti e alunni di una scuola elementare pubblica e dell'Università di Bangalore, in India.

 

Questa seconda GEM ha previsto, così come la prima, una Tavola rotonda e una Videoconferenza con ospiti internazionali fra i quali, Zacharie Zachariev, l’ex-Direttore dell'Unesco, Diane Napier dell'Università di Georgia-USA, Rachida Kerkech dell'Università di Rabat, Marocco, è stata presente con un gruppo di studenti e Charles Ndiaye Owens della Pan-African Association for Literacy and Adult Education di Dakar, Senegal. I lavori si sono aperti con i saluti inviati dalla Presidente della Fondazione Basso, Elena Paciotti, e della Dott.ssa Antonella Cassisi, coordinatrice della Rete Nazionale Scuole Unesco. Dal dibattito di questa Tavola rotonda è scaturita la necessità di creare/implementare la figura del Global Teacher. Tutte queste attività realizzate in seno alla Campagna «Etna, Vulcano della Pace. Preghiera interculturale delle scuole di Catania contro la guerra» hanno favorito la nascita di un Polo catanese di Educazione interculturale, un Global Teacher Centre a Catania. Su invito del Nucleo di Psichiatria Transculturale dell’ASP3 di Catania, il Polo è stato istituito nell’anno scolastico 2015-2016 con sede nell’Istituto «Fontanarossa». All’inaugurazione hanno partecipato le autorità locali, educatori e minori stranieri non accompagnati di cinque comunità-alloggio. In questa occasione si è pensato di realizzare una «Orbital Classroom» con Charles Owens Ndiaye della Pan-African Association for Literacy and Adult Education di Dakar. È stato scelto il Senegal proprio perché molti minori presenti all’inaugurazione erano senegalesi e questi giovani si sono sentiti incoraggiati dal messaggio inviato loro da un connazionale.

 

L’obiettivo del Polo catanese di Educazione interculturale è quello di divenire un punto di riferimento per le scuole di Catania e provincia in tema di educazione interculturale. Di fatto, tutte le attività didattiche che sono state programmate hanno coinvolto gruppi di alunni italiani e stranieri di diverse scuole di ogni ordine e grado, compresa l’Università di Catania. Infatti, due studentesse universitarie hanno fatto il tirocinio e le loro tesi, di laurea e di master, presso il Polo. La filosofia che ha animato le attività del Polo è stata quella di creare le condizioni affinché gli studenti italiani potessero conoscere le comunità che ospitano i loro compagni stranieri, nella convinzione di poter ridurre le distanze e i pregiudizi che spesso hanno origine proprio dalla mancanza di conoscenza reciproca. Per questo motivo è stato deciso di alternare la sede degli incontri: una volta in una scuola, sempre diversa, e la volta successiva in una comunità-alloggio. Tutte le attività programmate hanno avuto una forte valenza di inclusione sociale a diversi livelli, dal disabile, anche straniero, all’immigrato. E con grande sorpresa si è potuto constatare che anche gli alunni/studenti con difficoltà di apprendimento hanno reagito benissimo alle proposte educativo-didattiche dimostrando di possedere delle conoscenze di cui spesso gli stessi insegnanti non sono consapevoli. Il programma del Polo è stato realizzato all’inizio dell’anno scolastico e ha previsto un incontro mensile, a volte anche due, per l’intero anno scolastico 2015-2016. L’organizzazione prevedeva che prima di ogni incontro Pampanini elaborasse un «input document» focalizzato ogni volta su una disciplina diversa. Questo input document veniva recepito e discusso nelle scuole e nelle comunità alloggio per provocare un feedback. Raccogliendo i feedback è stata organizzata l’agenda di ciascun appuntamento, ognuno accompagnato di «Orbital Classroom».

 

Dalla segreteria della scuola «Fontanarossa», prima di ogni incontro, veniva inviato un invito a partecipare a tutte le scuole di Catania e provincia e di ogni ordine e grado. Alla fine di ogni attività veniva realizzato un report in lingua italiana, da inviare a tutti i partecipanti locali, e uno in lingua inglese (a volte francese o spagnolo) da inviare al network internazionale. Gli argomenti che sono stati affrontati nel corso dell’anno scolastico hanno fatto riferimento a tematiche diverse. Nel mese di ottobre presso la comunità-alloggio Arcobaleno, è stato realizzato un incontro sul tema «Come la Matematica ci aiuta a capire la ricchezza e la povertà nel mondo». La «Orbital Classroom» associata a questo incontro è stata realizzata con Maria Saldaña Rocha da Città del Messico che ha presentato un testo sulla crisi economica, politica e sociale del Messico. A questo incontro hanno partecipato un congruo numero di studenti di scuola secondaria di II grado che hanno presentato le loro riflessioni. Nel mese di novembre è stato organizzato un incontro ispirato alla storia e alla filosofia interculturale con una «Orbital Classroom» da Tokyo con Teruisha Horio, professore emerito di Pedagogia e alcuni suoi Colleghi dell’Università di Tokyo. Horio ha parlato della necessità di proteggere la Costituzione del Giappone dal suo aspetto pacifista. Nel mese di dicembre, mentre i Capi di Stato di diverse nazioni celebravano i 70 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale con parate militari, educatori di comunità-alloggio, studenti, insegnanti di diverse scuole si sono incontrati in due diverse sedi scolastiche a Catania per cantare tutti insieme l’Inno dell'Europa, l’Inno alla Gioia.

Lo stesso Inno è stato cantato per la stessa occasione dai nostri partner a Città del Messico e a Tokyo, in spagnolo e in inglese. Gli alunni di scuola primaria di «Fontanarossa», dopo aver appreso come è nato l’Inno alla Gioia dal genio di Beethoven e Schiller, hanno realizzato una rappresentazione teatrale. A gennaio, grazie alla collaborazione dell’Accademia delle Belle Arti è stato organizzato per due giorni un «Atelier di arte interculturale». Il tema dell’incontro di febbraio è stato «L’Amore interculturale», in concomitanza con il giorno di San Valentino. Nel mese di marzo è stato realizzato un incontro sull’Intelligenza Interculturale, un torneo interculturale di dama che ha visto sfidarsi giocatori di diverse nazionalità. Nel mese di aprile il tema è stato «Il ruolo del giornalismo nella democrazia globale». L’incontro è stato accompagnato da una «Orbital Classroom» organizzata con Andrea Motta, un giornalista catanese in collegamento da Londra. Motta ha parlato del ruolo del giornalista inviato di guerra che mette in secondo piano la propria vita per raccontare la guerra e della difficoltà ad essere un giornalista super partes, lontano da interessi economici e da pressioni politiche. Con lui, da Città del Messico, Maria Saldaña Rocha, della Università Nazionale Pedagogica, ha parlato della libertà di informazione nel suo Paese e del rischio che corrono i giornalisti che fanno informazione critica, perché molti settori del governo colludono con il malaffare e ci ha ricordato la morte di 43 studenti che manifestavano contro il narcotraffico. Saldaña ha parlato inoltre dell’importanza della formazione universitaria del giornalista.

 

Sempre nel mese di aprile, il Polo ha partecipato con un gruppo di studenti alla prima edizione della Biennale della Cittadinanza attiva, organizzato dal Comune di Catania. A maggio è stata organizzata un’attività di formazione in due giornate. I relatori sono stati i referenti del Polo stesso, Teresa Garaffo, insegnante referente di scuola dell’infanzia, Melita Cristaldi, la coordinatrice, e Ines Torrisi, referente della scuola secondaria. Tutti i referenti del Polo hanno svolto un dottorato di ricerca. Sono intervenuti anche Augusto Gamuzza, sociologo presso l’Università di Catania e Aldo Virgilio, responsabile del Nucleo di Psichiatria Transculturale dell’ASP3 di Catania. Nel mese di maggio è stato realizzato un incontro su «La democrazia globale e le sue dimensioni: economica, politica, sociale e interculturale». L’evento è stato accompagnato da una «Orbital Classroom» da Rabat, con la partecipazione di studenti dell’Ècole Normale Supérieure, coordinati dalla Professoressa Malika Eddakhch, A questo evento gli studenti dell’Istituto Fermi-Eredia di Catania hanno presentato, attraverso grafici e statistiche, un interessante lavoro di comparazione degli indici di mortalità infantile tra Germania ed Etiopia. Le attività del Polo relative all’anno scolastico 2015-2016 si sono concluse nel mese di giugno con la realizzazione di una tela di cinque metri sul tema di «Etna, Vulcano della Pace», che è stata creata durante un «Happening di Arte Contemporanea», organizzato dall’Accademia delle Belle Arti e al quale hanno partecipato studenti di diversa nazionalità.

Anche quest’anno scolastico 2016-2017 il Polo ha ripreso a organizzare le sue attività. Nel mese di settembre Cristaldi e Pampanini hanno presentato un paper alla John Dewey Conference organizzata dalla Cambridge University per il centenario della pubblicazione del libro Democracy and Education di John Dewey, dal titolo Global Teachers, Orbital Classrooms and Global Democracy. Teachers’ role one century after John Dewey. Nel mese di ottobre Teresa Garaffo, referente del Polo per la scuola dell’infanzia ha presentato il libro di Marco Rizzo L’Immigrazione spiegata ai bambini. A novembre la scuola «Fontanarossa» è stata la sede di una lezione/concerto dei Divana, un gruppo musicale del Rajasthan (India), a beneficio di un centinaio tra docenti e alunni degli Istituti comprensivi «Fontanarossa», «Battisti» di Catania e «De Amicis» di Tremestieri Etneo, organizzato dall’Associazione Musicale Etnea in collaborazione con il Polo.

 

A dicembre, Cristaldi e Pampanini hanno realizzato un corso di formazione per i docenti sul tema: «Educazione, Inclusione, Democrazia. L’Eredità del XX secolo». Al corso hanno partecipato 262 insegnanti di ogni ordine e grado delle scuole di Catania e provincia. Il corso è stato predisposto in forma di video-conferenza, via Skype, con i seguenti relatori: Enrique Del Percio, sociologo dell’Università di Buenos Aires; Norberto Fernandez Lamarra, Pedagogista dell’Untref di Buenos Aires; James Biddulph, preside della Cambridge Univerisity Primary School; Buuba Babacar Diop, storico dell’Università Cheikh Anta Diop di Dakar; Olga Logvinova, pedagogista dell’Università Peoples Friendship di Mosca; Niranjan Aradhya, pedagogista dell’Università di Bangalore; Faten Adly, pedagogista dell’Università Al Tibah, Arabia Saudita.

Per ovvi problemi di fuso orario, gli interventi dei relatori da Tokyo e da Zhejiang (Cina), sono stati letti. Augusto Gamuzza, sociologo dell’Università di Catania, ha partecipato con una presentazione sul progetto europeo «Multicultural Schools». Lo scopo, che si può affermare di aver raggiunto, è stato quello di sensibilizzare i docenti catanesi ad argomenti cruciali per la Global Democracy, come la democrazia in Africa e la difesa dell’articolo 9 della Costituzione pacifista giapponese. In più, i docenti catanesi hanno potuto riflettere sull’eredità del pensiero educativo e democratico di Paulo Freire, Gandhi, Tolstoj, Taha Hussein, Hu Shi, Dewey e Cheikh Anta Diop. In particolare, il preside Biddulph ha dato un messaggio molto complesso parlando di come cerca di coniugare l’ispirazione pedagogica di Krishnamurti con la gestione di una scuola sperimentale come quella creata da poco presso la Cambridge University. Questa metodologia di Teacher Training realizzata con Skype si ispira alla «Orbital Classroom», così come le altre attività educative realizzate con gli studenti negli anni precedenti.

 

Conclusione

A giudicare dall’interesse mostrato da parte di un numero sempre crescente di insegnanti e educatori di comunità-alloggio per minori stranieri non accompagnati e di associazioni culturali di Catania che hanno aderito alla Campagna educativa «Etna, Vulcano della Pace. Preghiera interculturale delle scuole di Catania contro la guerra», nonché dal solo numero di accademici stranieri coinvolti nella stessa, si può affermare che l’iniziativa sia stata ampiamente positiva. In due anni, fra il 2014 e il 2016, questa iniziativa ha prodotto un risultato concreto che è l’istituzione del Polo catanese di Educazione interculturale - Global Teacher Centre. Questo Polo ha già esercitato, e sta continuando ad esercitare una funzione promotrice di Educazione interculturale a Catania con una significativa estensione nazionale ed internazionale. Global Teacher, global student e global issues stanno diventando sempre più «parole d’ordine» pedagogiche indicando una nuova frontiera della Pedagogia contemporanea. Tra le ricadute pratiche più importanti è senza dubbio da citare l’invito che il Prof. Teruisha Horio, Emerito dell’Università di Tokyo, ha fatto all’autrice e a Pampanini di promuovere in Italia la sua proposta della Carta Mondiale per la Pace, un’iniziativa che viene dagli educatori giapponesi, non solo in difesa dell’Articolo 9 della loro Costituzione, ma anche della pace al livello mondiale.

 

Proposta del Prof. Em. Teruisha Horio, Università di Tokyo

Mettere l’articolo 9 al centro di una Carta Mondiale!

Per un mondo liberato dal nucleare e dalle armi.

 

Fig. 1: La Terra vista dalla Luna

luna

 

Guardate la figura 1. È la Terra vista dalla Luna. L’immagine è stata catturata dal satellite d’osservazione giapponese Kaguya in uno dei suoi giri intorno alla Luna. Contempliamola, questa Terra che è solo una polvere di stelle nel cosmo, un semplice pianeta del nostro sistema solare. Eppure, com’è bella! E con essa, gli uomini e gli animali che ospita! E la nostra immaginazione va al di là dello spazio per interrogarsi sull'origine della vita e il futuro della specie umana.

Le lotte che oppongono gli uomini non finiranno mai? Davanti a questa foto, il progetto di pace eterna di Kant ritorna alla nostra memoria e noi diciamo che la nostra epoca ha bisogno di un movimento che assuma l’articolo 9 della Costituzione come principio di una Carta della Terra, una Carta Mondiale in questa era del pianeta Terra, di questa era dello spazio.

Settant’anni fa, tra le rovine della sconfitta, un Giappone pentito della guerra e aspirante alla pace si diede una Costituzione che, nel suo articolo 9, affermava la rinuncia alla guerra.

 

Ecco il preambolo della Costituzione:

«Noi, il popolo giapponese, […] decisi a mai più essere testimoni degli orrori della guerra attraverso l’azione del governo, proclamiamo che il potere sovrano appartiene al popolo e stabiliamo con fermezza questa Costituzione […]. Noi, il popolo giapponese, […] desideriamo occupare un posto d’onore in una società internazionale lottando per il mantenimento della pace e l’eliminazione dalla faccia della Terra, senza speranza di ritorno, della tirannia e della schiavitù, dell’oppressione e dell’intolleranza. Noi riconosciamo a tutti i popoli del mondo il diritto a vivere in pace, liberi dalla paura e dal bisogno […]. Noi, il popolo giapponese, ci impegniamo, sul nostro onore di nazione, a servire questi grandi ideali e queste nobili intenzioni con tutti i nostri mezzi».

Ed ecco, in particolare, l’articolo 9:

«Aspirando sinceramente a una pace internazionale fondata sulla giustizia e l’ordine, il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra come diritto sovrano della nazione, oltre che alla minaccia o all’uso della forza come modo di regolamento dei conflitti internazionali. Per raggiungere l’obiettivo stabilito al paragrafo precedente, non saranno mai mantenute delle forze di terra, navali e aeree, o altro potenziale di guerra. Il diritto di belligeranza dello Stato non è più riconosciuto».

 

Nel 1946, all’indomani dalla diffusione del progetto della Costituzione da parte del governo, ci furono dei discorsi da parte di due dei redattori chiave del testo che ora ci ritornano in mente. Il primo di questi discorsi è del 27 marzo 1946 e fu tenuto durante la prima sessione della Commissione sulla guerra da Shidehara Kijûrô, uno dei protagonisti della nuova Costituzione, che occupava allora il posto di primo ministro. In esso sono espresse due convinzioni di base, che riassumo così: anche se alcuni pensano che introdurre un articolo di rinuncia alla guerra rientri in un irenismo senza precedenti in fatto di Costituzioni, è pur vero che in questi tempi, in cui vediamo comparire armi di distruzione ancora più potenti dell’arma atomica, possedere un esercito è una cosa pressoché inutile; noi giapponesi, impegnandoci a rinunciare alla guerra, è come se avanzassimo da soli in quella pianura desolata che è la politica internazionale, ma presto o tardi, il mondo aprirà i suoi occhi sui disastri della guerra per brandire infine la nostra stessa bandiera.

 

L’altro discorso, successivo al primo di qualche giorno, fu tenuto il 5 aprile durante la prima riunione del Consiglio degli Alleati per il Giappone, dal generale MacArthur, comandante supremo delle forze d’occupazione. La proposta «del governo giapponese di rinunciare alla guerra si fonda sulla conoscenza, testata dalla popolazione, che la guerra come mezzo di azione dello Stato è stato un terribile errore. Ma segna un ulteriore passo avanti nella storia del genere umano, un passo che sarà possibile quando le nazioni avranno raggiunto un livello superiore di morale sociale e di politica internazionale per proteggersi a vicenda dalle devastazioni della guerra». «Raccomando, quindi, che i popoli di tutta la terra valutino questa proposta unilaterale da parte del Giappone di rinunciare alla guerra. Non c'è altro modo. Gli obiettivi delle Nazioni Unite sono ammirevoli, ma potranno essere raggiunti solo il giorno in cui, come il Giappone, tutti i paesi contemporaneamente e universalmente avranno rinunciato alla guerra».

Ecco, dunque, le idee che si ritrovano nel preambolo della Costituzione del Giappone: Noi, il popolo giapponese, noi ci impegniamo sul nostro onore di nazione a servire questi grandi ideali e queste nobili intenzioni con tutti i nostri mezzi.

Da allora, sono trascorsi 70 anni.

 

Nel corso di questi anni, nel rispetto dello spirito della Costituzione, il Giappone ha cambiato la sua economia orientandosi verso una produzione industriale pacifica e sviluppando l’educazione alla pace. Ma allo stesso tempo, interventi ricorrenti hanno chiesto la revisione della Costituzione insinuando il sospetto che tale Costituzione sia stata imposta al Giappone da parte delle forze di occupazione. Queste voci hanno sostenuto la necessità di evitare gli «eccessi» della democrazia e sono riuscite ad ottenere un ampliamento delle «forze di autodifesa», in pratica l’esercito, presentato come coerente con il diritto di difesa concessa dall'articolo 9 del trattato di difesa giapponese-americano, in realtà, sotto l'ombrello nucleare degli Stati Uniti. In questo modo è stato possibile produrre nuovamente armi ed esportarle.

Nel 2016 è stata promulgata una legge sulla sicurezza in base alla quale, in rottura con le precedenti interpretazioni del governo, è stato reso possibile l’invio di soldati all’estero; di contro, questa legge è stata messa sotto accusa per incostituzionalità. Al di là dell’aspetto giurisprudenziale è innegabile che nel Giappone di oggi ci sia una forte pressione politica a favore di una revisione in senso militarista della Costituzione, che minaccia, in particolare, l'articolo 9.

Dobbiamo ricordare che i movimenti antimilitaristi e pacifisti a favore di una Carta delle Nazioni Unite sono stati creati negli ultimi mesi della Seconda Guerra Mondiale, ed è da lì che vengono la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e l'istituzione dell’Unesco. Un passo in avanti nella comprensione internazionale e verso la pace sembrò allora possibile. Ma la realtà della politica internazionale ha preso il sopravvento e le tensioni tra i blocchi contrastanti hanno a lungo contrapposto i due assi degli USA e dell'URSS. Dopo la caduta del muro di Berlino e il crollo del mondo sovietico, si è affermato il fenomeno della globalizzazione con gli Stati Uniti al centro, ma l’attentato alle Torri Gemelle (9/11), l’invasione dell'Afghanistan, la terza guerra del Golfo e l'instabilità in Medio Oriente hanno rivelato le contraddizioni della «Pax Americana». In Asia orientale anche le tensioni sono aumentate di intensità con le rivalità di potere tra la Cina e gli Stati Uniti, il dinamismo belligerante della Corea del Nord e l'ascesa del nazionalismo in Giappone.

 

Durante gli anni della Guerra Fredda molti paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina non hanno voluto allinearsi e, al contrario, hanno spinto verso la pace mondiale (a partire dalla conferenza di Bandung del 1955). Da parte loro, gli scienziati hanno incrementato i loro incontri all’interno del Movimento Pugwash. La stessa ONU ha organizzato molti incontri sul disarmo e l'UNESCO ha intensificato le azioni a favore della diversità culturale istituendo l'Assemblea per l’educazione al disarmo, l’organizzazione della giornata mondiale della pace, la giornata della cultura della pace e, infine, la dichiarazione di Siviglia contro la violenza. Con l'affermazione del diritto all’educazione e la Convenzione sui diritti del bambino, e ancora con la dichiarazione sulla responsabilità delle generazioni presenti nei confronti delle generazioni future e le azioni internazionali per costruire una società consapevole e a favore dello sviluppo sostenibile (e qui si uniscono il tema della pace con quello dell’ambiente), possiamo dire che ormai il tempo è maturo.

Se torniamo a guardare il Giappone attuale, non possiamo non constatare che, al di là della Guerra e della sconfitta, abbiamo avuto settant’anni di pace, una cosa rara, sostenuti dal Preambolo e dall’articolo 9 della nostra Costituzione. Al tempo stesso, non possiamo non constatare che ci sono state delle alleanze regionali contro il militarismo e un diffondersi di movimenti di solidarietà nei paesi del Terzo Mondo. Anche le conferenze internazionali contro il nucleare possono ormai vantare una lunga storia.

 

Senza dubbio, le diciture «Pace e vita comune» o «Pace, Diritti Umani, Ambiente e Vita comune» possono darsi come la sintesi delle nuove idee che sono state portate avanti da questi vari movimenti. Di comune hanno il rigetto della guerra, il rifiuto della guerra come «male assoluto», la convinzione che la guerra non sia altro che l'espressione condensata della povertà, dell’oppressione e della violenza.

Tra coloro che hanno espresso la loro immensa ammirazione per l’articolo 9 della Costituzione del Giappone, troviamo lo storico Arnold Joseph Toynbee, l’ex Presidente dell’Università di Chicago Robert Hutchins, il biochimico Premio Nobel Szent-Györgyi Albert, nonché Oscar Arias Sánchez, l’ex Presidente del Costarica, che è stato anche Premio Nobel per la Pace. Troviamo anche Charles M. Overby, fondatore della sezione americana dell’Associazione per la diffusione dell’articolo, il filosofo Noam Chomsky e il regista John Junkerman, autore del documentario La Constituzione giapponese.

L’Assemblea dei popoli per la pace che si è tenuta all’Aia nel 1999; da qui è emerso un programma d’azione che chiede che ogni assemblea nazionale deve adottare una risoluzione che sulla falsa riga dell’articolo 9 della Costituzione giapponese, vieti il ricorso alla guerra. Secondo alcuni, questo pacifismo ha giocato a favore del Giappone anche dal punto di vista economico e finanziario proprio per la simpatia che gli ha attirato perfino dall’Asia occidentale (questa è stata l’osservazione che ha fatto al Parlamento giapponese Nakamura Tetsu che ha maturato una lunga esperienza in Pakistan e poi in Afghanistan).

Noi non dobbiamo dimenticare la voce dei popoli d’Asia che ci ricordano che l’articolo 9 è un impegno solenne preso davanti a venti milioni di vittime in Asia. Questo impegno non può essere modificato con leggerezza. L'allentamento delle tensioni in Asia orientale non potrà derivare da pressioni quali che siano, ma passerà soltanto attraverso un’azione diplomatica orientata alla pace sulla base dell'articolo 9.

 

Infine, l'articolo 9 dà al vivere insieme una larga base positiva di pensiero, coniugando il tema della pace con quello dell’ambiente. L'articolo 9 non mira alla pace in o di un paese solo, ma a quella di tutta l'umanità. Se la pace non sarà di tutta l’umanità, non lo sarà di ogni singolo popolo. Si tratta, quindi, di una filosofia positiva (affermativa) della pace che non troverà il compimento se non con l’estensione del suo spirito a tutti i paesi del mondo.

È per questo che dobbiamo divulgare la notizia allarmante che oggi questo articolo della Costituzione giapponese è minacciato. Noi lo dobbiamo fare per proteggere il Giappone e forse anche per proteggere il mondo intero.

Alcuni anni fa, Jürgen Habermas et Jacques Derrida hanno firmato un appello comune per la pace in cui pressavano per un ritorno alla teoria della Pace Perpetua di Kant. Ma questo pensiero di Kant non è esattamente quello che ha dato una forma concreta alla Costituzione del Giappone? «La Pace Perpetua non è un’illusione della mente, è un nostro dovere» (Kant, 1795). Non è forse proprio questo pensiero di Kant che ha dato forma concreta al Preambolo e all'articolo 9 della Costituzione giapponese? L’articolo 9 racchiude una forza capace di cambiare la politica mondiale. Come dicono le ultime parole del Preambolo, una Carta Mondiale con l’articolo 9 non è un sogno, ma è un dovere da realizzare.

A questo fine, noi dobbiamo agire con i seguenti cinque punti:

  1. Noi dobbiamo innanzitutto rinforzare e radicare in Giappone il movimento per la protezione dell’articolo 9.

  2. Noi dobbiamo anche raccogliere le firme e i messaggi di sostegno del maggior numero possibile di cittadini dal Giappone e dal mondo intero.

  3. Noi vogliamo, quindi, lanciare un progetto globale per elaborare in maniera cooperativa una Carta Mondiale per la Pace che includa l’articolo 9.

  4. Noi depositeremo poi la Carta così prodotta presso le Nazioni Unite perché essa sia ratificata.

  5. La Carta Mondiale così elaborata deve essere intesa come una deliberazione di tutti i popoli del mondo e dei loro governi, sicché essa dovrà ispirare le loro politiche nazionali e la diplomazia, la quale assumerà lo spirito della Costituzione giapponese di non ricorrere mai più alla guerra e agli armamenti.

Questo appello si rivolge a tutti coloro che, come individui o gruppi, pensano che una tale Carta Mondiale per la Pace sia necessaria, ed intendano, dunque, utilizzata nella loro azione. Noi speriamo che essa possa essere utile nella fase di elaborazione del loro appello.

Nota:

Ad oggi, molte persone si sono mobilizzate con questa stessa preoccupazione di difendere e di allargare la portata dell’articolo 9. È con loro e dalla condivisione delle nostre esperienze che il nostro movimento andrà avanti.

 

Bibliografia

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UNESCO (2009), Policy Guidelines on Inclusion in Education, Paris, UNESCO.

 

Appendice

Proposta del Prof. Em. Teruisha Horio, Università di Tokyo.

Mettre l’article 9 au cœur d’une Charte mondiale !

Pour un monde débarrassé du nucléaire et des armes.

Regardez la figure 1. C’est la Terre vue à l’horizon de la Lune. Elle a été prise par le satellite d’observation japonais Kaguya, lors de l’une de ses révolutions autour de la Lune. Contemplons-la, cette Terre qui n’est qu’une poussière d’étoile dans le cosmos, une simple planète dans notre système solaire. Pourtant, comme elle est belle! Et avec elle, les hommes et les animaux qu’elle héberge! Et notre imagination se déploie au-delà de l’espace pour interroger l’origine de la vie et le futur de l’espèce humaine. 

Les luttes qui opposent les hommes ne cesseront-elles jamais? Devant cette photo, le projet de paix éternelle de Kant se rappelle à notre mémoire et nous nous disons que notre époque a besoin d’un mouvement qui déploie l’article 9 de la Constitution pour en faire le principe d’une Charte de la Terre, d’une Charte mondiale à la mesure de cette ère de la planète Terre, de cette ère de l’espace. 

Voici 70 ans, dans les ruines de la défaite, un Japon regrettant la guerre et aspirant à la paix s’est donné une Constitution qui, par son article 9, affirme renoncer à la guerre.

 

Voici le préambule de cette Constitution:

Nous, le peuple japonais, […] décidés à ne jamais plus être les témoins des horreurs de la guerre du fait de l'action du gouvernement, proclamons que le pouvoir souverain appartient au peuple et établissons fermement cette Constitution. […]. Nous, le peuple japonais, […] désirons occuper une place d'honneur dans une société internationale luttant pour le maintien de la paix et l'élimination de la face de la terre, sans espoir de retour, de la tyrannie et de l'esclavage, de l'oppression et de l'intolérance. Nous reconnaissons à tous les peuples du monde le droit de vivre en paix, à l'abri de la peur et du besoin. […]. Nous, le peuple japonais, nous engageons, sur notre honneur de nation, à servir ces grands idéaux et ces nobles desseins par tous nos moyens.

 

Et son article 9:

Aspirant sincèrement à une paix internationale fondée sur la justice et l'ordre, le peuple japonais renonce à jamais à la guerre en tant que droit souverain de la nation, ainsi qu'à la menace ou à l'usage de la force comme moyen de règlement des conflits internationaux. Pour atteindre le but fixé au paragraphe précédent, il ne sera jamais maintenu de forces terrestres, navales et aériennes, ou autre potentiel de guerre. Le droit de belligérance de l'État ne sera pas reconnu.

 

En 1946, au lendemain de la diffusion du projet de Constitution par le gouvernement, les discours de deux des rédacteurs clés de ce texte nous reviennent en mémoire. Le premier de ces discours date du 27 mars 1946. Il fut tenu lors de la première session de la Commission sur la guerre par Shidehara Kijûrô l’un des protagonistes de la nouvelle Constitution qui occupait alors le poste de 1er ministre. Deux étaient les convictions de base: même si certains penseront qu’introduire un article de renoncement à la guerre relève d’un irénisme sans précédent dans les Constitutions du monde, il est vrai que en ces temps où l’on voit l’apparition d’armes de destruction encore plus puissantes que l’arme atomique, posséder une armée est une chose inutile; nous japonaises engageant ainsi à renoncer à la guerre, nous avançons certes seuls sur les plaines désolées de la politique internationale, mais tôt ou tard, le monde ouvrira ses yeux sur les calamités de la guerre pour finalement brandir le même étendard que nous.

L’autre discours, de quelques jours ultérieur, fut tenu le 5 avril lors de la première réunion du Conseil des alliés pour le Japon par le général Mac Arthur, commandeur suprême des forces d’occupation. La proposition «du gouvernement japonais de renoncer à la guerre repose sur le savoir éprouvé par la population que la guerre comme moyen d’action étatique était une terrible erreur. Mais elle marque un pas supplémentaire dans l’histoire de l’humanité, un pas qui sera possible lorsque les nations auront atteint un niveau supérieur de moralité sociale et politique internationale pour se protéger mutuellement des ravages de la guerre». «Je recommande donc que les peuples de la terre tout entière méditent cette proposition unilatérale du Japon de renoncer à la guerre. Il n’existe pas d’autre voie. Les objectifs de l’Organisation des Nations-Unis sont admirables mais ils ne pourront être atteints que le jour où, comme le Japon, tous les pays auront simultanément et universellement renoncé à la guerre». 

Telles sont les idées que l’on retrouve dans la préambule de la Constitution du Japon: Nous, le peuple japonais, nous engageons, sur notre honneur de nation, à servir ces grands idéaux et ces nobles desseins par tous nos moyens.

Depuis lors, 70 ans se sont écoulés.

 

Au cours de ces années, dans le respect de l’esprit de la Constitution, le Japon est parvenu à redresser son économie autour d’une production industrielle pacifique et à développer son éducation à la paix. Mais dans ce même intervalle, des interventions récurrentes ont réclamé la révision d’une Constitution soit-disant imposée au Japon par les forces d’occupation. Elles ont invoqué la nécessité d’une remise en ordre des excès de la démocratie, et rendu possible une extension des forces d’auto-défense présentées comme conforme au droit de défense consenti par l’article 9 dans le cadre du traité de défense nippon-américain et sous le parapluie atomique des États-Unis. La production d’armes et leur exportation sont désormais possibles.

Avec la promulgation de la loi sur la sécurité en 2016, et en rupture avec les interprétations gouvernementales antérieures, un droit de défense collective a été entériné et l’envoi de soldats à l’étranger a été avalisé tandis que des procès sont intentés pour inconstitutionnalité. Si le maintien de la situation présente s’avérait intenable par un simple jeu d’interprétation du texte constitutionnel, la pression (politique) en faveur d’une révision de la Constitution serait renforcée et l’article 9 se trouverait (dès lors) tout particulièrement menacé.

 

C’est dans les derniers mois de la seconde guerre mondiale et dans les remous anti-militaristes et pacifistes que la Charte des Nations-Unies a vu le jour, avec la déclaration universelle des droits de l’homme et le début des activités de l’Unesco. Une percée en matière de compréhension internationale et en faveur de la paix semblait alors possible. Mais les réalités de la politique internationale ont repris le dessus et les tensions entre blocs ont longtemps persisté autour de l’opposition axiale entre les États-Unis et l’URSS. Après la chute du mur de Berlin et l’effondrement du monde soviétique, un phénomène de globalisation qui a pris les États-Unis pour centre s’est affirmé (accéléré) mais l’effondrement des Tours jumelles (9/11), l’invasion de l’Afghanistan, la troisième guerre du Golfe et l’instabilité au Moyen-Orient ont rendu manifestes les contradictions de la «Pax Americana». En Asie de l’Est également les tensions ont gagné en intensité avec les rivalités de pouvoir entre la Chine et les États-Unis, l’aventurisme de la Corée du nord et la montée du nationalisme au Japon.

Cependant, dans le même temps, les pays non alignés ou neutres d’Asie, d’Afrique et d’Amérique latine, ont vu l’éclosion de mouvements en faveur de la réalisation des idées de paix mondiale de l’après-guerre (comme la conférence de Bandung), les scientifiques ont multiplié leurs rencontres dans le cadre du Mouvement Pugwash, l’ONU a également organisé des réunions sur le désarmement et l’UNESCO a multiplié les actions en faveur de la diversité des cultures avec l’Assemblée pour l’éducation au désarmement, l’organisation de journée mondiale pour la paix, de journée pour les cultures de la paix ou encore la déclaration de Séville (sur la violence). Avec l’affirmation du droit à l’apprentissage et la Convention relative aux droits de l’enfant, puis avec la déclaration sur les responsabilités des générations présentes envers les générations futures et les actions internationales pour l’édification de sociétés soucieuses d’un développement durable qui associe la question de paix à celle de l’environnement et envisage les problèmes en y intégrant la question du droit des générations futures, on constate un véritable mûrissement de la réflexion.

 

Lorsque nous nous retournons sur l’histoire récente du Japon, nous voyons les guerres d’invasion et la défaite, puis, soutenue par le préambule et l’article 9 de la Constitution, nous voyons soixante-dix années d’une paix rare, sans victimes ni massacres par des armées étrangères. Les alliances régionales non-militaires et les mouvements de solidarité dans les pays dits du tiers-monde sont également remarquables. Quant aux Conférences internationales contre le nucléaire, elles peuvent se prévaloir d’une longue histoire.

Sans doute peut-on rassembler sous les termes «Paix et vie commune» ou encore «Paix, Droits de l’Homme, Environnement et Vie commune» les idées nouvelles qui se sont cherchées à travers ces divers mouvements. Et ce qui traversait tout cela, c’était le raz-le-bol de la guerre, le rejet de la guerre comme «mal absolu», la guerre qui est l’expression condensée de la pauvreté, de l’oppression et de la violence.

Parmi ceux qui ont exprimé leur immense admiration pour l’article 9 de la Constitution du Japon, nous trouvons l’historien Arnold Joseph Toynbee, l’ancien président de l’université de Chicago Robert Hutchins, le bio-chimiste lauréat du prix Nobel Szent-Györgyi Albert ou encore Oscar Arias Sánchez, l’ancien Président du Costa-Rica qui fut aussi lauréat du prix Nobel de la Paix. On trouve aussi Charles M. Overby, fondateur de la section américaine de l’«association pour la diffusion de l’article 9», le penseur Noam Chomsky et le réalisateur John Junkerman qui a produit le documentaire intitulé «La Constitution japonaise». 

 

L’Assemblée des peuples pour la paix qui se tint à la Hague en 1999, inscrivit en première place de son programme d’action que «Chaque assemblée nationale doit adopter une résolution qui à l’instar de l’article 9 de la Constitution japonaise, interdise le recours à la guerre». Les hommes d’affaires familiers des pays du moyen-orient expliquent que le Japon y jouissait d’un capital de sympathie lié à cette clause de renoncement à tout engagement militaire. Tel était également la teneur des propos tenus à la Diète par Nakamura Tetsu à partir de son expérience au Pakistan puis en Afghanistan. 

Nous ne devons pas oublier la voix des peuples d’Asie qui nous rappelle que l’article 9 est un «engagement solennel pris devant les 20 millions de victimes en Asie. Cet engagement ne peut pas être changé à la légère». L’apaisement des tensions en Asie de l’Est ne saurait résulter du recours à des pressions; il passera par une diplomatie de paix qui se donne pour axe l’article 9.

Qui plus est, l’article 9 élargit notre réflexion sur la paix par l’apport d’une pensée favorable au vivre ensemble et à la prise en compte des questions de l’environnement. L’article 9 ne vise pas seulement la paix d’un pays mais celle de l’humanité toute entière. Car sans celle-ci, nous savons que la paix d’un pays ne peut être durable. Il s’agit donc d’une philosophie positive (affirmative) de paix qui ne trouvera son accomplissement que par l’extension de son esprit à l’ensemble des pays du monde.

C’est pourquoi il nous faut proclamer aujourd’hui que cet article est menacé. Nous le devons pour protéger le Japon et peut-être aussi pour protéger demain le monde entier. 

 

Voici quelques années, Jürgen Habermas et Jacques Derrida avaient signé un appel commun pour la paix dans lequel ils appelaient à un retour à la théorie de la Paix éternelle de Kant. Mais cette pensée de Kant n’est-elle pas précisément ce à quoi la Constitution du Japon a donné une forme concrète. 

«La paix éternelle n’est pas une illusion de l’esprit, elle est notre devoir» (Kant, 1795). Cette pensée de Kant est ce à quoi le préambule et l’article 9 de la Constitution japonaise ont donné une forme concrète? L’article 9 enferme une force capable de modifier la politique mondiale. Comme le disent les derniers mots du préambule, une charte mondiale comportant l’article 9 n’est pas un rêve. Sa réalisation est notre devoir.

A cette fin, nous devons agir sur les cinq points suivants :

  1. Nous devons d’abord renforcer et enraciner au Japon notre mouvement pour la protection de l’article 9.

  2. Nous devons également rassembler les signatures et les messages de soutien d’un grand nombre de citoyens du Japon et du monde entier.

  3. Nous voulons ensuite lancer un chantier mondial pour élaborer de façon coopérative une charte mondiale qui inclut l’article 9.

  4. Nous déposerons alors la charte ainsi produite aux Nations-Unis pour qu’elle y soit ratifiée.

  5. La charte mondiale ainsi élaborée a pour vocation d’être mise en œuvre par les peuples et les gouvernements des pays du monde, lesquels insèreront dans leur politique nationale et dans leur diplomatie l’esprit de non recours à la guerre et de non armement de la Constitution japonaise.

Cet appel est mis en commun pour tous ceux, individus ou groupes, qui pensent qu’une telle charte mondiale pour la paix est nécessaire, afin d’être utilisé dans leur action. Nous espérons qu’il pourra être utile lors de la phase d’élaboration de leur propre appel.

Note :

A ce jour, de nombreuses personnes se sont mobilisées avec cette même préoccupation de défendre et d’élargir la portée de l’article 9. C’est avec elles et dans le partage de nos expériences et de nos savoirs que notre mouvement ira de l’avant.

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