Test Book

Esperienze e progetti / Experiences, programmes, projects

Migrazioni e disabilità. Un approccio intersezionale per una scuola plurale
Migrations and disabilities. An intersectional approach for a plural school

Maria Antonietta Chieppa

Docente di sostegno presso la scuola secondaria di secondo grado e docente di italiano L2


Autore per la corrispondenza

Maria Antonietta Chieppa
Indirizzo e-mail: marinella.chieppa@gmail.com
IIS Pertini Falcone, via Lentini 78, 00133 Roma



Sommario

Dall’analisi dei PEI e dei PDF di ragazzi disabili figli di migranti emerge l’assenza di riferimenti alle biografie culturali, alle competenze linguistiche, ai modelli di genitorialità o alle rappresentazioni che le famiglie hanno della disabilità. Il questionario e le interviste somministrati ai docenti specializzati confermano un agito pedagogico-didattico poco incline a riconoscere la specificità dei bisogni degli studenti disabili che provengono da contesti migratori. La ricerca, pertanto, si è articolata lungo due piani di lavoro: il primo, incentrato sulla realizzazione di un’indagine di carattere esplorativo sulla rappresentazione sociale dei ragazzi disabili figli di migranti nei docenti specializzati; il secondo, incentrato sull’individuazione di linee guida e strumenti che potessero migliorare le pratiche inclusive e intercettare i bisogni formativi dei ragazzi disabili provenienti da contesti migratori. Sono stati pertanto realizzati un protocollo di accoglienza, che prevede il lavoro congiunto del docente specializzato, del coordinatore di classe, del mediatore culturale e del docente funzione strumentale Intercultura sin dalla fase di inserimento dell’alunno nella struttura scolastica, e una scheda di anamnesi transculturale per raccogliere informazioni sul contesto della migrazione, sulle competenze linguistiche e, più in generale, sulla biografia culturale.

Parole chiave

migrazione, disabilità, scuola.


Abstract

The analysis of the IEPs and PDPs of disabled children with migrant backgrounds shows the absence of references to cultural biographies, linguistic skills, models of parenting or representations that families have of disability. The questionnaire and interviews to special needs teachers confirm pedagogical-didactic action which is not inclined to recognise the specificity of the needs of disabled pupils with migrant backgrounds. This research was therefore articulated along two work plans: the first focused on the realisation of an exploratory survey on the social representation of disabled pupils with migrant backgrounds in special needs teachers; the second focused on the identification of guidelines and tools to improve inclusive practices and intercept the training needs of disabled children from migrant backgrounds. A reception protocol has thus been created, which involves the joint work of specialised teachers, cultural mediators and intercultural education teachers right from the pupil’s admission to school, and a transcultural anamnesis card to collect information on the context of migration, language skills and, more generally, on cultural biography.

Keywords

migration, disability, school.


Contestualizzazione1

La presente ricerca-azione è stata svolta presso un liceo, all’interno del quale sono attivi quattro indirizzi: Scienze Umane, Scienze Umane opzione Economico-sociale, Linguistico, Musicale. La scuola, che rivendica nella sua biografia la memoria storica dell’Istituto Magistrale, presenta una lunga tradizione di inclusione di studenti con disabilità. I recenti cambiamenti legati ai processi migratori hanno invece modificato solo parzialmente il profilo di utenza della scuola: estremamente ridotta la presenza di alunni NAI, più ampia, e a tratti silente, la presenza di alunni di seconda generazione proveniente soprattutto dall’Est Europa. La scarsa permeabilità dell’istituto ai mutamenti sociali è confermata dagli assi di progettazione triennale educativa e formativa che, sebbene individuino nel PTOF come area primaria quella dell’Accoglienza, prevenzione, supporto allo studio e recupero, integrazione, inclusione, pari opportunità, riducono l’educazione interculturale all’apprendimento linguistico in prospettiva interculturale e alla conoscenza di più lingue spesso realizzata attraverso gemellaggi con scuole europee. Non risultano presenti dunque né strumenti organizzativi come protocolli d’accoglienza, né pratiche innovative come revisione di curricoli in chiave interculturale.

Analogamente, rispetto alla vocazione inclusiva della scuola, il PTOF fa riferimento a una «estensione di metodi e strumenti già adottati nella pratica didattica rivolta agli alunni disabili ad altri alunni in difficoltà, con bisogni differenti (non alunni BES, ma con BES, bisogni educativi speciali)». Da un lato vi è, dunque, la presa d’atto di bisogni formativi sempre più specifici e, dall’altro, la generalizzazione di metodologie e approcci fondati su una cultura dell’accoglienza che si declinerebbe in non meglio specificate pratiche didattiche e «percorsi flessibili per rispondere ai bisogni di tutti».

 

Definizione e problematizzazione dell’oggetto della ricerca-azione

All’interno dell’istituto, presso il quale la scrivente svolge la funzione di docente specializzata sul sostegno, sono presenti 25 alunni con disabilità, 5 dei quali provenienti da famiglie migranti. In linea con quanto esplicitato nel PTOF, le procedure di accoglienza e il progetto educativo individualizzato predisposto per questi ultimi studenti sono uniformati a quelli predisposti per i ragazzi con disabilità provenienti da famiglie italiane. Soprattutto si registra l'assenza, nei PEI e nei PDF, di riferimenti alle biografie culturali, alle competenze linguistiche, ai modelli di genitorialità o alle rappresentazioni che le famiglie hanno della disabilità. Permane dunque, all’interno dell’istituto, un paradigma assimilazionista/normalizzante che continua a connotare molte pratiche dei processi di inclusione scolastica e sociale (Caldin e Dainese, 2011) e che ha indotto la scrivente a individuare come focus specifico della ricerca-azione la rappresentazione dei disabili migranti nei docenti specializzati e a indagare il loro agito pedagogico-didattico sollecitata dalla seguente domanda: quale organizzazione occorre darsi per migliorare le pratiche inclusive e attuare una progettualità in grado di intercettare i bisogni formativi dei ragazzi disabili figli di migranti?2

La domanda-madre è stata poi declinata in una serie di sotto-interrogativi al fine di agevolare l’elicitazione del problema e la successiva pianificazione degli interventi:

 

  • è possibile restituire complessità al concetto di “identità” promuovendo un posizionamento critico verso le rappresentazioni tese a fare della disabilità un discorso neutro, astratto, oggettivo e non situato?

  • quali difficoltà specifiche si incontrano nel costruire un percorso educativo-didattico con uno studente disabile proveniente da un diverso contesto socioculturale e con paradigmi e copioni familiari spesso differenti da quelli del Paese ospitante?

  • come creare condivisione all’interno dell’istituzione scolastica a fronte di una complessità che facilita divisioni e qualche volta contrapposizioni fra i diversi operatori?

 

Quadro teorico di riferimento

Sulla base dei pochi studi a oggi disponibili,3 il discorso sociale rispetto ai disabili migranti pare convergere su una rappresentazione in cui la disabilità eccede e risulta sovraesposta rispetto alla dimensione culturale dell’identità della persona. In una ricerca condotta a Bologna nel 2009 su ragazzi con disabilità figli di genitori con cittadinanza non italiana o adottati da famiglie italiane, il 51,1% degli insegnanti intervistati ha ritenuto che le difficoltà fossero da attribuire principalmente alla disabilità4 (Caldin e Dainese, 2011). Dunque, anche per effetto della circolazione di alcuni saperi dominanti come quello biomedico (Mei, 2011), le rappresentazioni globalizzate della disabilità sembrano attribuire all’appartenenza culturale un ruolo marginale nella costruzione del processo identitario. Già nel 2006 l’Agenzia europea per lo sviluppo dell’istruzione degli alunni disabili indicava nel rapporto Handicap e immigrazione un tema di priorità individuato dai Paesi membri dell’Agenzia,[4] rimarcando come gli strumenti e i metodi di valutazione che servono a identificare le capacità degli alunni non tengono conto in genere dell’identità culturale degli stessi. È parso opportuno, quindi, promuovere un approccio integrato, che tenesse insieme la dimensione della disabilità e quella della cultura d’origine (Goussot, 2010), attingendo ad un orizzonte di pensiero “meticcio” che, attraverso il dialogo interdisciplinare delle scienze umane, si nutrisse delle seguenti categorie concettuali:

 

  • transculturalità (Devereux, 1975), come invito a rispettare le differenze, a partire dalle similitudini per costruire lo spazio per l’incontro e il riconoscimento reciproco. Assumere uno sguardo transculturale, dunque, per decentrarsi rispetto al proprio etnocentrismo, per entrare in quella molteplicità di sguardi che invita a comprendere gli approcci di soggetti appartenenti a culture differenti, a creare dialoghi a partire dalle loro rappresentazioni culturali;

  • intersezionalità5 come sguardo multidimensionale, capace di coltivare una postura antiessenzialista che legge gli individui come canali di identificazioni e di diversificazione. Adottare un approccio intersezionale significa dunque riconoscere che ogni soggetto appartiene ad incroci di categorie sociali, che è teoricamente situato all'intersezione di una pluralità di differenze (etniche, di genere, ecc.);

  • governamentalità, nel senso foucaultiano del termine, inteso come insieme di pratiche attraverso le quali il comportamento degli individui può essere modificato con il ricorso a metodi disciplinari o con la diffusione di modelli di comportamento etici e dunque culturali (Foucault, 1978). Assumere la categoria della governamentalità significa, dunque, interrogarsi criticamente sul rischio della violenza istituzionale che tende a neutralizzare, attraverso la rivendicazione della sovranità del proprio punto di vista, lo sguardo dell’altro.

 

La cornice teorica di questa ricerca-azione, dunque, è tutta inscritta all’interno di questi due poli: il riconoscimento di identità plurali e la necessità di accogliere dentro l’istituzione scuola lo sguardo di queste identità ancora, in parte, invisibili.

 

Obiettivi e strumenti di rilevazione dei dati

Partendo dalla domanda-guida, la ricerca-azione si è prefissata i seguenti obiettivi:

 

  • individuare le rappresentazioni sociali dei ragazzi disabili figli di migranti da parte dei docenti specializzati;

  • comprendere i bisogni dei ragazzi disabili figli di migranti prendendo in considerazione quella che Lev Vygotskij chiamava “la dimensione storico-culturale del loro sviluppo”;

  • rivedere gli strumenti (PEI, PDF) e le modalità d’intervento tenendo conto della dimensione transculturale.

 

Per quanto concerne l’aspetto metodologico, la ricerca-azione si è dotata di strumenti differenti a seconda della fase d’indagine (Losito e Pozzo, 2005). Nella fase di ricognizione sono stati utilizzati:

 

  • questionari strutturati somministrati al team del Dipartimento Integrazione;

  • videointerviste rivolte a due ragazze disabili figlie di migranti;

  • intervista a una docente specializzata e focus group rivolto a quattro docenti specializzati.

 

Nella fase di riflessione sono stati utilizzati:

 

  • la trascrizione delle interviste e del focus group;

  • i dati emersi dalla somministrazione del questionario.

 

Nella fase di osservazione post-azione sono stati ipotizzati i seguenti strumenti:

 

  • questionari strutturati somministrati al team del Dipartimento Integrazione e alla docente funzione strumentale Intercultura;

  • intervista ai genitori per verificare possibili cambiamenti nelle relazioni con l’istituzione scolastica.

 

Tuttavia, poiché la revisione degli strumenti per l’inclusione entrerà a regime a gennaio 2019, sarà possibile solo nel prossimo anno scolastico implementare quest’ultima fase e procedere al monitoraggio attraverso il riutilizzo degli strumenti sopra citati.

 

Progettazione del percorso di ricerca-azione

La progettazione della ricerca-azione è stata guidata dalla necessità di promuovere all’interno dell’istituto un clima culturale che si sostanziasse di pratiche e procedure organizzative condivise (Losito e Pozzo, 2005). Per raggiungere tale obiettivo è parso indispensabile propendere, allora, per una ricerca-azione esistenziale e integrale (Barbier, 2008), tesa non solo alla soluzione dei problemi ma soprattutto al cambiamento dell’atteggiamento delle persone coinvolte nel processo educativo. Il progetto pertanto si è articolato lungo due piani di lavoro: il primo, incentrato sulla realizzazione di un’indagine di carattere esplorativo sulla rappresentazione sociale dei ragazzi disabili figli di migranti nei docenti specializzati; il secondo, incentrato sull’individuazione di linee guida, orientamenti e strumenti che potessero agevolare l’inclusione dei ragazzi disabili figli di migranti nella struttura scolastica.

Nello specifico sono state progettate le seguenti azioni:

 

  • Azioni 1: somministrazione di un questionario ai docenti specializzati avente come focus specifico la rappresentazione sociale, intesa come sistema di valori, idee, classificazioni, inerenti gli alunni disabili figli di migranti. L’obiettivo è stato quello di far emergere la mappa mentale dei docenti specializzati, quali conoscenze sociali guidano il loro agire educativo e con quali categorie funzionano dal punto di visto didattico e pedagogico.

  • Azione 2: videointervista a 2 ragazze con disabilità, figlie di migranti. Sono state esplorate le biografie culturali delle ragazze al fine di ricostruirne abitudini, interessi, stili di vita, nell’ottica della valorizzazione delle loro esperienze di vita e delle traiettorie migratorie che attraversano le loro esistenze.

  • Azione 3: condivisione dei risultati del questionario e delle videointerviste mediante focus group. Grazie al focus group l’indagine ha fatto i conti con le rappresentazioni culturali che collaborano alla produzione di una certa immagine dei ragazzi disabili figli di migranti. Elementi centrali della discussione sono stati: l’analisi dei dati emersi dal questionario, la riflessione sugli impliciti del proprio modello pedagogico e le implicazioni delle culture sui vissuti e sulle storie individuali.

  • Azione 4: revisione degli strumenti operativi (Protocollo di accoglienza, scheda di anamnesi transculturale), attraverso l’introduzione di procedure che tenessero conto della storia del percorso migratorio, della transizione linguistico-culturale e dei vissuti mediati da codici culturali altri.

 

Descrizione delle attività

 

Il questionario

In questa prima fase si è somministrato a 12 docenti del dipartimento di Integrazione un questionario per raccogliere informazioni relativamente a 3 ordini di problema:

 

  • il livello di informazione rispetto alle problematiche congiunte della disabilità e delle migrazioni;

  • la rappresentazione sociale dei ragazzi disabili figli di migranti;

  • i modelli di accoglienza e di inclusione dell’organizzazione scolastica.

 

In merito al primo punto è da sottolineare la consapevolezza della mancanza di informazioni relativamente alle tematiche della disabilità e della migrazione: il 91,7% non conosce la percentuale di ragazzi disabili figli di migranti nel nostro Paese e solo il 66,7% è a conoscenza della loro presenza all’interno del liceo (2/3 dei quali provenienti dal Medio Oriente e dall’Area del Maghreb). Per quanto concerne il secondo punto, ai docenti è stato chiesto quali termini assocerebbero in maniera immediata alle parole “disabile” e “migrante”. Interessante rilevare come in entrambi i casi sia stata evocata una condizione di vulnerabilità (disabile come fragile/migrante come povero) associata all’esigenza dell’integrazione e dell’accoglienza. Sembra, dunque, non emergere la visione del disabile e del migrante come risorsa, potenzialità e come portatore di uno sguardo differente, bensì come polo subalterno della relazione d’aiuto. Tale rappresentazione appare più evidente quando si chiede ai docenti di esprimere il loro accordo o disaccordo in merito a delle affermazioni riguardanti i ragazzi disabili figli di migranti. Il 91,7% dei docenti intervistati ritiene che tali ragazzi manifestino gli stessi bisogni dei ragazzi disabili provenienti da famiglie italiane ‒ confermando che gli aspetti culturali vengono percepiti come secondari rispetto al deficit. Le risposte dei docenti tuttavia appaiono a tratti contraddittorie, lasciando emergere uno scarto tra le teorie dichiarate e l’agito pedagogico-didattico: il 70,5% dei docenti è consapevole della necessità di un intervento congiunto sulla disabilità e sulla cultura d'origine, riconosce ai ragazzi disabili figli di migranti maggiori criticità, così come un’esposizione maggiore a rischi di discriminazioni multiple. Tuttavia, il riconoscimento della multidimensionalità della realtà di questi ragazzi e della necessità di garantire un intervento globale e integrato a ognuno non si traduce in azioni congiunte sulla disabilità e sulla conoscenza delle loro culture.

Per quanto concerne l’organizzazione dell’istituzione scolastica, le risposte ottenute hanno confermato l’assenza di procedure di accoglienza, di servizi e azioni specifiche per la fascia di studenti oggetto d’indagine, facendo emergere una conoscenza poco condivisa relativamente alle figure di supporto operanti nella scuola: il 54% dei docenti afferma che non è presente la figura del mediatore culturale e del docente funzione strumentale Intercultura all'interno dei gruppi operativi e il 54,6% ritiene che nelle classi siano presenti il mediatore o l’educatore interculturale. Il dato può essere letto, dunque, come difficoltà dell’organizzazione sia a riconoscere specifici bisogni formativi per i ragazzi disabili figli di migranti, sia a tradursi in prassi condivisa e partecipata.

 

Intervista alla docente6

La contraddittorietà di alcune risposte dei docenti ha generato la necessità di approfondire alcune questioni. Ci si è rivolti, quindi, a una docente che nel corso della sua lunga carriera professionale aveva seguito numerosi ragazzi disabili figli di migranti e svolto, in un’altra scuola, precedente sede di servizio, la funzione di referente per l’intercultura. L’intervista ha confermato:

 

  • la convinzione che i ragazzi disabili figli di migranti non abbiano bisogni specifici;

  • la sottovalutazione del bilinguismo vissuto più come un ostacolo all’integrazione che non come una risorsa:

 

Intervistatrice: Intervistando la tua alunna di origine cinese sono venuta a conoscenza del fatto che sta seguendo un corso di lingua cinese presso la scuola cinese in via XXXX. Mi ha detto che ci va ogni domenica, dalle 9 alle 16.

Docente: Sì, infatti anche quella scelta io non l’ho capita. È come se io andassi a Londra per lavorare e facessi un corso di italiano.

 

Trova conferma inoltre, nelle parole della docente, lo stereotipo della disabilità come dimensione fagocitante l’identità:

 

Intervistatrice: Ma secondo te è importante che la scuola valorizzi le culture d’origine dei ragazzi disabili figli di migranti?

Docente: Mah, non saprei, secondo me dipende dal tipo di disabilità.

Intervistatrice: Puoi spiegarmi meglio?

Docente: Secondo me la scuola può fare poco, nel senso che è un problema che non dipende dalla scuola. Io qui a scuola posso attivare qualsiasi progetto, in cinese, in arabo. Però un conto è attivare un progetto del genere con un ragazzo con programmazione per obiettivi minimi, cioè che ha degli strumenti. Un conto è con un ragazzo con una disabilità grave.

 

In un passaggio successivo si evince anche la difficoltà della scuola di gestire la complessità sociale nonostante la bontà delle intenzioni e la consapevolezza della propria funzione educativa:

 

Docente: Continuo a pensare che la scuola non può tutto, che abbiamo il dovere di far star bene i nostri alunni. Poi però ci sono alcuni conflitti che non dipendono dalla scuola ma da una società poco accogliente.

 

Le videointerviste alle studentesse

Poiché i questionari e l’intervista alla docente non avevano fatto emergere bisogni specifici dei ragazzi disabili figli di migranti ma al contempo segnalavano la lingua come ostacolo principale per l’inclusione, si è ritenuto opportuno effettuare una triangolazione attraverso una videointervista a due studentesse7 frequentanti il liceo. La prima, S1,8 proviene da una famiglia cinese (Diagnosi Funzionale: lieve ritardo mentale); la seconda, S2 (Diagnosi Funzionale: ADHD), proviene da una famiglia mista con padre tunisino e madre italiana.

L’obiettivo dell'intervista era quello di far emergere bisogni e stili di vita che potessero arricchire la conoscenza delle due studentesse. Dall'intervista è emersa in primo luogo la presenza di una competenza bilingue: nel primo caso addirittura la ragazza cinese, oltre a frequentare la scuola italiana, si recava un giorno a settimana nella scuola cinese per imparare a scrivere e leggere in cinese. La trascrizione dell’intervista restituisce alcune difficoltà nell’utilizzo dell’italiano che confermano quanto segnalato dai docenti nel questionario. In secondo luogo, l'intervista ha restituito tutta la complessità di identità ibride che da un lato esprimono il desiderio di tener vivo il legame con la cultura d’origine anche attraverso la tecnologia (Whatsapp per comunicare con parenti lontani, Youtube per conoscere cantanti cinesi o arabi), dall’altro raccontano di vissuti mediati da codici culturali altri, spesso meticciati e sincretici.

Di seguito alcuni stralci:

 

Intervistatrice: E cosa fate in questa scuola?

S1: Scrivere, giocare, mangiare, ancora scrivere.

Intervistatrice: Quindi mangiate anche?

S1: Sì.

Intervistatrice: E cosa mangiate?

S1: Riso.

Intervistatrice: Ti piace il riso?

S1: No

Intervistatrice: Quali sono i piatti che preferisci?

S1: Pasta, pizza, pollo, insalata.

 

S2: Sì, sono cristiana ma non praticante. E l'estate mi piace fare il Ramadan (sorride)!

Intervistatrice: Come mai fa il Ramadan, pur essendo cristiana?

S2: Perché è una pratica che mi fa sentire in pace con me stessa. Sì, mi fa sentire in pace.

Intervistatrice: Come sei venuta a conoscenza della pratica del Ramadan?

S2: Beh, un po' dai miei parenti, un po' dalle persone che conosco. Mio padre però non è praticante.

 

Non dunque identità monolitiche, inchiodate alla categoria della disabilità o a quella del migrante, ma identità plurime (Laplantine, 2004; Sen, 2008), che tengono conto di più spazi di appartenenza, identità che potremmo definire congiunturali e che si esprimono in modo diverso a seconda dei contesti di esperienze, in una continua negoziazione identitaria e “ritessitura della trama esistenziale” (Martinazzoli, 2012, p. 10).

 

Il focus group

Il confronto tra la percezione che i docenti avevano dei ragazzi disabili figli di migranti e la complessità dell’identità culturale restituita dalle videointerviste alle studentesse ha fatto avanzare la ricerca-azione sul piano della riflessione. Pertanto, è risultato necessario promuovere un confronto fra docenti per far emergere esperienze e convinzioni, esplicitare quanto spesso vi è di implicito e intuitivo nel proprio agire professionale e riposizionare idee errate, rappresentazioni egemoniche. Il focus group – che ha coinvolto 4 docenti del Dipartimento Integrazione – è parso lo strumento più idoneo a favorire il confronto, la rielaborazione dell'esperienza dei docenti e la sistematizzazione delle conoscenze di ognuno. È stata soprattutto l’occasione per:

 

  • provare ad attivare forme di decentramento cognitivo attraverso domande di tipo proiettivo:

 

Intervistatrice: Se voi foste in Cina e i vostri figli frequentassero la scuola cinese, quali problemi potreste incontrare?

 

  • tentare di far emergere rappresentazioni egemoniche frutto di generalizzazioni e di processi di categorizzazione che portano ad attribuire caratteristiche identiche a tutti i membri del gruppo:

 

Docente: Beh sì, tutti i ragazzi cinesi che io conosco fanno il corso di cinese alla scuola cinese […], la loro è una comunità molto unita, sentono in maniera molto forte la loro identità.

 

  • sollecitare l’esplicitazione di teorie implicite (l'appartenenza alla categoria della disabilità rende neutrale e non situata l’identità):

 

Docente: Ma comunque la disabilità è considerata uguale per tutti.

Intervistatrice: In che senso la disabilità è uguale? Puoi fare un esempio per spiegare meglio?

Docente: Beh, in questo senso: che sia africano, che sia cinese, che sia rumeno, che sia italiano, è comunque un ragazzo con disabilità. Per questo le procedure sono quelle.

 

  • rileggere la propria esperienza professionale con più consapevolezza e cogliere nell’esperienza migratoria la concausa di problematiche psichiche (Fanon, 1961; Moro, 2005):

 

Docente 1: Io da 3 anni seguo una ragazza di origine marocchina nata in Italia che parla arabo in casa ma che nega di conoscere l'arabo ed è arrivata quest'anno a rivolgersi alla polizia perché vuole cambiare il suo nome arabo e acquisirne uno italiano. Lei si sente molto diversa rispetto ai ragazzi italiani e soffre molto di questa differenza, non accetta la sua nazionalità, rifiuta completamente la sua cultura d’origine.

Docente 2: Scusate, ma stiamo parlando di una ragazza che è affetta da psicosi! Il suo problema è quello! Per questo rifiuta la sua cultura d’origine!

Docente 1: Invece io credo che questo sia un problema in più, che non dipende dalla sua disabilità, è un problema, questo dell’identità culturale, che si somma alla psicosi.

 

  • provare a riconoscere l’identità come processo situato e costantemente aperto:

 

Docente 1: Vedi però che cosa significa vivere in un altro posto rispetto a quello in cui sei nata? Lei ti ha detto che ascolta la musica cinese però le piace il cibo italiano. Vedi come sono cambiati anche i suoi gusti stando in Italia?

 

  • cercare di acquisire consapevolezza della necessità di valorizzare la cultura d’origine:

 

Docente: [...] Se ti riferisci a delle strategie che potremmo utilizzare per tenerne conto nella costruzione del percorso scolastico penso di sì, perché noi parliamo sempre di percorsi personalizzati. Le strategie sono sempre calibrate sulla persona e la cultura è un aspetto che fa parte della persona; non si può pensare, ad esempio, che A. non sappia scrivere quando invece con un altro tipo di scrittura scopriamo che in realtà questa competenza ce l'ha.

 

Questo processo di riposizionamento di idee e rappresentazioni pare aver avuto i seguenti riscontri:

 

  • presa d’atto del contesto migratorio che caratterizza anche la biografia di ragazzi adottati o figli di coppie miste;

  • riconoscimento, per quanto concerne i ragazzi disabili figli di migranti, delle criticità legate alla socializzazione e alle difficoltà linguistiche;

  • consapevolezza della difficoltà della famiglia migrante a vivere una simmetria relazionale con la scuola (le difficoltà linguistiche e la scarsa conoscenza della burocrazia pongono la famiglia in una condizione di subalternità che si traduce in una piena fiducia nei confronti degli insegnanti);

  • necessità di rivedere la modulistica legata all’accoglienza, il PEI e alcuni aspetti organizzativi.

 

Le azioni

Dunque, a partire dall'incrocio dei dati provenienti da fonti diverse (le opinioni dei docenti e quelle delle studentesse) e raccolti con strumenti differenti (questionario, interviste) e dalla riflessione condotta nel focus group, si sono scoperte teorie implicite, incongruenze tra teoria e pratica, bisogni formativi precedentemente non contemplati. Questo ha consentito di iniziare a mappare le problematiche emerse e di individuare nei dati a disposizione alcune costanti:

 

  • necessità di rivedere alcuni aspetti dell’organizzazione scolastica;

  • necessità di modificare gli strumenti operativi nell’ottica di una più efficace comunicazione con le famiglie e di una valorizzazione della cultura d’origine.

 

Da qui la decisione di concentrare l'intervento sulla modifica dei processi inclusivi, agendo innanzitutto sui contesti per adattarli ai bisogni, tenendo conto della complessità dell'identità culturale di ognuno. Da un lato, dunque, si è proceduto alla stesura di un protocollo di accoglienza per rendere più congrua l’azione rispetto ai principi esplicitati nel PTOF; dall’altro si è ritenuto necessario introdurre, all’interno del PEI, una scheda di anamnesi transculturale che fornisse elementi utili alla ricostruzione della biografia culturale dei ragazzi disabili figli di migranti.

 

Il protocollo di accoglienza

Nel protocollo di accoglienza, visibile in allegato (tabella 1), sono state delineate prassi condivise di carattere amministrativo, comunicativo-relazionale, educativo-didattico,9 nella convinzione che il primo impatto con la realtà scolastica può determinare la buona riuscita dell’intervento educativo (Frascà, 2011). Per delineare una maggiore integrazione tra la dimensione della disabilità e quella della migrazione, si è ritenuto opportuno introdurre, relativamente ai ragazzi disabili figli di migranti, le seguenti prassi:

 

  • Fase dell’accoglienza: modulistica per l’iscrizione redatta in arabo/ in inglese. Per la traduzione (da avviare a settembre), si è scelto di utilizzare la lingua araba poiché il 75% dei ragazzi disabili figli di migranti iscritti al liceo in questione è arabofono. Verrà coinvolta la docente funzione strumentale Intercultura con livello linguistico B2 in arabo e in inglese.

  • Fase della conoscenza: partecipazione al Gruppo Operativo del precedente grado scolastico e compilazione della scheda di anamnesi transculturale (allegato, tabella 2).

  • Fase dell’inserimento: intervento congiunto del mediatore culturale, del docente specializzato, del coordinatore di classe e del docente funzione strumentale Intercultura. In questa fase si delinea la revisione più evidente dell’assetto organizzativo: le figure dialogano per favorire l’inserimento graduale in classe, avviando il rilevamento delle competenze linguistiche e il tutoraggio da parte di un compagno di classe. In questa fase è fondamentale il lavoro sinergico per individuare gli aspetti specifici legati alla disabilità (docente specializzato), alla lingua e alla cultura (funzione intercultura e mediatore) su cui incentrare il lavoro didattico.

  • Fase dell’inclusione: la docente funzione strumentale Intercultura partecipa ai Gruppi Operativi e collabora alla stesura di progetti interculturali rivolti alla classe in cui è inserito il ragazzo disabile figlio di migranti e alla modifica delle programmazioni inserite nel PEI in chiave interculturale.

 

La scheda di anamnesi transculturale

La scheda di anamnesi transculturale,10 visibile in allegato (tabella 2), è stata pensata come strumento che raccoglie informazioni sul contesto della migrazione, sulle competenze linguistiche, sugli aspetti legati alla cura familiare. Al suo interno sono state individuate 6 macroaree: storie di vita, passato migratorio, comunicazione, famiglia e socialità, religione, concezione della disabilità. Nelle pratiche di cura inerenti la salute mentale, ottenere informazioni, conoscere il contesto socioculturale del paziente risulta fondamentale per avviare una relazione di fiducia, restituire dignità alla cultura di provenienza, costruendo ipotesi di senso e racconti fondati su una rappresentazione plurale, che integra la dimensione psichica con quella culturale.11 La scheda, utilizzata in occasione del Gruppo Operativo del grado scolastico precedente in cui partecipa il docente coordinatore del dipartimento Integrazione del liceo, viene allegata al PEI e si configura come la base su cui costruire il progetto di vita. Il suo utilizzo, inoltre, aiuta i docenti a produrre e mantenere la competenza culturale con l’obiettivo di assumere uno sguardo bifocale, un’ottica integrata che tenga insieme la dimensione della disabilità e quella della migrazione.

 

Valutazione

La ricerca-azione non può ritenersi conclusa poiché le azioni previste (revisione degli strumenti e delle procedure) verranno implementate a partire dal prossimo anno scolastico.

Sarà necessaria dunque un’ulteriore raccolta dati per monitorare il percorso e tenere sotto osservazione l'effetto delle azioni messe in atto. Tale successiva raccolta dati consentirà infatti di sostenere e alimentare il processo nelle sue diverse fasi per direzionare le successive azioni e avviare un percorso di ripianificazione e ricorsività. Un aspetto di criticità è stato rappresentato dalla variabile temporale: la messa a sistema di procedure che si traducono in prassi condivise richiede tempi che esulano da quelli cui è costretta l’attuale ricerca-azione.

Da un punto di vista metodologico, sono risultati, invece, efficaci gli strumenti adottati rispetto agli obiettivi previsti. I questionari somministrati al team del Dipartimento Integrazione hanno consentito di rilevare dati sull’organizzazione scolastica e di far emergere lo scarto tra teorie dichiarate e teorie agite. Le videointerviste alle ragazze disabili figli di migranti hanno fatto emergere aspetti della loro identità culturale tali di avviare la riflessione, poi maturata nel focus group, sulla necessità di rivedere modelli pedagogici, rappresentazioni della disabilità e strumenti operativi.

Nel complesso, dunque, possono considerarsi raggiunti gli obiettivi di processo. Il lavoro d’équipe ‒ condotto con un nucleo ristretto del Dipartimento Integrazione ‒ ha avviato un dialogo proficuo per la messa a punto di pratiche inclusive e la diffusione di una cultura della condivisione tra chi si occupa di disabilità e chi si occupa di Intercultura, capace di superare la frammentazione dei ruoli e gli iperspecialismi delle funzioni. In secondo luogo, ha consentito di mettere in discussione le proprie rappresentazioni iniziando ad assumere un atteggiamento meno etnocentrico, capace di screditare, come sostiene Caldin (2012), una percezione esclusiva della disabilità e di mettere in luce nell’alunno una presenza autentica e intersezionale, non solo circoscritta alla disabilità e/o alla condizione di figlio di migranti. 

Dalle videointerviste rivolte alle due studentesse del liceo emerge in effetti quella che Canevaro definisce come identità competente (Canevaro e Berlini, 1996): hobbies, competenze extrascolastiche, passioni che veicolano i tratti caratteristici di un’identità plurale spesso non contemplati nelle progettazioni educative. Relazionarsi con ragazzi disabili figli di migranti vuol dire, allora, interrogarsi sulla doppia condizione di diversità, maggiormente complessa per le condizioni che la migrazione pone, vuol dire occuparsi di come il fattore migrazione incida sul cambiamento anche dell’immaginario sulla disabilità che i migranti elaborano, su come alcune pratiche e idee si riproducano, persistano e siano le uniche griglie di lettura che le persone hanno a disposizione culturalmente per dare senso alle situazioni che vivono (Martinazzoli, 2012). Da ultimo, vuol dire anche incrinare la rigidità istituzionale (norme, aspettative, procedure) attraverso soluzioni flessibili e contestuali che riescano ad accogliere orizzonti di pensiero e sguardi che, in fin dei conti, nella differenza si somigliano.

La presenza di alunni con disabilità provenienti da contesti migratori sollecita, dunque, la scuola a trovare soluzioni innovative in campo educativo, a interrogarsi – in quanto entità aperta al cambiamento – in un processo di continua revisione della sua organizzazione. Risulta fondamentale, allora, che la formazione dei docenti risponda alle nuove sollecitazioni sociali che si configurano anche come urgenze educative, in modo da poter soddisfare i bisogni di tutti e di ognuno.

Saper leggere in modo multidimensionale la realtà di soggetti portatori di una doppia differenza, saper riconoscere la maggiore esposizione alla vulnerabilità cui sono sottoposti, diventa allora l’ubi consistam di cui ogni intervento didattico dovrebbe nutrirsi in una scuola davvero interculturale.

 

Allegati

Tabella 1: Protocollo di accoglienza

 

FASE

PERIODO

CHI

ATTIVITÀ

Iscrizione

Entro il mese di febbraio

Coordinatore del Dipartimento Integrazione

Incontro della famiglia con il Dirigente Scolastico e il docente Coordinatore:

 

consegna alla famiglia della modulistica redatta nelle lingue d’origine/in inglese.

Conoscenza

Tra febbraio e giugno

Coordinatore del Dipartimento Integrazione

Partecipazione al gruppo operativo della scuola dell’ordine precedente;

 

raccolta di informazioni sulla storia personale e scolastica dell’alunno, sulla situazione familiare attraverso la scheda di anamnesi transculturale.

Inserimento

A settembre

Docente specializzato + Funzione strumentale Intercultura + docente coordinatore di classe

Rilevazione della competenza linguistica;

 

individuazione di un ragazzo con cittadinanza italiana o di seconda generazione, che svolga una funzione di tutor, nella prima fase di inserimento;

 

intervento del mediatore culturale in classe (se necessario);

 

in caso di alunno NAI: raccolta dati e documentazioni sulla scuola del Paese di provenienza.

Inclusione

Durante l’intero anno scolastico

Docente specializzato + Funzione strumentale Intercultura

Percorsi di educazione interculturale rivolti alla classe (anche in collaborazione con realtà del territorio);

 

modifica delle programmazioni disciplinari del PEI in chiave interculturale;

 

gruppi operativi con la presenza allargata alla funzione strumentale Intercultura e al mediatore culturale (se necessario);

 

stesura del PEI con particolare attenzione agli aspetti transculturali (scheda di anamnesi transculturale da allegare);

 

progetti e interventi specifici per la disabilità, lingua, cultura.

 

 

Tabella 2: Scheda di anamnesi transculturale

 

Storie di vita

L’alunno è nato in

❏      Italia

❏      Paese d’origine dei genitori

❏      altro:

L’alunno è in Italia

❏      con i genitori

❏      minore non accompagnato

❏      altro:

L’alunno è vissuto in

❏      campagna

❏      città

❏      altro:

La nazionalità dell’alunno è

❏      Paese d’origine dei genitori

❏      italiana

❏      altra:

L’alunno appartiene all’etnia

 

Le condizioni di vita della famiglia dell’alunno nel paese d’origine erano

❏      buone

❏      discrete

❏      pessime

 

La famiglia dell’alunno è costituita da

❏      coppia mononazionale

❏      coppia binazionale

❏      genitore singolo

❏      altro:

Le condizioni di vita della famiglia dell’alunno in Italia sono

❏      identiche a quelle del Paese d’origine

❏      peggiorate rispetto a quelle del Paese d’origine

❏      migliorate rispetto a quelle del Paese d’origine

 

 

 

Passato migratorio

L’alunno appartiene alla

❏      prima generazione migratoria

❏      seconda generazione migratoria

 

La famiglia dell’alunno/l’alunno ha lasciato il Paese per

❏      guerra

❏      motivi economici

❏      persecuzione politica

❏      carestia

❏      altro:

L’alunno è arrivato in Italia

❏      attraverso corridoi umanitari

❏      con mezzi di fortuna

❏      altro:

La meta della famiglia dell’alunno era

❏      l’Italia

❏      altri Paesi europei

L’alunno percepisce la sua vita in Italia come

❏      positiva

❏      negativa

 

 

Comunicazione

La lingua parlata in famiglia è

❏      la lingua del paese d’origine

❏      l’italiano

❏      altra:

Il sistema di scrittura che l’alunno ha appreso inizialmente è

❏      logografico

❏      alfabetico

❏      altro:

L’alunno presenta difficoltà fonologiche

❏      sì

❏      no

❏      deboli difficoltà

Familiarità per difficoltà di linguaggio orale o scritto

❏      sì

❏      no

Periodo di esposizione sistematica alla lingua italiana

❏      < 1 anno

❏      1-5 anni

❏      5-10 anni

❏      >10 anni

L’alunno ha bisogno di un interprete

❏      si

❏      no

La frequenza dell’alunno nella scuola dell’infanzia è stata

❏      regolare

❏      irregolare

❏      assente

 

 

Famiglia e socialità

I genitori sono in Italia da

❏      < 1 anno

❏      1-5 anni

❏      5-10 anni

❏      > 10 anni

Genitori o parenti arrivati in Italia con ricongiungimenti familiare

❏      si

❏      no

Tengono i contatti con la scuola

❏      i genitori

❏      il fratello/la sorella

❏      lo zio/la zia

❏      un nonno

❏      altro:

Chi tiene i contatti con la scuola parla

❏      italiano

❏      lingua d’origine della famiglia

❏      altro:

L’alunno ha contatti con amici e parenti nel Paese d’origine dei suoi genitori

❏      sì

❏      no

L’alunno ha i seguenti impegni extrascolastici

❏      terapie

❏      sport

❏      corso di musica

❏      centro di aggregazione

❏      attività di volontariato

❏      chiesa, moschea, altri luoghi di culto

❏      altro:

Frequentazioni extrascolastiche

❏      amici di cittadinanza italiana

❏      amici di cittadinanza uguale alla famiglia d’origine

❏      amici di cittadinanze diverse

❏      no

Figure familiari di riferimento sul territorio oltre ai genitori

❏      parenti

❏      altro:

 

Integrazione della famiglia nel tessuto sociale di accoglienza

❏      partecipa ad associazioni

❏      partecipa ad attività nel territorio

❏      è in situazione di disagio

❏      è in situazione di marginalità sociale

❏      altro:

Stile genitoriale

❏      autorevole

❏      autoritario

❏      permissivo

❏      iperprotettivo

❏      altro:

Attese rispetto al figlio

❏      autonomia

❏      dipendenza da genitore

❏      altro:

 

 

Religione

L’alunno appartiene alla seguente religione

❏      musulmana

❏      cristiana

❏      induista

❏      buddista

❏      ebrea

❏      altra:

L’alunno rispetta le seguenti festività religiose

❏      Ramadan

❏      Natale

❏      Pasqua

❏      Yom Kippur

❏      Holi

❏      Vesak

❏      altro:

L’alunno necessita di momenti da dedicare alla preghiera durante il tempo scuola

❏      sì

❏      no

 

Concezione della disabilità

L’alunno conosce la sua disabilità

❏      sì

❏      no

❏      altro:

I genitori hanno una rappresentazione della disabilità come

❏      punizione per colpe dei genitori

❏      malattia (speranza nella possibile guarigione)

❏      diversa abilità

❏      altro:

L’alunno ha una rappresentazione della disabilità come

❏      punizione per colpe dei genitori

❏      punizione per colpe proprie

❏      malattia (speranza nella possibile guarigione)

❏      diversa abilità

❏      non ha consapevolezza della sua disabilità

 

Bibliografia

Barbier R. (2008), La ricerca-azione, Roma, Armando.

Caldin R. (2017), La ricerca di identità nei processi inclusivi e di migrazione. In I. Loiodice e S. Ulivieri (a cura di), Per un nuovo patto di solidarietà. Il ruolo della pedagogia nella costruzione di percorsi identitari, spazi di cittadinanza e dialoghi interculturali, Bari, Progedit.

Caldin R. (a cura di) (2012), Alunni con disabilità figli di migranti. Approcci culturali, questioni educative, prospettive inclusive, Napoli, Liguori.

Caldin R. e Dainese R. (2011), L'incontro tra disabilità e migrazione a scuola. Un approfondimento sugli alunni disabili figli di genitori migranti o adottati da famiglie italiane. In A. Canevaro, L. D’alonzo, D. Ianes e R. Caldin, L’integrazione nella percezione degli insegnanti, Trento, Erickson, pp. 89-114.

Canevaro A. e Berlini G. (1996), Potenziali individuali di apprendimento, Firenze, La Nuova Italia.

Devereux G. (1975), Saggi di etnopsicoanalisi complementarista, Milano, Bompiani.

Devereux G. (2007), Saggi di etnopsichiatria generale, Roma, Armando.

Fanon F. (1961), I dannati della terra, Torino, Einaudi.

Foucault M. (1978), La governamentalità, “Aut-Aut”, nn. 167-168, pp. 12-29.

Frascà V (2011), Disabilità e migrazione: problematiche e sviluppi, “Quaderni di Intercultura”, anno III/2011.

Goussot A. (2010), Bambini stranieri con bisogni speciali: rappresentazione della disabilità dei figli da parte delle famiglie migranti e degli insegnanti, “Ricerche di Pedagogia e Didattica”, vol. 5, n. 1, pp. 1-26.

Laplantine F. (2004), Identità e meticciato, Milano, Elèuthera.

Losito B. e Pozzo G. (2005), La ricerca azione: una strategia per il cambiamento nella scuola, Roma, Carocci.

Martinazzoli C. (2012), Due volte speciali. Quando gli alunni con disabilità provengono da contesti migratori, Milano, FrancoAngeli.

Mei S. (a cura di) (2011), Disabili stranieri, un doppio sguardo per l’inclusione sociale, Bologna, Centro Ri.E.SCO, http://www.comune.torino.it/pass/php/4/documenti/fascicolo_cdi.pdf (consultato il 30 gennaio 2019).

Moro M.R. (2005), Bambini di qui venuti da altrove, Roma, FrancoAngeli.

Sen A.K. (2008), Identità e violenza, Bari, Laterza.

 

Sitografia

https://archivio.pubblica.istruzione.it/normativa/2006/allegati/cm24_06all.pdf (consultato il 15 aprile 2019).

https://www.european-agency.org/sites/default/files/multicultural-diversity-and-special-needs-education_Multicultural-Diversity-IT.pdf (consultato il 15 aprile 2019).

http://www.fishonlus.it/migranti/ricerca/ (consultato il 15 aprile 2019).

https://www.funzionegamma.it/wp-content/uploads/clinica-transculturale.pdf) (consultato il 15 aprile 2019).

https://migesexpert.migesplus.ch/it/colloqui-con-i-pazienti-in-un-contesto-migratorio/anamnesi-transculturale/ (consultato il 15 aprile 2019).



Note

1 Sono stati visionati cinque PEI e PDF (gli acronimi stanno rispettivamente per Piano Educativo Individualizzato e Profilo Dinamico Funzionale) di ragazzi e ragazze disabili provenienti da contesti migratori e frequentanti la scuola coinvolta nella ricerca-azione.
2 È stato necessario limitare la ricerca ai soli docenti di sostegno per due ragioni: - far emergere l’approccio assimilazionista di chi lavora in misura maggiore con ragazzi disabili al fine di modificare alcune prassi didattiche; - promuovere un’azione articolata su più livelli (docenti di sostegno/docenti curricolari) solo in una fase successiva all’entrata in vigore dei protocolli elaborati, al fine di intervenire prima sui processi organizzativi e successivamente sui soggetti coinvolti.
3 I riferimenti scientifici sul tema risultano piuttosto carenti, poiché riguardanti separatamente o l’aspetto della disabilità o quello della migrazione. Si consulti, a riguardo, la ricerca condotta nel 2014 dalla FISH sul fenomeno degli stranieri e migranti con disabilità al seguente link: http://www.fishonlus.it/migranti/ricerca/ (consultato il primo marzo 2019).
4 La ricerca, circoscritta alla città di Bologna, è stata promossa dal Settore Istruzione e Politiche delle Differenze del Comune di Bologna in collaborazione con la Facoltà di Scienze della Formazione e il Dipartimento di Scienze dell’Educazione “G.M. Bertin”. https://www.european-agency.org/sites/default/files/multicultural-diversity-and-special-needs-education_Multicultural-Diversity-IT.pdf (consultato il primo marzo 2019).
5 Termine coniato nel 1989 da K. Crenshaw nel suo saggio, Demarginalizing the intersection of race and sex: a Black feminist critique of antidiscrimination doctrine, feminist theory and antiracist politics, University of Chicago Legal Forum, per sottolineare che le discriminazioni sono determinate da fattori contestuali e interconnessi.
6 La docente coinvolta nella ricerca-azione ha letto e firmato il modulo relativo al trattamento dei dati.
7 I genitori delle alunne coinvolte hanno letto e firmato il modulo di consenso informato relativo all’utilizzo dei dati personali per fini di ricerca.
8 Le due studentesse intervistate verranno indicate con le iniziali S1 e S2.
9 Per la stesura del protocollo di accoglienza sono state utilizzate le indicazioni del Miur presenti nelle Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri, consultabili al seguente link: https://archivio.pubblica.istruzione.it/normativa/2006/allegati/cm24_06all.pdf (consultato il primo marzo 2019).
10 La scheda è stata realizzata a partire da un modello di intervento adottato dalla Croce Rossa svizzera che mira a indagare aspetti biologici, psichici e sociali nel contesto della migrazione per fornire un quadro d’insieme sulle risorse e i rischi del paziente (https://migesexpert.migesplus.ch/it/colloqui-con-i-pazienti-in-un-contesto-migratorio/anamnesi-transculturale/, consultato il 4 marzo 2019).
11 https://www.funzionegamma.it/wp-content/uploads/clinica-transculturale.pdf (consultato il 4 marzo 2019).

DOI: 10.14605/EI1621908


© 2018 Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A.
ISSN 2420-8175. Educazione interculturale.
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