Test Book

Esperienze e progetti

Italiani di Eritrea. Dedicato a Alfredo Calabrese, a Vittorio Volpicella e a tutti i cittadini eritrei - Italiani di Eritrea. Dedicated to Alfredo Calabrese, Vittorio Volpicella and Eritrean citizens

Francesca Mazzei

Libera professionista, avvocatessa, impegnata nelle scienze umane e sociali.


Abstract

Italiani di Eritrea è nato come un’iniziativa di ricerca e sensibilizzazione con finalità di divulgazione della conoscenza di altri popoli e di altri mondi, in particolare di quelli eritrei. Il lavoro si è proposto di raccogliere informazioni sullo sviluppo della relazione, anche coloniale (anni 1882-1947 circa), fra italiani ed eritrei, soprattutto attraverso l’ascolto dei racconti di chi ha vissuto in prima persona, pure nel quotidiano, quella parte di storia. In questa prospettiva, sono state realizzate interviste a persone italiane ed eritree, nonché ricerche sul territorio eritreo e/o italiano, orientate anche all’individuazione e valorizzazione di archivi già esistenti. I temi di fondo di questo lavoro sono stati: la scelta di ascoltare chi ha vissuto un periodo di quella storia che ha ancora un grande peso nell’oggi; la fiducia di contribuire, in qualche modo, alla diffusione dell’idea che la convivenza e la solidarietà fra persone e popoli appartenenti a territori e culture diversi è possibile, anche quando sorge in situazioni drammatiche. Guida nell’elaborazione della ricerca è stata la convinzione di Alfredo Calabrese, suffragata dalla sua esperienza professionale e accademica, dell’importanza del quotidiano e delle piccole cose per far luce su eventi più generali nella vita di ciascun essere umano e forse di ogni popolo. Italiani di Eritrea propone pertanto storie e rappresentazioni di individualità e al contempo di un mondo, di un’epoca e di un luogo per dare un contributo al dialogo. L’iniziativa si propone anche di fornire spunti per la realizzazione di percorsi didattici a scuola e/o attività seminariali, offrendo anche materiali in consultazione.



 

 

Abstract

Italiani di Eritrea originates as a research initiative with the purpose of spreading knowledge of other peoples and other worlds, especially the Eritreans, and to raise awareness about them. The aim of this paper is to collect information on the development of the relationship between Italians and Eritreans, even during Italian colonialism (1882 to 1947 approximately), especially by listening to the stories of those who experienced directly and also in everyday life, that part of history. In this perspective, interviews with Italians and Eritreans were carried out, as well as research on Eritrean and/or Italian territory, oriented towards the identification and enhancement of existing archives. To sum up, the main topics of this paper are: the choice of listening to those who lived during a period of history that still has a large impact today and the hope to contribute, in some ways, to the spreading of the idea that coexistence and solidarity between people of those territories and different cultures is possible, even when cohabitation arises from dramatic situations. A leading role in this research was Alfredo Calabrese’s belief, supported by his professional and academic experience, of the importance of the small things in everyday life to shed light on more general events in the life of each human being and perhaps of all people. Italiani di Eritrea therefore proposes stories and representations of individuality and, at the same time, of a world, of an era and a place in order to contribute to the dialogue. The initiative is also proposed in order to provide ideas for educational courses at schools and / or seminars, providing material for consultation.

 

Keywords: Italian colonialism, narratives, Eritrea, minorities, emigration, political asylum, everyday life, video-documentaries, oral transmission, cooking, school.

 

Sommario

Italiani di Eritrea è nato come un’iniziativa di ricerca e sensibilizzazione con finalità di divulgazione della conoscenza di altri popoli e di altri mondi, in particolare di quelli eritrei. Il lavoro si è proposto di raccogliere informazioni sullo sviluppo della relazione, anche coloniale (anni 1882-1947 circa), fra italiani ed eritrei, soprattutto attraverso l’ascolto dei racconti di chi ha vissuto in prima persona, pure nel quotidiano, quella parte di storia. In questa prospettiva, sono state realizzate interviste a persone italiane ed eritree, nonché ricerche sul territorio eritreo e/o italiano, orientate anche all’individuazione e valorizzazione di archivi già esistenti. I temi di fondo di questo lavoro sono stati: la scelta di ascoltare chi ha vissuto un periodo di quella storia che ha ancora un grande peso nell’oggi; la fiducia di contribuire, in qualche modo, alla diffusione dell’idea che la convivenza e la solidarietà fra persone e popoli appartenenti a territori e culture diversi è possibile, anche quando sorge in situazioni drammatiche.

Guida nell’elaborazione della ricerca è stata la convinzione di Alfredo Calabrese, suffragata dalla sua esperienza professionale e accademica, dell’importanza del quotidiano e delle piccole cose per far luce su eventi più generali nella vita di ciascun essere umano e forse di ogni popolo. Italiani di Eritrea propone pertanto storie e rappresentazioni di individualità e al contempo di un mondo, di un’epoca e di un luogo per dare un contributo al dialogo. L’iniziativa si propone anche di fornire spunti per la realizzazione di percorsi didattici a scuola e/o attività seminariali, offrendo anche materiali in consultazione.

 

Parole chiave: colonialismo italiano, narrazioni, Eritrea, minoranze, emigrazione, asilo politico, quotidiano, oralità, cucina, scuola, video-documentari.

 

Quadro teorico

Dal punto di vista teorico, Italiani di Eritrea ha fra i suoi pilastri gli studi di Angelo Del Boca (2005, 2003) e il filone storiografico che poi ne è seguito. Del Boca, grazie alle prove da lui trovate, è riuscito a dare un enorme contributo alla storiografia delle colonie, mettendo in luce anche le tristi verità che hanno caratterizzato l’operato italiano in Africa. Certo questo non significa che gli italiani nel continente africano non abbiano intessuto rapporti di affetti, vissuto sogni o nostalgie, ad esempio, per le partenze forzate. Gli italiani sono andati in Africa come esploratori, viaggiatori, missionari, maestri, medici, soldati, giornalisti e altro. Hanno lasciato un segno della loro presenza e l’Africa, in questo caso l’Eritrea, ha lasciato un segno nella loro vita. Ma è anche vero che i governi italiani hanno compiuto scelte ben precise sia in merito alle politiche portate avanti in colonia e, sovente, con conseguenti azioni dannose e gravi per il popolo locale, sia nel non volere, nel tempo, avviare un rapporto più autentico e paritetico con il popolo eritreo. Si pensi all’enorme mole di documenti, memorialistica, studi etnografici e antropologici, riviste illustrate, fotografie e altro che questo filone storiografico è riuscito a interpellare mettendo in luce aspetti rilevanti della storia coloniale italiana. E così la storiografia si è man mano arricchita di nuovi studi e approfondimenti sul tema. Nella nostra ricerca ci siamo, dunque, accostati agli studi storiografici di Del Boca e di altri autori contemporanei, per poter conoscere meglio il territorio e il contesto sociale in cui volevamo operare con la nostra iniziativa.

 

Abbiamo accolto, poi, l’ottica interculturale di Miriam Traversi (2013), la quale, tra l’altro, afferma: «L’epoca delle trasformazioni epocali in cui tutti, volenti e non, siamo chiamati a vivere, porta con sé una sorta di inquietudine che va vissuta senza la paura di perdersi, prendendo esempio proprio dai protagonisti dell’immigrazione, che ci insegnano, a ben vedere, come nella società complessa occorre coltivare nello stesso tempo la memoria e tener fede alle proprie origini, ricercare le fonti di un passato per capire un po’ meglio il presente, uscire da un’inammissibile ignoranza, decentrare il proprio punto di vista per compiere un percorso di coscientizzazione e di ammissione del debito culturale verso gli altri popoli». Pensando, appunto, all’eredità scomoda del passato coloniale, Valentina Asioli e Gianluca Gabrielli (2013) affermano: «Anche la scuola, ovviamente, come prodotto della società, patisce grosse difficoltà nel fare i conti con questa dimensione della storia degli ultimi centocinquant’anni, per cui, ad esempio, difficilmente i sussidi didattici contengono materiali aggiornati su questo tema che viene considerato di marginale importanza, mentre rimangono poco frequenti le pur valide esperienze didattiche che nascono dalle scelte autonome e dall’impegno dei singoli docenti». In questo senso, autori vicini, culturalmente e geograficamente alla scrivente, hanno realizzato percorsi e laboratori di studio sul territorio. Negli anni scolastici 2005 e 2006, anche le associazioni Equatore onlus e Orizzonte Ediesse, nel cui ambito poi è sorto Italiani di Eritrea e il progetto più generale Italiani in Africa fra passato e presente, avevano collaborato con un istituto professionale bresciano, redigendo il percorso-laboratorio di storia e letteratura contemporanea dal titolo volutamente provocatorio Faccetta nera. Il progetto, biennale, si proponeva di svolgere insieme a docenti, alunni ed esperti esterni, ricerche nell’ambito della letteratura e della storia contemporanea, con particolare riguardo alla ricaduta nell’ambito della microstoria locale di eventi generali e generatori, quali il colonialismo, nelle sue forme di costruzione dell’impero. Nell’ambito dello svolgimento del progetto sono stati elaborati dalle associazioni Equatore onlus, Orizzonte Ediesse, Anpi e dai docenti, strumenti di lavoro e momenti di verifica, di elaborazione dei contenuti e di classificazione dei documenti d’archivio e non raccolti anche dagli studenti. Sempre nell’ambito del progetto Italiani in Africa fra passato e presente, è stato scritto da Francesca Mannozzi (2016), referente culturale delle associazioni di cui sopra, un libro ancora inedito, che ha per tema la corrispondenza di due giovani innamorati e poi sposi, svoltasi dal 1930 al 1940 dall’Africa in Italia e dall’Italia in Africa. Si tratta di un carteggio che è stato ritrovato quasi intatto nella abitazione coniugale dei due protagonisti. Dal punto di vista teorico, poi, anche la scelta di ricorrere alle fonti orali, trova sostegno nelle opere di alcuni autori contemporanei, fra questi Alessandro Volterra (2005), secondo il quale «affrontare un discorso metodologico di ricerca per la storia dell’Africa significa confrontarsi con una duplice opzione: da una parte utilizzare teorie e assunti della disciplina accademica, dall’altra l’indagine sul campo».

 

Allo stesso tempo l’autore sostiene che «la fine di una visione eurocentrica ha posto l’accento sullo studio di problematiche differenziate che ponevano innanzitutto una domanda per la conoscenza storica: quale metodo di ricerca utilizzare? Ricostruire la storia di popolazioni che non avevano avuto parola fino a quel momento in assenza di fonti scritte, ha imposto l’utilizzo di strumenti e analisi innovative quali la storia orale, la linguistica storica, l’archeologia e l’antropologia storica». La ricerca Italiani di Eritrea non ha ambizioni così alte, ma si muove in questo filone di approfondimento della realtà attraverso metodologie di natura prevalentemente umanistica. Centrale, poi, nell’elaborazione della ricerca è stata la convinzione di Alfredo Calabrese dell’importanza del conoscere e approfondire il quotidiano di chi ha vissuto una parte della storia di un paese, di un luogo, perché esso può offrire delle preziose indicazioni per far luce su eventi più generali, sia della vita del singolo, sia della storia di un popolo. Si pensi in questo senso alla portata rivelatrice che può avere la preparazione di una pietanza o di un banchetto e quindi, per esempio, alla diffusione in terra eritrea sia della cucina locale sia di quella di origine italiana e al fatto che spesso nelle grandi occasioni o festività vengano proposte insieme le due tradizioni culinarie. In questo ambito vorrei segnalare il video-documentario n. 7 di Italiani di Eritrea (2016). Alla luce di quanto detto sopra, è nata, all’interno delle associazioni Equatore onlus e Orizzonte Ediesse di Brescia, l’idea di ascoltare proprio dalle persone interessate la narrazione di alcuni effetti della colonizzazione e dell'amministrazione da parte dell’Italia, di una terra lontana e straniera, anche nella vita quotidiana. In particolare, l’iniziativa-ricerca è stata ideata a Brescia, intorno al 2004, dal prof. Alfredo Calabrese, con la collaborazione della scrivente, Francesca Mazzei, all’interno del progetto Italiani in Africa fra passato e presente, anch’esso ideato dal prof. Calabrese.

Il quadro teorico, entro il quale si muoveva l’iniziativa, trovava poi un riscontro concreto nonché una ricaduta all’interno delle nostre professioni di operatori nelle scienze umane e sociali, nei diritti umani, con competenze in ambito archivistico e con sensibilità coltivate nell’ascolto e nella raccolta di testimonianze e racconti orali. La ricerca Italiani di Eritrea ha, dunque, un back-ground sia teorico, che trova espressione anche nei fondi librari e nelle bibliografie predisposte all’interno delle associazioni, sia concreto, in quanto, nel corso del nostro lavoro, seguendo attivamente le vicende di persone migranti e di richiedenti asilo politico, abbiamo conosciuto molte persone eritree, le quali per diversi motivi, si trovavano in Italia. Abbiamo realizzato che l’emigrazione eritrea nel nostro Paese è molto antica (e quindi in qualche modo collegata alla nostra presenza coloniale?), che in alcuni periodi è stata prevalentemente femminile e che continua a tutt’oggi, spesso con le tragedie delle traversate del mare mediterraneo. Allo stesso tempo, sempre in Italia, abbiamo avuto l’occasione di conoscere personalmente o attraverso letture le vicende di nostri connazionali vissuti in Eritrea e abbiamo potuto constatare la ricchezza e complessità della loro esperienza in Africa. Tutto questo ha suscitato in noi l’esigenza di saperne di più.

 

Risultati dell’iniziativa-ricerca: i video-documentari

Gli incontri e i racconti delle persone con cui abbiamo intrecciato delle relazioni in Eritrea, a partire dal 2005, sono confluiti nella realizzazione di alcuni video-documentari. Questi narrano storie di vita, anche quotidiana, dense di riflessioni e di umanità e, al contempo, offrono testimonianze di eventi storici. I video-documentari trovano la loro collocazione in piccoli musei (rimasti in fase di progettazione), in percorsi didattici preparati per la scuola, in attività seminariali, di documentazione e di ricerca e sono visionabili dagli interessati. Questi i loro titoli:

  1. Italiani in Africa fra passato e presente.

  2. Vittorio Volpicella, 20 gennaio 2006, Casa degli Italiani, Asmara, Eritrea.

  3. Ad Asmara brevi dialoghi sulla scuola fondata dagli italiani in Eritrea nel XX secolo.

  4. Donne ad Asmara. Gina e Francesca.

  5. Suor Tzeggà e Francesca. Halib Mentel (Keren) – Eritrea.

  6. Incontro con suor L. a Ghezzabanda, Asmara. Un caffè eritreo in compagnia di Tseweini.

  7. Il signor M. e la signora S. Una pasticceria siciliana ad Asmara, dagli anni ’50.

  8. Con I.: cucina, tradizioni e scampoli di attualità in Eritrea.

  9. Il signor F. P. ad Asmara, Eritrea, 2006.

 

Nei suddetti video-documentari si può ascoltare il racconto di persone italiane discendenti da coloniali, le quali hanno continuato a vivere in Eritrea fino ai giorni nostri e di persone eritree venute in vario modo a contatto con l’Italia. I video offrono anche qualche elemento di conoscenza del difficile capitolo del colonialismo italiano in terra eritrea, con tutto ciò che esso ha comportato: dalle leggi razziali ad una certa organizzazione della scuola e alla sua accessibilità limitata per gli eritrei, all’emigrazione economica italiana che ne seguì, anche a seguito di propaganda illusoria (si ricorda che il colonialismo italiano si è realizzato in un periodo di forte difficoltà economica, anche di povertà di molte zone del nostro Paese), ad altre sfaccettature, quali la diffusione della cucina italiana, o i matrimoni misti. Ascoltare la viva voce di chi ha vissuto quella parte di storia è stata una preziosa opportunità di conoscenza. Si è trattato, inoltre, di un'occasione per avvicinarsi allo stile di vita di quegli italiani che hanno scelto di trascorrere la propria esistenza in luoghi lontani dall’Italia, o a cavallo di due o più mondi, e di quegli eritrei che sono entrati in contatto con i nostri connazionali all'estero o nel nostro paese. I racconti di queste persone, a nostro avviso, offrono spunti di riflessione su molteplici aspetti della convivenza e sulla qualità dei rapporti che nascono fra persone appartenenti a popoli differenti.

 

Cenni metodologici dello svolgimento dell’iniziativa

Le interviste, proposte nei video-documentari, sono state realizzate in Eritrea, dove al fine di svolgere l’iniziativa-ricerca ho vissuto per circa nove mesi negli anni 2005 e 2006. Con l’intento di accostarmi il più possibile alla cultura locale e intessere relazioni autentiche ho vissuto in quartieri popolari, presso abitazioni private di persone del luogo, sia eritree che italiane, e/o presso strutture religiose missionarie, sia nei centri urbani che in aree semi-desertiche.

 

Negli anni successivi, in Italia, abbiamo sistematizzato e rielaborato i materiali raccolti, grazie alla collaborazione tecnico-informatica di Benedetto Calabrese, costruendo appunto i video-documentari, conclusi nel 2014. Le linee guida principali di Italiani di Eritrea sono state:

 

  • individuare archivi storico-letterari e/o materiali conoscitivi del periodo coloniale (soprattutto presso il «Pavoni Social Centre» di Asmara);

  • scoprire se in Eritrea vivevano ancora discendenti di antichi coloniali italiani ed incontrarli;

  • conoscere persone eritree venute a contatto con l’Italia;

  • raccogliere le narrazioni delle persone incontrate;

  • cogliere se conseguenze e tracce del colonialismo e della presenza di italiani nel corso del tempo erano ancora presenti in Eritrea;

  • cercare di capire come avesse agito il colonialismo attraverso le sue istituzioni, in particolare quella scolastica;

  • approcciarsi ad aspetti più culturali e sociali, quali la cucina;

  • vedere come il colonialismo italiano avesse agito sul territorio tramite le sue istituzioni, sia come lente attraverso cui guardare il complesso e variegato Paese eritreo che ci si sarebbe presentato, sia quale criterio che ci ha orientato nel raccogliere elementi.

 

Abbiamo poi lasciato che la ricerca si sviluppasse liberamente, accogliendo quello che gli incontri con le persone, i luoghi, i libri o i materiali ci proponevano.

Pertanto, durante la mia permanenza in Eritrea, mi sono orientata soprattutto a rintracciare, incontrare e intervistare gli italiani giunti a seguito del colonialismo e lì rimasti a vivere, anche quando la maggioranza di essi, su proposta dello stato italiano e/o di propria iniziativa, soprattutto alla fine della seconda guerra mondiale, era tornata in patria. Pertanto, attraverso ricerche e raffronti di materiali diversi, anche di archivio, e attraverso il passa-parola, ho avuto la possibilità di incontrare e di ascoltare ad Asmara e in altre località eritree, alcuni discendenti di famiglie italiane.

 

Questi italiani risultano come una minoranza da molti punti di vista, sia rispetto agli altri italiani giunti in Eritrea a seguito del colonialismo e poi ripartiti, sia rispetto agli eritrei. Queste persone svolgono la loro narrazione della parte di storia relativa al colonialismo, ma anche di quella successiva, riferendosi spesso agli eventi intervenuti nel tempo (trattati di pace del 1947 a Parigi tra i vincitori e i vinti della seconda guerra mondiale, con rinuncia da parte dell’Italia alle sue colonie, indipendenza dell’Etiopia, ed Eritrea ancora sotto protettorato britannico; dichiarazione dell’ONU del 1952 in cui l’Eritrea viene federata all’Etiopia che dieci anni dopo la annette trasformandola in provincia; guerra di liberazione che porterà l’Eritrea all’indipendenza nel 1993; amministrazione eritrea dopo l’indipendenza). Conoscendoli ho avuto conferma che essi rappresentavano davvero una minoranza, giacché erano circa quindici persone, tutte di una certa età. Tutti si sono dimostrati molto disponibili e generosi nei confronti della nostra iniziativa. Ho inoltre incontrato persone eritree venute in vario modo a contatto con l’Italia. Anche queste persone si sono dimostrate molto disponibili ad essere interpellate ed estremamente generose nei confronti di questo percorso di ricerca, nonostante i nostri incontri evocassero spesso in loro ricordi drammatici e amari. Con ognuno di loro ho condiviso tempo (con alcuni qualche ora, con altri intere giornate o settimane) e attività. Con quasi tutti ho realizzato interviste audio-registrate. Mi sono inoltre dedicata alla raccolta di materiali quali vecchie fotografie e cartoline dell’epoca coloniale, immagini e oggetti che mi venivano donati, libri che mi sono stati regalati o che ho acquistato; ho realizzato anche numerose fotografie. Nel corso delle attività ho avuto l’occasione di venire in contatto con la comunità di italiani di «nuova generazione», ovvero persone appartenenti al mondo dell’imprenditoria, del turismo, del volontariato e della cooperazione internazionale, della diplomazia, della scuola e degli ordini religiosi.

 

Realizzazione dei video-documentari e cenni sulla metodologia seguita

A Brescia, intorno agli incontri realizzati in Eritrea e ai materiali là raccolti, abbiamo riordinato, catalogato e archiviato i materiali acquisiti, dando forma a un piccolo Archivio Eritrea e a un fondo librario dedicato ai medesimi temi nonché una sezione, sempre libraria, sul Colonialismo. In seguito abbiamo realizzato i video-documentari, ovvero filmati che compongono audio-registrazioni dei racconti delle persone incontrate.1 Durante la realizzazione dei video, insieme ad Alfredo abbiamo costruito canovacci di lavoro che hanno facilitato la collaborazione fra più persone con competenze diverse. Le interviste sono state trascritte parola per parola e, come tutto il materiale raccolto, sono state selezionate sulla base della loro inerenza agli oggetti della ricerca. Una parte dei racconti ascoltati in Eritrea è ancora in corso di elaborazione. Attraverso i video-documentari presentiamo i racconti delle persone che hanno voluto incontrarci. I video-documentari sono forse da intendere come dei «quadri evocativi», non quali opere prettamente scientifiche, con la finalità di proporre alcuni elementi di conoscenza e di creare, se si vorrà, uno spazio di diffusione dei materiali e di scambio. Vorremmo con essi raccontare anche qualcosa dell’Eritrea, dei suoi scavi archeologici, dei suoi strumenti musicali, della sua agognata e raggiunta indipendenza nel 1993, della sua difficile storia dei giorni nostri.

 

Proponiamo questi video anche a supporto e a testimonianza di affetto per quei cittadini eritrei che da anni decidono di lasciare la loro terra e di avventurarsi in un lungo, difficile e coraggioso, viaggio verso l’Italia e l’Europa, mettendo a rischio la propria vita.2

 

Proposta e breve descrizione esplicativa di quattro dei dieci video-documentari realizzati

Per entrare nel merito dell’iniziativa e offrirne una breve illustrazione, si propone di seguito la descrizione di quattro dei video-documentari realizzati.

 

Italiani in Africa fra passato e presente

Questi i titoli delle singole parti:

  • Genesi della ricerca;

  • Eritrea tra geografia e storia;

  • Italia-Eritrea;

  • Breve presentazione dell’Eritrea.

 

Questo video-documentario introduce il progetto Italiani in Africa fra passato e presente e la ricerca realizzata, nonché il suo contesto geografico e sociale di svolgimento: l’Eritrea con le sue genti. In esso appaiono inoltre fotografie inerenti l’Eritrea di oggi e del periodo coloniale, immagini relative a personaggi italiani significativi o esemplificativi per quanto riguarda la storia del complesso rapporto fra Italia-Eritrea (Alberto Pollera, funzionario ed etnografo coloniale, nato a Lucca nel 1873, giunto in Eritrea nel 1895, e fermatosi fino alla sua morte avvenuta nel 1939); a monumenti funerari di persone italiane vissute in Eritrea e persone italiane ed eritree la cui testimonianza o storia di vita ha contribuito in modo significativo alla realizzazione della presente ricerca (una suora orsolina eritrea, una coppia mista italo-eritrea, titolare e gestrice di una caratteristica pasticceria italiana ad Asmara, lui deceduto negli anni novanta, lei testimone della presente ricerca). Fra le altre, la foto scattata in una classe della scuola elementare italiana S. Michele, fondata nel 1913 a Segheneiti, come affermava Alfredo Calabrese, propone una sintesi fra diversi aspetti: il moderno, il coloniale, la religione civilizzante, il colonialismo, il banco vecchio e quello nuovo, l'alfabeto in tigrino.

 

La colonna sonora del video consiste in vecchie canzoni italiane risalenti al periodo coloniale, utilizzate con mera finalità di documentazione e contestualizzazione storica.

 

Vittorio Volpicella, 20 gennaio 2006, Casa degli Italiani, Asmara, Eritrea

Titoli delle singole parti:

  • Casa degli Italiani, Asmara, Eritrea;

  • Breve profilo biografico di Vittorio Volpicella;

  • Gli animali, la natura dell’Eritrea e gli italiani;

  • Alimentazione degli italiani in Eritrea;

  • Vittorio, i suoi genitori discendenti da «vecchi coloniali», gli studi, la vita in Asmara e gli italiani di oggi;

  • Ricordi degli shifta e dei rapporti fra inglesi e italiani a partire dal 1941;

  • Genitori, tempo e cucina in Eritrea; Eritrea: italiani ed eritrei oggi;

  • Vittorio tra passato, presente e desiderio;

  • Vittorio: l’Italia, il suo lavoro ad Asmara, la scuola italiana;

  • Il posto più bello;

  • In margine a un viaggio.

 

Narrazione del video: Vittorio Volpicella era un cittadino italiano, nato ad Asmara e lì residente fino alla sua morte, nel 2012. Era una persona competente, addentro la vita e la storia, dotato di sensibilità e tatto, generoso, ma al contempo semplice, lineare, anche nell’aspetto. L’ho conosciuto grazie al suggerimento di una persona amica, Tseweini, donna eritrea che mi ospitava e che lo stimava moltissimo. A sua volta, Vittorio mi ha suggerito di incontrare altre persone e soprattutto mi ha consigliato di «partire» da Gina, in quanto persona disponibile che avrebbe potuto darmi tante indicazioni. Vittorio è stato impiegato per anni presso la Casa degli Italiani, come lui stesso racconta nell'incontro che proponiamo. Nato da genitori già residenti in Eritrea, discende da quelli che vengono definiti «vecchi coloniali», ovvero italiani giunti in Eritrea già a fine '800. La madre, Maddalena Fidati, era figlia di Fidati Rinaldo, nato nel 1867 e giunto in Eritrea come aiutante di battaglia nel 1896. Rinaldo partecipò alle campagne dell'epoca. Congedato, svolse attività di albergatore a Massawa, poi ad Asmara, dove ebbe pure il ristorante Caffè Piccolo Aragno, in piazza Martini, ritrovo dei più alti funzionari e dei civili dell'epoca. Morì in Asmara nel 1921.

Il nostro incontro è avvenuto presso la Casa degli Italiani, ovvero una struttura costruita dagli italiani e da essi gestita con finalità diverse nel corso del tempo: da Procura del Regno nel 1920, a sede della gioventù littoria poi, a centro di addestramento della milizia fascista; persa la guerra d'Africa fu sede del partito filo-italiano che pretendeva un'amministrazione fiduciaria dell'Italia sull'Eritrea. La Casa degli Italiani, negli anni 2005 e 2006 era frequentata da turisti di diverse nazionalità, da eritrei e da italiani residenti in loco. Come emergerà dalle parole di Vittorio, attualmente essa è un Istituto di cultura e di assistenza agli indigenti italiani.

Ricordo sempre Vittorio con tanto affetto e riconoscenza.

 

Donne ad Asmara. Gina e Francesca

Titoli delle singole parti:

  • Infanzia di Gina: primo viaggio in Africa, ritorno in Italia e poi di nuovo in Eritrea;

  • Asmara: i primi passi di Gina sul lavoro e incontro con Gianni;

  • Gianni, parrucchiere, tenore spinto da Palazzolo sull’Oglio ad Asmara… uno dei 120.000 italiani del 1950… insieme a una… ragazza;

  • Gina e Gianni: una storia ad Asmara fra lavoro e vita da sposi;

  • Gianni «attrazione fantastica», anche per le televisioni europee, e Gina farfalla;

  • Il papà di Gianni e Gina a Palazzolo sull’Oglio;

  • Anni ’50: il lavoro ad Asmara dalle sette del mattino a Mezzanotte;

  • Gina, le foto, i quadri, Parigi e la L’Oreal;

  • Gina, i viaggi, il futuro e la «valigetta»;

  • Le serate e gli spettacoli ad Asmara;

  • Luigina Furioni, il padre, il tempo passato e il presente;

  • La casetta di Gina e i bambini.

 

Narrazione del video. Gina è una donna italiana che vive in Eritrea, ad Asmara. L’ho incontrata nel negozio di acconciature fondato dal marito Gianni nel cuore di Asmara alla fine degli anni ’30, gestito insieme da Gina e Gianni dopo il loro matrimonio e ad oggi gestita da Gina con l’aiuto di alcune ragazze eritree. Gianni è mancato nel 2005. Intorno a Gianni e Gina si sono susseguite nel tempo numerose persone e diversi eventi storici legati anche alla permanenza degli italiani in Eritrea. Gina si era recata per la prima volta in Eritrea nel 1937, aveva sette anni e aveva fatto un lungo viaggio in nave insieme alla mamma e ai fratelli, per andare a trovare il padre che lì lavorava nel settore delle miniere alla ricerca dell’oro. Dopo pochi anni ritornerà in Italia, sempre con mamma e fratelli e poi nel 1943 si recheranno di nuovo in Eritrea, dove Gina rimarrà a vivere. Giovinetta incontrerà Gianni, insieme al quale condividerà con dedizione la sua vita.

Gina è una persona solare, dinamica, innamorata del suo mestiere, che ha sempre svolto con grande professionalità. Io stessa sono andata tante volte da lei per il taglio dei capelli e l’henné e così ho avuto anche l’occasione di incontrare e dialogare con tante persone, approfondendo il mio rapporto con l’Eritrea. Da Gina ho trascorso ore meravigliose, conoscendo Lucia, Anna, ragazze eritree, Ghidei e tante altre. Il salone di Gina è collocato nei pressi della Cattedrale Cattolica di Asmara. Ho incontrato nuovamente Gina in Italia nel 2012 e nel 2016.

 

Suor Tzeggà e Francesca. Halib Mentel (Keren) – Eritrea

Titoli delle singole parti:

  • Suor Tzegga, la scuola di tessitura e l’incontro con Giampaolo Argentini;

  • I progetti di suor Tzegga in Italia;

  • L’importanza del lavoro delle donne durante la guerra di liberazione dell’Eritrea;

  • Saluti a Suor Tzegga.

 

Narrazione del video. Suor Tzegga è una suora eritrea, che vive ad Halib Mentel, (provincia di Keren, seconda città eritrea nel bassopiano ai confini con il Sudan). Sin da giovanissima è stata suora missionaria comboniana e nel 2001 ha avviato una scuola di tessitura ad Halib Mentel, grazie anche all’incoraggiamento e al sostegno concreto di Gianpaolo Argentini di Padova (mancato nel 2006), dell’associazione Don Camillo Zaramella e della Fondazione San Zeno. Il convento di suor Tzeggà è vicinissimo alla chiesa di Halib Mentel, la cui costruzione è stata avviata da Mons. Tesfariam e completata grazie alla progettazione del sig. Dell’Acqua e dell’aiuto dei volontari del Gruppo Mali di Gavardo, Cuore Amico di Brescia. Nel video-documentario, fra le altre cose, suor Tzeggà racconta anche della scuola di tessitura e dei suoi manufatti, fra cui i netzelà e il gabi. Il netzelà, come la kutà e il gabi, è un componente importante dell’abbigliamento nazionale del popolo eritreo. É un grande scialle per le donne, che copre quasi tutta la persona, dal capo fino a mezza gamba. É utilizzato come costume nazionale indossato per le festività religiose e matrimoni, come scialle di ogni giorno per le donne (non per le ragazze), come copricapo e per ripararsi dal freddo. Il Gabi è un mantello pesante per gli uomini, che avvolge il corpo, lo protegge dalle intemperie e viene utilizzato anche come coperta da letto. Il colore caratteristico è il bianco. Generalmente il Netzelà è rifinito con un bordo colorato con disegni vari, o con frangia, ottenuti a mano al telaio. Questi capi di abbigliamento sono realizzati con filato preparato a macchina (con una tecnica di filatura invariata da secoli) e sono tessuti a mano su semplici telai metallici. Le loro caratteristiche sono date da una buona mano, molto soffice e con buona flessibilità e dalla facilità ad essere indossati. Suor Tzeggà è legata da parentela a Tseweini, grazie alla quale, ho avuto modo di incontrarla la prima volta in occasione di un matrimonio tradizionale ad Asmara. Successivamente l’ho rivista presso il convento delle comboniane ad Asmara e poi a Keren, dove col tempo ci siamo conosciute, stringendo un dolce rapporto di amicizia. A Keren poi ho vissuto con lei per alcuni periodi, pieni e bellissimi, facendo esperienza della vita di convento, del lavoro di missione che le suore svolgono con le famiglie vicine, della possibilità di godere di acqua scarseggiante e dei frutti del luogo.

 

Nel video proponiamo anche i canti delle donne eritree in occasione delle preghiere notturne alla Madonna Nera del Baobab, da me audio registrate nella notte fra il 28 e il 29 maggio 2005. Ho partecipato a quell’evento a dir poco unico, con un gruppo di volontari italiani, trascorrendo la notte all’aria aperta, immersa in gruppi foltissimi di donne eritree, vicina ad un enorme Baobab cavo, dentro cui si svolgevano le preghiere cantate.

Ho incontrato nuovamente suor Tzeggà in Italia nel maggio del 2013.

 

Conclusioni

Le conclusioni, e l’invito a visionare i video-documentari, le affido alle parole di Benedetto Calabrese, Elena Ottelli, Francesca Mannozzi ed Alfredo Calabrese, miei compagni di lavoro e di impegno, nonché soci e/o collaboratori di Orizzonte Ediesse e di Equatore Onlus.

I loro pensieri, il loro aiuto concreto nella preparazione dei materiali, uniti all’amicizia che ho provato e provo tuttora per l’Eritrea e la sua gente, mi hanno incoraggiato a pubblicare i video-documentari che abbiamo realizzato e concluso dopo la morte del prof. Alfredo Calabrese. Alfredo ci ha insegnato moltissimo, era una persona unica, profonda, sempre attenta e in ascolto scrupoloso degli altri. Ringrazio, inoltre, Giovanni Mannozzi, Sabina Forcella, Eleonora Gozio, Daniela Ruffini e Mario Rizzi, i quali hanno partecipato al presente progetto mettendo a disposizione della scrivente le loro specifiche competenze. Benedetto, nel corso della realizzazione, ha sempre ritenuto che valesse la pena valorizzare il nostro lavoro e anche la vita, le esperienze e le testimonianze storiche delle persone che ho intervistato. Elena osserva che le interviste sono molto significative, perché esprimono lo spessore della quotidianità, l'amore vissuto dagli intervistati per una terra martoriata, la complessità della realtà e la ricchezza delle relazioni fra persone, che vanno ben oltre i ruoli imposti dai grandi avvenimenti storici, nonostante ne siano incarnate. A suo parere, si tratta di video che permettono di volgere uno sguardo alla microstoria e di guardare così in modo più ricco anche alla cosiddetta «grande storia». Francesca Mannozzi ritiene che i video presentino un'impostazione originale dando la parola anche a persone «semplici» spesso inascoltate, trattando argomenti importanti con spontaneità e naturalezza; osserva che sono stati intessuti rapporti autentici e sempre rispettosi con le persone incontrate, tanto diverse tra loro e con le storie che esse raccontano, che spaziano da un tema all’altro. Gli stessi luoghi nei quali queste persone vivono, una pasticceria, una strada, un monastero, un giardino sono valorizzati in quanto sono vissuti come luoghi di accoglienza, luoghi di vita vissuta e condivisa. Per Alfredo era importante che il lavoro, che stavamo realizzando insieme, venisse pubblicato perché voleva proporre al pubblico la testimonianza dei vecchi coloniali e dei loro discendenti, punto di vista poco raccolto o comunque non ampiamente pubblicato in Italia.

 

Ripenso infine a Sara, una delle donne eritree ascoltate ad Asmara, quando, raccontandomi delle volte in cui si recava in Italia, affermava: «Però mi dispiace che in Italia… se dico “Eritrea” ci dicono “dov’è questa Eritrea?” Questo mi dispiace… Non si può mica dimenticare...».

La ricerca Italiani di Eritrea non ha finalità commerciali o scopo di lucro. I materiali presenti sono proposti a uso didattico e scientifico e possono essere riprodotti con citazione della fonte. Sono presenti citazioni tratte da opere già rese lecitamente accessibili al pubblico, articoli di giornali e riviste periodiche, conformemente ai buoni usi e nella misura giustificata dallo scopo. La fonte e il nome dell’autore sono sempre indicati. Le interviste sono state realizzate nel rispetto della normativa sulla privacy.

 

Se può interessare visionare i video, organizzare iniziative formative e consultare i materiali predisposti per scopi didattici e scientifici si prega di rivolgersi al seguente indirizzo mail: francescamazzei111@gmail.com

 

 

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1 In aggiunta a intermezzi musicali, fotografie (anche d’epoca), che ci sono state donate, fotografie realizzate sul posto, cartoline del periodo coloniale o dei giorni nostri, biglietti augurali reperiti sul posto (ho visitato quasi tutte le cartolerie e librerie di Asmara, dove ho acquistato numerosi testi librari fra i pochi presenti), immagini e informazioni tratte da libri sul tema.
2 I materiali utilizzati sono disponibili presso le associazioni Orizzonte Ediesse ed Equatore onlus, presso le quali sono presenti anche un piccolo archivio, oggetti di artigianato provenienti dall’Eritrea, nonché le sezioni librarie dedicate a Eritrea e Colonialismo.

© 2017 Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A.
ISSN 2420-8175 Educazione interculturale (Online).
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