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Non è facile, almeno per il sottoscritto, recensire un libro. Verrebbe da consigliarne la lettura, magari fornendo qualche motivo per fare accogliere il consiglio. Ma a volte i motivi si allontanano dal genere recensione. Ed è tanto più difficile recensire un libro composto da lettere. La storia è quella di chi le ha scritte, e che, scrivendo a amiche, amici, parenti, non la racconta ma la dà come nota, facendo riferimento a dettagli della sua stessa vita. Dettagli a volte fondamentali, altre volte significativi per un giorno, per quel giorno.
Per queste ragioni, la recensione che segue si organizza per punti, più o meno brevi. E chi legge, come per il libro che raccoglie lettere, dovrà connettere i punti in una trama, in un tessuto.

Annalena Tonelli

Cominciamo da lei, autrice delle lettere che fanno il libro. Era nata a Forlì, nel 1943. Ed è morta in Somalia, a Borama, nel 2003. È stata volontaria ― missionaria cattolica ― in Africa per trentatré anni. Ha ricevuto, nel 2003, il premio Nansen per l’assistenza ai profughi. È stata uccisa da un comando che si proclamava islamico il 5 ottobre del 2003.
Nel 1969 va a vivere in Kenya, nella regione desertica o quasi di Wajir, nel nord est del Paese, dove vivono popolazioni di origine somala. Organizza attività terapeutiche per le popolazioni nomadi, curando la tubercolosi e diventando responsabile di un progetto pilota dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Studia e si specializza in medicina tropicale comunitaria. Nel 1984 è costretta a lasciare il Kenya, in seguito alle denunce pubbliche delle sanguinose repressioni, uccisioni di massa, compiute dall’esercito nei confronti delle popolazioni di origine somala.
Le lettere raccolte in questo libro sono state scritte dopo avere lasciato il Kenya, una volta tornata in Italia, e prima di recarsi a vivere in Somalia, riprendendo gli impegni che aveva svolto in Kenya.

La mediazione della cura sanitaria

Impegnarsi per gli altri senza mediazioni è pericoloso e presuntuoso. Annalena Tonelli lo capisce e diventa una professionista delle cure sanitarie. Per i progetti di dialogo fra diverse culture, i mediatori, sia umani che materiali, fatti di gesti, di pratiche, di reciproca ricerca, sono importanti. E questo libro di lettere illustra bene questa necessità. La possiamo collegare al gesto interrotto, cioè alla convinzione, fondata sulla realtà, che ogni gesto che un individuo compie sia in qualche modo incompleto e possa diventare completo solo col contributo dell’altro. Le relazioni di cura sono composte da azioni che uno comincia e l’altro porta a termine. Nessuno può essere padrone di un gesto completo, quale che sia l’appartenenza che vanta, di un ordine professionale, di una cultura, di una religione.

La costruzione partecipata

Le lettere di Annalena Tonelli raccontano, con un tono sempre molto sommesso, un impegno. Che è sempre con altri. Mai solo suo. In questo senso, il libro che raccoglie le sue lettere deve essere letto considerando che ogni lettera chiede la partecipazione di chi la legge, e senza questa partecipazione non ha molto senso. Farle diventare un libro significa allargare la partecipazione. Era riservata a un familiare, a un’amica. Diventano motivo di una partecipazione allargata a lettori sconosciuti. E anche questo ha un senso. Anzi: tanti sensi quanti saranno i lettori, le lettrici. Che, se leggono attentamente, non potranno limitarsi a ricavarne un proprio senso, ma dovranno sforzarsi di farne un senso partecipato.

Il silenzio e la natura

Annalena Tonelli ama la natura. Nelle lettere troviamo paesaggi, albe, cieli, pioggia ― impazzita e gioiosa ―, neve e silenzi. Le lettere contengono molta natura e molti silenzi. Insieme fanno nascere rispetto. L’educazione interculturale può ricavare da questo libro l’atteggiamento di rispetto per i paesaggi, evitando di sottometterli a un nostro disegno egemonico. Rispetto e contemplazione. Un bel tema che merita riflessione. E questo libro può aiutare.

I rischi

Il tono di Annalena Tonelli può aiutare a tenere sotto controllo il rischio di voler fare la lezione. Chi si impegna per l’intercultura corre questo rischio, perché può ritenersi superiore a chi si impegna contro l’intercultura, considerata una minaccia da fronteggiare. Ben vengano queste lettere come antivirus.

Le comodità

Annalena Tonelli non ama le comodità. Fondamentalmente vede le comunità come elementi di chi è sedentario, mentre lei è soprattutto nomade. Si sente di passaggio, viandante e pellegrina. E le lettere sono un po’ sempre racconti di viaggio.

La fede

Questo è un punto particolare. In nome di una fede, ci sono guerre, uccisioni, stupri. Una fede può essere incontro, pace, aiuto reciproco? Questo libro di lettere indica una prospettiva che permette di tenere insieme laicità e fede. Laicità è la promozione dell’incontro delle ragioni, per cui un individuo può dirsi, se crede, o può non dirsi, se ritiene di tenere nella propria coscienza quello che è. Può dirsi che cosa? Può dirsi ateo, può dirsi credente, può dirsi e può non dirsi. La laicità è un terreno di tolleranza che rispetta i silenzi. Dal momento, però, che un comportamento presenta elementi simbolici di un’appartenenza a una fede, ad esempio, la laicità interroga, chiede le ragioni, vuole l’approfondimento, non chiede di rinnegare. La laicità non chiede a nessuno di rinnegare nulla. Ha bisogno di mettere in moto dei processi argomentativi, in cui ciascuno si senta portato a mettere a confronto le proprie ragioni con quelle degli altri, con molta libertà.
È, quindi, la laicità, un valore molto alto da raggiungere, non è scontato, non è uno stato ma è una conquista. Non possiamo considerare la laicità qualche cosa di già assunto, poiché rappresenta piuttosto una tensione etica a incontrare noi stessi e gli altri nella libertà delle argomentazioni che ciascuno può dare per giustificare, ma anche per dare più radici, a quelle che sono le proprie convinzioni. Non è richiesta la giustificazione. Si badi che questa interpretazione della laicità ha degli assunti precisi non solo nella giurisprudenza, ma anche in un’ampia tradizione.
Valuti chi leggerà questo libro se è giusto dire che la sua autrice ha una fede profonda ed è promotrice di un’impegnativa laicità.

Teilhard de Chardin

Annalena Tonelli cita Teilhard de Chardin. Ma chi legge può controllare l’ipotesi che facciamo: Teilhard de Chardin è continuamente fra le righe. Senza bisogno di citarlo. Metabolizzato. Il mondo ha una durata, evolve, e lo spirito emerge.

Giorno dopo giorno

Ci piace sottolineare che dalle lettere emergono i rituali della quotidianità. Annalena Tonelli racconta, nelle sue lettere, dei riti a cui partecipa nelle diverse situazioni in cui si trova a vivere. E capiamo che, con molta discrezione e delicatezza, vive i suoi rituali quotidiani che le permettono di percorrere strade sconosciute. Ovunque si trovi, la preghiera e la meditazione scandiscono il suo tempo.
La coscienza emergente nella pluralità richiama Annalena Tonelli e Pierre Teilhard de Chardin (1962). Possono sembrare indicazioni mistiche e visionarie, pur essendo Teilhard de Chardin uno scienziato paleontologo. Che però per molti era soprattutto un gesuita colto e un po’ fantasioso. Per questo, la coscienza come elemento che emerge nel e del mondo non veniva considerata come un’indicazione che viene da uno scienziato ma veniva concepita come l’esortazione di un religioso. Teilhard parla di Hominisation come accesso delle realtà, o valori, biologiche al campo delle realtà, o valori, morali. Parla di Evoluzione come coscienza che si riflette (conscience réfléchie). È l’energia umana che emerge nel mondo. Giudichi chi legge se Annalena Tonelli non è in questa prospettiva. In cui trova e offre speranza.

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