Sommario
ASAI (ASsociazione di Animazione Interculturale) è nata nel 1995 nel quartiere torinese di San Salvario, dall’iniziativa di alcuni cittadini desiderosi di rispondere in maniera concreta ai bisogni di integrazione di un tessuto multietnico in espansione. Oggi, dopo vent’anni di lavoro sul campo, grazie a un dialogo aperto e al contribuito dei volontari, ASAI è diventata una realtà presente in diverse zone di Torino, tutte ad alto tasso di immigrazione. Questo articolo esplora ASAI in generale e mette in luce una delle sue numerose attività.
ASAI (ASsociazione di Animazione Interculturale) è nata nel 1995 nel quartiere torinese di San Salvario, dall’iniziativa di alcuni cittadini desiderosi di rispondere in maniera concreta ai bisogni di integrazione di un tessuto multietnico in espansione. Dopo vent’anni di lavoro sul campo, oggi ASAI è una realtà presente in diverse zone di Torino, tutte ad alto tasso di immigrazione. C’è chi la definisce un porto di mare, un’enorme pentola con tanti ingredienti ben amalgamati, una nuvola, un’arca. ASAI è soprattutto un posto in cui crescere e sentirsi a casa. Il presidente Sergio Durando sottolinea l’importanza di luoghi educativi in cui sperimentarsi, convivere e cooperare: «Al centro del percorso di cittadinanza ci sono i giovani appartenenti a due o più culture che cercano spazi di partecipazione». L’arte del narrarsi è fondamentale per fissare la memoria, valorizzare l’esperienza personale e costruire appartenenza (Bruner, 2000). Per questo ASAI vuole essere un crocevia di narrazioni e incontri.
La vita dell’associazione è ricca di attività, progetti e iniziative i cui protagonisti sono circa 1.800 minori e 1.600 adulti di 86 nazionalità diverse. Le tante attività sono possibili grazie al contributo di circa 500 volontari che lavorano con bambini, giovani, famiglie e scuole, in dialogo con diversi attori del territorio. Il lavoro sul campo impone un’elevata flessibilità operativa, al fine di rispondere in maniera adeguata ai bisogni che emergono nel quotidiano. Il desiderio è quello di creare cittadinanza attiva attraverso spazi aggregativi in cui l’impegno del singolo sia utile alla collettività, sulla base di principi e obiettivi condivisi.
Uno dei cardini del lavoro di ASAI è il raccordo tra scuola ed extrascuola: gli educatori dell’associazione lavorano in diverse scuole di ogni ordine e grado con interventi continuativi nel tempo che mirano a favorire il benessere scolastico. In rete con i docenti dei diversi istituti e con i servizi del territorio, agli studenti è offerta la possibilità di integrare il percorso scolastico del mattino con attività pomeridiane di sostegno allo studio. L’accoglienza è fondamentale. Ogni pomeriggio bambini e adolescenti trovano una porta sempre aperta e persone capaci di accoglierli. Il circle time precede il momento dei compiti. È uno spazio semi-strutturato dove è possibile condividere fatti, pensieri o stati d’animo prima di iniziare a studiare. L’aspetto didattico e relazionale sono entrambi basilari. Diana, moldava di 17 anni, frequenta il doposcuola superiori di San Salvario: «In ASAI non trovo solo amici divertenti, ma anche adulti che mi dedicano del tempo e hanno voglia di capire insieme a me». Il doposcuola, per lei, è un tempo differente da quello del mattino. Nel pomeriggio c’è spazio per la lentezza: «Qui posso andare piano» dice. «Andare piano significa poter ammettere di non avere capito senza sentirmi sbagliata o inadeguata».
L’esperienza del capire è centrale. Michele, ex professore in pensione, racconta la gioia di uno studente che è riuscito a cogliere la logica alla base delle moltiplicazioni: «Ho capito!» esclama Said, 10 anni. «Adesso posso fare le moltiplicazioni anche a casa?»
«Sì» lo rassicura Michele.
«Anche a scuola?»
«Dal macellaio, con gli amici, al supermercato, in giro per la città. Dove ti pare».
I ragazzi sperimentano la presenza e la vicinanza di adulti significativi e non giudicanti che dedicano loro del tempo: « Perché lo fai?» chiede Lisa a Marinella.
Marinella ci pensa e poi risponde: «Perché tu sei importante. Perché mi piace imparare insieme a te. Perché mi sento utile e ho tanta esperienza di vita che posso mettere a disposizione degli altri».
I volontari provengono da ambiti differenti: alcuni sono docenti in pensione, altri sono studenti o tirocinanti, altri ancora sono cittadini che hanno voglia di dedicare tempo al volontariato. Sono coordinati dagli educatori di ASAI e si ritrovano settimanalmente per riflettere sulla propria esperienza educativa e didattica. Hanno compiti fondamentali, che comprendono la cura della relazione con il ragazzo, il rapporto con gli insegnanti e l’organizzazione del piano di lavoro individuale. In alcuni centri ASAI e per determinate fasce di età, si lavora con un rapporto uno a uno tra studente e volontario. Quando i numeri non lo consentono, il lavoro è organizzato per materie. I ragazzi, in particolare delle scuole secondarie di secondo grado, ruotano su diversi volontari secondo la materia che intendono approfondire.
Le attività dei centri aggregativi sono sempre inserite in un progetto più ampio. Gli operatori e i volontari concordano di volta in volta il patto educativo con i ragazzi, le loro famiglie, le scuole di provenienza, i servizi sociali di riferimento e gli altri soggetti del territorio. I centri sono aperti e creano sinergie, progetti e interventi tarati sui bisogni che il territorio stesso esprime. In tutto ciò, i ragazzi restano il fulcro dell’intervento. Le attività sono gli strumenti che li accompagnano nel loro percorso di crescita e di costruzione di sé. Per questo motivo, le attività sono modificate o rinnovate in base alle necessità che si presentano.
A fronte di porte istituzionali sempre più serrate e ridotti aiuti economici, ASAI si fa carico della crescente domanda di porte aperte, orari flessibili, colore e relazioni informali necessari ad accompagnare il mutamento dei quartieri.
In tutti i centri aggregativi di ASAI, i doposcuola si alternano a laboratori espressivi e artistici. L’arte in tutte le sue espressioni (teatro, musica, danza, pittura, fotografia, scrittura, ecc.) è considerata un elemento fondamentale di educazione e valorizzazione della persona. I docenti sono artisti professionisti con competenza educativa oppure artisti che lavorano a stretto contatto con gli educatori. Costruire bellezza diventa un processo condiviso e, allo stesso tempo, una testimonianza solida di un modo di stare insieme fondato sull’impegno e su obiettivi comuni.
I laboratori artistici sono spazi privilegiati dove i ragazzi sperimentano il benessere: sono luoghi, cioè, dove le caratteristiche di ognuno sono valorizzate e messe al servizio del gruppo. I ragazzi stanno insieme, si divertono e allo stesso tempo acquisiscono nuovi strumenti che aumentano le loro competenze. Ciò incide sull’autostima del singolo e, contemporaneamente, sulla qualità del lavoro collettivo. Il rapporto con il territorio è fondamentale. Le iniziative artistiche e culturali dell’associazione sono realizzate nei quartieri periferici della città. Si tratta di eventi gratuiti e aperti alla cittadinanza che hanno lo scopo di coinvolgere famiglie, ragazzi e cittadini di tutte le età, in un’ottica intergenerazionale che mira all’integrazione attraverso la condivisione e la cura degli spazi comuni.
Un’esperienza di lavoro che cresce nel tempo: la compagnia teatrale assaiASAI
La compagnia teatrale assaiASAI è nata nel 2010 a partire da un’esperienza laboratoriale che si è strutturata nel tempo. In origine il gruppo era composto da una decina di ragazzi delle superiori del centro aggregativo di San Salvario. Oggi comprende 50 elementi ed è trasversale a tutti i centri e ai diversi quartieri di Torino. La compagnia è integrata perché accoglie tante differenze: gli attori sono italiani e stranieri, di età diverse (dai 15 ai 75 anni) e con abilità differenti. Accanto a volontari, studenti, attori di professione e cittadini, ci sono ragazzi con disabilità fisica o problematiche psichiatriche importanti, cha vanno dall’autismo alla schizofrenia.
La regia del gruppo è affidata a un’operatrice ASAI che è psicologa e regista professionista. Il gruppo lavora seguendo la metodologia del teatro comunitario argentino. A partire da una tematica decisa in plenaria, gli attori portano in plenaria storie di vita personali ed episodi realmente accaduti nel mondo, che servono da base per costruire improvvisazioni e spunti drammaturgici. Lo spettacolo è comunitario. I 50 attori recitano contemporaneamente in numerose scene corali, che si alternano a monologhi e a scene con partecipazione ridotta. Gli attori sperimentano la forza del gruppo e, allo stesso tempo, la necessità di mettersi da parte nel rispetto degli spazi altrui. I ragazzi hanno la responsabilità diretta di alcune mansioni e lavorano divisi in commissioni: esiste la commissione che si occupa della scenografia, quella che si occupa dei costumi, della diffusione degli eventi e della parte ludica. La commissione ludica, chiamata Giuochi e Balocchi, organizza aperitivi, merende e cene che servono a legare gli elementi del gruppo anche al di fuori dell’ambito teatrale (figure 1 e 2).
Figura 1
Figura 2
Il gruppo concorda e condivide alcune regole di base: la presenza e la costanza alle prove, il sostegno reciproco, l’attenzione a tutti i componenti della compagnia, la fatica come parte fondamentale del processo di costruzione del bello, il rispetto degli altri, la cura dello spettacolo come spazio rituale in cui il singolo mette le proprie risorse al servizio del bene comune (Turner, 1986).
Attualmente la compagnia ha realizzato quattro spettacoli originali, che indagano quattro temi scelti dagli attori: intercultura, disagio mentale, crisi economica e sport e diritti umani. Il linguaggio drammaturgico è basato sull’umorismo, che Sigmund Freud definiva «il più alto tra i meccanismi di difesa» (Freud, 1927). La possibilità di ridere di sé e del quotidiano permette un’analisi distaccata ma allo stesso tempo puntuale della propria storia di vita e del contesto sociale in cui siamo immersi.
Un aspetto importante del progetto teatrale è la sostenibilità. Gli attori danno il proprio tempo e in cambio ricevono formazione gratuita e permanente. La regista lavora in collaborazione con una coreografa e un musicista, entrambi professionisti. Gli spettacoli sono gratuiti per permettere anche alle famiglie e alle persone meno abbienti di avvicinarsi al teatro. È possibile dare un’offerta libera in cambio di un gadget inerente al tema dello spettacolo e a un opuscolo informativo che spiega le finalità del progetto e dell’associazione. Sono sempre più richiesti gli scambi: in cambio dello spettacolo, interi paesi o quartieri ospitano i 50 attori presso oratori, scuole e famiglie che vogliono vivere un’esperienza di incontro e scambio culturale. Come diceva Eugenio Barba (2004), in questo modo l’arte diventa partecipazione e il teatro si fa scambio, reciprocità e dono.
Riferimenti bibliografici
Barba E. (2004), La canoa di carta. Trattato di antropologia teatrale, Bologna, il Mulino.
Bruner J. (2000), La cultura dell’educazione, Milano, Feltrinelli.
Freud S. (2000), L’umorismo, in Id., Inibizione, sintomo e angoscia e altri scritti, Torino, Bollati Boringhieri, ed. or. 1927.
Turner V. (1986), Dal rito al teatro, Bologna, il Mulino.