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Esperienze

Peer education nelle scuole superiori. Un progetto a supporto degli alunni stranieri

Horst Wiedemann

Pedagogista esperto di educazione speciale e educazione interculturale, nonché insegnante di lingua tedesca nella scuola superiore; in collaborazione con il CD/LEI da anni progetta e coordina azioni di supporto agli alunni stranieri e laboratori per genitori, conduce iniziative di formazione per insegnanti e operatori sociali, cura documentazione interculturale.


Abstract

Il CD/LEI (Centro di Documentazione Interculturale del Comune di Bologna, Settore Istruzione) da parecchi anni ricorre a forme di peer education nei suoi progetti interculturali, consapevole del fatto che parte delle risorse più efficaci per realizzare una buona accoglienza e un buon inserimento si trovano nelle stesse scuole frequentate dagli studenti in difficoltà: sono i compagni più grandi, quelli che ce l’hanno fatta a diventare bravi alunni sia sul piano delle discipline che su quello della maturazione personale e delle competenze sociali. L’approccio del tutoraggio tra pari si è rivelato particolarmente efficace nel sostenere i percorsi di inserimento degli studenti stranieri. Con entusiasmo e convinzione il CD/LEI ha pertanto deciso di partecipare ai progetti “Bussole” e “Almeno una Stella” (a.s. 2010-12 e 2013-15) in 4 città italiane (Milano, Bologna, Torino e Arezzo), con il proposito di sostenere e accompagnare il cammino scolastico degli adolescenti stranieri di recente immigrazione durante gli anni cruciali della terza secondaria di primo grado e del biennio della scuola superiore.



Le ragioni del progetto

La presenza degli studenti stranieri nelle scuole superiori è notevolmente aumentata: secondo i dati del MIUR, infatti, a livello nazionale nel periodo 2001-2012 si è passati dal 14% al 21%. Ma gli studenti stranieri rispetto a quelli italiani hanno una probabilità quasi tripla di frequentare gli istituti professionali e, all’estremo opposto, del 70% in meno di scegliere percorsi liceali. È durante il passaggio alle superiori che si registrano e si manifestano le situazioni più diffuse e preoccupanti di vulnerabilità, sia nella sfera dell’apprendimento scolastico sia nella dimensione relazionale e familiare. Si rilevano infatti alcuni indicatori critici:

  • un tasso maggiore di abbandono e di dispersione scolastica, dovuti anche a percorsi di orientamento casuali e/o poco efficaci;

  • un ritardo scolastico in ingresso di uno o più anni per quasi 3 studenti su 4;

  • un divario nelle promozioni rispetto ai compagni italiani di circa 12 punti percentuali;

  • performance più basse nelle varie discipline, in particolare in italiano, soprattutto per gli studenti neo-arrivati.

Per ridurre tali divari occorre, da una parte, rafforzare e affinare i dispositivi di sostegno e di potenziamento della lingua e delle competenze e, dall’altra, accompagnare con attenzione e cura sia la scelta sia l’inserimento nella scolarità superiore. In quest’ottica rientrano l'individuazione e la formazione di giovani italiani e stranieri come figure di prossimità nel ruolo di tutor, e cioè l’intervento di figure di riferimento positive, in grado di agevolare il cammino scolastico dei ragazzi, con competenze relazionali e interculturali e attraverso approcci e strumenti didattici e educativi diversificati e individualizzati.

I peer educator intendono essere “stelle” sul cammino dei loro compagni più giovani, fratelli o sorelle maggiori, studenti che in precedenza hanno affrontato vicende e difficoltà simili e le hanno positivamente superate. Rispetto ad altre figure adulte ed esperte, essi possono stabilire relazioni personali più libere e intense, in considerazione della ridotta differenza di età. Possono più facilmente avvicinare il ragazzo neo-arrivato alla nuova esperienza scolastica e rappresentare una figura di riferimento positiva. Con la grinta del loro essere studenti e la forza della propria esperienza possono sostenere la motivazione e la voglia di riuscire e calarsi più facilmente con empatia nei vissuti di disorientamento e difficoltà dei ragazzi seguiti. Infine, ma non per ultimo, sono in grado di aiutare i loro compagni con suggerimenti operativi e consigli molto concreti, essendo pratici dello specifico contesto scolastico, con le sue regole, consuetudini e materie, e conoscendo spesso di persona sia i professori sia le loro modalità didattiche e di valutazione.

 

I tutor di “Almeno una Stella” Bologna

Il progetto interviene sul territorio comunale in 4 scuole con alti tassi di presenza di studenti stranieri.[1] I tutor sono stati scelti tra gli studenti del terzo (e in subordine quarto) anno delle scuole superiori, prioritariamente tra gli studenti stranieri, senza però escludere la presenza di tutor italiani.[2] Questa preferenza corrisponde a precisi obiettivi:

  • far intervenire i tutor non solo per le loro abilità scolastiche e competenze relazionali, ma anche come modelli di successo scolastico in quanto, pur provenendo da famiglie migranti e quindi con le difficoltà e fatiche connesse a tale contesto, sono riusciti a imparare bene la lingua italiana, a ottenere buoni risultati scolastici e a costruirsi le basi per lo sviluppo di un’identità solida, ricca e composita;

  • dare opportunità a un gruppo scelto di ragazzi stranieri di sperimentarsi in ruoli complessi e di rilevanza sociale che richiedono discrete dosi di impegno, autonomia e assunzione di responsabilità;

  • dare al mondo della scuola e alla società civile il segnale che è tempo di inserire stabilmente nel lavoro didattico e di accompagnamento relazionale figure “con un retroterra migratorio”, per un principio di equità e di sano clima sociale, visto che le scolaresche sono ovunque sempre più multiculturali e multietniche, ma anche per meglio coprire la gamma delle specifiche esigenze didattiche e interculturali oltre che linguistiche che le odierne classi esprimono a tutti i livelli del sistema scolastico e formativo.

Ai tutor sono state richieste qualità e competenze come: un buon livello di lingua italiana, discrete performance scolastiche, capacità relazionali, disponibilità al volontariato e ad assumersi un impegno temporale a medio-lungo termine, interesse per il sociale, possibilmente esperienze pregresse di relazioni d’aiuto e la padronanza nelle lingue madri.

Sono stati selezionati 60 “tutorati ufficiali”, 3 studenti per ogni tutor di cui quest’ultimo si deve prendere cura in modo prioritario, sistematico e continuativo, anche se compatibilmente con le concrete situazioni operative in cui si svolgono gli interventi; ciò non preclude la possibilità di dare una mano anche ad altri studenti in difficoltà, come di fatto è avvenuto in moltissimi casi. L’approccio primario nei confronti dei tutorati è quello di rinforzare in questi ragazzi il senso di fiducia e la convinzione di un’effettiva possibilità di recupero e di miglioramento scolastico. Ai tutor è stata prospettata una suddivisione delle 60 ore annuali previste in questo modo: 15 ore di incontri di formazione, di riunioni di verifica e di documentazione; 30 ore di tutoraggio in presenza di docenti interni o esperti esterni; 15 ore di tutoraggio in piccolo gruppo o individuali in contesti informali auto-organizzati senza la presenza di adulti esperti.

 

Il raccordo con i docenti referenti delle scuole

Fondamentali per la riuscita dell'intervento sono la condivisione e la fattiva collaborazione dei docenti interni delle scuole e, in particolar modo, dei docenti referenti per l’intercultura. Molto del “lavoro di fino”, dall’individuazione dei ragazzi più adatti a fare i tutor, alla scelta degli alunni da fare seguire, al raccordo relazionale e organizzativo quotidiano con loro, può essere svolto efficacemente solo da figure che operano all’interno delle scuole. Spetta a loro il compito di osservare e individuare quella parte dei bisogni educativi, linguistici e didattici che non sono coperti dalla didattica corrente e dagli interventi di sostegno già in atto. Ci vuole un intenso lavoro di contatti, scambi di informazione, ricerca tra i docenti disciplinari. Ci vuole tempo per conoscere i nuovi ingressi nelle classi prime, stabilire i livelli di italiano L2 ed evidenziare le materie in cui i ragazzi hanno le maggiori difficoltà. I docenti individuano come studenti da seguire coloro che hanno maggiore bisogno di sostegno a medio-lungo termine e che, presumibilmente, frequenteranno l’Istituto per almeno due anni. Tale valutazione è spesso azzardata, fatta a priori, per i tanti fattori in gioco.

 

Gli abbinamenti

Gli abbinamenti tra tutor e tutorati richiedono molta accortezza e delicatezza, in quanto spesso si sono rivelati fondamentali per l’efficacia dell’intervento. Oltre a questioni prettamente organizzative e spazio-temporali come i luoghi dove incontrarsi e le disponibilità in termini di giorni della settimana e orari, sulla buona riuscita incidono fattori come l’indirizzo di studi seguito all’interno dello stesso Istituto, la propensione per determinate materie scolastiche e la capacità di padroneggiare certi argomenti disciplinari da parte dei tutor, la possibilità o meno di usare la lingua d’origine o le lingue straniere studiate a scuola nella mediazione linguistico-didattica. E ancora sono da tenere presenti elementi come il genere, i Paesi di provenienza, con il loro portato culturale, religioso e valoriale, ma anche le qualità relazionali e caratteriali di ogni singolo, tutor o tutorato che sia.

Inevitabilmente tra tutor e tutorati si sperimentano incontri “perfetti”, sia sotto il profilo relazionale che sotto quello didattico, e altri meno riusciti oppure addirittura impossibili. Siamo pertanto in presenza di un quadro sempre mutevole e provvisorio che, attraverso un attento monitoraggio e frequenti verifiche tra tutor e docenti referenti, deve essere aggiustato all’occorrenza. Ora che siamo a metà del secondo biennio progettuale si può affermare che è stato raggiunto un buon tasso di successo negli abbinamenti, che si sono rivelati funzionanti e fecondi per il successo scolastico dei tutorati. In parecchi casi si sono sviluppate relazioni dinamiche e autoportanti nel senso che, dalla prima conoscenza, nascevano rapporti arricchenti per ambedue le parti che andavano oltre il mandato di un tutoraggio solo scolastico, contribuendo all’integrazione sociale dei compagni seguiti. Ogni rapporto di tutoraggio è quindi una appassionante storia a sé.

 

La formazione dei tutor

Gli incontri formativi a cura del CD/LEI inizialmente erano incentrati sulla conoscenza reciproca e sulla saldatura di un “gruppo tutor” cittadino trasversale ai gruppetti operativi nelle 4 scuole; in seguito hanno trattato maggiormente questioni metodologiche e operative rispetto al ruolo del tutor e alla funzione del tutoring. Tra i ragazzi fin da subito si è creato un buon affiatamento. Presto si sono percepiti come un’unica squadra, cercando di sostenersi a vicenda nell’affrontare sentimenti di paura e insicurezza inevitabilmente presenti. Per alcuni di loro era la prima occasione per  sperimentarsi in un contesto più ampio e aperto, fuori dal guscio ristretto e rassicurante della cerchia degli amici e della loro classe. Lo scopo non era tanto l’acquisizione di competenze professionali “da tutor”, quanto la crescita individuale in termini di consapevolezza personale e del loro essere sempre di più cittadini attivi della loro città, della loro regione, del mondo.

Sono stati realizzati anche alcuni incontri in collaborazione con la Regione Emilia Romagna sul tema della cittadinanza attiva dei giovani stranieri e sulle opportunità che le istituzioni e il territorio bolognese offrono ai giovani.[3] Infine è stato sperimentato un momento di formazione integrata tra docenti e tutor delle scuole coinvolte: un confronto franco e “alla pari” sui dispositivi di tutoring nelle loro scuole. I ragazzi tutor come “esperti di materia” sono stati i protagonisti della narrazione e insieme ai docenti hanno analizzato e valutato l’esperienza.

 

I tutor in azione

Il contesto operativo principale per l’intervento dei tutor sono stati i corsi di italiano L2, i laboratori didattici di sostegno e i corsi di recupero nei vari Istituti. Tali contenitori sono da privilegiare soprattutto nella fase di avvio, in quanto offrono una cornice spazio-temporale e didattica ben strutturata in cui i tutor si possono più agevolmente inserire, fornendo allo stesso tempo, grazie alla presenza di figure esperte, gli elementi di guida e di sponda didattica e relazionale necessari per ragazzi tutor ancora inesperti. A favore di tale soluzione giocano inoltre esigenze di tipo istituzionale ,come la necessità di esercitare un certo controllo sulla presenza dei tutor e dei tutorati, quasi tutti minorenni, in orario extracurricolare negli spazi scolastici. Tuttavia, nel corso dei mesi, con la loro crescita in termini di autonomia operativa e capacità relazionale, i tutor hanno usato maggiormente anche altre modalità per seguire i loro compagni, ad esempio situazioni più informali come casa propria e/o del tutorato, le biblioteche di quartiere o gli “interstizi” della vita scolastica come l’ora di religione, gli intervalli, il momento dell’uscita da scuola, ovviamente sempre in accordo con un docente referente.

Analizzando le situazioni di tutoraggio, per circa un 60% delle ore si tratta di affiancamento all’interno o affianco dei corsi, per circa il 20% di momenti di piccolo gruppo e per il 20% di momenti individuali in situazioni informali. Questi ultimi sono particolarmente indicati non solo per la preparazione mirata di compiti in classe o di interrogazioni, ma anche per conoscersi meglio sul piano personale e per parlare di problemi ed esigenze non strettamente legati alla didattica o alla scuola. D’altro canto, nelle situazioni di compresenza e di collaborazione tra esperti esterni, tutor e, quando possibile, docenti disciplinari in un approccio laboratoriale condiviso è stata possibile una maggiore focalizzazione didattica degli interventi, riuscendo a rispondere meglio alle esigenze specifiche degli studenti; la pluralità non solo delle competenze ma anche delle figure è un elemento di stimolo relazionale oltre che didattico.

 

Una prima valutazione

Dai diari di bordo[4] dei tutor e dai diversi momenti di confronto tra loro, il coordinatore e i docenti, sono emerse una serie di dati esperienziali e di considerazioni che nel work in progress del progetto tuttora in atto possono dar conto in modo “impressionistico” dell’andamento delle attività:

  • è giusto intervenire sui bisogni reali che emergono di volta in volta in base a chi è presente e alle urgenze dei ragazzi, ma è anche importante concentrarsi su una rosa limitata di ragazzi perché così si conoscono meglio e può nascere un rapporto di maggiore fiducia e il percorso da un punto di vista di affiancamento didattico risulta più efficace;

  • le attività didattiche svolte sono molto diversificate e articolate: conversazioni di conoscenza reciproca, esercizi di italiano, preparazione di verifiche e interrogazioni, assistenza nello svolgimento dei compiti a casa, spiegazioni di argomenti disciplinari, letture supportate dei libri di testo, discorsi su aspetti della vita quotidiana per esercitare e migliorare l’italiano orale, ma anche la “visione assistita” di film per comprendere meglio la trama e i dialoghi;

  • altrettanto diversificati sono stati i tempi e luoghi: da quelli strutturati dei Corsi di italiano alle biblioteche, al corridoio all’uscita da scuola, alle ore buche, a casa propria, addirittura via telefono e WhatsApp;

  • gli aspetti relazionali sono importanti tanto quanto le questioni didattiche: occorre ascoltare e far parlare i ragazzi tutorati liberamente della loro vita, incoraggiarli per superare problemi di motivazione e fiducia in se stessi, valorizzare i progressi, trovare i modi per ottenere interesse, attenzione e impegno;

  • è importante la carica emotiva per dare energia anche alla relazione didattica: sorridere, usare un tono euforico, istillare sicurezza e tranquillità, raccontare di se stessi;

  • più che dai docenti, i tutor vengono a sapere dai propri tutorati dove serve aiuto, dove sono le emergenze e le urgenze nelle varie materie;

  • in certi momenti si è rivelato molto utile poter ricorrere alla lingua materna comune o un’altra lingua veicolare comune al fine di facilitare la comprensione di concetti o argomenti difficili;

  • è emersa l’importanza della facilitazione: usare parole semplici, ripetere, far provare e riprovare;

  • i tutor hanno diverse preferenze, propensioni e capacità scolastiche e quindi possono dare maggiore aiuto in certe materie e meno in altre;

  • i tutor possono intervenire con più efficacia, scambiandosi talvolta i tutorati tra di loro in un’ottica di squadra e di “economia di scala”;

  • il tutor è anche mediatore/stimolatore/catalizzatore dell’aiuto reciproco che possono darsi i ragazzi tutorati tra di loro;

  • è molto importante ottenere dei risultati di cui essere soddisfatti: diversi ragazzi seguiti hanno avuto verifiche positive e sono migliorati in alcune materie; questo dà conto dell’utilità dell’intervento e accresce la motivazione dell'intero gruppo sia dei tutor che dei ragazzi seguiti;

  • pur essendo difficile dimostrare la precisa incidenza degli interventi di tutoraggio sul successo scolastico dei ragazzi seguiti, in quanto innumerevoli sono le variabili che su questo hanno un peso in senso positivo o negativo, senz’altro possiamo affermare che per molti piccoli progressi e risultati positivi l’azione dei tutor è stata determinante;

  • la presenza dei tutor ha sicuramente arricchito la rete dei dispositivi di supporto, offrendo relazioni d’aiuto mirate e puntuali e rendendo il clima scolastico più accogliente.

 

Alcuni nodi

Nonostante un forte impegno di contatti informali e personali spesso, da parte sia di alcuni docenti referenti per l’intercultura sia dagli esperti esterni di italiano L2, non è stato facile far circolare a sufficienza, tra i docenti dei Consigli di classe interessati e in particolare tra i coordinatori di classe, informazioni relative alle opportunità del progetto di tutoraggio. Il sovrapporsi di innumerevoli progetti e iniziative spesso rende difficile un’effettiva conoscenza e un autentico interesse da parte di una platea sufficientemente ampia di insegnanti rispetto alle singole proposte. Tale fatto da un lato aumenta la difficoltà di individuare i ragazzi da seguire e di appurare il quadro dei loro bisogni, dall’altro rischia di lasciare inapplicati i protocolli di accoglienza e di valutazione presenti nelle scuole. Per incentivare la motivazione e la partecipazione continuativa dei tutorati è indispensabile una convinta condivisione dello sforzo progettuale con i docenti delle classi interessate e con le famiglie. Per i docenti coinvolti si tratta di un carico di lavoro aggiuntivo in termini di comunicazione, monitoraggio e coordinamento interno che avrebbe bisogno di un adeguato riconoscimento anche economico, condizione non prevista nei progetti attuali.

Il tasso di presenza dei tutorati agli incontri coi tutor finora si è rivelato piuttosto variabile: per circa un 60% degli studenti seguiti è stato buono o ottimo, per un 20% discreto, per un 20% piuttosto scarso e si è riscontrato purtroppo anche un circa 20% di studenti mai o quasi mai apparsi nei momenti del tutoraggio. Un fattore è senz’altro il sovrapporsi dei numerosi impegni sia dei tutor che dei tutorati, che talvolta non permette la necessaria continuità degli incontri, ma l’elemento principale nella maggior parte dei casi problematici sembra essere la demotivazione. Alcuni ragazzi indicati dai professori come bisognosi di tutoraggio hanno senza dubbio un grande bisogno di supporto, ma probabilmente necessiterebbero di un vero e proprio ri-orientamento, compito che ovviamente esula del tutto dai compiti dei nostri tutor scolastici.

Anche per i ragazzi tutorati che frequentano con impegno e continuità, non sempre c’è la necessaria considerazione delle attività dei corsi e degli interventi di tutoraggio in sede di Consiglio di Classe e di scrutinio. Nonostante gli accordi e i propositi dei suddetti protocolli in diversi casi prevale ancora la preso d’atto di un’insufficienza “oggettiva” rispetto alle singole materie e alle competenze minime complessive, invece di tenere conto dei passi fatti e dei progressi ottenuti in un’ottica di valutazione nell’arco del biennio. Rimane pertanto sempre caldo il fronte della vera integrazione tra il lavoro didattico curricolare e l’insieme delle attività di supporto, tra l’esigenza di raggiungere in tempi rapidi un quadro di uniformità di profitto e la necessità di ottenere una valutazione veramente formativa e individualizzata.

  

Riferimenti bibliografici

Favaro G. (a cura di) (2013), Bussole sul cammino, Milano, Centro Come.

ISMU (2014), Alunni con cittadinanza non italiana. Rapporto nazionale Anno scolastico 2012/13, Milano.

MIUR (2013), Alunni con cittadinanza non italiana. Anno scolastico 2011/12, Roma.

 

[1] Istituti Aldrovandi-Rubbiani, Aldini-Sirani, Crescenzi-Pacinotti, Luxemburg.

[2] Il quadro dei 20 tutor attualmente selezionati: 17 con retroterra migratorio (di cui 4 nati in Italia) con famiglie provenienti da Albania (1), Bangladesh (1), Eritrea (2), Filippine (1), Marocco (3), Moldavia (3), Nigeria (1), Polonia (1), Romania (1), Tunisia (2), Ucraina (1) e 3 italiani; 14 della classe terza e 6 della classe quarta; 19 femmine e 1 maschio.

[3] Progetto “Almeno una Stella incontra altre Stelle: un percorso formativo su diritti, cittadinanza e legalità”, nel quadro del programma con Cittadini promosso dall’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna.

[4] Il diario di bordo è il principale strumento di documentazione affidato ai tutor dove raccolgono le loro osservazioni sui ragazzi seguiti e raccontano le loro attività.


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